19 07 15 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZION

00 -Consiglio Generale degli Italiani all’Estero il Segretario generale. Perché ostinarsi a condannare gli italiani all’estero alla subordinazione ?

01 – Autonomia, svelate le bozze che fanno a pezzi il paese. Il caso. Sul sito Roars.it le intese sul regionalismo differenziato tra governo e Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. Flc Cgil a Conte: «Tradita l’intesa sull’istruzione sottoscritta a Palazzo Chigi

02 – Parlamentari Pd estero: per la scomparsa del Senatore Nino Randazzo.

03 – «Plan Condor, puniti i responsabili materiali del massacro». America latina. Grande emozione ieri a Roma durante la conferenza stampa della Fondazione Basso a poche ore dalla condanna all’ergastolo di 24 imputati. Un lungo percorso cominciato 20 anni fa.

04 – Parlamentari Pd Estero: giustizia e diritti umani nella sentenza del tribunale di ROMA che condanna i responsabili delle sparizioni durante le dittature militari

05 – La Marca: le falsificazioni del Maie sulla cittadinanza cercano di coprire il vuoto di risultati per gli italiani all’estero

06 – L’eresia in campo, a Riace il mondiale di calcio antirazzista. Il torneo. Promosso dalla Uisp è giunto alla ventitreesima edizione, partecipano squadre dilettanti provenienti da tutta Europa

07 – Modifica alla costituzione per spartirsi meno parlamentari ma più obbedienti. Nei prossimi giorni il Senato sarà chiamato ad approvare in seconda lettura la proposta di legge di modifica della Costituzione che riduce il numero dei parlamentari. La seconda lettura di Senato e Camera è quella definitiva.

08 – Carta d’identità elettronica, Sottosegretario Merlo: “Una risposta concreta per i nostri connazionali in Europa”.

09 – Parlamentari Pd Estero: il senato approva in seconda lettura la riduzione dei parlamentari e spinge la circoscrizione estero verso una pericolosa deriva.

10 – Schirò (Pd): con il taglio dei parlamentari aperta la caccia ai diritti degli italiani all’estero.

11 – «Una maggioranza blindata, meno parlamentari e più obbedienti. Prepariamoci al referendum» Verso la raccolta di firme. Duro il giudizio del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.

 

00CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO IL SEGRETARIO GENERALE. PERCHÉ OSTINARSI A CONDANNARE GLI ITALIANI ALL’ESTERO ALLA SUBORDINAZIONE ? La legge dei numeri favorisce sempre i più forti ed emargina le minoranze e gli indifesi, che anche in un regime democratico finiscono per essere sempre sopraffatti, salvo accondiscendere al volere delle maggioranze. Si può scegliere di vivere in un siffatto mondo e proiettarsi dentro i nostri valori e le nostre convinzioni in modo da conferirgli un senso. Oppure, subire supinamente le angherie e lasciarsi andare. L’impegno assunto da molti di noi per dar voce agli italiani nel mondo non può lasciarci indifferenti davanti alle ingiustizie, che li escludono dai luoghi decisionali, resettando le lancette del tempo e pregiudicandone l’integrazione nel mondo di riferimento. E’ questo il caso della determinazione ad excludendum della rappresentanza parlamentare degli italiani all’estero, dei loro organismi intermedi, semplicemente del loro dubbio e irrisolto riconoscimento nelle istituzioni italiane. E’ dal 7 febbraio di quest’anno che in Senato, seguito dall’approvazione dell’identico testo in prima lettura presso la Camera dei deputati il 9 maggio u.s., che si sta consumando lo scempio costituzionale sulle modifiche agli articoli 56, 57 e 59 per la riduzione del numero dei deputati e dei senatori e, tra loro in maniera drastica, degli eletti all’estero. Per giungere, infine, all’approvazione odierna in seconda deliberazione del disegno di legge in materia di riduzione del numero dei parlamentari, che prevede la riduzione del 36,5 per cento dei parlamentari compreso l’esiguo numero dei parlamentari eletti nella circoscrizione estero, che diventeranno 8 deputati, invece di 12, e 4 senatori, invece di 6. Potranno essere infinite le ragioni politiche tese a giustificare la riduzione delle rappresentanze dei cittadini nelle istituzioni, non da ultimo anche se ingiustificabile può essere l’aspetto finanziario in cui versa un paese, ma l’incontrovertibilità dei numeri non può essere posta alla mercé di chi li usa come clava per imporre la legge del più forte, venendo meno al senso di eguaglianza. Ci tengo a ricordarlo fino a diventare afono e ripetitivo: gli italiani all’estero costituiscono il 10 per cento della popolazione nazionale. Sei milioni sono censiti nelle anagrafi consolari. Fatte le dovute proporzioni, nel prossimo parlamento saranno drasticamente e colpevolmente sottorappresentati. Bisognerà porre rimedio a questa discriminante e sanare con uno specifico provvedimento il maltolto. Un governo attento e responsabile può farlo e dovrebbe incominciare a pensarlo già prima dell’approvazione definitiva di questa modifica costituzionale, proprio per saldare quel legame che tiene vive le tante Italie nel mondo senza le quali il nostro paese rischia di diventare più povero. Il ruolo e la rappresentanza degli italiani all’estero vanno rivisti in maniera distinta e riformata dalle fondamenta, pensando ad un’architettura complessiva, costruita sui diritti e sui doveri di chi vive oltre i confini e continua ad avere interessi con la madre patria. Michele Schiavone

