Alfiero Grandi. Riflessioni sull’Italia che ha bisogno democratico del sindacato e sul pericolo neofascista

La manifestazione promossa da Cgil, Cisl, Uil in piazza San Giovanni contro lo squadrismo fascista, in segno di solidarietà contro l’attacco alla sede nazionale della Cgil, è stata un successo di partecipazione. Questa manifestazione è un importante segnale di ripresa della partecipazione democratica dopo la lunga pausa dovuta al Covid, ma non solo al Covid. Molta partecipazione, tanta combattività, con un’attenzione significativa del mondo politico, associativo, culturale che riconosce al sindacato un ruolo fondamentale nei momenti difficili del nostro paese. Un attacco squadrista fascista alla Cgil, al sindacato è un segnale da non sottovalutare e non è stato sottovalutato, non solo dal sindacato.

La prima considerazione riguarda il fatto che da anni si sono chiaramente manifestati segni di rivalutazione del fascismo sempre più espliciti, a cui sono seguite manifestazioni politiche aggressive, razziste, squadriste, verso le quali c’è stata una colpevole e a volte interessata sottovalutazione. Questa rivalutazione del fascismo, e in qualche caso perfino del nazismo, da parte di settori della società italiana, per quanto delimitati, è stata guardata per troppo tempo come un folklore fuori tempo.

In realtà i segnali preoccupanti erano evidenti e purtroppo la destra italiana non ha avuto lo stesso percorso di quella francese che ha segnato da tempo una precisa distinzione verso manifestazioni di neofascismo. Il gaullismo, ad esempio, ha connotati di destra ma è antifascista. Invece la crescita di questa rivalutazione del peggiore passato del nostro paese, che ci ha affondato in una guerra sanguinosa, è avvenuta senza che la destra politica attuale sentisse il bisogno di una chiara distinzione, indicando un confine da non oltrepassare. Anche l’arco delle forze antifasciste ha sottovalutato troppo spesso il pericolo di questo recupero del peggiore passato, lasciando fin troppo sola l’Anpi a denunciare e a proporre iniziative che segnassero con chiarezza il confine con quello che non poteva e non doveva più tornare.

Il tentativo di beneficiare di un serbatoio di voti neofascisti da parte della destra, che ha fin troppo flirtato con queste aree elettorali, e qualche sottovalutazione di troppo dal fronte opposto hanno consentito al lavorio dei soggetti che si richiamano esplicitamente al fascismo di essere protagonisti di episodi, nel tempo, che avrebbero dovuto essere stroncati senza indulgenze.

La stessa svolta di Fiuggi voluta da Fini è stata dimenticata. Non a caso Fini in questi giorni coerentemente si è dichiarato per lo scioglimento di Forza Nuova.

Questi episodi avrebbero dovuto spingere a indagare e a cercare di comprendere il complesso di motivi che porta a sguarnire una netta condanna corale del fascismo. Ad esempio che esiste una grave lacuna nell’insegnamento e in generale nell’attività scolastica, lasciando una mancanza di formazione all’antifascismo, che finisce con il diventare terreno di coltura in cui si inseriscono senza immediati contrasti narrazioni apertamente neofasciste. Per questo è stata una scelta giusta organizzare la memoria del rastrellamento del ghetto di Roma attuato dai nazisti con la complicità dei fascisti italiani. Come in precedenza sono state importanti le tante iniziative per affermare una memoria consapevole del passato, che non deve essere più dimenticato. Il mondo dei giovani e in particolare della scuola è il più delicato e purtroppo è rimasto per troppo tempo troppo sguarnito, l’insegnamento della storia fatica ad arrivare alla Resistenza e perfino l’insegnamento dell’educazione civica, e quindi della Costituzione, ha avuto traversie per affermarsi, quasi fosse un optional e non un fondamento della stessa democrazia.

