Covid-19: come ha fatto il Kerala (INDIA). Prevenzione, controlli intelligenti e cura sociale

di Marinella Correggia

Il tasso di mortalità indica i decessi per una determinata malattia in rapporto al numero di abitanti. Come hanno fatto i paesi o gli Stati che hanno avuto una bassissima mortalità da pandemia Covid-19 e spesso senza costosi mezzi a disposizione?

Certo, nella classifica mondiale dei decessi le variabili in gioco sono diverse. Oltre a fattori imprescindibili quali il livello di salute della popolazione (non solo il dato anagrafico, che forse non è tutto, come conferma il caso Giappone – il paese più vecchio del mondo che ha avuto meno di mille morti su 126 milioni di abitanti), il funzionamento del sistema sanitario e l’organizzazione sociale (tre fattori imprescindibili), c’è altro: per esempio il tasso di letalità, ovvero di decessi per Covid-19 rispetto al numero di infettati da virus Sars-CoV-2 (ma il numero ufficiale di infettati a sua volta dipende dalla quantità di test e dalla loro attendibilità), e le modalità di conteggio dei decessi (come è spiegato qui per alcuni paesi (1).

 

In Kerala, 20 morti su 34 milioni di abitanti

Nondimeno, lo Stato del Kerala nell’India meridionale è uno dei casi di successo nel contesto della pandemia 2020.

Dal punto di vista sanitario che da quello sociale.

Su oltre 34 milioni di abitanti, il 17 giugno registrava (2) 20 (venti) morti. Il più giovane, un bambino di pochi mesi nato con un grave problema al cuore e risultato positivo al Sars-CoV-2. I positivi al test circa la presenza del virus Sars-CoV-2 sono 2622.

Eppure, in Kerala già a gennaio si era scoperto il primo caso indiano di infezione da Sars-CoV-19. E all’inizio di marzo lo Stato, governato da una coalizione di sinistra guidata dal Partito comunista (Cpi-M) aveva il numero più alto di «contagiati» in India. Perché? Per i molti cittadini tornati dall’estero, in particolare dall’Europa. Il Kerala ha una popolazione molto mobile, per lavoro o per studio.

Un mese dopo era il primo a registrare una curva discendente. E, soprattutto, le vittime rimanevano pochissime.

Nel frattempo altre sfide si sono profilate: dopo aver ricevuto elogi da tutto il mondo per l’efficiente gestione della pandemia con un’azione tempestiva appiattendo la curva dei «contagi», dall’8 maggio lo Stato si è ritrovato di fronte a nuove emergenze: il ritorno dei lavoratori dall’estero, l’aggravarsi della crisi economica e la stagione dei monsoni (3).

Ma la situazione ha retto.

Negli ultimi due anni, del resto, la campagna governativa Aarogya Jagratha per la coscientizzazione sanitaria e la prevenzione nella vita quotidiana, è riuscita a ridurre le morti per malattie infettive. Perché non c’è certo solo il Covid-19: dopo la stagione dei monsoni, arrivano massicce le infezioni, come la leptospirosi.

Per sintetizzare, il Kerala sembra dimostrare l’importanza della presenza organizzata delle istituzioni, dal livello locale a quello statale. E delle difese immunitarie!

La ricetta: dai panchayat al governo, e il coinvolgimento popolare

Una comunicazione chiara e calma; istituzioni forti e partecipazione comunitaria; decentramento; un sistema sanitario (pubblico e privato con divisione dei ruoli) forte (in uno Stato certo molto meno ricco di quelli occidentali). Un mix che ha funzionato anche nel caso del Covid-19 (4).

K.K. Shailaja, ministra della Salute, della giustizia sociale, della donna e dello sviluppo infantile, ha spiegato al media The Print (5) «come hanno fatto»; anche grazie all’esperienza maturata con un’altra epidemia zoonotica, il Nipah nel 2018.

