| «Nel 2024 si svolgono elezioni in Paesi che rappresentano più della metà della popolazione mondiale. Sarà un anno cruciale per la democrazia in Europa e in molte parti del mondo. In un futuro non troppo lontano, potremmo arrivare a considerarlo come un anno decisivo che avrà stabilito la rotta per i decenni a venire. (L’8 e il 9 giugno prossimi) Più di quattrocento milioni di cittadini europei possono scegliere i loro rappresentanti al Parlamento europeo a cui affidare la costruzione della nostra futura Europa. Dobbiamo riflettere collettivamente su quali prospettive future vogliamo garantire e su come intendiamo affrontare le sfide di vasta portata che ci attendono. Come presidenti della Repubblica, chiediamo ai nostri cittadini di prendere parte a questa decisione e di andare a votare! Vediamo nel mondo sfidati, se non apertamente minacciati, i valori fondamentali del pluralismo, dei diritti umani e dello Stato di diritto, i nostri valori. La posta in gioco non è altro che i fondamenti del nostro ordine democratico. Un ordinamento in cui i governi sono ritenuti responsabili da una cittadinanza informata, in cui istituzioni forti garantiscono i diritti di tutti, in particolare delle minoranze, e in cui la politica è un processo che cerca soluzioni attraverso un dibattito vigoroso ma civile. I nostri tre paesi sanno che una volta raggiunta, la democrazia non è garantita. Sappiamo che la libertà e la democrazia vanno difese e consolidate, che la contrapposizione dei nazionalismi esasperati genera la guerra. La storia insegna che, dove viene meno la democrazia, l’umanità e la ragione politica vengono soffocate». (…)Cosa si può aggiungere alle parole, che qui abbiamo estrapolato dalla dichiarazione congiunta dei presidenti Mattarella, Steinmeier, Van der Bellen (qui il testo completo), per indurre i cittadini ad esercitare il loro sacrosanto diritto/dovere di voto? Nulla più che sottolineature. Niente che non suoni come ripetizioni, per quanto, ci insegnano i nostri avi latini, sembra possano aiutare. E allora: sottolineiamo e ripetiamo. Anche se per i cittadini italiani che vivono in Svizzera, nel caso delle prossime votazioni europee (8-9 giugno) non è così semplice, visto che, diversamente dai nostri concittadini che risiedono in un Paese UE, noi, per esprimere il nostro voto, dovremo rientrare al nostro comune di residenza in Italia. Anche se non condividiamo che in testa di lista figurino candidature al solo scopo di essere calamita a preferenze e che a Strasburgo non ci andranno. Perché votare è sempre importante. Non farlo, resta un atto dimostrativo. Sintomo di disagio e al contempo impotente. Utile per l’esegesi giustificativa del post voto. Che riserva all’astensionismo, che non è problema di poco conto, ipocriti pianterelli, fingendo che, per quanto eterogeneo, rappresenti il partito più forte. Che ha un grosso limite: non partecipa alle decisioni. Semmai le subisce e, va da sé, induce al lamento. Nel caso specifico votare può esser decisivo. Perché la prossima legislatura di Strasburgo sarà chiamata a deliberare se l’Ue deve aumentare o diminuire la propria capacità di incidere sulle vicende del mondo. Dovrà scegliere quali strade imboccare in bivi cruciali mentre vari fattori corrodono equilibri geo- politici, per quanto imperfetti, che hanno permesso a noi benessere e pace. Usiamo il nostro voto per sostenere la democrazia, che, anche in Europa, non possiamo dare per scontata. In un periodo in cui all’orizzonte si profilano rischiose riforme, in cui trova spazio la narrazione di chi in realtà fomenta l’intolleranza e il dissenso è considerato un agguato al manovratore, pertanto da colpire e affondare, il voto è una manifestazione concreta per arginare derive autoritarie o dittatoriali. Per contrastare le velleità nazionaliste e il revisionismo. Per vanificare gli attacchi ai valori di civiltà, tolleranza e rispetto. Per continuare a garantire i principi di libertà. | |
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