CONVEGNO FILEF (Matera 12 ottobre 2024): L’ intervento di Mimmo Guaragna (Filef Basilicata)

INTERVENTO DI MIMMO GUARAGNA

CONVEGNO FILEF (Matera 12 ottobre 2024)

In Lucania abbiamo avuto esperienze di integrazione, anche più di quante ne siamo a conoscenza, ma tutte hanno scontato precarietà e frammentarietà. L’arrivo degli immigrati nel nostro Paese è stato ed è un fenomeno che non si è compreso, non si è saputo comprendere, non si è voluto comprendere. Da parte di chi lo osteggiava, ma anche da parte di chi lo vedeva e viveva con simpatia, prevalendo l’emotività più che lo studio e la riflessione approfondita. La ricerca sociologica e l’analisi difficilmente hanno intercettato la sensibilità e le azioni spontanee. E’ prevalso l’assumerlo come un fenomeno per lo più omogeneo trascurando le differenze e le contraddizioni.

Vale la pena ricordare le varie esperienze vissute in Lucania senza dimenticare la solidarietà di vicinato che, a quanto pare, non ha interessato nessuna inchiesta sociologica e tanto meno la politica. A Rotondella, Trecchina, Rivello, e probabilmente va aggiunto qualche altro comune, si sono registrate azioni più mirate e strutturate dove è intervenuto un volontariato informale e spontaneo accolto, ma non valorizzato dal centro di servizi.

A cavallo dell’entrata in vigore della Bossi-Fini abbiamo avuto una interessante esperienza a Bella. Il villaggio del post terremoto è ri-abitato da un numero consistente di famiglie marocchine dedite all’ambulantato. L’amministrazione comunale e una associazione di volontariato si mettono a disposizione. Viene offerta alla comunità immigrata la possibilità di sistemarsi nel centro abitato, però essa preferisce rimanere nel villaggio per poter accudire ai furgoni, strumento primario di lavoro. A completare e rendere effettiva l’integrazione interviene il lavoro importante e insostituibile della comunità scolastica.

Sempre al tempo della Bossi-Fini si realizza a Potenza La Città dei Colori, il centro immigrati del Comune gestito dalla cooperativa Puntoeacapo. Il centro si regge sulle forze e sulle capacità del volontariato. Organizza corsi di italiano e doposcuola per i bambini e i ragazzini immigrati in maggioranza di origine magrebina. E’ frequentato da giovani del subcontinente asiatico che in buona parte lavorano nelle stalle. Coinvolgendo i sindacati dei pensionati e le parrocchie si riesce a conquistare ore di tempo libero per le badanti le quali vivono Città dei Colori come luogo di primaria socialità e convivialità. E’ una occasione di incontro per le famiglie magrebine; il centro ha attrezzato un luogo di culto per i musulmani. Si convenziona con l’istituto penitenziario e accoglie qualche immigrato che fruisce della semilibertà, collabora il cappellano del carcere. Le occasioni di convivialità sono molteplici, sono molto frequenti le organizzazioni di feste; in occasione del Natale Ortodosso si partecipa a un pranzo presso la Taverna Oraziana con la presenza di diversi musulmani.

Le lezioni di italiano sono tenute da alcune insegnanti volontarie, ma soprattutto dalle alunne dell’istituto pedagogico seguite e dirette dalla loro insegnante di lettere. Significativa la gita scolastica a Tursi e a Metaponto, con i pullman che hanno accolto badanti, indiani i bambini magrebini con qualche loro mamma. Una ottima collaborazione l’ha prestata l’obiettore di coscienza il quale, per quanto militante di destra, si è speso con passione nel proprio impegno anche oltre l’orario di servizio e curando il giornalino di Città dei Colori. Il giovedì pomeriggio si organizzavano incontri culturali; uno di questi ospitò l’organizzazione di destra di cui faceva parte l’obiettore.

La direzione del Centro affidò prevalentemente l’assistenza burocratica e legale alla Caritas e alla CGIL. Definì un protocollo di intesa con l’amministrazione provinciale per poter intervenire soprattutto nelle situazioni dell’hinterland. Insieme alla CGIL portò a buon fine diverse vertenze lavorative. Significativa quella con una azienda zootecnica del Pantano di Pignola, grazie alla segnalazione di una studentessa del pedagogico che prese contatto con una famiglia indiana costretta a vivere nella stalla. Fu coinvolta l’amministrazione comunale e la parrocchia, il datore di lavoro si rese disponibile e si ottennero condizioni di vita e di lavoro dignitose.

Quando sono rientrato in Lucania dopo 12 anni ho dovuto prendere atto che la presenza del volontariato si era ridotta ed emarginata; ormai il tutto era affidato a cooperative sociali, ma anche a società attraverso gli appositi bandi gestiti prevalentemente dalle prefetture. Due episodi meritano di essere menzionati. Una domenica Mattina vado a visitare un centro di accoglienza lontano dai centri abitati in mezzo a un bosco. Incontro i tre operatori chiusi nel loro ufficio, mentre gli ospiti si aggirano nei dintorni. Gli operatori mi bloccano immediatamente comunicandomi che non possono parlare. I ragazzi invece si erano illusi che fossi andato a reclutarli per il lavoro.

Una esperienza interessante si è avuta al rione Lucania. Grazie al comitato di quartiere gli immigrati, ospiti in appartamenti, hanno socializzato con le famiglie, era consuetudine invitarli a pranzo la domenica e nelle festività. Soprattutto il campetto di calcio è stato il luogo di aggregazione, di socializzazione e di amicizia. Una sera scoppiò una lite violenta tra gli immigrati (non fu l’unica), fu sedata dal comitato di quartiere che seppe favorire la pacificazione e sventare possibili atteggiamenti razzisti.

Purtroppo si è presi e soffocati prevalentemente dall’emergenza, soprattutto dalla cultura dell’emergenza; fanno il resto e completano le difficoltà le disposizioni della prefettura. Si sono persi di vista gli immigrati di lungo corso. Sembra che il volontariato non trovi un ruolo se non nella informalità e nella marginalità. Si corre il rischio di farci trovare sempre più impreparati rispetto all’ondata xenofoba che investe in maniera sempre più preoccupante l’occidente. Poniamo una domanda e proviamo a costruire una risposta che vada bene nel contesto lucano. Non perché affetti da nostalgia, chiediamoci se non vada riproposta un qualcosa che somigli alla Città dei Colori.

Domenico Guaragna

Views: 29

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.