“Opportunità, strategie, cooperazione nelle migrazioni”: Una discussione che deve continuare

Dal seminario aperto organizzato da Filef nazionale e Filef Basilicata a Matera il 12 ottobre sono emerse una notevole mole di indicazioni e suggerimenti sul potenziale, possibile contributo che può venire dall’emigrazione e dall’immigrazione allo sviluppo locale. E l’intensità e la partecipazione profusa dai partecipanti provenienti da diverse città della Lucania, della Puglia e di altre regioni del centro-nord, di singoli ricercatori, operatori sociali e di rappresentanti di organizzazioni associative, sindacali e politiche a livello regionale e nazionale, ha dato la sensazione che certamente c’è molto da fare, ma che sotto questo profilo, la società civile e il mondo del no-profit appare molto più maturo e consapevole del campo istituzionale, salvo le eccezioni, in parte presenti all’incontro.

Non si tratta di una maturità solo teorica, che si potrebbe riassumere nella chiara coscienza del perché si emigra (sia dall’Italia, che da diversi paesi europei o dai paesi del sud del mondo), di ciò che comporta la partenza massiccia di popolazione da alcune specifiche aree e degli effetti che essa produce nei territori di partenza e in quelli di arrivo. Si tratta piuttosto di una maturità stratificatasi in decenni di intervento di molte organizzazioni sociali nell’accoglienza, nell’integrazione, nella valorizzazione delle competenze interculturali dei migranti, in definitiva, nella concreta possibilità che un fattore di squilibrio (come i flussi emigratori) possono, se opportunamente governati, trasformarsi, almeno parzialmente, in fattori di sviluppo, di arricchimento reciproco, di proiezione positiva anche in contesti marginali; o, quantomeno, di ridurre la polarizzazione tra aree fornitrici di emigrazione e le aree più sviluppate dove essi approdano, come ha ben esplicitato Pietro Lunetto, coordinatore nazionale della Filef, nella sua relazione introduttiva.

Per non rischiare di suonare la grancassa su quanto è bello lasciare il luogo in cui si è nati e cresciuti, anzi, al contrario, tenendo ben presente che se e quando ciò accade ci troviamo di fronte ad un salasso e drenaggio di risorse umane che impoveriscono i territori di partenza, la questione è come può essere praticabile – in un contesto che continua a produrre esodi di popolazioni causate da guerre, calamità varie o più prosaicamente da movimenti indisturbati di capitali che scorazzano a loro piacimento sul pianeta o tra regioni di uno stesso paese – una prassi e una politica di recupero di competenze che rischiano di essere altrimenti perdute.

Ciò vale sia per le energie in arrivo (gli immigrati) che per quelle in partenza o che sono già da tempo partite.

La conclusione sembra potersi riassumere in una semplice, quanto complessa governance intelligente e programmata dei fenomeni migratori. Un compito eminentemente politico che appare da una parte ovvio, quanto molto lontano dagli orizzonti attuali, dove una cultura di generale segmentazione sociale e del mondo del lavoro, aggravatasi con l’avvento del neoliberismo, pare non fornire chance: la riduzione della questione immigrazione a problema di sicurezza interna non consente certamente di approcciare il problema per il verso giusto e su questo le responsabilità politiche sono molto ampie. Il disinteresse e la dimenticanza del nuovo recente esodo emigratorio dall’Italia, rivenduto, quando va bene, come modernità indotta dalla globalizzazione, sono l’altro lato della medaglia.

Nel frattempo, il risultato di queste due patologie culturali è che non siamo in grado di frenare l’esodo di giovani, di ridurre il deficit demografico, di non mettere a valore le risorse rappresentate dagli immigrati. Soprattutto per quelle aree del paese che sono in declino o in grave crisi di spopolamento, come le aree interne tutte e quelle del meridione in particolare.

