CGIE: Sulla Cittadinanza è il momento dell’azione politica

È stato attorno ad un tema assai partecipato, quello della cittadinanza, che il Cgie ha registrato – giovedì- l’esordio di Fabrizio Benvignati nella sua nuova veste di presidente della Commissione III Diritti civili, politici e partecipazione. Il suo intervento e il dibattito che ne è scaturito hanno impegnato quasi totalmente il pomeriggio della seconda giornata di plenaria del Cgie, in via eccezionale nella sede del Cnel.
Un dibattito al termine del quale il Cgie si è chiesto “che fare?” e ha deciso di rimboccarsi le maniche e affidare alla Commissione guidata da Benvignati il compito di raccogliere le sollecitazioni emerse in plenaria e farsi portavoce del Cgie elaborando una bozza di proposta di legge prima che il cosiddetto “Decreto Sicurezza Bis” concluda il suo iter in parlamento.
Una delle questioni che la Commissione ha discusso e ha trovato sensibile l’assemblea del Cgie è stata la norma contenuta nel “Decreto Sicurezza” in vigore dal 4 dicembre scorso, la legge n.132\2018 recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica e concessione della cittadinanza italiana al coniuge straniero. Si parla di cittadinanza “iure matrimonio”, ma la norma va a colpire anche i connazionali che vogliano naturalizzare il proprio coniuge straniero. “Il requisito linguistico”, che la legge richiede, ha spiegato Benvignani, “è un presupposto della partecipazione di un cittadino alla vita democratica di un paese” ma il livello di conoscenza B1 è elevato e la legge non chiarisce “come certificarlo”. Senza contare i costi talvolta proibitivi.
In Commissione è stato poi sollevato un altro problema sul quale il Cgie vuole intervenire. Si tratta del vulnus legislativo legato alla interpretazione dell’art.7 della legge 555\1912 sui figli minori nati all’estero tra il 1865 e il 1912 da padre naturalizzato straniero. Al Cgie, ha riferito Benvignati, è stato segnalato la decisione di “alcuni Consolati” di sospendere il riconoscimento della cittadinanza e ciò applicando una “normativa dell’epoca di Giolitti” che “non è in linea con la giurisprudenza sviluppata negli ultimi decenni”. Per Benvignati, anch’egli giurista, serve dunque una riflessione profonda che porti ad una “interpretazione ragionevole della norma” e ad “una revisione globale della legge”. 
La Commissione è pronta a farsene carico e a presentare poi la propria bozza di riforma all’Amministrazione, ha assicurato Benvignati, trovando in aula il direttore centrale del Maeci Roberto Mancini disponibile al confronto.
Poi si è aperto il dibattito.
Per Gazzola “l’unica soluzione è modificare la normativa” che al momento è spaccata in due: “io, figlio (di emigrato – ndr), per la una legge perdo la cittadinanza e per l’altra no”. E se c’è da interpretare norme così divergenti, Gazzola si è chiesto: “chi decide in Consolato?”.
Concorda il segretario generale Schiavone, per il quale “la semplificazione è la strada maestra da perseguire”.
Ha preso la parola Francesca La Marca, deputata PD eletta in Centro e Nord America, secondo la quale su lingua e cittadinanza “il decreto sicurezza ha creato parecchi problemi”, specie perché entrato in vigore senza alcuna comunicazione preventiva. Per La Marca “la certificazione della lingua con i suoi costi è uno sgarbo per gli italiani all’estero”. Sulla questione la deputata PD e la collega Angela Schirò, presente in sala anche lei, hanno presentato una interrogazione, ma la risposta della Farnesina è stata: “non c’è niente da fare”. Le due parlamentari hanno perciò chiesto un incontro con il ministro Salvini, che però non è stato disponibile. Ora La Marca ha annunciato che presenterà un emendamento al Decreto Sicurezza Bis “per sopprimere una norma che va a penalizzare tutti noi che viviamo al di fuori dell’Italia. Spero”, ha concluso, “che mi sosterrete”.
