LANDINI: “IN PENSIONE A 62 ANNI”. L’INTERVISTA SU LA STAMPA E IL SECOLO XIX

© Marco Merlini / Cgil Reggio Calabria, 22 giugno 2019 Manifestazione nazionale unitaria ‘Ripartiamo dal Sud per unire il Paese’

L’intervista al segretario generale è a cura di Roberto Giovannini (p.3). Dopo anni di lotte, «otteniamo un primo taglio delle imposte». Il segretario della Cgil Maurizio Landini guarda al futuro e punta su una vera riforma fiscale e una rivoluzione in campo pensionistico. Segretario, il governo giallorosso, che ha accettato le vostre richieste sul Fisco, è un “governo amico”?

 

«In realtà noi abbiamo cominciato a mobilitarci un anno fa quando il governo che c’era parlava di flat tax e condoni fiscali. E oggi, dopo un anno di lotte, otteniamo un primo taglio delle imposte aumentando gli stipendi a chi paga le tasse, il lavoro dipendente, e portiamo a casa l’avvio a breve di una trattativa per una vera riforma fiscale che riduca il prelievo anche ai pensionati, che rimoduli l’Iva, che combatta davvero l’evasione fiscale per recuperare quei 109 miliardi che servono per fare investimenti, ospedali, scuole per rafforzare lo Stato sociale. Mi sento di dire che la lotta paga, e soprattutto paga quando è unitaria».

 

Permetta: i risultati li avete ottenuti ora, col governo Conte due…

«La piattaforma di Cgil-Cisl-Uil non è cambiata al cambio del governo. Ciò vuol dire che la nostra battaglia ha portato anche un cambiamento delle politiche economiche del Paese. Il sindacato non deve avere governi amici, deve mettere al centro gli interessi delle persone che lavorano, che sono la maggioranza. Al governo Conte due va riconosciuto di aver riaperto un confronto e una trattativa vera con le organizzazioni sindacali».

 

Quali sono gli obiettivi del sindacato in questo negoziato?

«Cgil Cisl Uil sono state capaci di parlare al Paese. Per dire che bisogna unirlo, che bisogna superare la precarietà, che ci vuole un progetto di sviluppo. E siccome siamo in una fase di grandissima emergenza ambientale, a questo progetto serve un indirizzo pubblico, che il governo indichi i settori strategici, gli ambiti dove è utile anche un intervento diretto. I1 2020 potrebbe segnare un passaggio decisivo. Chiaro, nessuno ha la bacchetta magica, ma si pub cambiare registro dopo vent’anni di precarietà, vent’anni in cui ha prevalso l’idea che il mercato da solo risolveva tutti i problemi. Basta precarietà, basta logiche di subappalto, basta col massimo ribasso. Al centro deve tornare la qualità del lavoro, pubblico e privato, del sistema scolastico, e soprattutto la giustizia sociale, con un fisco a forte progressività che faccia pagare in base a quello che si possiede».

 

Per fare una grande riforma fiscale serviranno ingentissime risorse. Dove si trovano?

«L’85%dell’Irpef in questo paese la pagano lavoratori dipendenti e pensionati. Con l’accordo dell’altro giorno i lavorato- ri dipendenti fino a 38-39.000 euro, 16 milioni di persone, vedono aumentata la loro busta paga. Nessuno diventa ricco, ma è sicuramente un’inversione di tendenza importante. Questa riduzione delle tasse va estesa, deve coinvolgere anche i pensionati e gli incipienti, bisogna detassare gli aumenti contrattuali nazionali. E bisogna rimodulare l’Iva».

 

Cioè aumentarla…

«Rimodularla. Non ha senso che tutti i beni siano trattati allo stesso modo: per alcuni la si deve ridurre perché sono beni di consumo di massa; su certi beni di lusso l’Iva può crescere. E poi ci vuole una vera lotta all’evasione fiscale. Nei provvedimenti della legge di stabilità di questo governo ci sono primi passi importanti. Ora servono interventi anche sulle grandi multinazionali e sulle speculazioni finanziarie. Lì ci sono le risorse sia per fare pagare meno tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che per gli investimenti necessari per far ripartire l’economia. Non basta sbloccare i cantieri o spendere i soldi già stanziati; ci vuole un programma per i prossimi anni di investimenti pubblici in nuove infrastrutture sociali, di manutenzione del territorio, di tutela dell’ambiente e valorizzazione della formazione, dello studio e della conoscenza delle persone».

 

La prossima settimana incontrerete il governo per parlare di pensioni. Cosa chiederete?

«Una vera riforma delle pensioni, perché è evidente a tutti che la legge Fomero ha aumentato le diseguaglianze e non ha risolto i problemi. Bisogna ricostruire un sistema pensionistico pubblico degno di questo nome. Primo, acceleriamo la commissione sulla separazione tra spesa previdenziale e assistenziale e quella sui lavori gravosi. Secondo, serve una pensione di garanzia per i giovani e per chi ha avuto lavori discontinui e precari. Terzo, bisogna riconoscere il lavoro di cura delle donne, che non si può trasformare in una tassa. Quarto, serve un meccanismo di uscita flessibile. Quinto, rivalutazione delle pensioni e legge sulla non autosufficienza. Proposte praticabili, e le risorse si possano trovare».

 

Si è parlato di anticipare il pensionamento con il “tutto contributivo”. Che ne pensa?

«No, non funziona. Sarebbe un sistema molto penalizzante e un sistema pubblico deve contenere elementi solidali, come fa la piattaforma di Cgil-Cisl-Uil, che rivendica un’uscita flessibile a partire da 62 anni».

 

Un bel regalone…

«La verità è che la riforma Fornero è stato un taglio drammatico per far quadrare i conti pubblici, non c’entrava con la previdenza. I soldi si possono andare a prendere altrove, e in tanti sistemi pensionistici europei anche la fiscalità generale contribuisce alla spesa previdenziale. Il 27 gennaio inizierà una trattativa su una riforma complessiva; ci sono tutte le condizioni per fare un buon lavoro».

 

FONTE: Cgil.it

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