On line Nuovo Paese – Aprile ’23, il mensile di Filef Australia

Le Voci devono farsi sentire dai sordi

di Frank Barbaro

 

Se gli australiani voteranno per includere nella costituzione una Voce al Parlamento, degli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres, si troveranno davanti con ogni probabilità il vero ostacolo, la sordità del governo.

Nelle ultime settimane le proteste di milioni di persone nei principali paesi occidentali, quasi sempre per i costi della vita, mostrano la comune indifferenza dei governi.

Gli scioperi dei sindacati tedeschi hanno quasi bloccato le ferrovie e gli aeroporti nella più grande economia europea per chiedere aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro.

In Francia milioni di cittadini hanno condotto scioperi e proteste senza successo contro la decisione del governo di aumentare l’età pensionabile senza voto parlamentare, mentre negli Stati Uniti decine di migliaia di lavoratori dell’istruzione nel Los Angeles Unified School District, il secondo distretto scolastico più grande del paese, ha scioperato chiedendo salari e livelli di personale più elevati.

Allo stesso modo, nel Regno Unito migliaia di insegnanti, medici, lavoratori dei trasporti pubblici e altri dipendenti hanno lasciato il lavoro chiedendo retribuzioni e condizioni di lavoro eque.

Nel frattempo in Israele una parte considerevole dei nove milioni di abitanti è scesa in piazza contro le proposte di riforma del primo ministro Benjamin Netanyahu, che rafforzerebbero la sua posizione, indebolendo la magistratura.

Ciò che colpisce in questi eventi è l’ampiezza dell’opposizione alle politiche pubbliche e al tempo stesso l’ostinata sordità dei governi alla voce del loro popolo.

Resta da vedere per quanto tempo le classi dirigenti saranno in grado di ignorare le pressioni sul costo della vita, alimentate da salari bassi e prezzi alti, entrambi già presenti prima del Covid e della guerra in Ucraina.

Se gli aborigeni australiani e gli isolani dello Stretto di Torres otterranno la loro voce, dovranno stare attenti alla trappola di essere ridotti al solito gruppo di pressione ignorato, anche se legale, per la loro indiscutibile svantaggiosa condizione storica.

 

 

 

Voices must overcome deaf ears

by Frank Barbaro

 

If Australians vote to include in the constitution a Voice to Parliament, of Aboriginals and Torres Strait Islanders, its biggest obstacle is likely to be government deafness.

Protests by millions in the past few weeks in key Western countries, at the core of most are living costs, show the common affliction of governments failing to listen.

Strikes by German unions brought railways and airports to a near-halt in Europe’s largest economy over a pay rise and better working conditions.

In France millions of its citizens waged unsuccessful strikes and protests opposing the government’s decision to raise the pension age without a parliamentary vote, while in the US tens of thousands of education workers in the Los Angeles Unified School District, the second-largest school district in the country, went on strike demanding higher wages and staffing levels.

Similarly in the UK thousands of teachers, doctors, public transport workers and other employees walked off their jobs demanding fair pay and employment conditions.

Meanwhile in Israel, a sizeable fraction of it nine million people, have taken to the streets against Prime Minister Benjamin Netanyahu’s proposed reforms that would empower his position while weakening the judiciary.

What is remarkable about these events is the magnitude of opposition to public policies and governments’ stubborn deafness to the voice of their people.

It is to be seen for how long governments will be able to ignore cost of living pressures fuelled by low wages and high prices, that precede Covid and the Ukraine war. 

If Australia’s Aboriginals and Torres Strait Islanders get their Voice they should be wary of the pitfall of being reduced to another ignored lobby group, albeit a legal one, for their unquestionable disadvantageous historical condition.

 


 

Dare al Parlamento o al popolo il diritto di decidere sulla guerra

di Gaetano Greco

 

All’inizio del mese, un rapporto della commissione permanente del Parlamento federale ha respinto la richiesta degli attivisti e dei Verdi
che il Parlamento avesse il diritto di veto se la nazione debba o meno entrare in una guerra.
La commissione ha invece raccomandato solo un limitato controllo democratico, affermando che le decisioni sulla guerra sono fondamentalmente una prerogativa del gabinetto.

A differenza di Stati Uniti e Francia che richiedono l’approvazione del Congresso per la dichiarazione di guerra e paesi come
Germania, Danimarca, Irlanda, Spagna, Norvegia e Svezia che richiedono l’approvazione parlamentare, il governo federale australiano
non ha l’obbligo democratico di ratificare o chiedere l’approvazione del Parlamento quando l’Australia entra in guerra.

Quanti soldati australiani e quante innocenti stranieri sarebbero stati risparmiati se entrambe le camere del Parlamento avessero dovuto approvare le guerre illegali e sfortunate del Vietnam e dell’Iraq, per non parlare degli atti vergognosi e vigliacchi di alcuni soldati delle
soldati della SAS in Afghanistan.

Il nostro sistema democratico manca chiaramente di maturità e trasparenza quando si tratta di di guerra o di sicurezza nazionale, dato che
queste decisioni possono essere prese semplicemente da politici dell’esecutivo.

I dibattiti su AUKUS, sui sottomarini nucleari e le nostre relazioni militari opache, la dipendenza dagli Stati Uniti, e, in misura minore, dalla Gran Bretagna, dovrebbero essere discusse e decise in Parlamento, se non addirittura tramite un referendum nazionale.

È il popolo che si espone alla guerra e dovrebbe essere il popolo a decidere.

Perché il nostro governo ha paura di lasciare che gli australiani decidano se il Paese debba andare in guerra?

 

 

Give parliament or the people the veto on going to war

by Gaetano Greco

 

Earlier this month, a joint standing committee report of federal parliament rejected a call by activist and the Greens for parliament to be given a veto over whether the nation should go to war.

Instead the committee recommended only limited democratic parliamentary oversight affirming that decisions on war are fundamentally the prerogative of cabinet.

Unlike the US and France that require congressional approval for the declaration of war and countries like Germany, Denmark, Ireland Spain, Norway and Sweden that require parliamentary approval, the Australian federal government has no democratic obligation to notify or seek approval from parliament when Australia goes to war.

How many Australian soldiers and innocent lives of foreigners could have been spared if both houses of parliament had been required to approve military action in ill-fated and illegal wars in Vietnam and Iraq, not to mention the disgraceful and cowardly acts of some SAS soldiers in Afghanistan.

Our system of democracy clearly lacks in maturity and transparency when it comes to war or national security issues given these decisions can simply be made by a few politicians in executive government.

Debates over AUKUS, nuclear submarines and our opaque military relationship and reliance on the US, and to a lesser extent on Britain, should be subject to parliamentary, if not a national referendum.

It is the people who will be expected to go to war and it should be the people who decide.
Why is our government afraid of letting Australians decide if the country goes to war?

 

 


 

 

 

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NP-aprile 2023

 

 

 

 

 

 

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