Raccontare l’Italia oltre frontiera: una giornata di approfondimento importante sull’informazione all’estero e dall’estero

Rilanciamo i servi realizzati dall’agenzia Aise sul convegno alla Camera e la registrazione video dell’iniziativa:

 

 

Raccontare l’Italia oltre frontiera: un faro sulla stampa italiana all’estero

ROMA\ aise\ – Un’occasione per riflettere sul ruolo della stampa italiana all’estero, sulle sue potenzialità, ma anche per richiedere riforme legislative necessarie ad eliminare “odiose storture” in grado di pregiudicare l’esistenza stessa di una testata. Un appuntamento che intende aprire una fase di dialogo con Governo e Istituzioni e che punta a diventare annuale per certificare lo stato dell’arte e fare la sua parte nella risoluzione di eventuali criticità. È iniziata questa mattina nella Sala del Refettorio della Camera, a Roma, “Raccontare l’Italia oltre frontiera”, conferenza promossa dalla Filef e ospitata da Fabio Porta (Pd), che nella prima sessione ha registrato anche gli interventi del Sottosegretario agli esteri Giorgio Silli e dei parlamentari Pd Ricciardi e Giacobbe.
Moderati da Gianni Lattanzio, i lavori sono stati introdotti da Porta, deputato Pd eletto in Sud America, che ha evidenziato l’importanza del dibattito anche alla luce delle “tante sollecitazioni ricevute da tutto il mondo da parte di testate, giornalisti ed editori” sulle difficoltà che l’applicazione della Legge dell’editoria crea al variegato mondo della stampa italiana all’estero. Il deputato ha parlato di “forti criticità” elencando i casi di “Gente d’Italia” (Uruguay), ma anche di “Allora!” (Autralia), “Insieme” (Brasile), “La voce d’Italia” (Venezuela – Spagna) e “L’eco d’Italia” (Svizzera). Una “casistica incredibile”, ha commentato il deputato, secondo cui “questa legislazione anacronistica finisce per penalizzare chi svolge il proprio ruolo di addetto all’informazione e favorisce chi produce contenuti in maniera non seria” e che crea veri e propri “paradossi”, come quello de “La voce d’Italia” diretto da Mauro Bafile che, ha spiegato il deputato, “mi ha riportato quanto accaduto: un consigliere di minoranza di un Comites di un’altra circoscrizione consolare ha scritto al Dipartimento per l’Editoria ed è riuscito a bloccare un contributo già deciso”. Editori, ha aggiunto, “mi parlano dell’impossibilità di parlare don il Dipartimento”. Ecco perchè “serve ripristinare l’apposita commissione”, anche per “facilitare una interlocuzione diretta”. Quello della stampa “è un punto nevralgico su cui riflettere di più”, anche alla luce del fatto che “dall’ingresso dei parlamentari eletti all’estero in Camera e Senato, invece che aumentare, testate all’estero e risorse sono diminuite”. Un “danno grave” per Porta, “soprattutto a livello di partecipazione politica”. Colpito personalmente dalla vicenda dei brogli nella scorsa legislatura, il deputato ha sostenuto che “i brogli” dipendono sì dai “problemi riferibili alla tecnicità del voto, ma anche dalla qualità e dal livello di coscienza che hanno gli elettori: un elettorato pigro e disinformato, che non ha accesso diretto e quotidiano all’informazione, diventa più facilmente preda dei fenomeni di manipolazione del voto, sia in Italia che all’estero”.
Bisogna “andare oltre, modificare l’attuale normativa” sulla stampa all’estero, alla luce di “forti criticità” e dall’impossibilità per gli editori di “interloquire direttamente con il Dipartimento Informazione ed Editoria (Die) della Presidenza del Consiglio”, che dal 2018 non possono più contare neanche sulla Commissione per la stampa italiana all’estero. Il deputato si è quindi detto “lieto” della presenza del sottosegretario Silli, con cui ha dibattuto di recente in Commissione Esteri sul tema dei contributi e dei pareri – obbligatori ma non vincolanti – che rete diplomatica e Comites devono rendere sulle testate edite nelle circoscrizioni territoriali di competenza.
Coordinatore nazionale di FILEF ETS, Pietro Lunetto ha auspicato l’avvio di un dibattito in grado di indirizzare riforme “a medio termine”, alla luce della “complessità del mondo dei mezzi di comunicazione per gli italiani all’estero e delle loro diverse funzioni”, una complessità che “riflette le varie sfaccettature delle comunità all’estero”. Citata la nascita di Radio Mir, Lunetto ha stigmatizzato il poco spazio che la stampa nazionale dà agli italiani oltreconfine, che balzano agli onori della cronaca solo in caso di drammi o imprese eccezionali di singoli, secondo una narrazione “limitata”. Al tempo stesso, le testate all’estero dovrebbero essere più disposte a “fare rete”. Quello di oggi “è solo il primo incontro” che intende diventare “una iniziativa annuale per fare il punto con e sulla stampa italiana e i media all’estero”.