Lo Stato ha dunque agito subito, a gennaio, non appena ricevuta la notizia del virus a Wuhan: «Là studiano molti nostri giovani». Vengono creati gruppi di esperti – evidentemente efficaci per la logistica, per tracciare i contatti, per la sorveglianza eccetera; anche uno per la salute mentale. Dal 24 gennaio, agli aeroporti vengono monitorati tutti gli arrivi da Wuhan. Tre studenti risultano positivi e sono messi in isolamento (dopo due settimane guariscono). Il team aeroportuale continua a operare per due settimane, pur senza nuovi casi. Il 3 marzo, il Kerala inizia a chiedere a chiunque torni da fuori di presentarsi a un centro di controllo; alcuni non lo fanno e in certe aree l’infezione si diffonde. Ma è tenuta a bada da un sistema di controllo efficiente che combina la tecnologia al contatto porta a porta (alla cubana).

Con l’alleggerimento del lockdown (decretato in India il 24 marzo), dal 7 maggio, moltissimi tornano in Kerala via terra, nave o aereo. Ma vengono ricevuti da squadre che controllano, negli aeroporti, nelle stazioni e sulle strade, anche secondarie. Spiega la ministra: «Gestiamo tutto a livello decentrato. La nostra rete di consigli di villaggio – i panchayat – è molto forte. Sono loro ad assicurare i controlli e anche il rispetto della quarantena».

La strategia di contenimento risiede nell’individuazione rapida dei casi, come ha spiegato il dottor Anup Kumar. Nel 2018 individuò il primo caso di Nipah in Kerala e adesso consiglia il governo sulla strategia anti-Covid. Il Kerala fa test prima di tutto sui sintomatici, in tutto lo Stato. I casi asintomatici vengono monitorati considerando spostamenti e contatti. Naturalmente si fa attenzione soprattutto ai lavoratori del settore sanitario.

Quello che importa è «spezzare la catena di trasmissione con l’isolamento, facendo sorveglianza sentinella (basa sui medici di medicina generale sul territorio) e controlli random, osservando i casi sospetti», continua la ministra. I due indicatori chiave per valutare la diffusione della malattia sono il tasso di letalità e l’indice di riproduzione Ro (il numero di persone che una persona può infettare). Parametri rimasti bassi entrambi, laggiù.

«Ogni cittadino deve agire con senso di responsabilità per rompere la catena di trasmissione» ha spiegato la ministra, specificando l’importanza del distanziamento sociale e dell’igiene. Il blocco delle attività e il confinamento? «Non possono continuare per sempre, dal momento che il virus potrebbe circolare per almeno un anno. Il focus è contenerne la trasmissione».

Lo Stato ha messo in isolamento domiciliare 180.000 persone che sono state regolarmente monitorate. La quarantena domiciliare non è sempre possibile, se le case sono piccole e le famiglie numerose; il governo ha dunque preso edifici vuoti per stabilire centri di accoglienza per i pazienti, nutriti e accuditi dalle istituzioni locali, a spese dello Stato (6). E siccome l’aspetto mentale può essere problematico in un contesto di isolamento fisico e quarantena, il governo ha predisposto call center con oltre duecento addetti.

La comunicazione del governo alla popolazione è stata calma e univoca e ha puntato sul senso di responsabilità dei cittadini.

Il Kerala fa meno test rispetto alla media nazionale e ha ricevuto critiche per questo. Ma, vista la generale scarsità, «li usiamo con oculatezza», ha detto la ministra; «abbiamo ricevuto kit per i test degli anticorpi dall’Indian Council of Medical Research (Icmr) ma successivamente ci ha detto che le risposte non sono attendibili».

I casi critici sono stati pochi, intorno al 5%, benché anche in Kerala i pazienti con comorbilità siano molti. Con il distanziamento sociale si proteggono soprattutto gli anziani, quindi il 90% degli infettati ha meno di 60 anni, con rischi di complicazione bassi anche senza bisogno di cura. La maggior parte si libera del virus senza trattamenti.

