Dove va la Svizzera?

Nell’ottobre del 2023 in Svizzera si sono svolte le elezioni politiche per il rinnovo dei due rami del Parlamento. Si è verificato il previsto spostamento a destra anche se il sistema politico svizzero ha un carattere consociativo tale da minimizzare i cambiamenti, in quanto tutte le forze politiche fanno parte della maggioranza che guida il Paese ed elegge il Consiglio federale, l’organo esecutivo della Confederazione.

Le elezioni servono soprattutto per determinare gli equilibri politici e in effetti il successo dell’Udc, il principale partito svizzero orientato decisamente a destra, e la tenuta dei partiti di centro hanno creato uno spostamento del quadro politico anche perché dall’altre parte dello schieramento i Verdi, in Svizzera schierati decisamente a sinistra, hanno subito un pesante arretramento compensato solo in minima parte dal buon risultato del Partito Socialista.

La spinta conservatrice si è palesata   sui temi sociali e delle politiche migratorie ma anche con un tentativo di frenare le misure per il contenimento del riscaldamento climatico. Un altro correttivo al netto prevalere di uno schieramento sull’altro è costituito dal sistema della democrazia diretta che consente di ricorrere al voto dei cittadini per indire iniziative che sollecitano l’introduzione di nuove leggi o di referendum per abrogare provvedimenti approvati dal Parlamento; i risultati di queste consultazioni, che si svolgono quattro volte all’anno, secondo un calendario prestabilito, sono vincolanti per i governanti svizzeri.

La destra ha dimostrato spesso una maggiore abilità anche a livello comunicativo nell’uso degli strumenti della democrazia diretta. In questo scorcio di legislatura, tuttavia le forze politiche e sindacali del campo progressista hanno mostrato di comprendere la lezione, riportando un importante successo nell’iniziativa per la tredicesima mensilità pensionistica, avversata dalle forze moderate e di destra.

Un’altra importante battaglia in ambito pensionistico si preannuncia per il prossimo settembre, quando si svolgerà il referendum appoggiato dalle forze progressiste per abrogare la legge che prevede l’aumento dei contributi a carico dei lavoratori per finanziare la cassa pensioni, un altro dei cosiddetti pilastri su cui si regge il sistema pensionistico svizzero. A tale aumento corrisponde oltretutto, secondo la legge sottoposta a referendum, un taglio dei rendimenti relativi a tali contributi.

Sul tema della sanità lo scorso 9 giugno un’iniziativa per ridurre il peso dei costi esorbitanti dell’assicurazione malattia promossa dal Partito socialista ha invece subito una pesante sconfitta. Il sistema sanitario svizzero si basa largamente su assicurazioni private obbligatorie a carico dei singoli cittadini, il cui costo si sta facendo di anno in anno sempre più insopportabile per gran parte della popolazione. Nonostante questa battuta d’arresto il tema dei costi della sanità rimarrà al centro del dibattito politico elvetico.

Centrali risulteranno poi le modalità di applicazione del cosiddetto meccanismo obbligatorio del freno all’indebitamento pubblico che prevede un contenimento delle spese complessive della Confederazione in modo da contenere o ridurre il debito; questo comporta, nella situazione attuale, tagli complessivi del 2% nonostante alla fine del 2023 il debito ammontasse al 17,8% del Pil, una percentuale invidiabile per gli altri Paesi europei.  Come sempre avviene in questi casi la decisione su come e dove tagliare la spesa pubblica ha un carattere fortemente politico anche In Svizzera in un momento in cui fra l’altro l’aumento delle spese militari viene ritenuto indispensabile.

Esiste il fondato pericolo, già del resto in atto, di un attacco alle condizioni di vita dei lavoratori e di una riduzione delle spese per la cooperazione internazionale, oltre a un inasprimento dei criteri di accoglienza per i richiedenti asilo. Occorre vigilare affinché l’accoglienza giustamente riservata ai profughi ucraini non avvenga in alcun modo in contrapposizione con quella di altri migranti che hanno altrettanto diritto di assistenza e di protezione.

Un altro terreno di scontro è rappresentato dalla resistenza opposta soprattutto dalle forze di centro e di destra alla piena applicazione dei provvedimenti attuativi degli accordi internazionali per il contrasto ai cambiamenti climatici. Nel giugno scorso, tuttavia con un referendum è stata confermata la legge sull’approvvigionamento energetico, che prevede l’incremento delle energie rinnovabili e l’accelerazione della transizione energetica, con il progressivo azzeramento delle emissioni di Co2.

