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(da Neodemos)La misurazione dei flussi migratori è uno dei compiti di più difficile realizzazione nel campo delle statistiche demografiche. Un recente approfondimento sui dati italiani consente di utilizzare al meglio i dati disponibili, offrendo un quadro più realistico del reale andamento del fenomeno in questi ultimi anni.
Le statistiche sui flussi migratori in Italia
In Italia le migrazioni internazionali vengono misurate con l’utilizzo diretto di un’unica rilevazione: le iscrizioni e cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza. Una fonte amministrativa che permette di seguire con buona precisione l’andamento del fenomeno, prendendo in considerazione i movimenti che danno luogo a una operazione anagrafica. Come tutte le rilevazioni di questo tipo, però, anche quella italiana, risente della normativa, dei cambiamenti delle procedure amministrative e della concreta possibilità o della volontà dei migranti di registrare gli spostamenti effettuati. Ciò crea una discrepanza tra le reali dimensioni del fenomeno e le misurazioni statistiche che, generalmente, tendono ad essere più accurate per i flussi in ingresso che per quelli in uscita. In effetti, se si escludono i cittadini stranieri che non possiedono i requisiti per ottenere la residenza del paese di destinazione, chi emigra solitamente ha meno interesse a comunicare la propria partenza rispetto a chi arriva in un altro paese1.
Secondo i dati ufficiali sulle migrazioni internazionali diffusi dall’Istat, l’andamento del fenomeno per italiani e stranieri dal 2002 al 2021 è quello riportato nella Figura 1. Per gli italiani dal 2010 si è allargata considerevolmente la forbice tra cancellazioni e iscrizioni per l’estero, mentre per gli stranieri, dopo i picchi per le regolarizzazioni seguite alla Bossi-Fini e all’ingresso nella UE di Romania e Bulgaria, si è registrato un significativo calo che ha portato l’afflusso nel nostro paese ai livelli dei primi anni duemila. Il risultato complessivo per l’intero periodo è un saldo migratorio negativo di 620 mila unità per gli italiani e un guadagno netto di 5,58 milioni per gli stranieri.
Le cancellazioni e le iscrizioni per altri motivi
In realtà nella determinazione del bilancio demografico del paese, oltre ai trasferimenti con l’estero concorrono anche le iscrizioni e le cancellazioni “per altri motivi”, che sono operazioni di rettifica finalizzate alla regolare tenuta dei registri. Le prime sono dovute a operazioni di rettifica anagrafica o alla ricomparsa di persone precedentemente cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse, mentre le seconde sono cancellazioni per irreperibilità (ossia relative a individui che non risultano residenti in seguito ad accertamenti anagrafici) o per scadenza del permesso di soggiorno nel caso di stranieri extracomunitari2. Un utilizzo integrato dei dati amministrativi potrebbe quindi portare a una misura del fenomeno che consenta di riclassificare, come sarebbe corretto dal punto di vista sostanziale, alcuni aggiustamenti anagrafici come movimenti migratori verso l’estero. Inoltre, un approccio di tipo longitudinale che collega gli eventi demografici degli individui nel tempo, consente di identificare i long-term migrants, ovvero i migranti che si spostano per un periodo di almeno 12 mesi, per arrivare a una misura in linea con le raccomandazioni delle Nazioni Unite sulle statistiche migratorie internazionali3.
Su questa linea si è mosso un progetto di ricerca tematica dell’Istat4 basato su un utilizzo integrato dei dati amministrativi per individuare quella parte delle iscrizioni e cancellazioni “per altri motivi” che potrebbero essere considerate come movimenti migratori con l’estero5. Il lavoro si basa sul sistema di contabilità micro demografica implementato dall’Istat che, tra il 9 ottobre 2011, data del Censimento della popolazione, e il 31 dicembre 2021, ha registrato oltre 3 milioni di trasferimenti di residenza “per altri motivi”: quasi 1 milione e 900 mila cancellazioni e circa 1 milione e 200 mila iscrizioni. Dal 2015 il numero delle cancellazioni “per altri motivi” ha superato quello delle emigrazioni, mentre risulta significativo, ma più contenuto, il contributo delle iscrizioni “per altri motivi” sul totale dei flussi in ingresso6.
Nell’ambito del progetto sono state formulate varie ipotesi su movimenti anagrafici “per altri motivi” che hanno consentito di configurare alcuni possibili scenari relativamente alla misurazione delle migrazioni internazionali. Rimandando alle pubblicazioni del progetto per un’analisi dettagliata delle diverse ipotesi e dei relativi risultati, in questa sede pare utile concentrarsi su quella più vicina alla definizione delle Nazione Unite. In questa ipotesi sono stati considerati come migrazioni tutti i movimenti in entrata e in uscita (“per altri motivi” e con l’estero) a cui non corrisponde un successivo movimento in direzione opposta nei dodici mesi successivi, controllando anche la coerenza con le informazioni provenienti dai segnali di presenza dell’individuo sul territorio nazionale. Del resto, l’idea che ai movimenti per altri motivi potrebbe corrispondere un evento migratorio non è nuova nella statistica ufficiale: la statistica report dell’Istat sui bilanci demografici calcola un saldo migratorio aggiungendo anche le poste per altri motivi7 e la diffusione degli indicatori demografici include una voce “saldo migratorio per altri motivi”8.
