Coronavirus: Australia, charter per 350 studenti stranieri. Primi arrivi da quando i confini sono stati chiusi a marzo
(ANSA) – SYDNEY, 18 GIU – Circa 350 studenti internazionali raggiungeranno Canberra con un volo charter da un hub aereo in Asia il mese prossimo, in un programma pilota delle due università della capitale australiana inteso a gettare le basi per arrivi in larga scala per il prossimo anno accademico.
A causa del coronavirus e della chiusura dei confini gli atenei australiani hanno subito un crollo di partecipazione al secondo semestre di quest’anno accademico con enormi perdite economiche.
Saranno i primi arrivi da quando l’Australia ha chiuso i confini a non cittadini e non residenti in marzo e il programma permetterà a studenti dall’Asia di tornare all’insegnamento faccia a faccia, sotto stretti requisiti di salute e di controllo dei confini. Gli studenti dovranno convenire in un aeroporto in Asia ancora da stabilire e voleranno fino a Canberra, dove trascorreranno le due settimane di quarantena in hotel.
I costi del volo saranno condivisi fra gli studenti e le università, mentre l’alloggio in quarantena sarà finanziato dalle università stesse.
“Abbiamo studenti in 50 paesi che sono rimasti finora bloccati e prevediamo che coloro che parteciperanno al programma proverranno da diversi paesi”, ha detto il rettore dell’Università Nazionale Australiana, Brian Schmidt. “Sarà il primo piccolo passo per determinare come “potremo farlo in sicurezza e in maggiore scala”.
La selezione degli studenti sarà basata “sulla capacità e volontà di tornare e dall’accesso allo hub di partenza. Sarà data preferenza agli studenti più anziani, come quelli impegnati nella ricerca, nell’ultimo anno di corso o nei corsi post-laurea”, ha aggiunto Schmidt. (ANSA).
Australia, no Facebook a condivisione ricavi con media
(ANSA) – SYDNEY, 18 GIU – Facebook ha detto ‘no’ alla richiesta della Commissione per la tutela dei consumatori e della concorrenza ACCC, di condividere con i media locali parte dei suoi ricavi pubblicitari generati in Australia. A motivazione del diniego, nella relazione presentata all’inchiesta della Commissione su questo tema, il social network ha sostenuto che le news rappresentano una “frazione molto piccola” dei contenuti presenti sulle bacheche degli utenti.
“Se non ci fossero notizie disponibili su Facebook in Australia, siamo certi che l’impatto sui numeri e sulle entrate non sarebbe significativo”, ha dichiarato la compagnia. “Dato il valore sociale e i vantaggi per gli editori, preferiremmo fortemente continuare a consentire alle notizie di essere disponibili sulla nostra piattaforma”, prosegue, sottolineando di aver generato 2,3 miliardi di clic verso le pagine degli editori australiani nei primi mesi del 2020, per un valore pari a quasi 196 milioni di dollari australiani (137 milioni di euro).
L’inchiesta della ACCC, sostenuta dal governo di Canberra, è stata invocata dalle due maggiori entità mediatiche australiane, Nine Entertainment che comprende il canale 9 della Tv e i quotidiani Sydney Morning Herald, The Age di Melbourne e l’Australian Financial Review, e la News Corp. di Rupert Murdoch, che comprende tra gli altri i quotidiani The Australian e Daily Telegraph. Queste organizzazioni sostengono che la crisi che ha colpito l’editoria di informazione nel mondo sia principalmente dovuta a Google, Facebook e altre grandi piattaforme, che catturano la stragrande maggioranza delle entrate pubblicitarie online senza compensare in modo equo gli editori.
Lo scorso aprile il governo australiano aveva assegnato all’ACCC il compito di redigere un codice di comportamento obbligatorio per far fronte agli “squilibri di potere tra le aziende mediatiche giornalistiche australiane e Facebook e Google”. La Commissione a sua volta ha sostenuto che “un boicottaggio collettivo, o una minaccia in tal senso, potrebbero incoraggiare sia Google che Facebook a offrire alle aziende editoriali una remunerazione più appropriata per l’utilizzo dei loro contenuti”. (ANSA)
Coronavirus: un altro caso ‘importato’ in Nuova Zelanda
(ANSA) – ROMA, 18 GIU – La Nuova Zelanda ha registrato un altro caso ‘importato’ di coronavurus, il terzo in pochi giorni: un uomo sulla sessantina proveniente da Lahore, in Pakistan, è arrivato nel Paese sabato scorso – quando ancora non mostrava alcun sintomo della malattia – ed è risultato positivo tre giorni dopo.