E’ su queste questioni che si sono misurati gli interventi dei partecipanti al seminario Filef di Matera. A partire dall’esperienza della Filef Basilicata, esposta dal suo presidente Antonio Sanfrancesco, impegnata in importanti interventi di accoglienza di migliaia di giovani immigrati da molti paesi, inclusi minori non accompagnati, in tutto l’ultimo decennio. E la considerazione che se la pur fondamentale accoglienza non è poi accompagnata da adeguati interventi di integrazione, i giovani che arrivano se ne ripartono inevitabilmente per altri lidi, come hanno fatto e come fanno anche altre decine di migliaia di giovani lucani che si spostano nel nord Italia o all’estero. Con la conseguenza che tra due decenni, le proiezioni statistiche prevedono per questa regione una caduta massiccia di popolazione di quasi un terzo rispetto a quella di circa 600mila persone che era ad inizio secolo.

Si tratta di trend che riguardano molti altri territori del paese e non si capisce davvero se vi sia qualcuno o qualche settore sociale o politico che possa accampare qualche specifica convenienza da processi di questa natura. In realtà gli svantaggi e le ripercussioni sociali, economiche e politiche di queste tendenze riguardano tutti. Il crollo sociale che si preannuncia dovrebbe imporre un’inversione rapidissima di attenzione sia alle ragioni macroeconomiche e strutturali che producono queste tendenze (mercato del lavoro, politiche salariali, industriali, comunitarie), sia alle misure da prendere per contenerne gli esiti, in particolare in riferimento ai soggetti che ne sono coinvolti, in primis i giovani che se ne vanno e gli immigrati che arrivano e agli attori istituzionali, economici e sociali che invece possono e debbono intervenire (sia a livello ragionale che nazionale).

Su questo, gli interventi che si sono succeduti durante l’intera giornata di lavoro a Matera, hanno evidenziato una ampia casistica di misure già ora attivabili ed altre che non possono essere procrastinate nel tempo.

Contiamo di dedurne una sintesi nel corso dei prossimi mesi, partendo anche da altre esperienze consolidate ed attuate in altri contesti regionali (come quelle della Filef di Reggio Emilia, esposte nell’occasione da Stefano Morselli), o come quelle scaturite dalla discussione in corso a livello sindacale (Filippo Ciavaglia, Cgil e Cgie), o a livello parlamentare (on. Toni Ricciardi e on. Fabio Porta) o politico nazionale (Luciano Vecchi, PD), in parallelo con quelle più specifiche emerse dagli interventi di Francesco Salvatore, Assessore per la pianificazione strategica, turismo e cooperazione del Comune di Matera, di Michele Frascolla (Arci Basilicata), di Maria Beatrice Fucci (Futuridea, Benevento), di Massimo Angrisano (Filef, Napoli), di Fabio Sebastiani (Radio Mir, Roma), di Vito Antonio Leuzzi (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Bari) e Domenico Rodolfo (Filef, Bari), di Elisa Castellano (Filef, Roma), di Ninì Zagaria (Associazione Carlo Levi, Matera), di Luigi Scaglione (Coordinamento consulte regionali emigrazione), di Carmelo Bruni (Università Sapienza, Roma), di Mattia Vitiello (ISPPS-CNR, componente del comitato scientifico Filef), di Vittorio Stano (Filef, Brindisi) e di coloro che, pur presenti o in collegamento tlc dall’Italia e dall’estero, non sono potuti intervenire per l’esaurirsi del tempo. Segno che su questi temi c’è bisogno di tornare a incontrarsi e a discutere insieme.

 

(redazione Emi-News)

 


 

Alcuni momenti dell’incontro

da sinistra: Antonio Sanfrancesco, Ninì Zagaria, Pietro Lunetto, Elisa Castellano

 

Intervento di Fabio Porta

 

Intervento di Toni Ricciardi

 

Intervento di Francesco Salvatore, Assessore Comune di Matera

 

Intervento di Stefano Morselli

 

Intervento di Vito Antonio Leuzzi

 

Intervento di Massimo Angrisano

 

Intervento di Fabio Sebastiani

 

Intervento di Filippo Ciavaglia

 

Intervento di Beatrice Fucci

 

Intervento di Luciano Vecchi

 

Intervento di Mattia Vitiello

 

Intervento di Domenico Guaragna

 

Intervento di Luigi Scaglione

 

Intervento di Carmelo Bruni

 

 

Intervento di Vittorio Stano

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