 

01AUTONOMIA, SVELATE LE BOZZE CHE FANNO A PEZZI IL PAESE. IL CASO. SUL SITO roars.it LE INTESE SUL REGIONALISMO DIFFERENZIATO TRA GOVERNO E VENETO, LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA. FLC CGIL A CONTE: «TRADITA L’INTESA SULL’ISTRUZIONE SOTTOSCRITTA A PALAZZO CHIGI» di Roberto Ciccarelli Le carte segrete sull’autonomia che oppongono in queste ore Lega e Cinque Stelle sono state pubblicate ieri dal sito Roars.it, specializzato nel dibattito sulla scuola e la ricerca universitaria. Una prima anticipazione dei testi sul regionalismo differenziato era apparsa l’11 febbraio scorso sempre sullo stesso sito. Le nuove bozze di intesa datate 16 maggio, analizzate dal Quotidiano del Sud il 4 luglio scorso, sono state sottoscritte dal presidente del Consiglio Conte e dai governatori delle tre regioni interessate: Lombardia (Fontana), Veneto (Zaia) e Emilia Romagna (Bonaccini). Da febbraio i testi sono cambiati molto poco: il Veneto è la regione più aggressiva che chiede per sé tutte le 23 materie previste dal titolo quinto della costituzione; la Lombardia ne chiede 20, l’Emilia Romagna 16. Dell’elaborazione fino ad oggi conosciuta è nota solo la parte introduttiva, non tutto il resto. I testi non saranno probabilmente aggiornati all’ultima cervellotica mediazione tra i legastellati, del resto ancora lontana, ma almeno sono leggibili integralmente. Il dibattito che procede in un’atmosfera da «golpe tecnico», osservano i ricercatori di Roars, risulta meno oscuro e confuso in vista del prossimo incontro domani a palazzo Chigi. BARBARA LEZZI (M5S), ministra per il Sud, ha insistito ieri sul fatto che «un testo scritto non c’è ancora» e che nell’incontro di lunedì scorso ne è stato discusso uno che non ha recepito le nuove esigenze. Dal punto di vista dei Cinque Stelle i punti irrinunciabili sono: un fondo di perequazione, l’introduzione dei fabbisogni standard e i livelli essenziali di prestazione. La difficoltà in cui si trova il partito di Di Maio è emersa dalla richiesta avanzata da Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera che ha inviato una bozza di programma ai componenti in cui chiede un’«indagine conoscitiva» di sei mesi sul federalismo fiscale e l’autonomia differenziata. E questo nonostante il fatto che alla Camera sia stata già istituita una commissione per l’attuazione del federalismo fiscale presieduta dal leghista Cristian Invernizzi. Salvini si è mostrato disponibile a interloquire con queste richieste: «Se gli amici dei Cinque Stelle hanno bisogno di capire ulteriormente noi siamo a disposizione. Siamo pazienti e pronti». Il dominus del governo si mostra magnanimo, mentre la ministra per gli affari regionali Erika Stefani (Lega) incalza il governo e chiede di varare il testo il prima possibile. Ad accrescere la pressione su un esecutivo indeciso ci ha pensato ieri anche il governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana che davanti a 300 sindaci neo-eletti ha ribadito che sull’«autonomia» non si può perdere altro tempo. Al fondo i leghisti hanno compreso che una delle difficoltà più grandi per i loro alleati è la scuola. Fontana ipotizzato anche una via d’uscita: lo spacchettamento. Se si tratta delle assunzioni dirette dei docenti da parte delle regioni, una delle materie più esplosive del progetto legastellato, «iniziamo ad andare avanti sulle altre – ha suggerito Fontana – Si può portare a casa il resto e poi reinserire la scuola nel caso in cui ci siano problemi che non si riescono a superare». Un’iniziativa che non muterebbe il contenuto problematico del progetto della maggioranza. IN UN INCONTRO con Conte e i sindacati Usb, Cisal, Confsal, Snals e Ugl Di Maio ieri ha ribadito che la scuola «va lasciata unica e indivisibile». Così non è, leggendo le bozze delle intese. Dopo avere promesso ai sindacati confederali di non toccare la scuola in un’intesa del 24 aprile scorso, per il governo questo è un problema. «Sono testi irricevibili, inaccettabili e da respingere senza incertezza – sostiene la Flc Cgil – Al presidente Conte ricordiamo che non una delle proposizioni sul sistema regionale di istruzione e formazione prospettato è compatibile con l’intesa che ha sottoscritto con noi. Il mondo della scuola si opporrà con tutte le sue forze a chi vuole manomettere il diritto all’istruzione». «Tutti i diritti – ha aggiunto la Cgil nazionale – non possono essere ridotti a variabili regionali».

