Prorogatio o no? Il Cgie sul parere dell’Avvocatura dello Stato.

ROMA\ aise\ – Delusione e amarezza. Così il Consiglio generale degli italiani all’estero ha accolto il parere dell’Avvocatura dello Stato secondo cui non sarà possibile convocare un’ultima plenaria in presenza per chiudere la consiliatura. Delusione, perché per tutti vedersi un’ultima volta, dopo gli anni della pandemia e prima di passare il testimone ai nuovi eletti, sarebbe stato “un atto dovuto”, per fare il punto ma soprattutto valorizzare il lavoro di sei anni; amarezza perché forte, nei consiglieri, è la sensazione che non ci sia stata una reale volontà di ascolto da parte dell’Amministrazione.
Un comune sentire emerso in un confronto online oggi pomeriggio, presieduto dal segretario generale Michele Schiavone, cui ha preso parte l’avvocato Francesco Rossi, che ha rappresentato il Cgie presso l’Avvocatura dello Stato, cui è stato chiesto un parere sulla pronuncia dell’Ufficio giuridico della Farnesina. Al centro del contendere le funzioni e le prerogative del Consiglio generale uscente fino all’insediamento del nuovo.
L’auspicio del Cgie, ha spiegato Schiavone, era quello di “poter continuare a svolgere le sue funzioni nella sua piena titolarità”, utilizzando i fondi disponibili nel capitolo 3131 del Maeci. “Ma la Dgit, applicando il parere dell’ufficio giuridico della Farnesina, ha bloccato le nostre attività in presenza, che comunque per tanti di noi erano sospese dal 2020”. Soprattutto per i colleghi che in questi anni non hanno potuto lasciare il loro paese a causa delle restrizioni sarebbe stato “importante svolgere un’ultima plenaria in presenza, per fare il punto su quanto fatto nella consiliatura”.
“Il parere dell’Avvocatura è stato in parte contestato da Rossi” che ne “ha evidenziato le contraddizioni” e una certa “confusione tra ruoli”, ma di fatto non ci sono più tempi tecnici per la convocazione di una plenaria in presenza.
“È una decisione che porta a riflettere: dove non è riuscito Mantica è riuscito Della Vedova”, ha affermato Schiavone. Il sottosegretario “ad un anno dall’assegnazione delle sue deleghe, senza interlocuzioni, non ci ha dato la possibilità di rivedere questa impostazione, nonostante il suo impegno formale del 2 febbraio”. Si è aperto “un vulnus legislativo” che il futuro Cgie dovrà colmare.
All’avvocato Rossi – che ha rappresentato il Consiglio por bono – il compito di illustrare i termini legali della vicenda.
Nel suo parere, ha spiegato, l’Avvocatura “considera il Cgie un mero organo “esponenziale” dei Comites” e lo fa basandosi sull’identica durata del mandato di Comites e Cgie (5 anni) e sul fatto che le assemblee paese che eleggono i consiglieri Cgie sono formate dai Comites. Nelle sue contestazioni, l’avvocato ha “ricostruito l’essenza del Cgie, evidenziandone la diversa natura rispetto a Comites” e ricordato che “non è requisito essenziale essere membro di un Comites per essere eletto al Cgie”. I due mandati hanno identica durata “perché i Comites sono importanti per eleggere il Cgie, ma anche per evitare cortocircuiti normativi”.
Secondo l’Avvocatura, insomma, “visto che i Comites durano in carica 5 anni, cessati gli uni il Cgie va considerato in prorogatio”, che è un regime che riguarda tutti gli organi della pubblica amministrazione. Per l’avvocato Rossi, invece, il Consiglio generale non sarebbe ancora in prorogatio ma nel pieno del suo mandato.
“Né l’ufficio giuridico del Maeci né l’Avvocatura hanno tenuto conto della disposizione che ha prorogato la vigenza della attuale consiliatura, il decreto legge 30 dicembre 2019 n 162”, cioè il Milleproroghe che rinviò le elezioni previste nell’aprile 2020 ad un periodo tra il 15 aprile e il 31 dicembre 2021 (come poi è stato, le elezioni si sono tenute il 3 dicembre scorso), ha spiegato Rossi. “È evidente che il Legislatore voleva prorogare la vigenza della consiliatura rinviando le elezioni. Ma se ha rinviato e prorogato la consiliatura, ciò significa che il Cgie è ancora nel pineo delle funzioni”, dunque “il Cgie non è in prorogatio”.
Consiglio generale e Comites “sono soggetti distinti in un quadro unitario; hanno stessa durata, ma tra il rinnovo dell’uno e dell’altro passano 4 mesi in cui il cgie è nel pieno delle sue funzioni. Dopo le elezioni del Cgie (previste con le assemblee paese convocate tra l’8 e il 10 aprile – ndr) sarà in prorogatio”.
