CONFSAL UNSA: REFERENDUM MA NON A COSTO DELLA SALUTE DEGLI IMPIEGATI CONSOLARI

ROMA – “Non si contano i messaggi preoccupati degli iscritti Confsal-Unsa sparsi sui cinque continenti chiamati ora a svolgere le operazioni di voto per il Referendum del 20-21 settembre di quest’anno sul taglio dei parlamentari”. Ed è il Coordinamento Esteri della stessa organizzazione sindacale a ricordare quali siano in questo periodo “i compiti delle ambasciate e dei consolati: preparazione degli elenchi degli elettori, predisposizione della stampa e dell’invio delle schede elettorali, raccolta dei plichi non recapitabili, rinvio o consegna del duplicato della scheda elettorale agli elettori non raggiunti, raccolta delle schede elettorali votate e invio delle stesse a Roma per lo scrutinio finale”.
Insomma, osservano dalla Confal Unsa, “molti compiti, molti rischi. Non sono pochi a chiedersi cosa comporterà il maneggio di carte passate per mille mani (per esempio dal tipografo al postino, dall’elettore all’impiegato consolare). Ma non finisce qui”, incalza il sindacato. “Un’altra impellente domanda riguarda i rischi che insorgono al momento in cui l’elettore, che non ha ricevuto il plico elettorale, vorrà recarsi in ambasciata o in consolato per ritirare il duplicato. Come saranno compatibili le file (e file ci saranno comunque) davanti ai consolati con le misure di prevenzione contro l’infezione da Covid-19?”.
La Confsal Unsa sottolinea in particolare che il Coronavirus è “un’infezione” che “contratta in America Latina, ma anche negli Stati Uniti oppure in altri Paesi extraeuropei, Paesi privi di posti in terapia intensiva, mette a grave rischio la vita degli addetti ai lavori”. Allora si domanda: “È proprio necessario aumentare questi rischi per un’operazione elettorale?”
Per la Confsal Unsa “ci troviamo davanti ad una situazione bizzarra. La dirigenza politica e amministrativa del MAECI si appella al senso del dovere e allo spirito di abnegazione degli addetti ai lavori consolari. Una specie di discorso “sangue, fatica, lacrime e sudore”, solo che adesso non si tratta di salvare la civiltà contro la barbarie, ma semplicemente di osservare un calendario stabilito dal Governo che la dirigenza del MAECI dovrà tramutare in operatività. La stessa dirigenza però, per anni, è restata sorda alle reiterate richieste del nostro sindacato di stipula di convenzioni sanitarie a favore del personale in servizio in diversi Paesi della rete, ovvero a favore di quel personale che viaggerà ora giorno e notte per portare i sacchi con le schede votate agli aeroporti sparsi nella pampa argentina”.
“Ma non solo”, incalza il sindacato. “La stessa dirigenza si è dimostrata sorda anche rispetto agli appelli di voler organizzare e attrezzare il telelavoro all’estero a tutela degli impiegati bloccati dal Coronavirus e a favore degli utenti sottoposti a rischiose visite in Consolato per ritirare le proprie carte. La stessa dirigenza che usa il termine “digitalizzazione dei servizi” con la stessa enfasi di “I have a dream”, senza tuttavia formulare una proposta concreta e un piano di lavoro calendarizzato e ben strutturato. La stessa dirigenza che resta incollata alle proprie posizioni quando i nostri colleghi all’estero, in periodi di pandemia, hanno soccorso i connazionali in difficoltà, senza uno straccio di legittimazione e/o di accreditamento nei confronti di polizie straniere pronte a minacciare l’arresto di chi era costretto a circolare per servizio in zone rosse e con il coprifuoco”.
“Ed è a questa dirigenza che la Confsal Unsa, con fermezza”, dice che “il referendum non può essere svolto a scapito della salute dei dipendenti e a costo di rischi di infezione” e che “ìnon è sufficiente l’appello “lacrime e sangue”. Occorre un piano “d’emergenza nell’emergenza”, un’attrezzatura adeguata, una presa d’atto da parte del MAECI circa le priorità rappresentate dalla sicurezza dei lavoratori e degli elettori!”.

 

FONTE: aise.it

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