Sottosegretario con le deleghe per gli italiani nel mondo, Giorgio Silli – dopo aver spiegato che, dal voto all’informazione, sta facendo una ricerca per vedere come altri Paesi, con una diaspora più o meno uguale all’italiana, affrontano diversi temi – ha evidenziato l’importanza di aggiornare alcune leggi ormai datate, come quella che ha istituito il Cgie, o perché, loro malgrado, pagano lo scotto di fronte ad una “innovazione che va velocissima”, come accade al sistema informazione. In entrambi i casi occorre “fare una riflessione congiunta per un documento il più condiviso possibile”. Serve “il coraggio di dire che il mondo è cambiato e buttare giù un ddl di iniziativa parlamentare e, magari, provare a superare la dicotomia da compartimenti stagni”. Un testo “condiviso”, ha ribadito, perché “si occuperà di tutti gli italiani all’estero” a prescindere dalla loro estrazione politica. Non possiamo guardare al futuro con norme e leggi che sanno di stantio. Così non si va da nessuna parte”.
Per informare i connazionali, la Farnesina “cerca di fare la sua parte con gli strumenti che ha”, rilanciando comunicazioni, finanziando agenzie di stampa qualificate, “raccontando” gli italiani all’estero anche attraverso progetti come il “turismo delle radici”.
“Siamo consci che la Riforma del 2017 potrebbe essere migliorata” e, nell’indicare come, “vorremmo che fossero coinvolti tutti” per “raccontare efficacemente gli italiani all’estero”. Il ruolo dei professionisti”, ha aggiunto Silli, è “fondamentale anche per portare in Italia la voce delle collettività oltre frontiera”. Bisogna “valorizzare questo patrimonio umano”, ha concluso il sottosegretario, auspicando che l’incontro di oggi sia “l’innesco di una reazione a catena che porti ad testo condiviso” sulla stampa italiana all’estero.
Una stampa, ha osservato Toni Ricciardi, deputato Pd eletto in Europa, che è cambiata in base alla “metamorfosi non solo della presenza italiana nel mondo, ma anche dalla fruizione del prodotto da parte dei connazionali”. Nel tempo di internet e dell’all news, bisogna chiedersi “che tipo di comunicazione si puo fare e di cosa hanno bisogno i connazionali all’estero”.
D’accordo sull’urgenza di ripristinare la Commissione per la stampa all’estero presso il Die, che, ha ricordato, “è a costa zero”, Ricciardi ha pure ricordato che “senza soldi non si cantano messe”, dunque “il primo tassello da cui partire” è quello delle risorse. Secondo il deputato si deve “iniziare a ragionare di qualità” premiando “chi investe in innovazione”, ma anche considerando che ci sono “differenze territoriali e continentali enormi, per cui 10mila euro in Argentina hanno un valore diverso rispetto a Zurigo”.
“Ha ancora senso disperdere i contributi in diecimila rivoli, penalizzando chi fa un lavoro editoriale diverso?”, si è chiesto Ricciardi, ribadendo la centralità della “qualità dell’informazione” e accogliendo, infine, l’invito di Silli a lavorare ad un testo condiviso.
Senatore Pd eletto in Australia, Francesco Giacobbe ha ricordato che negli anni la stampa italiana all’estero ha “contribuito a promuovere italianità e il made in Italy; ha costituito l’unica fonte di notizie che altrimenti non sarebbero mai arrivate Oltreoceano; ha rilanciato informazioni sulle attività e sulla vita delle nostre comunità” e, negli anni, “ha promosso informazione e dibattito su temi molto importanti per i connazionali”, citando a mo’ di esempio la campagna stampa sulla necessità di un accordo di sicurezza sociale Italia – Australia quando lui arrivò DownUnder.
Inoltre la “stampa all’estero costituisce la memoria storica dell’emigrazione”, dunque bisogna “salvaguardarla per non perdere parte di questa storia”. Certo “oggi tutto è cambiato” e quindi è d’obbligo “pensare a quale sia oggi il suo ruolo e valorizzarlo”. A disposizione per lavorare al testo auspicato da Silli, Giacobbe ha fatto suo l’invito di Ricciardi a “tener conto delle differenze delle diverse realtà, ma anche della diversa composizione delle nostre comunità”. Se ormai i media italiani “online arrivano ovunque”, la stampa italiana all’estero deve sviluppare “temi specifici dell’emigrazione”, anche spiegando “la portata che eventi italiani hanno per le comunità emigrate” e contribuire “all’informazione di ritorno”. (m.cipollone\aise)

