IL PNRR si è fermato a Eboli

di ANTONIO FRASCHILLA (da L’Espresso del 24 Ottobre 2021)

RETI IDRICHE, ASILI, PORTI, ASSUNZIONI: NEPPURE IL TRAGUARDO DEL 40 PER CENTO DI RISORSE TIENE CONTO DI POPOLAZIONE, PIL E DISOCCUPATI L’ALLARME DI SINDACI ED  ESPERTI

In Sicilia quasi il 50 per cento dell’acqua si perde perché le condotte sono vecchie e bucate in più parti, percentuali simili si registrano in Calabria (41 per cento) e Campania (46 per cento), mentre il record negativo di acqua che si disperde va alla Basilicata con il 56 per cento e alla Sardegna con il 55. Al Nord, la dispersione delle reti idriche è inferiore della metà: in Lombardia è del 28 per cento, in Emilia Romagna del 30 per cento, come in Liguria.

Conti alla mano, per recuperare il gap e raggiungere livelli simili al Mezzogiorno occorrerebbe ben più del 40 per cento delle risorse: sul bando da 1,6 miliardi, però, Basilicata, Calabria, Sardegna, Campania e Puglia hanno avuto ammessi progetti per 475 milioni, il 29 per cento del totale.

La Lombardia ha avuto finanziati progetti per 197 milioni, il Piemonte per 159 milioni, la Campania si è fermata a 168 milioni, Puglia e Sardegna sono arrivate a meno di 3 milioni.

Non è andata meglio sugli asili nido e il bando da 700 milioni di euro ha visto decine di Comuni meridionali restare fuori dai finanziamenti. Qui il 58 per cento delle risorse è andato agli enti locali meridionali, con i Comuni della Campania che hanno attratto
risorse per 138 milioni, seguiti da quelli della Lombardia che hanno ottenuto 58 milioni e della Sicilia arrivati a quota 56 milioni. Il divario nord-sud però così non si ridurrà, considerando che su 100 bambini in Sicilia solo 12 trovano posto in asili nido pubblici e privati, in Campania e Calabria 10 bambini, in Puglia 18, mentre in Valle d’Aosta i bambini che trovano risposta per servizi di nido sono 44, in Lombardia 31, in Piemonte 30, in Toscana ed Emilia Romagna 40 (dati Openpolis).

Discorso analogo accadrà anche per un altro bando finanziato con il Pnrr, quello destinato all’assunzione di assistenti sociali: alcuni criteri premieranno i Comuni che già hanno un buon numero di assistenti sociali e chi non ha questa rete non avrà alcun fondo in più per ridurre i divari.

Un’altra ripartizione delle risorse già conclusa è quella sui grandi porti commerciali.
Il Pnrr varato dal governo Draghi ha fatto solo una fotografia dello status quo. Secondo i dati del ministero delle Infrastrutture, tra fondi già stanziati e Pnrr per la portualità, nei prossimi cinque anni saranno investiti 3,3 miliardi di euro e, assicurano, il 43 per cento andrà ai porti del Mezzogiorno.

Ma già solo questa cifra non rispecchia nemmeno il traffico merci attuale, visto che il 47 per cento transita negli scali portuali da Napoli in giù. Tra fondi per progetti e infrastrutture di certo c’è che solo i porti di Genova e Trieste riceveranno un miliardo di euro, molto di più di degli scali di Napoli, Gioia Tauro, Augusta o Palermo.

Qualcosa non torna perfino nella distribuzione territoriale degli esperti assunti a tempo determinato per aiutare le amministrazioni pubbliche in difficoltà nel presentare i progetti finanziati con il Piano Ue. Dei mille giovani tecnici chiamati in servizio, per una spesa di 320 milioni di euro, secondo la bozza del Dpcm, chi ne riceverà di più è la Lombardia con 131 assunti, seguono Campania e Lazio con 101 e 87, mentre l’Emilia Romagna ne avrà 64, qualche unità in meno della Puglia. La Calabria ne avrà 40, la Toscana 52 e il Piemonte 62. Ma non si dovevano aiutare gli enti pubblici senza personale?