Secondo quanto riporta la Cnn, l’uomo è stato trasferito in un’apposita struttura dedicata alla quarantena. Il bilancio dei casi finora confermati nel Paese, ha reso noto il ministero della Sanità, sale così a quota 1.157. Martedì scorso le autorità sanitarie neozelandesi hanno annunciato i primi contagi in oltre tre settimane dopo che due donne arrivate dal Regno Unito sono risultate positive. (ANSA).
Sviluppato un test di precisione contro il tumore ovarico. Riesce a individuare il sottotipo di carcinoma
(ANSA) – ROMA, 18 GIU – Fare una diagnosi del carcinoma ovarico in modo tale che sia identificato esattamente il suo ‘sottotipo’ e somministrare così subito la terapia giusta.
Questo è il risultato raggiunto dai ricercatori dell’Università del Galles del Sud di Sidney che hanno guidato un team internazionale di lavoro proprio per realizzare un test in grado di individuare il tipo specifico di tumore.
Lo strumento potrebbe in futuro, secondo gli studiosi, guidare e migliorare le opzioni di trattamento per le donne. Il nuovo test, chiamato Protype, è stato specificatamente progettato per analizzare e classificare il carcinoma ovarico sieroso di alto grado, la forma più comune e letale di tumore dell’ovaio. Grazie a questo sistema sarà possibile classificare ulteriormente il tumore di un singolo paziente in uno dei quattro sottotipi molecolari conosciuti, ciascuno con le sue distinte caratteristiche biologiche, che rispondono in modo diverso alle opzioni di trattamento.
“In questo momento le pazienti con carcinoma ovarico sieroso di alto grado sono tutti trattati allo stesso modo, ma conoscendo in quale sottotipo rientra il loro tumore, possiamo iniziare a esplorare come alcuni trattamenti possano rivelarsi più benefici per i singoli pazienti”, dice Aline Talhouk, autore principale dello studio, dell’Università della British Columbia.
Questo test, grazie a 55 geni informativi provenienti da un piccolo campione, può determinare rapidamente il sottotipo di tumore con un’accuratezza superiore al 95%. Il lavoro di ricerca è stato pubblicato su Clinical Cancer Research.(ANSA).
Il virus del morbillo è di 1400 anni più vecchio
(ANSA) – ROMA, 18 GIU – Il virus del morbillo è 1.400 anni più antico del previsto. L’analisi del suo materiale genetico indica infatti che si è differenziato da un virus collegato ai bovini intorno al sesto secolo a.C. A tratteggiare questo nuovo ‘ritratto’ genetico del virus sulla rivista Science sono i ricercatori dell’università di Sydney, guidati da Simon Ho.
Finora si pensava che il morbillo fosse comparso alla fine del IX secolo d.C., ma rimaneva un certo margine d’incertezza.
Per fare chiarezza i ricercatori hanno ricostruito il genoma del virus usando i campioni polmonari raccolti da un caso di morbillo del 1912, e li hanno poi confrontati con quelli del sequenziamento di un genoma del 1960, altri 127 moderni, del Dna della peste bovina e di un altro virus animale, quello della peste dei piccoli ruminanti. In questo modo sono riusciti a individuare la comparsa del morbillo nell’uomo tra il 1.174 a.C. e 165 d.C., con una media stimata al 528 a.C..
Questa malattia è dunque comparsa molto prima di quanto immaginato, in un periodo di tempo coinciso con la comparsa dei grandi centri urbani nell’Eurasia, Sud ed Est asiatico. L’ipotesi dei ricercatori è che il virus del morbillo sia emerso quando quello della peste bovina, ora ben eradicato, ha fatto il salto di specie dal bestiame all’uomo. Secondo gli studiosi il virus antenato dei bovini circolava nel bestiame da migliaia di anni, prima di fare il salto all’uomo, una volta che iniziarono a sorgere gli insediamenti umani alla fine del primo millennio a.C..
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