 


 

Stampa italiana all’estero: un “piccolo mondo antico” che ha ancora cose da dire

ROMA\ aise\ – Un settore travolto dall’innovazione, che continua a cambiare alla velocità della luce, che ha bisogno di professionalità, ma anche di essere sostenuto per “stare al passo” coi tempi, perché ha ancora molto da dire. Dopo gli interventi introduttivi, è proseguita nella Sala del refettorio della Camera la conferenza “Raccontare l’Italia oltre frontiera”, promossa dalla Filef e ospitata da Fabio Porta (Pd), entrata nel vivo con la presentazione della ricerca “Rivistando” e gli interventi di Michele Schiavone (Cgie) e Giangi Cretti (Fusie -Cgie).
Frutto di un anno e mezzo di contatti e interviste di Radio Mir e sconfinamenti.info, “Rivistando” è stata presentata da Valeria Camia: lungi dal voler essere rappresentativa di una categoria così variegata come quella della stampa italiana all’estero, la ricerca ha raccolto spunti utili per comprendere il ruolo che svolgono riviste e periodici, i loro desiderata, i loro progetti.
Delle 30 testate contattate, ha spiegato Camia, hanno risposto in 19, sia “storiche” che novità editoriali, rappresentative di tutti i Continenti.
Giornali che, ha illustrato Camia, segnalano tra i loro obiettivi quelli di “mantenere i legami con l’Italia e i luoghi d’origine e far conoscere i vari territori”, ma anche di “fornire informazioni sui Paesi di residenza per i connazionali, promuovendo al tempo stesso le eccellenze italiane scrivendo anche nella lingua locale per raggiungere non solo gli italofoni”. Tutte si attestano la funzione di “archivio storico” della comunità italiana locale.
I direttori di queste testate “sono giovani” e “non solo per un ricambio generazionale”, ha precisato Camia. Tutte le testate che hanno risposto, ha aggiunto, “sono online, qualcuna mantiene l’edizione cartacea, diverse hanno anche una webradio”. Si tratta di giornali che “sono un bacino di informazione con diversi approfondimenti su vari temi, dalla cultura alla politica, mentre – ha sottolineato Camia – è carente l’interesse per le istituzioni italiane all’estero”.
“Per chi li legge dall’Italia rappresentano un osservatorio privilegiato su come cambia l’emigrazione e si evolve le realtà del paese ospitante. Per chi li legge dall’estero, sono uno strumento per conoscere il Paese di arrivo in modo veloce e aggiornato”.
In tante vorrebbero un maggior rapporto con la stampa italiana: “hanno espresso interesse a creare sinergie, magari ospitando stage dall’Italia in collaborazione e con il sostengo delle scuole di giornalismo, così come forte è il desiderio di essere coinvolti come fonti dirette dai giornali italiani su fatti che avvengono nei diversi paesi esteri”, ha concluso Camia.
Testate che vanno sostenute con mezzi opportuni, ha detto Michele Schiavone, segretario generale del Cgie, che ha messo il tema dell’informazione tra i punti all’ordine del giorno del primo incontro del nuovo Comitato di presidenza del Consiglio generale con il sottosegretario Silli di cui è stata ribadita, anche in quella sede, la necessità di una riforma.
“Le norme hanno bisogno di applicazioni nuove ed eque”, ha detto Schiavone collegato da remoto, citando “difficoltà di alcune testate dovute a rapporti interpersonali guastati”. Ci sono “situazioni sfuggite di mano e che invece di essere gestite dal Governo vengono discusse e decise nelle aule dei Tribunali e questo non è ammissibile”.
Anche per questo è necessario ricostituire “al più presto”, la Commissione per la stampa all’estero al Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio.
