Flessibilità, giovani e donne: sulle pensioni la Cgil sfida il governo (VIDEO intervista a Roberto Ghiselli)

di Fabrizio Ricci e Paolo Andruccioli (da Collettiva)

VIDEO

Il segretario confederale Roberto Ghiselli rilancia le proposte del sindacato per una vera riforma della previdenza: “L’esecutivo ci ascolti e apra un confronto, altrimenti prenderemo le nostre iniziative”

Non c’è più tempo. Il 31 dicembre 2021 si avvicina a passi veloci. Se non ci saranno interventi legislativi, da gennaio rimarranno pienamente in vigore solo le regole della riforma Fornero, senza alcuna correzione e possibilità alternativa di uscita anticipata: si andrà in pensione a 67 anni o con 43 anni di contributi. Milioni di lavoratori saranno penalizzati e il sindacato non può permetterlo.

“Perciò chiediamo per l’ennesima volta al governo di convocarci. Ma dall’ultimo incontro di fine luglio non abbiamo saputo più niente. Si è trattato solo di una falsa partenza. Quindi o si riapre il dialogo, o i sindacati rilanceranno la mobilitazione”. Lo ha detto il segretario confederale della Cgil, con delega alle politiche previdenziali, Roberto Ghiselli, che ha partecipato ad una iniziativa della Cgil umbra a Perugia mercoledì 8 settembre.

In questa videointervista Ghiselli ribadisce la richiesta principale del sindacato: costruire una riforma previdenziale socialmente sostenibile basata sulla flessibilità in uscita dal mercato del lavoro attivo e che tenga conto delle grandi differenze tra i diversi tipi di lavoro: l’aspettativa di vita non è mai uguale per tutti. Centrali anche le richieste sul lavoro delle donne e sulla costruzione di una pensione di garanzia per i giovani che oggi svolgono lavori precari o discontinui e che potrebbero essere costretti ad andare in pensione dopo i 73 anni. Per le donne deve diventare centrale il riconoscimento del lavoro di cura e il superamento del gap salariale e quindi previdenziale.

 

FONTE: https://www.collettiva.it/copertine/welfare/2021/09/13/video/flessibilita_giovani_e_donne_sulle_pensioni_la_cgil_sfida_il_governo-1438957/

 


 

Ecco le pensioni che vogliamo. Le proposte di Cgil, Cisl, Uil

I punti principali delle richieste dei sindacati confederali sulla previdenza in un volantino unitario: interventi a favore delle donne, pensione di garanzia per i giovani, flessibilità in uscita, riconoscimento della diversità dei lavori, previdenza complementare, sostenibilità sociale delle pensioni in essere e legge per la non autosufficienza, separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale, misure speciali per favorire l’uscita dei lavoratori vicini alla pensione nelle aziende messe in crisi dalla pandemia

In un volantino unitario firmato dalle tre sigle confederali si riassumono in modo sintetico le proposte del sindacato sulla riforma previdenziale. Eccole.

Le pensioni sono uno dei temi prioritari da affrontare in questa fase. Dopo i primi positivi interventi di modifica alla legge Monti-Fornero introdotti in questi anni grazie all’iniziativa sindacale, occorre continuare a cambiare il sistema previdenziale al fine di eliminarne gli aspetti iniqui, fra i più restrittivi d’Europa, e determinare risultati concreti in linea con le richieste indicate da tempo nella piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil che rimane il riferimento per una riforma organica del sistema previdenziale del nostro Paese.

Non condividiamo che nel Def e nel Pnrr le pensioni continuino ad essere considerate solo come un fattore di spesa, senza tenere conto del profilo di sostenibilità sociale dell’attuale modello. Considerando anche l’imminente conclusione della sperimentazione di “quota 100”, prevista al 31 dicembre 2021, che sta determinando un risparmio importante di risorse per via del numero di pensioni liquidate, decisamente inferiore alle previsioni, riteniamo necessario riavviare al più presto un tavolo di confronto con il Governo per affrontare i diversi punti contenuti nella Piattaforma sindacale.