I nuovi dati
I risultati di questo processo di riclassificazione sono riportati nella Tavola 1.
L’intensità del fenomeno aumenta per entrambi i flussi. Diverso è tuttavia l’impatto della nuova misura, contenuto per le immigrazioni ma forte per le emigrazioni, che appaiono quasi raddoppiate rispetto al dato ufficiale. Nella tavola 1 si ipotizza la coincidenza della data di cancellazione o iscrizione d’ufficio con quella di emigrazione o immigrazione, anche se verosimilmente il movimento è avvenuto prima del procedimento amministrativo. Secondo questa nuova misura delle migrazioni internazionali, in Italia tornerebbero a prevalere i flussi in uscita: dopo quasi 50 anni di valori costantemente positivi, nel 2020 si registra infatti un saldo migratorio negativo pari a -20 mila unità.
La nuova misura ha un impatto diverso sui flussi di cittadini italiani e stranieri (Figura 3). Come prevedibile, la maggioranza degli stranieri non comunica la partenza e viene cancellata dall’anagrafe dai funzionari comunali “per altri motivi”: dal 2012 al 2020 il numero delle migrazioni passa dal dato ufficiale di quasi 400 mila a oltre 1 milione e 300 mila. L’incremento delle emigrazioni dei cittadini italiani è significativo anche se più contenuto rispetto a quello degli stranieri (+30%).
Al contrario, per quanto riguarda i flussi in entrata (da circa 2 milioni e 770 mila a 3 milioni 130 mila), la nuova misura ha un impatto maggiore sugli italiani (+199 mila, pari a +54%) che non sugli stranieri (+159 mila, pari al +6,6%). Il maggior incremento dei flussi in uscita rispetto a quelli in entrata, porta a una riduzione del saldo migratorio dei cittadini stranieri, che dal 2012 al 2020 si riduce dai 2 milioni circa del dato ufficiale a 1 milione e 250 mila.
I vantaggi della nuova misura
Il lavoro svolto ha evidenziato il potenziale offerto dall’utilizzo integrato dei dati disponibili. In particolare, l’integrazione delle fonti ha prodotto un significativo cambiamento delle statistiche. L’ottica longitudinale ha consentito di misurare la durata della permanenza effettiva e applicare uniformemente il criterio dei 12 mesi, riducendo così il gap che attualmente esiste tra la definizione nazionale e il concetto internazionale. Infine, la possibilità di separare gli aggiustamenti amministrativi dai movimenti della stessa natura che “nascondono” uno spostamento di residenza con l’estero permette di escludere i primi dalle statistiche e di riclassificare i secondi come flussi migratori. Tale riclassificazione dei movimenti non cambia lo stock di popolazione ma ridisegna l’entità dei movimenti, soprattutto di quelli in uscita. In sintesi, i risultati di questo lavoro consentono una maggiore accuratezza della misura del fenomeno, coerenza con gli standard internazionali e comparabilità con le statistiche diffuse dagli altri paesi. Inoltre, la riclassificazione delle voci amministrative in movimenti demografici, permette una migliore accessibilità e chiarezza delle informazioni prodotte.
Questa nuova misura mostra come la crisi economica abbia provocato un significativo flusso in uscita di cittadini stranieri e mette in luce il probabile saldo migratorio negativo del 2020, anno di diffusione della pandemia da Covid-19, dopo quasi mezzo secolo di saldi positivi. Emergono quindi più nettamente gli effetti della crisi economica sulle migrazioni internazionali in Italia che non ha solo ridotto gli ingressi di stranieri, come già evidenziato dalla statistica ufficiale, ma ne ha anche aumentato le uscite in maniera consistente. I cittadini stranieri hanno in parte deciso di rientrare nei loro Paesi di origine, forse anticipando la data di partenza, mentre molti altri hanno scelto di spostarsi in un altro Paese europeo, dove gli effetti della crisi sull’economia sono stati minori o hanno avuto una minore durata.
Note
1United Nations. Guidelines for Exchanging Data to Improve Emigration Statistics, New York, 2010
2ISTAT, Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche – Anno 2020, (2022)
3United Nations, Recommendations on statistics of international migration. Statistical Papers Series, (1998).
4Di Fraia G., Tucci E., Tomeo V., Basevi M., Corsetti G., Licari F., Simone M., Bonifazi C., Strozza S., Una misura delle emigrazioni italiane attraverso l’integrazione e l’analisi di dati amministrativi, ( 2022)
5Tucci E., L’emigrazione dall’Italia attraverso l’integrazione e l’analisi di rilevazioni statistiche e fonti ufficiali, Tesi di dottorato, Roma (2019)
6ISTAT, Bilancio demografico e popolazione residente per sesso, https://demo.istat.it/
7ISTAT, Bilancio demografico nazionale – Anno 2014, (2015)
8ISTAT, Indicatori demografici, Glossario, (2012)
FONTE: https://www.neodemos.info/2023/03/21/una-nuova-misura-delle-migrazioni-italiane/
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