 

02PARLAMENTARI PD ESTERO: PER LA SCOMPARSA DEL SENATORE NINO RANDAZZO. La notizia della scomparsa di Nino Randazzo, senatore eletto nella circoscrizione Estero per due legislature, ci dà sincera tristezza perché ci priva prima di tutto di un amico colto e gentile, un signore dai modi misurati e cortesi, un gentiluomo di vecchio stampo. Egli è stato parte viva della vita sociale e culturale della dinamica comunità italo-australiana e protagonista del sistema informativo che in essa si è sviluppato da tempi ormai lontani. Quella comunità, assieme alle altre della sua vasta ripartizione elettorale, Egli ha saputo rappresentare onorevolmente e con intelligenza, portando il suo contributo quando si è trattato di presentare la novità degli eletti all’estero al mondo politico e all’opinione pubblica italiani. Ci mancherà, comunque, soprattutto la persona, l’amico. Con questi sentimenti porgiamo le nostre più sincere condoglianze ai suoi familiari e all’intera comunità italo-australiana, che lo ha apprezzato e stimato. Ciao Nino, ti salutiamo con considerazione e affetto. I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

 

03«Plan Condor, puniti i responsabili materiali del massacro». America latina. Grande emozione ieri a Roma durante la conferenza stampa della Fondazione Basso a poche ore dalla condanna all’ergastolo di 24 imputati. Un lungo percorso cominciato 20 anni fa di Claudia Fanti Desaparecidos, ma non dalla coscienza del mondo. E mai come oggi presenti nel cuore di quanti hanno lottato perché fosse fatta giustizia. All’indomani della storica sentenza del processo di appello sul Plan Condor, terminato con la condanna all’ergastolo di tutti i 24 imputati, c’è spazio solo per l’emozione. E a esprimerla sono in tanti durante la conferenza stampa promossa ieri dalla Fondazione Basso per commentare quella che i familiari delle vittime e tutti coloro che li hanno sostenuti – dalla Fondazione stessa all’Associazione 24Marzo passando per tutti gli avvocati di parte civile – hanno vissuto come una vittoria piena e completa. Tra loro anche il viceministro della Giustizia boliviana Diego Ernesto Jiménez, presente in aula al momento della sentenza, e il sottosegretario alla presidenza dell’Uruguay Miguel Ángel Toma, anche lui in aula in rappresentanza di un governo che si è costituito parte civile e ha collaborato attivamente con la giustizia italiana consegnando prove decisive contro i tredici militari uruguaiani coinvolti. A evidenziare la rilevanza storica del processo è stata in particolare l’avvocata di parte civile Alicia Mejía, leggendo le due sentenze di primo e di secondo grado: «La prima ha riconosciuto per la prima volta a livello giurisdizionale l’esistenza del Plan Condor come un’operazione finalizzata ad annientare la cosiddetta sovversione», condannando otto esponenti della catena di comando; «la seconda ha individuato le responsabilità personali di singoli soggetti nei casi di vittime concrete». Le responsabilità, cioè, come ha spiegato un altro avvocato di parte civile, Arturo Salerni, di quelle figure cosiddette intermedie, colpevoli di «sub-operazioni di sterminio», a cui erano stati precedentemente addebitati solo i reati, ormai prescritti, di sequestro e tortura. È il riconoscimento – ha chiarito l’avvocato Giancarlo Maniga – che «le condotte differenziate che hanno concorso all’uccisione delle vittime sono tutte legate e unificate dall’evento finale». Sin conclude così, almeno per ora, nella speranza di una conferma della sentenza in Cassazione, un lungo cammino iniziato nel 1999 da un’inchiesta del pm Giancarlo Capaldo partita dalle denunce di cinque donne italo-uruguaiane e una italo-argentina i cui parenti erano rimasti vittime del Plan Condor. Tra loro l’italo-uruguaiana Aurora Meloni, che, ricordando quel giorno, oggi commenta: «Allora non immaginavamo che avremmo infine raggiunto il nostro obiettivo».