Il professore dell’Università di Bari Gianfranco Viesti, esperto di società ed economia meridionale, non è molto sorpreso da questo avvio di attuazione del Pnrr e non ha molta speranza in una vera riduzione dei divari grazie a questo fiume di denaro in arrivo da  Bruxelles: «Anche prendendo per buona la cifra di 82 miliardi di risorse che andranno davvero al Mezzogiorno, la vera domanda è: quanti di questi soldi rappresentano concretamente nuovi investimenti? Sulle infrastrutture abbiamo assistito a una partita di giro, con opere finanziate da tempo con fondi statali ai quali adesso sono subentrati i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Conti alla mano, studiando le poche cifre certe del documento sul Pnrr consegnato in Parlamento e a Bruxelles, solo 35 miliardi di risorse aggiuntive andranno al Mezzogiorno. Il resto è un grande punto interrogativo.

Ma anche dando per certa la soglia del 40 per cento, questa non basta certo ad avvicinare i livelli dei sevizi nelle regioni del sud alla media nazionale. Per gli asili nido, al Mezzogiorno dovrebbero andare il 70 per cento delle risorse, solo così Reggio Calabria potrebbe avvicinarsi a Reggio Emilia: oggi la prima città ha 3 asili nido, la seconda 60.

C’è poi il grande tema della burocrazia: è evidente che considerando il poco tempo per realizzare i progetti il sistema burocratico del Sud non può competere. Occorrono misure speciali e immediate per aiutare la macchina degli enti locali».
Proprio quello della burocrazia è il tema che preoccupa di più i sindaci. Cinquecento amministratori meridionali si sono riuniti in una grande rete, tra questi il primo cittadino di Acquaviva in Puglia, Davide Carlucci: «Abbiamo creato un’alleanza tra sindaci di tutto il Sud. L’occasione è stata proprio il Pnrr: non vorremmo che fosse l’ennesimo treno perso per eliminare il divario con il resto d’Italia, che invece negli ultimi anni è cresciuto.

La soglia del 40 per cento sembra un’enormità, è in realtà un tradimento delle indicazioni che ha dato l’Unione Europea stanziando i fondi in base alla popolazione, al Pil pro capite e al tasso di disoccupazione degli ultimi cinque anni. Se si fossero utilizzati questi  parametri anche nella distribuzione delle risorse all’interno della nostra nazione, al Mezzogiorno sarebbe dovuto andare il 68 per cento.

La Lombardia, così, otterrà 35 miliardi di euro, quasi la stessa somma della Francia che ha gli stessi indicatori economici ma una popolazione sei volte superiore, mentre la Calabria, terza regione più povera d’Europa, ne avrà solo 9,5. Inoltre sebbene il presidente del Consiglio Draghi abbia a più riprese sottolineato la necessità di rafforzare la pubblica amministrazione, nulla di concreto è stato fatto. Oggi Bassano del Grappa, di 43mila abitanti, può contare su 256 dipendenti a tempo indeterminato, mentre Corato, 48mila abitanti, ha 128 unità, la metà».

Carlo Marino, presidente dell’Anci Campania, aggiunge: «Dal governo ci attendiamo tre cose: mettere i Comuni al centro della spesa e dare loro delle procedure semplificate; un piano straordinario di assunzioni che destini ai Comuni meridionali 5 mila giovani progettisti; garantire senza trucchi che il 40 per cento delle risorse resti al Sud. Punti sui quali, a partire dall’ultimo, siamo pronti a dare battaglia».

Dall’Unione europea intanto si dicono preoccupati per la distribuzione reale delle risorse del Piano in Italia. Dolors Montserrat, presidente della Commissione per le petizioni, ha dichiarato «ricevibile» una istanza di verifica sulla spesa dei fondi Ue fatta dai sindaci del Sud. Una istanza che chiede un costante monitoraggio all’Ue sull’impiego delle risorse del Piano. Montserrat nella lettera di risposta ha aggiunto: «Ho chiesto alla Commissione europea di condurre un’indagine preliminare sulla questione». I primi bandi del Pnrr sono già più di un campanello d’allarme.

 

 

FONTE: L’Espresso n. N. 44 ANNO LXVII del 24 Ottobre 2021

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