Il confronto dovrà essere anche l’occasione per valutare le ricadute della crisi pandemica in corso sul versante previdenziale, ad iniziare dai problemi occupazionali e sanitari legati all’età avanzata, e dalla dinamica della spesa previdenziale. Queste ragioni rendono ancora più urgente il confronto e l’assunzione di provvedimenti conseguenti.

Flessibilità in uscita
È necessario estendere la flessibilità nell’accesso alla pensione, permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Questa proposta è ancor più sostenibile considerando che siamo ad un passaggio di fase decisivo per il sistema previdenziale in quanto le future pensioni saranno liquidate prevalentemente o esclusivamente con il calcolo contributivo. Contestualmente vanno sensibilmente ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi del trattamento (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale), penalizzando in questo modo i redditi più bassi.

Occorre, inoltre, modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione. Bisogna anche scongiurare il rischio che lunghi periodi di congiuntura economica negativa, come accaduto negli ultimi anni, determinino effetti sfavorevoli sulle prestazioni pensionistiche.

Contratti di espansione e Isopensione
Anche in considerazione della crisi pandemica che sta sconvolgendo l’economia e mette a rischio migliaia di imprese e milioni posti di lavoro, sono necessari strumenti efficaci per favorire il passaggio dal lavoro alla pensione che potranno risultare utili anche per governare la difficile fase che si aprirà con lo sblocco dei licenziamenti e per favorire il ricambio generazionale. Si ritiene necessario, pertanto, rendere più accessibili ed efficaci gli strumenti già esistenti come il contratto di espansione e l’isopensione che prevedono l’uscita anticipata dal lavoro rispettivamente di 5 e 7 anni dalla maturazione della pensione, andando oltre i pur importanti interventi migliorativi previsti dall’ultima legge di bilancio, dal momento che permane l’esclusione della maggior parte del mondo del lavoro dalla possibilità di un loro utilizzo.

Sostegno alle categorie più deboli (disoccupati, invalidi , caregiver, lavori gravosi e usuranti)
Vanno garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per l’accesso alla pensione delle categorie più deboli, ad iniziare da quelle che rientrano nell’Ape sociale (disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha svolto lavori gravosi o usuranti). In questo contesto è necessario tutelare la figura dei “lavoratori fragili” che nell’emergenza sanitaria sono più esposti ai rischi del contagio e occorre ampliare la categoria dei disoccupati, ad iniziare da quelli di lunga durata fra cui gli esodati. La platea dei lavori gravosi ed usuranti andrà sensibilmente ampliata sulla base di dati oggettivi che attestino il diverso rapporto tra attività lavorativa svolta e speranza di vita.

Per questa ragione è necessario riattivare la Commissione incaricata del lavoro di studio e di analisi sulle diverse gravosità dei lavori. È necessario inoltre tener conto anche di coloro che svolgono attività lavorative con esposizione a materiale nocivo e a coloro che hanno avuto il riconoscimento di  una malattia professionale Inail e più in generale di coloro che sono affetti di malattie che determinano un’attesa di vita più bassa. Infine, le pensioni di inabilità con quote nel sistema contributivo vanno valorizzate attraverso un coefficiente di trasformazione che tenga conto dell’impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e un’attesa di vita sicuramente più bassa rispetto alla media.

Il lavoro di cura e delle donne
Gli interventi normativi di questi ultimi anni hanno equiparato i requisiti per la pensione di vecchiaia fra uomini e donne, quando invece rimangono ancora profonde le differenze fra i due generi nel mercato del lavoro, nei percorsi professionali e nella distribuzione del lavoro di cura in ambito familiare. Le stesse misure adottate per rendere più flessibile l’accesso alla pensione, come l’Ape sociale e Quota 100, hanno visto poche donne beneficiarne, a causa dell’elevato requisito contributivo richiesto. E’ quindi necessario prevedere soglie contributive d’accesso alla pensione compatibili con le condizioni delle donne e la proroga di “Opzione donna”.