I consiglieri Stabile e Billè hanno sollevato il problema della “retroattività della norma”, per la quale, come pure ha denunciato Mangione, è mancata una “adeguata comunicazione” che avvisasse della sua entrata in vigore. Altra questione è quella dei figli nati tra il 1865 e il 1912: qui per Mangione il problema sta nella “concomitanza” tra i principi di iure sanguinis e iure soli, sebbene la legge 555\1912 all’art.7 e art.8 faccia un distinguo tra chi abbia scelto personalmente di rinunciare alla cittadinanza italiana e chi vi sia stato costretto. “Abbiamo bisogno di interpretazioni autentiche” e i Consoli hanno bisogno di “indicazioni chiare”, ha aggiunto Mangione che sul fronte della conoscenza della lingua ha rammentato che negli Stati Uniti per ottenere la cittadinanza lei stessa avrebbe dovuto dimostrare di conoscere non solo la lingua ma anche la storia e la cultura americane.
Una scelta politica, quella del governo statunitense, condivisa dal consigliere Ghia, secondo il quale in caso di “matrimoni misti è giusto richiedere una minima conoscenza della nostra identità”.
Sebbene con toni diversi anche la consigliera Blasioli ha convenuto con i colleghi: “essere pieni cittadini ed esercitare il diritto di voto richiede un minimo di conoscenza e di partecipazione democratica attiva”. 
Secondo il consigliere Lombardi “la questione è molto intricata e molto sentita”. Riconoscendo l’esistenza di “un gigantesco problema di carattere interpretativo”, Lombardi ha invitato i colleghi a cogliere l’occasione di una nuova legge sulla cittadinanza offrendo un loro “canovaccio” da portare in Parlamento. Bisogna essere però consapevoli che al momento “le varie interpretazioni e le ipotesi di legge sono tutte tendenti nel senso di restringere quanto più possibile” quindi le prospettive non sono “rosee”. Quello tra ius soli e ius sanguiis è un “terreno minato”: meglio allora seguire la “via pragmatica per ottenere cose semplici e in modo semplice”. Quanto infine allo ius culturae, “va bene”, ha detto Lombardi, “ma deve valere per tutti”. Una “strada di buon senso” per Lombardi è quella di restituire la cittadinanza italiana a chi in Italia è nato ma ha dovuto rinunciarvi perché costretto dai Paesi di nuova residenza. Sarebbe, questo sì, un “atto di giustizia assoluta”. 
Ancora di più, ha incalzato Papandrea, se si pensa alla discriminazione che vede la cittadinanza riconosciuta ad uno dei due figli di uno stesso padre.
Un appello alla semplificazione lo ha porto in assemblea anche un giovane delegato che ha partecipato al Seminario dei Giovani Italiani nel Mondo di Palermo. German Cirnigliano è arrivato dall’Argentina ed ora ha deciso di restare in Italia, trovare lavoro e crearsi una nuova vita, ma si è imbattuto in tante difficoltà. Al Cgie German oggi ha chiesto: “chi siamo noi italiani nati all’estero per l’Italia? E dove andiamo?”.
Il consigliere Collevecchio ha parlato della necessità di sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica e per questo ha annunciato di aver chiesto una riunione con l’associazione dei sindaci d’Italia e con i presidenti di Regione.
Concluso il dibattito il segretario generale Schiavone ha affidato alla Commissione III il compito di sintetizzare le istanze emerse oggi in plenaria e di presentare una “nostra proposta di interpretazione e modifica” della legge, che consideri, fra l’altro, anche l’aumento dei tempi burocratici per l’ottenimento della cittadinanza da due a quattro anni ed il recupero della cittadinanza per discendenza materna.
“Prendo nota e proviamo a lavorarci”, ha assicurato Benvignani, pronto a “fare lobby” e ad interloquire con la politica.
Bisogna fare in fretta: “Petrocelli ieri è stato chiaro”, ha avvisato Schiavone. Il governo ha già iniziato a produrre I propri progetti di legge che “nel giro di pochi mesi” concluderanno il loro iter parlamentare. “Dobbiamo anticiparli”, altrimenti, ha chiosato il segretario generale, “saremo scavalcati”. (aise) 

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