2/Piccolo panorama di “disastri” vari.

(“Disastri” sui quali tornerò successivamente uno per uno).

C’è poco da scrivere su Marcinelle. E’ stato scritto quasi tutto. Dalla storia, dai racconti, dalle cronache, dalle interviste, dalle foto, dai documentari, dai film romanzati, dai monumenti, dai gemellaggi. Tutto sta nella memoria collettiva, carica ancora di emozioni.

Per i cento anni della Cgil per l’Italia ho pensato qualche anno fa di ricordare alcune tragedie e incidenti mortali sul lavoro occorsi agli emigrati italiani. Insomma, 400 pagine, tre anni, e ho dovuto circoscriverli solo al lavoro di scavo della terra e delle miniere. Un lavoro che ha coinvolto come in nessun altro campo, uomini, donne e bambini e che conta in tutto il mondo un numero di incidenti tra i più alti, ancora oggi.

L’elenco è lungo, la prima che mi apparve fu la tragedia di Monongah, West Virginia, negli Stati Uniti, dove nel 1907, all’inizio del secolo scorso, in una miniera, morirono circa 1000 persone tra cui 500 italiani (Ufficialmente 171 morti italiani registrati.

Ma ognuno di loro era accompagnato da due aiutanti, spesso ragazzi, spesso figli, pagati in subappalto e cottimo); Kandersteg, in Svizzera nelle Alpi bernesi, dove, durante i lavori per un traforo ferroviario, nel 1908, perirono 112 minatori di cui 25 italiani; Marcinelle, in Belgio, quando, nel 1956, in una miniera di carbone persero la vita 236 minatori di cui 136 emigrati italiani; Mattmark, ancora in Svizzera, dove nel 1965 in un cantiere di alta montagna perirono, per lo smottamento di un ghiacciaio, 88 lavoratori, di cui 56 emigrati italiani …

Vi è poi un capitolo nero, una lunga striscia di sangue, di morte, dolore e sofferenza, di quasi 50 anni. Migliaia di morti per il lavoro, per la sopravvivenza. A volte soli, a volte a gruppetti quasi anonimi perduti nel tempo e nella memoria. Fa pena semplicemente distinguerli per nazionalità.

Solo in Belgio dal 1946 al 1963, vi è un bollettino impressionante di “Caduti”: 1946: 17 morti; 1947: 32; 1948: 37; 1949: 41; 1950: 40; 1951: 51; 1952: 37; 1953: 101; 1954: 56; 1955: 38; 1956: 187; 1957: 47; 1958: 32; 1959: 25; 1960: 34; 1961: 25; 1962: 29; 1963: 23. Complessivamente: 867 italiani morti nelle miniere del Belgio, fino al 1963. Ho smesso di contare dopo, nelle ultime miniere rimaste e già avviate a chiusura.

L’emigrazione italiana è stata costellata, come tante altre emigrazioni di massa, vecchie e nuove, da drammi e tragedie di ogni tipo. Diventa difficile disgiungere i morti sul lavoro dalla situazione più generale, sociale ed economica, degli emigrati, cioè degli immigrati, per gli altri …

La scheda allegata è in verità molto sintetica, forse troppo fredda. Anche perché la ricerca è stata centrata soprattutto sulle tragedie minerarie, di gallerie, di spostamento terra. Internet, oggi, ci permette di sintetizzare e dare contemporaneamente a chi vuole approfondire, notizie ed elementi, vasti e sempre più ricchi, finché questi strumenti non decidano di raccontare la storia capovolgendola.

Vi sono gli incidenti avvenuti soprattutto nelle miniere o a causa di esse. Ve ne sono moltissimi, che non hanno fatto molto rumore, ma che raccontano una catena infinita di pochi morti alla volta. Tre qui, cinque lì, otto là. Si chiama ufficialmente “tragedia” solo quando ci sono almeno cinque morti. Stragi di polizia durante gli scioperi di protesta dei lavoratori e dei minatori alla ricerca di una migliore sicurezza e di un pane meno duro. Molti negli Stati Uniti, ma non solo.