Il lavoro di cura non retribuito, svolto in prevalenza dalle donne, è una voce fondamentale del welfare del nostro Paese ed è necessario tenerne conto a livello previdenziale con misure adeguate, come il riconoscimento di dodici mesi di anticipo per ogni figlio (o a scelta della lavoratrice una maggiorazione del coefficiente di trasformazione) e la valorizzazione ai fini pensionistici del lavoro di cura di persone disabili o non-autosufficienti in ambito familiare.

La tutela dei giovani, del lavoro povero e del lavoro discontinuo: la pensione contributiva di garanzia
Senza lavoro dignitoso non c’è pensione dignitosa e la priorità deve essere un lavoro stabile e di qualità. Ma visto il diffondersi dei lavori discontinui, part-time o poveri, fenomeni che coinvolgono in particolare i più giovani e le donne, è necessario intervenire anche sul fronte previdenziale, per evitare un’emergenza sociale devastante, considerando anche che chi rientra nel sistema contributivo non può contare neanche sull’integrazione al minimo della pensione. Cgil, Cisl, Uil richiedono, pertanto, la creazione di una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale.

La previdenza complementare
Bisogna rilanciare le adesioni alla previdenza complementare negoziale, da anni sostanzialmente stagnanti, rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani In questa direzione proponiamo in particolare un nuovo periodo di silenzio-assenso e una adeguata campagna informativa e istituzionale, così come meccanismi che consentano alla persona di poter esercitare liberamente la scelta di adesione. Inoltre è necessario promuovere i fondi pensione negoziali anche nei settori ancora esclusi come il comparto sicurezza. Chiediamo di riportare la tassazione degli investimenti dei fondi pensione alle precedenti aliquote più favorevoli e promuovere le condizioni perché i fondi investano maggiormente nell’economia reale del Paese, prediligendo il sostegno alle infrastrutture, anche sociali.

La tutela dei redditi da pensione
Va garantita la tutela dei redditi da pensione, particolarmente colpiti in questi anni, attraverso il rafforzamento e l’ampliamento della “quattordicesima”, una minore tassazione fiscale, che sui pensionati italiani pesa il doppio rispetto alla media europea, e il ripristino della piena rivalutazione delle pensioni.

Tfr e Tfs e prescrizione della contribuzioni per i pubblici dipendenti
Vanno parificate le condizioni di accesso al Tfr e Tfs tra settore pubblico e settore privato. Inoltre, è necessario intervenire sulla prescrizione contributiva dei lavoratori della pubblica amministrazione che devono essere messi in condizione di verificare la propria situazione previdenziale, ancora oggi incompleta e non corrispondente alla effettiva carriera lavorativa. Solo così si possono tutelare i lavoratori dal rischio di perdere periodi di contribuzione con gravi danni sulla futura pensione.

Esattoriali
Va individuata una soluzione per il Fondo esattoriale Inps, dando attuazione al decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 55 del 8 maggio 2018, con il quale veniva stabilito che le risorse del Fondo di Previdenza dovessero essere utilizzate per dar luogo a una pensione aggiuntiva calcolata con il sistema contributivo.

Separazione spesa previdenziale/spesa assistenziale
Nella determinazione della spesa pensionistica, così come oggi viene statisticamente rilevata, incidono molte voci che non hanno natura previdenziale e non hanno corrispondenza nelle rilevazioni degli altri Paesi europei. Dati che non considerano, inoltre, il differenziale fiscale, più alto per i pensionati del nostro Paese, che per lo Stato non rappresenta una spesa ma solo una partita di giro. Tutto ciò porta ad una rappresentazione fuorviante della situazione, da più parti riconosciuta. E’ necessario, pertanto accelerare i lavori della Commissione preposta all’analisi della spesa previdenziale e assistenziale soprattutto per poter giungere ad una corretta rappresentazione della effettiva spesa pensionistica italiana.

Interventi nel sistema contributivo 
È necessario prevedere nel sistema contributivo una incidenza effettiva delle maggiorazioni anche nella misura delle prestazioni pensionistiche, attraverso una valorizzazione del montante contributivo o del coefficiente di trasformazione. Inoltre, sarebbe importante considerare la specificità del lavoro part-time, attraverso la corretta imputazione della retribuzione da assumere nel calcolo di alcuni istituti, come il riscatto e i versamenti volontari.

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