Rispondendo a distanza al sottosegretario Silli, che si è detto impegnato in una sorta di confronto sulle politiche migratorie con gli altri Paesi, Schiavone ha sostenuto che “nessuno ha i numeri dell’Italia” e quindi “dovremmo essere noi a indicare agli altri le politiche di integrazione che abbiamo adottato”. Ricordato il ruolo che la stampa ha svolto durante la pandemia, durante cui è stato veicolo di importanti informazioni e aiuti concreti a connazionali in difficoltà lontano da casa, Schiavone ha ribadito l’importanza di “riformare le storture previste dal decreto del 2017”, confermando l’intenzione del Cgie di “mettere in agenda un nuovo convegno che possa dare seguito a questo seminario, per ragionare a trovare delle soluzioni propositive da consegnare al Parlamento”.
Nel merito delle “criticità” indicate da tutti è entrato Giangi Cretti, presidente della Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero e della Commissione Informazione del Cgie, oltre che direttore de “La Rivista”, trimestrale edito dalla Camera di Commercio Italiana in Svizzera.
“Il nostro è un piccolo mondo antico consapevole di essere tale”, ha esordito Cretti. “Tutti gli operatori della comunicazione sono consapevoli che le cose sono cambiate, che le modalità di fare informazione sono nuove e che questa è una sfida per cui spesso le nostre testate non sono sufficientemente attrezzate”. Consapevoli, ha aggiunto, che “il loro ruolo e le loro funzioni sono cambiate” negli anni, così com’è cambiata l’emigrazione e che “bisogna tenere il passo dell’innovazione”. Ma per farlo c’è bisogno anche dell’aiuto delle istituzioni e del Parlamento.
“Si può discutere di nuove leggi, ma sapete quali sono i tempi”, ha annotato Cretti. “Ci sono urgenze che bisogna risolvere presto”.
“Un conto è riformare Comites e Cgie, un conto la Legge sull’editoria: ho l’impressione che si sovrappongano due temi distinti”, ha aggiunto. La legge istitutiva del Cgie è del 1989 ed è datata, quella dell’editoria è del 2016 (Governo Renzi) ed è entrata in vigore nel 2018: “ad oggi – ha sottolineato il presidente Fusie – paghiamo lo scotto delle difficoltà di applicazione della legge”. Per questo “è urgente una riflessione non sulla legge ma sul suo Regolamento di attuazione, che crea enormi difficoltà. La Fusie, così come il Cgie, chiede da anni il ripristino della Commissione che esisteva fino al 2016: affiancava il Die nella valutazione dei requisiti per i contributi alla stampa italiana all’estero, era a costo zero e consentiva ai funzionari del Dipartimento – che vivono a Roma – di riuscire a “contestualizzare” le testate valutate. Non decideva il quantum dei contributi – ha ricordato Cretti – ma presentava le testate nei diversi contesti territoriali”. Una Commissione che anche i funzionari Die riaccoglierebbero a braccia aperte perché di molto aiuto.
“Questi funzionari applicano un Regolamento”, che impone di “erogare i contributi sulla base dei costi”. Ma c’è un “discrimine”: in alcuni casi “si utilizza il parere dei Comites, obbligatorio ma non vincolante – previsto per altro dalla Legge sui Comites non da quella sull’Editoria – per discriminare”. Dunque è fondamentale “chiarire la natura di questo parere e di quello dei rappresentanti della rete diplomatica, che in nessun caso deve essere mediato da simpatie cultuali, personali o politiche”.
“Ho letto la risposta del sottosegretario Silli all’interrogazione di Porta (sul caso Gente d’Italia – ndr) e si dicono cose inaccettabili”, ha sottolineato Cretti. “Sfido chiunque a confrontare le testate che hanno ottenuto un parere positivo con quelle dal parere negativo ed evidenziare distinzioni sugli “interessi delle comunità”. Non ve ne sono. Il Dipartimento chiede molti documenti alle testate per capire i costi che affrontano, il parere di Comites e Rete diplomatica non serve a questo. Bisogna essere oggettivi: la Farnesina dovrebbe spiegare ai Comites su quale base devono esprimere questo parere”.