Gli emigrati italiani che sono entrati negli Stati Uniti da Ellis Island sono tutti schedati e quasi facilmente rintracciabili. Basta andare sul sito web. Sarete stupiti dall’incontrarvi i vostri bisnonni … Un po’ più difficile ritrovare quelli i cui nomi sono stati “americanizzati”, e successivamente, di quelli che giustamente si sono integrati, a partire dal nome.

Ancora negli Stati Uniti 10.000 emigrati italiani, nel 1942, furono deportati e internati in campi di prigionia. Erano probabili nemici di guerra. (Lisa Scott, vero nome Lisa Scottolini, ne ha scritto nel libro “Killer Smile”, “Sorriso Assassino”, best-seller negli Stati Uniti).

Dal testo della Scott si può capire la difficoltà di ritrovare i nomi dei nostri concittadini morti nelle tragedie americane: “140 milioni di americani oggi possono dirsi diretti discendenti dagli Europei arrivati a Ellis Island tra il 1892 e il 1924, gli anni della grande marea umana, nei quali potevano sbarcare anche 5 mila persone in un solo giorno. Di questi almeno 22 milioni di italiani.

Di quei 22 milioni di nomi, ne rimangono 17 milioni, gli altri cinque corrosi dall’umidità o venduti al macero come polpa di carta, abbastanza perché il popolo dei figli di nessuno, la superpotenza, creata da uomini e donne che l’Europa aveva buttato a mare, sia spinto a ripercorrere la via della sua storia.

Una via dolorosa, raccontata dalla calligrafia grassetta e burocratica del tempo o da vecchie Underwood per scrivere con i cerchietti delle «O» sempre sporchi e intasati, che traccia il nome di una donna fra tante.

Il pezzo di carta stampigliato dall’immigrazione con quelle tre iniziali che ancora oggi sono l’insulto razzista contro gli italo-americani, W.O.P (with out passport) ammesso senza passaporto. Si fruga tra nomi troncati dagli agenti, grafie stravolte, a volte arbitrariamente, a volte per accontentare l’uomo o la donna che gli sedeva davanti, con il cappello in mano e il cuore in gola.

Ecco che migliaia di Rossi, Rossini, Rosselli, sono diventati semplicemente Ross, nel tritanomi, Scarfò e Currò hanno perduto accenti, Fascelli e Fascetti sono stati anglicizzati in Fascell o Fascett, via quella vocale finale che immediatamente ti identifica come «wop».

Anche quando non c’è, come nei cognomi veneti tronchi, meglio cambiare un Marcolin in Marc. Migliaia di nomi ebrei sono stati «gentilizzati» per evitare guai ed ecco apparire nel computer della memoria i Grunblatt, Grunberg, Grunwaldt, abbreviati nel meno rischioso Green, comunque sempre verde.

Alcuni nomi per ridefinire un panorama internazionale che deve molto al nostro Paese nelle immagini e nell’immaginario odierno. Frank Capra, Rodolfo Valentino, Frank Sinatra, Yves Montand, John Travolta, Lize e Vincent Minnelli, Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Marlon Brando, Robert de Niro, Al Pacino, Danny de Vito, Leonardo di Caprio, Madonna, Sarandon … E la lista potrebbe continuare all’infinito.

Ci sono anche uomini di cultura, manager, scienziati, medici e missionari. Antonio Garbarrini, sir Rocco Forte, Carla Zampatti, Lidia M. Bastianich, Sandra Meucci, Daniel Nigro, il capo dei pompieri di New York, La Guardia …Le esistenze di questi ultimi sono state immolate al prossimo con assoluta dedizione e generosità. Anche grazie a loro l’Italia continua a essere grande nel mondo”.  (Continua …)

Tonino D’Orazio

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