EUROPA: Continua la crescita dei flussi migratori inter-europei

Nel 2018 i cittadini dell’UE a 28 trasferitisi all’estero erano 17,6 milioni, di cui 12,9 milioni in età lavorativa (20-64 anni). La percentuale di questi ultimi è aumentata del 3,4% rispetto al 2017, a un ritmo più lento degli anni precedenti. Ciò significa che il 4,2% della popolazione totale dell’UE in età lavorativa vive in uno Stato membro diverso da quello di origine. È quanto emerge dall’edizione 2019 della relazione annuale della Commissione sulla mobilità intra-UE dei lavoratori, pubblicata ieri.
I cinque paesi con il maggior numero di partenze di persone in età lavorativa rispetto alla popolazione totale sono la Lituania, la Romania, la Croazia, la Lettonia e l’Estonia.

Nel report si legge anche che i Paesi che hanno visto il maggior numero di cittadini in partenza per altri paesi dell’UE nel 2017 sono stati Romania (173.000), Germania (163.000), Polonia (127.000), Regno Unito (111.000) e Italia (86.000).

Romania, Polonia, Italia, Portogallo e Bulgaria sono rimasti i cinque Paesi da cui sono partite più persone nel 2018. Oltre il 50% dei trasferimenti all’interno dell’UE è stato da parte di rumeni, polacchi, italiani e portoghesi. Insieme hanno rappresentato 6,1 milioni di persone.

Il nostro Paese è però anche nella top five dei Paesi di trasferimento: secondo la relazione, nel 2018 circa la metà di tutte le persone dell’UE trasferitesi risiedeva in Germania o nel Regno Unito, e un ulteriore quarto in Spagna, Italia o Francia.

L’emigrazione verso l’Italia riguarda soprattutto persone con bassi livelli di istruzione.
In tutta l’UE, si legge nel rapporto, il 36% dei lavoratori attivi dell’Unione a 28 ha livelli di istruzione elevati, il 40% medi e il 23% bassi.
I paesi scandinavi come la Svezia (64%) e la Danimarca (59%) hanno la quota più alta di persone con alti livelli di istruzione, seguite da Lussemburgo (56%) e Irlanda (55%). I lavoratori con bassi livelli di istruzione, invece, sono emigrati soprattutto in Finlandia (40%), Francia (39%), Italia (35%) e Portogallo (33%).

Dal rapporto emerge anche che i periodi di mobilità si stanno accorciando e il 50% delle persone resta nello Stato membro ospitante per un periodo che va da uno a quattro anni.
Anche la mobilità di ritorno è aumentata: ogni quattro persone che lasciano uno Stato membro, tre vi fanno ritorno.

La pubblicazione della relazione sulla mobilità dei lavoratori coincide con il 25° anniversario della rete europea per la mobilità professionale (EURES), celebrato a Bruxelles.

EURES ha una rete di 1000 consulenti che offrono sostegno personalizzato sia ai datori di lavoro che a chi è alla ricerca di un impiego e nel portale EURES della mobilità professionale datori di lavoro e persone alla ricerca di un’occupazione possono caricare curricula e accedere a opportunità lavorative e informazioni esaustive. Attualmente sono oltre 3,3 milioni le offerte di lavoro presenti nel portale.

 

FONTE: aise

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