NUOVA EMIGRAZIONE: Giovani emigrati all’estero e dati Istat, i numeri reali sono il triplo: la grande fuga dei laureati

di Federico Fubini (da Il Corriere della Sera/Economia)

I giovani emigrati italiani verso il resto d’Europa sono molto probabilmente tre volte più numerosi di quanto stimato finora e arrivano a una popolazione di 1,3 milioni di persone nell’ultimo decennio. Non deve sorprendere dunque che, negli altri Paesi europei (Gran Bretagna inclusa) vivano con ogni probabilità già almeno 3,1 milioni di italiani: quasi un milione in più rispetto a quanto registrato dall’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero.

Così l’Italia, un anno dopo l’altro, sta perdendo nella competizione internazionale ed europea per attrarre talenti ed energie fresche. Sulla base dei dati di Eurostat, l’agenzia statistica europea, si può stimare che per ogni giovane che viene a stabilirsi in Italia da un altro Paese europeo ci sono diciassette giovani italiani che espatriano verso il resto dell’Unione europea o in Gran Bretagna.

Il «Corriere» segue da anni il fenomeno della sproporzione fra l’emigrazione dichiarata dall’Italia e quella reale, che è di varie volte. Ora però arriva uno studio di Fondazione Nord Est e dell’associazione Talended Italians in the Uk (firmato da Ludovico Latmiral, Luca Paolazzi e Brunello Rosa) a fotografare per la prima volta le proporzioni storiche del brain drain subito dal Paese fra il 2011 e il 2021. Nelle sue cifre reali, esso è di un ordine di grandezza inferiore ma comparabile a quello di ondate migratorie strutturali del Paese come ad esempio quella degli anni ‘50 del Novecento. Con una differenza, fra le altre: allora lasciavano l’Italia soprattutto persone con una qualifica professionale e di studi inferiore alle medie nazionali; oggi il 30% dei giovani che lasciano ha la laurea, una quota superiore a quella dei laureati nella fascia d’età fra i venti e i 39 anni. Latmiral, Paolazzi e Rosa si basano sui dati Eurostat, che a loro volta integrano le statistiche dei Paesi di destinazione dell’emigrazione dall’Italia.

 

Il confronto 2011-2021
Il «Corriere» segue da anni il fenomeno della sproporzione fra l’emigrazione dichiarata dall’Italia e quella reale, che è di varie volte. Ora però arriva uno studio di Fondazione Nord Est e dell’associazione Talended Italians in the Uk (firmato da Ludovico Latmiral, Luca Paolazzi e Brunello Rosa) a fotografare per la prima volta le proporzioni storiche del brain drain subito dal Paese fra il 2011 e il 2021. Nelle sue cifre reali, esso è di un ordine di grandezza inferiore ma comparabile a quello di ondate migratorie strutturali del Paese come ad esempio quella degli anni ‘50 del Novecento. Con una differenza, fra le altre: allora lasciavano l’Italia soprattutto persone con una qualifica professionale e di studi inferiore alle medie nazionali; oggi il 30% dei giovani che lasciano ha la laurea, una quota superiore a quella dei laureati nella fascia d’età fra i venti e i 39 anni. Latmiral, Paolazzi e Rosa si basano sui dati Eurostat, che a loro volta integrano le statistiche dei Paesi di destinazione dell’emigrazione dall’Italia.

 

La differenza di dati, ecco perché
Il motivo è nei comportamenti dei migranti, che non sempre cancellano la propria residenza italiana (per semplicità amministrativa o per mantenere l’accesso al sistema sanitario) dunque sfuggono all’osservazione dell’Istat. Chi cambia Paese però è obbligato a prendere un domicilio ufficiale o la residenza nel Paese di arrivo, per poter aprire le utenze, un conto in banca, per poter firmare un contratto di lavoro o avere accesso al welfare locale. Di qui la sproporzione. Emerge per esempio che gli italiani che si sono trasferiti in Spagna nel 2021, da dati di Madrid, sono quasi cinque volte superiori a quanti risultano dai dati Istat. In media ponderata, gli emigrati «reali» sono 3,2 volte quelli dichiarati e arrivano appunto a 1,3 milioni di persone fra i venti e i 39 anni fra il 2012 e il 2021. Se poi si analizza su Facebook quanti in Europa dichiarano di abitare fuori dall’Italia, ma indicano l’italiano come prima lingua, si arriva appunto a 3,1 milioni di persone: un terzo in più rispetto ai dati ufficiali.

 

L’Italia fornitore di capitale umano
Gli autori dello studio sottolineano che questa dinamica non ha niente a che fare con il fisiologico scambio di abitanti — giovani in particolare — legato all’integrazione europea. L’Italia, sottolineano, è solamente un «fornitore» di capitale umano, «attraverso la diaspora di giovani con un elevato bagaglio di istruzione». Sulla base dei dati Eurostat, la sproporzione è appunto di 17 che escono verso l’Europa ogni singolo europeo che sceglie di vivere in Italia. «Le stesse cause che inducono i giovani italiani a cercare altrove migliori opportunità o condizioni di lavoro e di vita scoraggiano i giovani di altri Paesi europei a venire in Italia, nonostante la sua rinomata bellezza», si legge nello studio. Con tutte le conseguenze immaginabili in termini demografici, di natalità, di propensione all’innovazione e di potenziale di crescita nel medio periodo. Spezzare questa spirale diventa così una delle grandi priorità italiane quasi del tutto rimosse dal dibattito pubblico.

 

FONTE: https://www.corriere.it/economia/lavoro/23_ottobre_19/giovani-emigrati-all-estero-dati-istat-numeri-reali-sono-triplo-grande-fuga-laureati-c35a3d0a-6e82-11ee-945f-3f883a74fca3.shtml

 

 

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