Il Veneto e l’emigrazione nel nuovo numero di “Studi Emigrazione”

È dedicato al Veneto il nuovo numero di Studi Emigrazione, rivista del Centro Studi Emigrazione di Roma (Cser) che aggiunge così una nuova tappa alla ricerca avviata nel 2019, che – dopo Venezia e il Veneto – proseguirà nel 2023 con focus su Firenze e la Toscana, Torino e il Piemonte.

Il Veneto – si legge nella presentazione del nuovo numero – è stato, per lungo tempo, terra di emigrazione: sin da prima della sua annessione al Regno d’Italia, ha esportato circa cinque milioni di emigranti nel mondo (Franzina, 1979, 2009 e 2019). Tale fenomeno si configurava, inizialmente, come un’emigrazione a carattere temporaneo o stagionale, agita da padri o da figli maggiori degli aggregati domestici, originaria dalle aree montane e pedemontane e diretta principalmente verso le attuali Germania, Austria e Ungheria.

Dopo l’unità d’Italia, però, la Regione fu colpita da una profonda crisi economica che alimentò una grande emigrazione di massa che coinvolse intere famiglie – provenienti, soprattutto, dalle aree rurali della Regione (Franzina, 1976) – e assunse caratteri permanenti.

Si trattava sempre più spesso di un fenomeno migratorio transoceanico: i veneti si dirigevano, ora, verso le Americhe (Brasile, Argentina, Uruguay, Venezuela, Stati Uniti, Canada) e Australia (Franzina, 1979, 2009 e 2019).

Come sottolinea Emilio Franzina (1979), negli anni compresi fra l’annessione e il consolidamento del fascismo, è possibile affermare che non vi fu nessun’altra regione in Italia, eccettuata la Calabria, ad avere un così alto tasso emigratorio.

Quello che può, quindi, essere definito un vero e proprio “esodo emigratorio” si inseriva nella più ampia cornice dell’emigrazione italiana nel mondo: dalla sua nascita come nazione unitaria essa ha esportato una enorme massa di emigranti, pari alla sua intera popolazione al 1861, oltre 24 milioni di individui (Basso, 2006).

 

FONTE: aise.it

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