Si tratta di un fatto positivo che però deve tener conto della bocciatura avvenuta nel 2021 di un provvedimento che interveniva in modo più incisivo in materia di contrasto ai cambiamenti climatici. Sempre in tema ambientale ha fatto scalpore nel mese di aprile scorso la storica sentenza della Corte europea per i diritti umani (Cedu) di Strasburgo che ha accolto una causa climatica dell’associazione svizzera Anziane per il clima, proclamando la difesa dai cambiamenti climatici come un diritto umano che la Confederazione deve tutelare maggiormente di quanto non abbia fatto finora.

Le forze conservatrici hanno reagito negativamente a questa sentenza considerandola un’indebita ingerenza negli affari interni della Svizzera che a loro giudizio rispetta pienamente gli impegni internazionali in materia climatica. I due rami del Parlamento hanno perciò invitato il Governo federale, che si pronuncerà in agosto, a respingere il verdetto della Cedu. Il pronunciamento del Parlamento appare come un atteggiamento pretestuoso in quanto la Corte di Strasburgo intende semplicemente richiamare la Confederazione al pieno rispetto dei propri impegni internazionali, senza entrare nel merito dei provvedimenti legislativi che Il Paese decide, di volta in volta, di adottare a tal fine.

Questa realtà complessa mostra le attuali difficoltà delle forze ecologiste    e interroga le stesse modalità con cui esse, non solo in Svizzera, si rapportano, in tema di transizione ecologica alle esigenze delle classi popolari, su cui non devono ricadere i costi di questa trasformazione come talvolta avviene. La destra si è mostrata spesso abile nello sfruttare queste difficoltà che possono essere superate solo con un’azione politica maggiormente improntata a criteri di giustizia climatica e con un miglioramento delle capacità di comunicazione rispetto agli obiettivi da raggiungere.

Al centro della vita politica e sociale del Paese si collocano anche le rivendicazioni delle donne con varie forme di lotta e di mobilitazione; il 14 giugno  in particolare è ormai diventato un appuntamento fisso nel calendario politico elvetico e anche quest’anno in questa data si sono svolte, con ampia partecipazione, manifestazioni con al centro  obiettivi quali l’ adeguamento e la parità dei trattamenti  salariali e pensionistici, la valorizzazione delle attività a forte prevalenza di manodopera femminile, il rafforzamento dei servizi sociali a favore delle donne, la lotta ai femminicidi e alle molestie contro le donne.

L’aggravamento della situazione internazionale ha indotto la grande maggioranza delle forze politiche a ritenere necessario un aumento   delle spese militari ma ha posto al centro del dibattito politico anche l’esigenza di adattare la storica neutralità del Paese, che quasi nessuno mette apertamente in discussione, alla realtà in evoluzione. La definizione del ruolo del Paese nel quadro internazionale non è esente da contrasti che attraversano in modo trasversale gli schieramenti politici.

La Svizzera non fa parte della Nato ma dal 1996 ha stretto con l’alleanza militare un rapporto di partenariato che comporta forme di cooperazione militare bilaterale e la condivisione di informazioni e di esperienze. Ora molti vorrebbero un legame più stretto con la Nato anche se, allo stato attuale, un’adesione del Paese all’Alleanza non appare all’ordine del giorno.

Anche la recente decisione di Svezia e Finlandia di porre fine alla loro neutralità per aderire alla Nato ha contribuito a creare una situazione nuova anche per la Confederazione. La Svizzera, del resto ha una missione permanente presso la Nato a Bruxelles e, nel marzo del 2023, Viola Amherd è stata la prima ministra svizzera a partecipare, in qualità di osservatrice, al Consiglio della Nato.

Nonostante questa neutralità non impedisca un ancoraggio sia pure autonomo al campo occidentale il Paese intende continuare a svolgere un ruolo di mediazione nella risoluzione dei conflitti internazionali. La Confederazione ha inoltre approvato le sanzioni dell’Ue contro la Russia con alcune particolarità che hanno attirato sul Paese critiche riguardo all’effettivo congelamento dei beni russi.

Anche i rapporti con l’Ue sono al centro del dibattito politico svizzero per la necessità di ridefinire i rapporti fra le due parti dopo il fallimento delle trattative per un accordo quadro. Come si vede la Svizzera non è certo esente dalle tensioni di questa fase storica ma anche al suo interno operano forze sociali e politiche in grado di incidere positivamente sull’indirizzo politico del Paese.

Il raccordo fra movimenti che vedono le donne in primo piano sia sui temi della parità che su quelli ambientali e le forze politiche costituisce una premessa indispensabile per respingere l’offensiva conservatrice.

Alessandro Vaccari

Sconfinamenti.info

 

 

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