Ribadito che le verifiche “sono legittime”, perché “i contributi vanno a testate che esistono e che hanno sostenuto dei costi”, Cretti ha anche ricordato la differenza delle norme applicate a quotidiani e periodici italiani all’estero per la richiesta di contributo. “I quotidiani devono seguire criteri e modalità comuni a quelli editi in Italia, i periodici no. Mi chiedo: è giusto chiedere gli stessi requisiti all’estero?” E ancora: “è giusto non tenere conto dei “poteri di acquisto” diversi?” quando si erogano contributi, si è chiesto Cretti che, concludendo, ha sottolineato come le testate edite all’estero siano “le uniche che si occupano dei connazionali nel mondo. La stampa nazionale non lo fa: coltiviamo fa anni la speranza di un’informazione di ritorno e anche quella circolare è svanita nel nulla, ma ci sono cose che si possono e si devono fare nel futuro”. In primis “riflettere su come facciamo informazione e anche su cosa sono i nuovi media”.
Responsabile comunicazione dell’Inca Nazionale, Claudio Di Berardino ha confermato la disponibilità del patronato per un Osservatorio sulla stampa italiana all’estero, mentre Rino Giuliani (Fiei) ha posto l’accendo sull’importanza che la stampa all’estero “sia adegui ai tempi”.
Un accento sulla necessaria professionalità degli operatori è stato posto da Salvo Li Castri (Odg Sicilia – Usef): ricordato che “comunicazione e giornalismo sono due cose diverse” e che per i suoi 60 anni l’Ordine dei giornalisti ha scelto come slogan “Il dovere della vertà”, Li Castri ha sostenuto che in questi anni non sono solo cambiati i media, ma anche i lettori, sia in Italia che all’estero. Se i grandi mali dell’informazione sono fake news e linguaggio d’odio ciò che serve è “più professionalità”: “mi stupisco che tra i criteri per i contributi alla stampa all’estero non si citi la presenza di giornalisti iscritti all’Ordine”.
Presente ai lavori da metà mattina è infine intervenuto Christian Di Sanzo, deputato Pd eletto in Centro e Nord America, già presidente del Comites Houston.
“È giusto chiedersi come è cambiata l’informazione per gli italiani all’estero”, ha osservato il parlamentare, perché “la nuova emigrazione non usa più questi mezzi: consulta i giornali nazionali online e attraverso loro si informa per mantenere un rapporto diretto con l’Italia”. Questo è “un grosso pericolo per la stampa all’estero perché la priva di una funzione fondamentale: fare informazione in lingua italiana all’estero”. Dunque bisogna “ripensare alla sua funzione” che dovrebbe essere “informare l’Italia sugli italiani all’estero, visto che i giornali nazionali non lo fanno”. Bisogna “lavorare insieme per adeguare le regole alla realtà del momento: si può fare molto anche senza una proposta di legge”, ha aggiunto Di Sanzo. “Bastano circolari ministeriali e rivedere il regolamento di attuazione della Legge sull’editoria”, ma serve “la volontà” di farlo.
Quanto alla qualità del prodotto “ci sono grandi disparità”.
Tornando sul tema dei pareri, Di Sanzo ha aggiunto: “sono stato presidente Comites e vi ricordo che sono organismi politici e non tecnici e dunque non si possono forzare a criteri oggettivi. Diamo linee guida su come strutturare il parere, ma non aspettiamoci aderenza a criteri oggettivi. Ciò che è critico è che diventi vincolante per il contributo”.
“Molte ambasciate lasciano vivere giornali “dubbi” per quieto vivere e chiudono quelli validi per una certa visione”, ha aggiunto il deputato. “Ci sono grossissime disparità”; per “riportare oggettività” Di Sanzo ha proposto di “centralizzare in maniera comparativa la valutazione qua a Roma”.
A Fabio Porta il compito di chiudere i lavori del mattino: stigmatizzata l’assenza di Rai Italia – “che tra l’altro non fa più tribune parlamentari” – Porta ha rimarcato l’importanza della “professionalità dei giornalisti anche all’estero” e di “lavorare di più con Odg e Fieg. Sono d’accordo con Cretti sull’importanza di fare presto: non aspettiamo una nuova legge per risolvere le urgenze emerse”, in primis il peso dei pareri di Comites e rete diplomatica sulla stampa. “Bastano direttrici chiare per evitare che i pareri si trasformino in vendette”. (ma.cip.\aise) 