Conclude il dottor Kumar: «Se uno Stato ha molti pazienti critici, vuol dire che non individua i casi per tempo». Molti asintomatici sono rimasti in quarantena a casa anche per quattro settimane; il medico ritiene tuttavia che la positività al test non significhi necessariamente infezione in corso. Finché non si fa la coltura virale, non si può sapere se una persona è contagiosa.

Tutti i pazienti ospedalizzati venivano dall’isolamento domiciliare. Il monitoraggio attento delle persone in quarantena e il loro eventuale trasferimento negli ospedali con medici formati è fondamentale per salvare vite. E il Kerala, non limitandosi a focalizzarsi sulla caccia ai ventilatori, ha formato sul trattamento dei pazienti Covid-19 tutti i medici in servizio nelle unità di terapia intensiva.

Va detto che lo Stato ha il miglior sistema sanitario e i migliori indici sociali e sanitari di tutta l’India, oltre a ottimi centri per la salute primaria e un programma per la sorveglianza sanitaria che analizza i trend per prevenire epidemie.

Lo Stato del Maharasthra si è rivolto al Kerala per capire come contenere l’epidemia nello slum più grande dell’Asia, Dharavi. La ministra spiega: «A Dharavi la prima mossa sarebbe isolare lo slum in entrata e uscita ma anche assicurare la consegna dei beni essenziali, da parte di lavoratori della sanità. Il nostro sistema è difficile da applicare negli slum. Noi non abbiamo baraccopoli, grazie alle politiche messe in campo dal 1957».

E la profilassi?

Riferiscono i medici che è stata efficace la somministrazione, nello stadio iniziale dello sviluppo della polmonite, di un mix di quattro farmaci, fra i quali l’idrossiclorochina e l’azitromicina (7)

Pur non avendo pazienti in condizioni critiche, l’istituto Sree Chitra Tirunal Institute for Medical Sciences and Technology di Tiruvanantapuram (Trivandrum) e diversi ospedali dello Stato si sono resi disponibili fin da aprile ai trial clinici relativi alla terapia del plasma proveniente da convalescenti. Ma nello Stato non si trovavano i casi critici sui quali testare l’efficacia del trattamento (8).

Per evitare che si ammalino i lavoratori della salute, i più esposti, il Kerala ha puntato molto sui dispositivi di protezione personale.

Misure di protezione contro «un problema più grande della pandemia: la fame»

E l’emergenza sociale legata al lockdown è stata completata da interventi a favore dei più vulnerabili: misure di welfare, sovvenzioni alle famiglie attraverso le cooperative di donne Kudumbashree, allocazioni maggiorate nel quadro del progetto per l’occupazione rurale, due mesi di pensione anticipata, sospensione delle bollette di acqua e luce, pacchi alimentari a domicilio.

E alloggio e cibo per i lavoratori migranti: quelli che in altre parti dell’India sono stati protagonisti di un esodo drammatico verso i luoghi d’origine.

Come spiega la Fao (9), il Kerala ha fatto da modello in India anche per come ha affrontato «un problema più grande della pandemia: la fame». Per rispondere ai bisogni essenziali delle categorie socioeconomiche vulnerabili rimaste senza reddito e dunque a rischio miseria a causa del lockdown, il governo ha garantito, attraverso il Public Distribution System, una razione mensile di riso a tutti i cittadini (maggiore per le famiglie sotto il livello di povertà, che peraltro nello Stato sono solo l’11 della popolazione); poi dall’8 aprile, grazie al Distress Relief Fund del presidente del consiglio ha iniziato a distribuire a ogni famiglia, grazie ai punti di distribuzione del System, un pacco di 17 prodotti provenienti dal sistema cooperativo: cereali, legumi, olio, curcuma, sapone.

Per tutelare la sicurezza alimentare sono state aperte cucine comunitarie dappertutto, gestite da volontarie. La distribuzione ai gruppi più maggiormente in difficoltà è stata poi affidata ai rappresentanti locali; agli amministratori il compito di controllare. Per assicurare una buona nutrizione, i bambini al di sotto dei sei anni seguiti dai servizi sociali hanno ottenuto un pasto giornaliero.