La proposta dell’Anpi di creare una alleanza attiva contro i neofascismi, individuando un piano di iniziative con questo obiettivo, è giusta e va appoggiata. Il 29 ottobre ci sarà un incontro convocato dall’Anpi, che dobbiamo appoggiare in modo corale, e che dovrà puntare ad una discontinuità positiva nella lotta ai risorgenti neofascismi. Per questo è importante che al governo arrivi un messaggio chiaro e forte per spingerlo ad applicare le leggi con coraggio, sciogliendo senza tentennamenti le organizzazioni neofasciste come è previsto, in coerenza con la Costituzione. Anche la destra che partecipa al governo avrebbe interesse a non ostacolare questa decisione, in ogni caso il governo deve avere la forza di decidere comunque lo scioglimento. Al governo deve essere chiesto un impegno che non deve limitarsi allo scioglimento delle organizzazioni neofasciste ma deve impegnarsi per una più generale iniziativa per fare conoscere il dramma che il fascismo ha rappresentato per l’Italia e per reagire sul piano culturale, della conoscenza, della reazione ai suoi rigurgiti.

Il sindacato si è indebolito per una crisi economica e soprattutto occupazionale, per l’esplosione di una precarietà diffusa e incontrollata che dura da anni, che ha finito con il corrodere il potere contrattuale delle aree dei lavoratori più forti. La conseguenza di questa corrosione del potere contrattuale avvenuta nel tempo ha diverse conseguenze di cui l’aumento delle morti e degli incidenti sul lavoro è uno degli esempi più tragici. Il mondo del lavoro ha perso potere contrattuale, si è frantumato, e ora fatica a trovare i momenti di unificazione, in certe aree il lavoro è diventato ricattabile, soggetto a schiavismo. Tuttavia, il sindacato, malgrado questo indebolimento, resta l’aggregazione rappresentativa di una parte decisiva della società italiana, senza la quale verrebbero a mancare al nostro paese energie fondamentali per uscire dalla crisi. È un problema economico, sociale e di sostanza della democrazia.

Chi ha lavorato per indebolire il sindacato dovrebbe oggi farsi l’autocritica, ha agito da apprendista stregone, ha guardato al suo interesse immediato, dimenticando che nella storia del sindacato italiano c’è insieme la rappresentanza del mondo del lavoro, quindi una distinzione di interessi, e la capacità di proporre obiettivi tendenti all’unificazione del mondo del lavoro e di progresso per tutto il paese, fino al suo ruolo decisivo nei momenti difficili della democrazia italiana. Oggi è uno di questi momenti.

Tutti dovrebbero aiutare il sindacato a riuscire a superare evidenti difficoltà nell’ottenere i risultati necessari per i lavoratori e per chi vorrebbe lavorare. Abbiamo bisogno che riesca a svolgere di nuovo questo ruolo di pilastro della partecipazione e della democrazia in Italia. Questo nell’interesse del paese, oltre che di chi lavora. Per realizzare questo risultato occorre recuperare la frantumazione del mondo del lavoro, ridefinire le linee di solidarietà e di generalizzazione delle condizioni del lavoro.

Al contrario, l’attacco squadrista alla Cgil punta ad indebolire la rappresentanza del sindacato, il suo ruolo. È giusto ricordare che non a caso 100 anni fa furono le sedi sindacali il principale obiettivo dell’attacco fascista per rompere il tessuto connettivo del mondo del lavoro dell’epoca. Giustamente individuato come un ostacolo sul cammino della conquista del potere da parte del fascismo. L’ondata neoliberista ha tentato in ogni modo di ridimensionare il ruolo del sindacato. Basta ricordare che nelle sue espressioni più radicali non riconosceva una condizione sociale, tantomeno di classe, ma si rivolgeva solo ad individui, monadi individuali nel mare magnum della società.

Oggi la situazione è diversa, di mezzo c’è stata la seconda guerra mondiale, la Resistenza, la ricostruzione dell’Italia resa possibile dal patto costituzionale che ha a suo fondamento il no al fascismo vecchio e nuovo. È difficile immaginare che sia possibile che il fascismo si ripresenti oggi, rialzando la testa. Tuttavia non bisogna smobilitare, distrarsi perché se il neofascismo dovesse riuscire a diventare un elemento di pericolo reale inevitabilmente provocherebbe uno spostamento a destra, politico e sociale e porterebbe l’attenzione lontana dai problemi di fondo, come clima, occupazione, sviluppo compatibile con l’ambiente, educazione e formazione permanente ai migliori livelli possibili. Quindi questo è il momento della risposta per bloccare una possibile deriva neofascista, a partire dallo scioglimento delle organizzazioni neofasciste, responsabili dell’attacco squadrista alla Cgil, per consentire all’Italia di affrontare positivamente sfide già difficili senza bisogno di arretrare a causa di un inquinamento neofascista del clima politico e sociale.

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