 


 

Narrativa, problemi e futuro dell’editoria degli italiani nel mondo

ROMA\ aise\ – Nel mondo dell’informazione, quando si parla di emigrazione, sorgono tanti tipi di problemi, variegati. Il rapporto tra immigrazione ed emigrazione, per esempio, o la difficoltà di creare un network che possa unire grazie all’informazione tanti italiani nel mondo, così come la difficoltà dei giornalisti di narrare storie tendenti alla normalità invece che alla spettacolarizzazione e alla ricerca di storie straordinarie, in positivo o in negativo. Ma anche problemi più concreti, come le difficoltà economiche, amministrative e burocratiche. Questi sono alcuni degli argomenti trattati poco fa durante “I media e il rapporto con gli italiani all’estero” e “Legge sull’editoria: criticità e prospettive – casi concreti”, le due sessioni pomeridiane dell’incontro promosso dalla Filef e ospitata da Fabio Porta, deputato del Pd, nella Sala del Refettorio della Camera “Raccontare l’Italia oltrefrontiera”.
“I media e il rapporto con gli italiani all’estero”
La prima sessione è stata moderata da Luca Maria Esposito, giornalista e coordinatore della FILEF Australia, che per aprire il dibattito ha spiegato come sulla nuova migrazione ci siano “analisi scarse”. E questo rappresenta un vulnus, secondo lui, “che porta a una comprensione difficile di questo fenomeno per la società italiana”. Anche per questo “non esiste un reale dibattito” in Italia sull’argomento.
Primo a intervenire è stato Raffaele Nappi del Fatto.it, che ha voluto sottolineare anche lui la gravità dell’assenza di “un dibattito vero in Italia sull’impatto sociale dell’emigrazione”. A suo parere è difficile “riuscire a rendere straordinarie delle storie di normalità”. In seguito, anche Claudio Rocco di Radio Fuori Campo, ha preso parola presentando la sua realtà, attiva a Lione, e spiegando i problemi del far conoscere in Italia quello che gli italiani all’estero fanno. Per aumentare l’audience è fondamentale, a suo parere, “fare la cronaca delle attività” ma anche “fare un’elaborazione teorica”. E per fare tutto ciò è essenziale la “sinergia” tra diverse realtà: “abbiamo bisogno di network, di collegarci fra di noi, di far sentire di più le nostre voci senza rimanere chiusi in una narrazione piccola”. E per non rimanere chiusi in se stessi con queste storie, è necessario avvalersi “di professionalità e dialogo in modo da valorizzare e cambiare la narrazione dell’emigrazione”. “Spesso ci sentiamo isolati – ha concluso -. Sentiamo che non possiamo godere dell’appoggio delle istituzioni”.
A seguire è intervenuta Sara Sanzi, di Expat, trasmissione di RadioRai3, che ha prima spiegato la storia della trasmissione nata poco prima della Pandemia e per il quale è stato scelto il nome “in modo istintivo”, “un termine neutro dal sapore internazionale che parlasse di emigrazione contemporanea e giovane, senza esclusione di genere”. Un termine che rifletta di più sulla circolazione delle persone. È infatti rivolta a un altro tipo di emigrazione, che è diversa oggi rispetto a ieri. “Non sempre si parte per necessità, oggi, si parte anche per volontà. Oggi siamo in grado di parlare di mobilità. E a differenza del passato, oggi il rapporto con l’Italia non è completamente reciso, grazie ai servizi offerti da internet”. Ma il termine Expat è stato scelto anche per differenziala da quello di “migrante”, che in Italia è pensato in modo molto diverso a causa delle tragedie nel Mediterraneo e dall’uso che ne fa la politica. “Sono due termini diversi, per separare e rispettare la tragicità dei migranti abbiamo scelto un termine più attinente al tipo di narrazione che volevamo fare”.
Parlando del tema del “ritorno”, a parere di Sanzi bisogna uscire dalla “dicotomia del successo o non successo”, del “positivo o negativo”. “Le storie sono tante, diverse e sfumate. Abbiamo raccontato un migliaio di persone e quando si parla di ritorno è spesso una questione emotiva”. In conclusione, secondo lei è “importante raccontare gli italiani all’estero purché si vada di pari passo con un’indagine e con l’idea della “circolazione di talenti” più che di “cervelli in fuga””.
In collegamento è intervenuto anche Stefano Milani, di collettiva.it, piccola testata il cui editore è la CGIL, con il quale si è discusso proprio riguardo i “ritorni”, cioè di chi ha avuto esperienze migratorie difficili e ha deciso di rientrare. Altro argomento del quale si racconta pochissimo. “Ci imbattiamo spesso nelle storie del migrante che non ce l’ha fatta, costretto suo malgrado a tornare a casa”. “Con collettiva cerchiamo di sfatare il falso mito dell’emigrazione” spesso raccontata in modo poco veritiero. “Spesso abbiamo incontrato e raccontato le storie di giovani che viaggiano ma che non riescono a realizzarsi e quindi sono costretti a tornare. I giornali italiani tendono a raccontare di persone che fuggono e non ritornano. Invece c’è un neorealismo che va raccontato. Così come il movimento, la volontà di stare solo qualche anno fuori dall’Italia. E di certo non sono solo “cervelli in fuga”, ma anche storie di lavoratori, di manodopera. Il giornalismo non deve andare solo nel discorso dove vanno tutti, ma immergersi in territori inesplorati”.