Ma l’Avvocatura non ha tenuto conto del Milleproroghe 2019. Certo “si è soffermata sulle funzioni del Cgie scaduto l’ordinario quinquennio”, allargando le maglie rispetto all’ufficio giuridico del Maeci, secondo cui il Cgie non può attingere al capitolo 3131, mentre per l’avvocatura può farlo “se serve per compiere atti urgenti e indifferibili o per l’ordinaria amministrazione”.
Posto che, secondo Rossi, “l’eventuale plenaria avrebbe avuto un impatto limitato sull’interno fondo”, c’è però da considerare il Dpcm citato dall’avvocatura che impone alla pubblica amministrazione riunioni da remoto, causa covid, a meno che non ci siano “motivate ragioni” per farle in presenza. Una potrebbe essere che “un’assemblea conclusiva tratta molti temi che una riunione da remoto non permette di analizzare compiutamente e in modo adeguato”.
Di fatto, nel parere dell’Avvocatura “non ci sono state vere risposte” alle contestazioni del Consiglio, ha commentato Schiavone. “Ormai non c’è più tempo per convocare la plenaria in presenza, ma rimangono dubbi sula liceità di questo tipo di risposta e di giudizio”, quasi fosse l’esibizione di “un punto di forza tra chi decide e chi subisce”.
Presidente della V commissione e giurista, Fabrizio Benvignati ha comunque ricordato che “i pareri legittimi di soggetti preparati sono orientativi, non sono decisioni giurisdizionali”.
“Nel diritto pubblico – ha osservato – l’amministrazione ordinaria è l’attività corrente”, considerando “l’assemblea plenaria il meccanismo ordinario” con cui opera il Cgie, si sarebbe potuta convocare in presenza, tenendo conto anche “di quanto risparmiato in due anni di incontri da remoto”. Quanto al Dpcm che lo vieterebbe “do per scontato che sia ancora in vigore, ma se non ricordo male credo si riferisca alle riunioni di pubbliche amministrazioni che non hanno cariche elettive. Tuti gli organismi pubblici con componente elettiva possono riunirsi in presenza e noi no?”. Il punto, per il consigliere, è che “tra Cgie e Farnesina dovrebbe esserci schietta collaborazione”, che invece “non c’è”. All’esterno “ci si rappresenta come organismo che non ha voglia di fare, quando invece se siamo propositivi ci frappongono ostacoli, c’è un forte attrito comportamentale dei soggetti che dovrebbero invece esaltare la capacità di operare del Consiglio generale”.
Vice segretaria per i Paesi dell’area anglofona, Silvana Mangione ha ricordato come fu gestita la “prorogatio” negli anni passati, citando in particolare il rinvio delle elezioni deciso nel 1996 – perché il parlamento stava lavorando alla riforma, con l’allora sottosegretario Fassino che convocò una “plenaria straordinaria 15 giorni prima delle assemblee per il rinnovo del Cgie; si tenne a Montecitorio, con un solo punto all’odg: la bocciatura della costituzione della circoscrizione estero” – e il precedente del 2015 quando il Cgie uscente “tenne una riunione del Cdp a febbraio con le elezioni previste a settembre; quell’anno si dilatarono i tempi per la nomina dei consiglieri “governativi” e quindi il nuovo Cgie si insediò a fine marzo 2016”.
“Nella nostra riforma – ha ricordato – chiariamo che il Consiglio uscente rimane in carica fino all’insediamento del successivo. Ma purtroppo è un testo che rimane chiuso nei cassetti”.
Per Andrea Mantione (Olanda) se ci fossero ulteriori passi da fare per chiarire la questione una volta per tutte, andrebbero fatti.
Si potrebbe, gli ha risposto Rossi, “chiedere una sospensiva”, cioè si “deposita un ricorso su cui il solo presidente del collegio si pronuncia”, ma bisogna capire bene cosa chiedere, perché se si oppone la mancata possibilità di convocare la plenaria in presenza, il giudice risponderebbe che si può farla online, nessuno limita le funzioni di nessuno. Quello che è evidente, a suo parere, è che “in questo momento l’attenzione verso gli italiani all’estero si è indebolita”.
Cosa fare nell’immediato, ha anticipato Schiavone, sarà all’ordine del giorno del Comitato di presidenza che verrà convocato la prossima settimana: “è un tema importante e ne va della dignità del Consiglio”.
La vicenda, ha osservato Franco Dotolo (Italia), ha dimostrato un “attrito” con la Farnesina: “se ci fossero stati rapporti migliori con il Maeci avremmo potuto convocare la plenaria”, ha sostenuto. Certo, ha aggiunto, “quanto un pezzo di Stato si rivolge all’Avvocatura, 9 su 10 questa dà ragione allo Stato”. L’ultima assemblea “è un atto dovuto”.
Non sarà in presenza, ma ci sarà, ha assicurato, concludendo, Schiavone: “un incontro finale ci sarà senz’altro, come riconoscimento per l’impegno di tutti i consiglieri nel dare dignità a questo organismo”.

 

FONTE: m.cipollone\aise

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