L’Australia in cerca di lavoratori usa e getta

Mentre gli occhi di tutto il mondo erano puntati sulle notizie provenienti dall’Australia riguardanti il caso Djokovic, in pochi hanno notato, qualche titolo più in basso, le immagini di quella che in questi giorni si sta delinenado come una vera e propria emergenza per la vita di milioni di australiani: la grave carenza di prodotti sugli scaffali dei supermercati e dei negozi di tutte le grandi città.

Una crisi solo in parte dovuta alla mancanza dei prodotti stessi, bensì all’enorme vuoto di manodopera che sta affliggendo da tempo il sistema produttivo dell’intera nazione e che l’arrivo di Omicron ha portato ai livelli di una vera e propria emergenza.

Mancano addetti alla logistica e lavoratori nei campi,mancano cuochi, camerieri e impiegati nei negozi e nei supermercati, mancano persino medici, infermieri e addetti ai servizi alla persona, a partire dall’assistenza agli anziani.

Ma dove sono finiti tutti questi lavoratori di cui solo due anni fa era piena l’Australia? Un po’, come in tutto il mondo, sono chiusi dentro le proprie case in isolamento o a letto malati, ma la maggior parte non ci sono più, perché sono i tanti lavoratori stranieri (moltissimi italiani) che sono stati abbandonati dal governo e sono stati costretti a lasciare il Paese.

All’albore della pandemia,infatti, con i primi lockdown e migliaia di lavoratori che perdevano il posto, il governo del primo ministro liberale Scott Morrison e del suo braccio destro, il tesoriere Josh Frydenberg, (uno, per capirci, che solo due anni fa sosteneva di ispirarsi a Ronald Regan e Margharet Thatcher), ha pensato bene di escludere da tutti i sussidi e gli aiuti offerti ai lavoratori, coloro che non erano cittadini e non avevano un visto permanente, compresi le centinaia di migliaia di studenti internazionali che frequentavano le Università e lavoravano all’interno del Paese.

A questi ultimi, nonostante da anni vivessero e pagassero le tasse come i tutti gli altri cittadini, Morrison disse infatti da un giorno all’altro di fare le valige e tornarsene a casa, perché l’Australia non li avrebbe aiutati. Una scelta scellerata dal punto di vista etico che condannò molti dei lavoratori stranieri e le loro famiglie a patire forti sofferenze, ma anche miope per la nazione, che infatti oggi ne sta subendo amaramente le conseguenze.

Ed è per questo che due giorni fa, messo in crisi dalla pesante mancanza di manodopera che sta mettendo in ginocchio l’economia del Paese, il primo ministro ha avuto la faccia di bronzo di presentarsi in conferenza stampa e lanciare un appello a tutti i giovani stranieri disposti a venire a lavorare e a studiare in Australia, offrendosi perfino di pagargli i costi del visto purché vadano a lavorare nei campi e nei ristoranti australiani ormai deserti.

Una proposta che detta così sembra allettante, ma che,badate bene, nasconde molte insidie per chi deciderà di avventurarsi. E a testimoniarlo non è solo il  trattamento ricevuto dai lavoratori stranieri allo scoppio della pandemia, ma anche il fatto che chi arriverà quaggiù con la voglia di lavorare, si troverà sempre intrappolato da un sistema di visti perverso e fortemente penalizzante per tutti i lavoratori temporanei, tra i più sfruttati e tartassati d’Australia: senza servizio sanitario pubblico se non per i primi sei mesi dall’arrivo, costretti a pagarsi costose assicurazioni private, con visti che consentono solo l’accesso a lavori sotto pagati e precari, tassati fin dal primo dollaro guadagnato mentre per tutti gli altri si comincia a pagare solo oltre la soglia dei 18mila dollari, ma soprattutto messi in una condizione di forte vulnerabilità e facilmente sfruttabili dai datori di lavoro.

E’ per questo che l’associazione Nomit di Melbourne, che da anni si batte per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori italiani in Australia, lancia un appello diretto al ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, chiedendogli di attivare tutti i mezzi possibili concessi alla nostra diplomazia, per esigere il rispetto e la protezione dei ragazzi italiani che decideranno di rispondere alla chiamata dell’Australia, facendo dove possibile pressione perché siano ridiscussi gli accordi reciproci non solo per quanto riguarda l’accesso alla sanità pubblica, ma anche in materia di visti,così da garantire maggiore sicurezza ai nostri giovani che intraprenderanno la difficile scelta di andare a lavorare dall’altra parte del mondo.

Non possiamo abbandonarli anche stavolta, come è stato fatto negli ultimi 12 anni.

 

 

FONTE: https://nomit.com.au/blog/laustralia-in-cerca-di-lavoratori-usa-e-getta/

Visits: 281

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.