Ha poi preso parola l’On. Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi-Sinistra), secondo la quale le “storie di emigrazioni aiutano a capire in modo più completo il Paese”. “La dialettica sull’emigrazione è diametralmente opposta alla questione sull’immigrazione”, ha detto Piccolotti. “Non parlare di chi lascia il paese protegge un certo provincialismo dell’Italia. Consente di non fare discussioni serie su emigrazione, lavoro, salari, welfare, sistema d’istruzione, ricerca e sviluppo, che spesso sono classifiche che ci fanno male. Non parlare di chi se ne è andato consente di non prendere atto dei passi in avanti che l’Italia poteva fare e non ha fatto. E serve un confronto continuo tra chi è qui e chi ha deciso di andare”.
Infine ha assicurato: “se il parlamento può fare qualcosa sulla legge sulla stampa, o altre iniziative di natura formativa e culturale, noi siamo a disposizione delle vostre idee”.
A seguire sono intervenuti anche Stefano Morselli, giornalista-Filef Reggio Emilia, e Fabio Sebastiani di Radio Mir. Il primo, nel suo intervento, si è concentrato sulla realtà della sua città e sul problema formativo dei giornalisti riguardo l’emigrazione: “bisogna studiare il fenomeno, non esiste corso dell’Odg sull’argomento, c’è scarso interesse. Serve più formazione per i giornalisti. Se non se ne parla, si rischia di lasciare la narrazione solo all’estremo, senza alcuna narrazione della normalità”.
Il secondo, Fabio Sebastiani, ha esordito nel suo intervento così: “i giornalisti non possono girare la testa dall’altra parte”, per poi proseguire: “gli italiani all’estero sono una realtà con cui fatichiamo a fare i conti. Forse non abbiamo capito che siamo stati noi i migranti nel mondo. Mondializzazione e globalizzazione sono cose distinte e gli italiani sono importati perché hanno sperimentato entrambe e hanno empatia nelle proprie comunità. È vero che questo legame non si rescinde mai, perché il patrimonio è troppo importante”. Infine, ha voluto chiedere direttamente agli italiani all’estero: aiutate noi italiani in Italia a superare l’idea di provincia. Serve una visione larga, che coinvolga tutti. E per questo forse serve che la Rai o chi per lei si faccia promotrice di una rete”.
Infine, sono intervenuti in collegamento Francesco Siddi, presidente Confindustria RadioTv, che ha spiegato come “in Italia l’informazione sia povera su tutta la materia esteri. Quello della Rai è il punto dolente. C’è un meccanismo di nuova burocratizzazione. Non può un Console giudicare negativamente un giornale perché non d’accordo con le scelte politico-sociali”; e poi Simone Sperduto, che ha spiegato: “se è vero che siamo la 21esima regione italiana è ora che sia la politica, nell’intero arco parlamentare e non solo con gli eletti all’estero, sia l’informazione, si occupino realmente di noi”.
“Legge sull’editoria: criticità e prospettive – casi concreti”
Il secondo focus group di giornata, dedicato al quadro legislativo del mondo dell’editoria e alle sue criticità, è stato moderato da Pietro Lunetto, coordinatore nazionale di FILEF ETS.
Primo a parlare Mimmo Porpiglia di Gente d’Italia, che ha fatto un intervento molto duro riguardo la chiusura del suo giornale: “è una storia incredibile. Le vendite dei giornali in Italia e non solo sono al lumicino. Noi lavoriamo a Montevideo da 18 anni, poi è successo che è stata creata una nuova cancelleria consolare nella capitale uruguayana da 2 milioni di euro e da quel momento è successa una sorta di diaspora con l’Ambasciatore. Noi siamo sempre stati lontani dal potere, per non essere condizionati da questo. Siamo andati avanti per tanti anni con la distribuzione assieme a “El Pais”, uno dei giornali più venduti in Uruguay. Questa scelta ha raggiunto una diffusione enorme del nostro giornale, vendiamo 16, 17 mila copie al giorno”. E proprio ora che “le collettività italiane stanno morendo, non c’è più nessuno, non vanno a votare”, “dopo le problematiche con l’Ambasciatore il giornale ha chiuso”. “Com’è possibile che l’Ambasciatore attuale abbia avuto questa idea dopo che per 18 anni gli ambasciatori che lo avevano preceduto non avevano avuto nessun problema?”, si è chiesto Porpiglia. “Com’è possibile che l’Ambasciatore debba vedere se il giornale è buono o no?”, ha aggiunto ancora spiegando come senza i fondi sia impossibile per loro andare avanti a distribuire il giornale dove lavorano 12 giornalisti di cui 6 professionisti. “Stiamo portando avanti questa denuncia, vedremo come andrà a finire”.
