Aree interne: Cgil Campania, intervenire con programmazione Ue

Ricci: “I dati dell’indagine Spi Cgil sullo spopolamento in Campania ci dicono che ogni giorno 90 cittadini lasciano la regione per lavoro, studio o salute. Per fermare la migrazione, bisogna ridare ossigeno alle province, spezzando il napolicentrismo”

“I dati presentati dall’indagine condotta dallo Spi Cgil sullo spopolamento in Campania ci dicono che ogni giorno 90 cittadini lasciano questa regione per lavoro, studio o salute. Per fermare tale migrazione, c’è bisogno di ridare ossigeno alle province campane e spezzare il napolicentrismo. In tal senso, la Regione ha presentato un progetto dedicato, che dovrà essere finanziato con la programmazione 2021/27, che rappresentano gli unici fondi ordinari in grado di consentire lo sviluppo di queste aree, migliorando la qualità dei servizi essenziali, come sanità, trasporto e scuola, che rappresentano i principali settori in cui si verifica l’emigrazione in Campania”.

Così il segretario generale Cgil Campania, Nicola Ricci, intervenendo all’iniziativa ‘Aree interne e sviluppo: bisogni sociali e sistema di welfare’, promossa da Spi Cgil Campania, Spi Cgil Salerno e Cgil Salerno sul tema delle aree interne, all’interno della quale la categoria dei pensionati ha presentato uno studio sullo spopolamento delle principali macroaree interne della Campania (Alta Irpinia, Tammaro Titerno e Cilento). Alla tavola rotonda, che si è tenuta nella sede della Provincia di Salerno, hanno partecipato il segretario generale Cgil Salerno, Arturo Sessa, il segretario generale Spi Cgil Campania, Franco Tavella, il segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa, il presidente della provincia di Salerno, Michele Strianese, il presidente di Futuridea, Carmine Nardone e il consigliere regionale con delega alle Aree Interne, Francesco Todisco. Le conclusioni sono state affidate al segretario generale Spi Cgil nazionale, Ivan Pedretti.

 

Alta Irpinia.

Sono 25 i comuni appartenenti a questa area geografica che si caratterizza per la quota più rilevante di decremento demografico delle aree prese in considerazione; negli anni che vanno dal 2001 al 2019 la popolazione residente si riduce di 7.741 unità. Tutti i comuni, ad eccezione di Lioni, perdono quote consistente di popolazione; significativo il caso di Calitri che perde 1.337 unità. Preoccupano le dimensioni estremamente ridotte dei paesi di Monteverde, Senerchia e Rocca San Felice che continuano a perdere quote significative di residenti. Dato trascurabile è quello relativo alla presenza di migranti che con il 3,2% risulta essere il più basso delle aree prese in considerazione in questa ricerca.

Tammaro-Titerno.

In quest’area, dove gravitano 24 comuni la popolazione residente, nel periodo preso in considerazione, passa da 65.762 a 62.483 unità, facendo registrare un decremento di 3.279 unità. Anche in quest’area si registra una contrazione che coinvolge quasi tutte le comunità. In netta controtendenza il comune di Telese Terme che fa registrare un incremento demografico di 1.955 unità. Sassinoro, San Lupo e Pietraroja sono invece i paesi a forte rischio di estinzione.

Cilento.

Per avere una percezione chiara dell’andamento demografico del Cilento l’indagine ha preso la suddivisione tradizionale della ripartizione dei comuni in cinque differenti aree: Alto Cilento, Cilento Centrale, Basso Clento, Valle del Calore e Alburni, Vallo di Diano, prendendo come riferimento l’inizio di questo nuovo millennio e confrontando i dati con quelli attuali. Si evince che dal 2001 al 2019 la popolazione residente nel Cilento ha fatto riscontrare un leggero incremento passando da 128.364 unità a 129.626. Tale tendenza però non risulta essere un dato omogeneo in quanto è riscontrabile esclusivamente tra la popolazione residente nell’Alto Cilento e nel Cilento Centrale; a fare da traino sono soprattutto le città costiere, significativo è il dato di Agropoli che fa registrare un incremento di 1.881 abitanti e Castellabate 1.489. Seguono Casal Velino (+738), Castelnuovo Cilento (+641) e Ascea (+502). Ma nelle zone interne di queste due aree si riscontra la presenza di paesi con forti contrazioni demografiche. E’ il caso di Serramezzana che nell’intervallo di tempo considerato perde una quota consistente della sua popolazione passando da 403 a 300 abitanti, risultando uno dei borghi a più alto rischio di estinzione vista anche la presenza di una popolazione anziana che ha raggiunto livelli di guardia, gli ultra sessantacinquenni risultano essere un terzo della popolazione, e ci sono soltanto 67 unità sotto i trent’anni.

Non va trascurato il dato relativo alla presenza di stranieri: se per l’Alto Cilento l’incremento di popolazione di 3.456 abitanti è da attribuire quasi esclusivamente alla presenza di stranieri (3.037), per il Cilento Centrale l’incremento degli stranieri (1.700 unità) è quasi il doppio dell’incremento dell’area (+819 unità). Invece, il dato drammatico sullo spopolamento si riscontra marcatamente fra la popolazione residente nel Basso Cilento. Qui, nel periodo preso in considerazione, la popolazione si riduce di 3.013 unità, e avrebbe avuto dimensioni anche più consistenti se non ci fosse stato un significativo insediamento di migranti (1.950 unità). Nell’area del Basso Cilento quasi tutti i comuni fanno registrare contrazioni anagrafiche; fanno eccezione i paesi costieri di Camerota, Centola e Vibonati. Rofrano è uno dei paesi a più alto rischio spopolamento – perde 696 unità -, ma non stanno meglio Casaletto Spartano (-318 unità), Alfano (-308 unità), Torre Orsaia (-324 unità). Anche in questi paesi la consistente presenza di anziani sul totale della popolazione lascia prevedere un’accelerazione dello spopolamento.

 

 

FONTE: https://www.rassegna.it/

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