Seguendo l’esempio del Kerala, il governo centrale di New Delhi ha annunciato la distribuzione per tre mesi di riso, lenticchie e bombole di gas da cucina, oltre all’aiuto a piccoli e medi produttori del settore agroalimentare. Il modello anti fame Kerala è stato seguito da diversi altri Stati come Tamil Nadu, Punjab, Haryana, Karnataka e Andhra Pradesh.

Difese immunitarie, ayurveda e alimentazione

Sempre in funzione preventiva, il governo dello Stato ha predisposto un piano basato sulla tradizionale medicina ayurvedica (ma anche le altre medicine, unani e siddha) per migliorare le difese immunitarie individuali presso la popolazione in generale (10). I medici e le cliniche ayurvediche sono stati compresi nel sistema di individuazione precoce. Il governo ha avviato il programma State Ayurveda Covid-19 Response Cell (Sacrc), per lavorare sulle giuste formulazioni, adatte agli individui più giovani e ad alto rischio, e a quelli più avanti negli anni; l’avvertenza è sempre che si tratta di prevenzione e sostegno durante la convalescenza, non di terapia specifica per il Covid-19.

Il Consiglio per la ricerca scientifica ha sviluppato due prodotti naturali (gocce da inalare e un liquido disinfettante); li produce Oushadhi, la compagnia ayurvedica di proprietà statale.

Nell’Ayurveda Action Plan pubblicato l’11 aprile, il governo ha anche inserito una lista di consigli generali. Per esempio: «evitare o almeno limitare il consumo di cibi non vegetariani»; «mangiare solo se si ha fame»; «abbondare nei fagioli verdi – mung»; «preparare tisane di zenzero, curcuma e coriandolo»; consigliato anche il chukku kappi (caffè con una puntina di zenzero in polvere).

Il ricorso all’ayurveda è stato incoraggiato anche dai buoni risultati che la Cina ha avuto integrando la medicina tradizionale nel protocollo di cura del Covid-19, come aveva già fatto in passato con le epidemie Sars e H1N1.

Marinella Correggia

1) https://www.telegraph.co.uk/news/2020/03/31/counting-coronavirus-different-countries-calculating-death-tolls/).

2) https://gisanddata.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6 (elaborati sulla base delle comunicazioni delle autorità sanitarie dei diversi paesi).

3) https://www.huffingtonpost.in/entry/kerala-coronavirus-challenges-monsoon-economy_in_5ebe6c39c5b6973fbc5d5015?guce_referrer=aHR0cHM6Ly93d3cuZ29vZ2xlLmNvbS8&guce_referrer_sig=AQAAAJod27FpR4CxxakS0fiSBwoUB8E_-g_CdsturVICSa8rW3q0YOlDl_9X8iEmtnq4-Hftpao9wG184fVIOLCD4WO5ifr1luc6_rLycpVB1dFfnJRoUIKMspKBtMOO4dqGBN6a2wKiIsYC2f5cCQ_bZtQ84dFc5xtN27_JjzfSByvp&guccounter=2

4) https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/apr/21/kerala-indian-state-flattened-coronavirus-curve

5) https://theprint.in/theprint-otc/testing-smartly-community-care-part-of-keralas-covid-strategy-health-minister-shailaja/429439/

6) https://www.brasildefato.com.br/2020/04/14/kerala-is-a-model-state-in-the-covid-19-fight

7) https://economictimes.indiatimes.com/industry/healthcare/biotech/pharmaceuticals/four-drug-mix-for-covid-19-can-work-wonders-say-kerala-doctors/articleshow/75100976.cms?utm_source=contentofinterest&utm_medium=text&utm_campaign=cppst

8) https://economictimes.indiatimes.com/news/politics-and-nation/kerala-institute-ready-for-plasma-trials-but-has-no-patients-to-test/articleshow/75210857.cms?from=mdr

9) http://www.fao.org/in-action/food-for-cities-programme/news/detail/en/c/1272232/

10) https://theprint.in/health/this-is-keralas-ayurveda-prescription-to-fight-coronavirus-and-keep-infections-down/435028/

 

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