Con lui, al tavolo dei relatori, Luciano Ghelfi dei Mantovani nel Mondo nonché quirinalista del Tg2: “abbiamo un portale d’informazione del tutto volontario che sta su con un minuscolo contributo del consiglio regionale”. Ma il ruolo dell’informazione è esattamente quello di ricordare a una piccola provincia quanto questa sia stata “una provincia di spaventosa emigrazione” così come la Lombardia nel suo complesso. “Il fattore territoriale – ha spiegato infatti – è molto spesso un fattore identitario. Di un’identità che cambia. Sono tornato di recente dal Paraguay seguendo Mattarella. Un Paese con moltissima emigrazione italiana, ma Mattarella è stato solo il primo Presidente della Repubblica ad andarci e ha detto “è inammissibile”. Tenere unite le due anime dell’emigrazione è importantissimo. Servono le regioni, così come il livello nazionale. Sembra che alcune leggi funzionino solo per noi”.
È poi intervenuto Giuseppe Della Noce, direttore dell’Agenzia di stampa AISE: “è emerso un dato di fatto oggi da questo seminario – ha spiegato -: qualcosa deve cambiare. Per quanto riguarda le agenzie: la legge alla quale ci rifacciamo è del 2018, quindi non vecchia, ma è nei decreti attuativi che ci sorgono problemi”.
“Avere giornalisti professionisti o pubblicisti nella stampa italiana all’estero andrebbe premiato – ha aggiunto ancora il direttore Della Noce -, ma questo non avviene. I rimborsi non esistono. Esistono dei tetti che limitano i costi ammissibili per la produzione della Testata (tutti i costi: giornalisti, dipendenti, poligrafici e altri ancora) a 50 mila euro che, però, saranno rimborsati al 50%. Di fatto l’Agenzia deve fare il suo lavoro con 25 mila euro per stipendi e collaborazioni”.
Come per Giangi Cretti (intervenuto questa mattina), più che cambiare questa legge, “che è una cosa complessa”, secondo il direttore Della Noce, bisognerebbe ricorrere a “interventi non legislativi, ma amministrativi che sono possibili e richiedono procedure molto più brevi”.
È intervenuto poi anche Luciano Vecchi del Cgie, che ha spiegato: “non stiamo parlando di specificità, ma stiamo parlando di un pezzo fondamentale della dimensione politica delle nostre comunità nel mondo. L’informazione serve a sentirsi comunità assieme alla lingua e alla cultura. Se ragioniamo sul futuro, la carta del giornalismo è insostituibile. Con due anni di ritardo, abbiamo costituito il CGIE che per sua natura rappresenta tanti interlocutori, quindi spero di poter fare un ragionamento legislativo. Abbiamo almeno un paio alleati e quindi possiamo puntare in alto restando realistici, perché stiamo parlando di cittadinanza, non è un favore che stiamo facendo ai 6 milioni di cittadini AIRE, ma a l’Italia tutta. C’è bisogna di una politica che investa sul futuro”.
Ultimo intervento prima della conclusione affidata all’On. Porta, è stato quello di Paola Cairo, di Passparola Magazine, realtà attiva in Lussemburgo. Un’esperienza, quella della rivista, chiusa a gennaio per quanto riguarda la carta stampata (dopo 19 anni di pubblicazioni) ma che continua online. Una “chiusura dovuta a vari problemi: ci hanno rifiutato la carta di giornaliste perché eravamo volontarie. La nostra è stata una bellissima avventura, fatta di perseveranza e abnegazione. Avremmo voluto più aiuto dal governo, un po’ più di pubblicità istituzionale, un po’ più di tutele dall’ODG e tutele previdenziali. Ora siamo passate all’online e abbiamo diversificato le attività. Non è la stessa cosa ma continuiamo a fare il nostro lavoro con la stessa passione anche se con altri ruoli. Siamo pronte a lavorare su iniziative comuni – ha assicurato in conclusione -, ricordando l’importanza dell’informazione nuova”.
Per chiudere, Fabio Porta, secondo il quale, quello di oggi è l’inizio di “un percorso che unisce e che ci porterà a mantenere alta l’attenzione su questo tema. Qui parliamo di informazione perché abbiamo a cuore la democrazia. Questa democrazia per italiani all’estero non può essere tale in assenza di un sistema capillare di informazione. Non possiamo pensare di risolvere i tanti problemi che ci sono, compresa una certa illegalità sul voto all’estero, se non mettiamo tutti gli elettori, quelli che votano e soprattutto quelli che non votano, in condizione di informarsi. Dobbiamo prenderci degli impegni, sia a lungo termine che immediati”. (l.m.\aise) 

 

FONTE: aise.it

 

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