Insomma, non ci amano più

di Tonino D’Orazio

In quest’ultimo mese, tra un’istituzione internazionale e l’altra, l’America ha raccolto quasi tutti i suoi alleati, dall’Australia alla Norvegia, da Singapore al Portogallo, dal Giappone all’Islanda. L’agenda è la stessa: impedire il successo del presidente russo Vladimir Putin, che rappresenta un rifiuto del cosiddetto “ordine basato sulle regole” Usa assunte a diritto internazionale, quindi mondiale.

La brutalità e l’irreversibilità di quanto sta accadendo in Ucraina conferiscono alla situazione anche il carattere di una scelta morale. Quasi tutte le dichiarazioni dei leader occidentali si riferiscono a un confronto tra “civiltà e barbarie”. Di conseguenza, sentono che non dovrebbero esserci dubbi da che parte stare. È buono o cattivo.

La comunità “occidentale” però ha ormai raggiunto la sua massima capacità espansiva: il suo fianco europeo (membri dell’UE e della NATO, più Ucraina e Moldova), il suo club asiatico (Corea del Sud, Giappone e Singapore hanno smesso di esitare e hanno preso la parte “di destra”), la coppia oceanica e, ovviamente, il Nord America. Il “mondo libero” non è mai stato così vasto. Tuttavia, questo solleva una domanda seria. L’Occidente ha raggiunto il suo limite naturale o coatto oltre il quale l’espansione non è più possibile?

In primo luogo, il mondo non occidentale sa benissimo che le guerre non si sono mai fermate sul pianeta, anche negli ultimi 30 anni, e le dichiarazioni degli stati dell’UE sull’era di “armonia e prosperità” interrotta da Putin sono viste sia come egoismo che come ipocrisia. Dire alla gente in Medio Oriente, ad esempio, che la Russia ha violato ogni standard morale immaginabile è, per non dire altro, difficile alla luce di ciò che la regione ha attraversato dalla fine della Guerra Fredda.

In secondo luogo, la maggior parte degli ex paesi del Terzo Mondo vede gli eventi attuali come il culmine di un conflitto di lunga data sulle politiche assertive degli Stati Uniti e dei loro alleati riguardo ai territori direttamente adiacenti alla Russia. Il loro atteggiamento è più o meno questo: “Cosa pensavi sarebbe successo quando hai provocato la tigre? “. Anzi il ministro degli esteri cinese, a una richiesta americana di condannare la Russia ha risposto esattamente: “Chi ha messo il collare alla tigre lo tolga”. Lo stesso Papa sinteticamente ha detto: ”Era un errore abbaiare alla porta di casa” di Putin. Dovrebbe aggiungere, con Svezia e Finlandia, “anche alle finestre”.

Infine, la reazione della maggior parte del pianeta illustra la loro irritazione nei confronti dell’Occidente nel suo insieme. È visto come un egemone con una storia coloniale che abusa ancora dei suoi poteri, fa e disfa, straccia gli accordi e i trattati internazionali a suo piacere. La ragione di ciò non è il sostegno alle azioni russe, ma l’opposizione ai tentativi dell’Occidente di imporre la propria volontà agli altri, che spesso lede i propri interessi. Inoltre, la “gioia maliziosa” di fronte ai tentativi falliti dell’America di imporre la propria volontà compensa i dubbi sulla legittimità delle azioni di Mosca.

In altre parole, non è simpatia per la Russia, ma antipatia per l’Occidente.

I leader occidentali sono sia sorpresi che allarmati da questa situazione. Se gli appelli iniziali per unirsi al boicottaggio della Russia si sono rivelati ordini, le richieste sono state ora sostituite da esortazioni e tentativi di promettere qualcosa in cambio ai recalcitranti. La scelta degli ospiti del vertice del G7 – i presidenti di India, Indonesia, Senegal, Argentina e Sud Africa – è significativa. Gli ospiti sono stati accolti calorosamente. Tutti si sono affrettati a picchiettare sulla spalla del primo ministro indiano Narendra Modi e a prestargli un po’ di attenzione. Ma a parte le affermazioni generali, non è successo nulla. Idem per l’Argentina. Quasi parallelamente agli eventi in Europa, Modi ha preso parte a un vertice virtuale dei BRICS, e l’Argentina, sembra, così come l’Iran, hanno chiesto di entrare a far parte di questa associazione emergente, ma già in costruzione (2010); da quando Putin e Hu Jntao (allora presidente cinese) hanno capito l’antifona dell’imperialismo bombarolo crescente e in fondazione bancaria (Nuova Banca di Sviluppo), in contrasto al FMI (2014). Altri paesi importanti si stanno avvicinando, Messico, Venezuela e altri paesi latino-americani e africani di peso. Al solito G20 di ottobre, presente Putin o meno, il mondo sarà veramente cambiato.

Il vecchio Terzo Mondo sta diventando più esigente e schizzinoso e la capacità dell’Occidente, con problemi immensi, di imporre i propri termini si è indebolita in mezzo a un cambiamento globale su larga scala. Il ciclo di incontri in Europa aveva lo scopo di dimostrare che l’Occidente è ancora l’avanguardia indiscussa del mondo, che ha sia il diritto che la responsabilità di guidare gli altri. Ad esempio, la NATO sta cercando ancora una volta di diventare un’organizzazione globale piuttosto che regionale. Ma è diventata la sua natura; la politica estera Usa in realtà è demandata al presidente solo formalmente; è gestita dai militari, dalle imprese/lobby costruttrice di armi e dalla Cia.

Secondo loro, la Russia è solo una minaccia per la sicurezza dell’Europa occidentale (come lo era nei giorni di gloria della NATO), ma è anche un pericoloso paria per tutta l’umanità, quindi opporsi a lei aiuterà a espandere il club guidato dagli Stati Uniti a livello globale, nel mentre, incombe lo spettro della Cina, concorrente sistemico dell’Occidente e, ancora meglio, complice dei “russi”.

Di conseguenza, l’ampio rifiuto di riconoscere il diritto dell’Occidente a governare significa che non ci sarà più un ordine mondiale basato per forza sulle regole occidentali. E’ un retroscena non indifferente della guerra in Ucraina. Era maturata la “mossa del cavallo” di Putin per fare affiorare il disagio e il disamore verso di noi, liberal-democratici, esportatori di democrazia a suon di bombe, furti e genocidi. Eppure continuiamo a crederci la crema del mondo. Ma stiamo rimanendo nudi e poco amati. La maggioranza del mondo si sta organizzando liberamente altrove, contro di noi.

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