 

04PARLAMENTARI PD ESTERO: GIUSTIZIA E DIRITTI UMANI NELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA CHE CONDANNA I RESPONSABILI DELLE SPARIZIONI DURANTE LE DITTATURE MILITARI. La sentenza con la quale la Corte d’Assise e d’Appello di Roma ha comminato 24 ergastoli ad altrettanti responsabili politici e militari dei sequestri, delle torture e delle sparizioni di ventitré cittadini italiani e venti uruguaiani durante le dittature militari in Bolivia, Uruguay, Cile e Perù è, allo stesso tempo, un atto di giustizia e di riconoscimento dell’intangibilità dei diritti umani, il cui significato va al di là delle specifiche circostanze richiamate. Siamo contenti che sia avvenuto e che i giudici, sia pure dopo un percorso faticoso e non privo di contraddizioni, abbiano ancora una volta detto con una sentenza che la giustizia esiste e la verità si può affermare, anche a distanza di tempo, purché perseguite con tenacia e fiducia e con spirito di libertà. Siamo contenti non tanto perché il Partito Democratico si sia costituito, assieme al Frente Amplio, parte civile e sia stato promotore e sostegno dell’iniziativa giudiziaria che ha portato a questo risultato, ma perché quarantatré cittadini hanno avuto giustizia e, tramite loro, simbolicamente l’abbiano avuta migliaia di desaparecidos , nella quasi totalità colpevoli solo di credere nel progresso sociale, nell’uguaglianza e nella libertà. Decine di migliaia di persone scomparse, tra le quali migliaia di origine italiana, furono sole di fronte alla violenza brutale e sanguinaria del potere militare e nemmeno coloro che celebravano con enfasi gli italiani nel mondo pronunciarono una parola per difenderli. Fecero eccezione alcuni funzionari che, rischiando in proprio, salvarono molte vite e le forze democratiche europee, che denunciarono incessantemente le dittature e accolsero migliaia di fuoriusciti e di esuli. Un buco nero, in parte compensato dalla costituzione di parte civile dello Stato italiano nel processo, voluta da governanti attenti e sensibili. Pur senza voler forzare in alcun modo una sentenza costruita su presupposti e riscontri giuridici e che dovrà reggere comunque alla prova del pronunciamento della Cassazione, l’affermazione dell’intangibilità dei diritti umani che in essa è contenuta rappresenta un cono di luce nei tempi che attraversiamo e un segnale inequivocabile per tutti coloro che pensano di usare i diritti umani come merce di scambio e pretesto di consenso. I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

 

05LA MARCA: LE FALSIFICAZIONI DEL MAIE SULLA CITTADINANZA CERCANO DI COPRIRE IL VUOTO DI RISULTATI PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO. È triste, ma non sorprendente, vedere che per distogliere l’attenzione dal vuoto assoluto nelle politiche per gli italiani all’estero e dai gravi passi indietro che si stanno facendo in tema di rappresentanza e di lingua e cultura, si usi sistematicamente il metodo della falsificazione delle posizioni degli altri creando casi mediatici destinati ad esplodere come bolle di sapone. L’ultimo in ordine di tempo di “Italiachiamaitalia”, la nota gazzetta di propaganda al servizio del MAIE e del Senatore Merlo, riguarda la cittadinanza e l’accusa fatta al PD di essere favorevole alla limitazione del riconoscimento a due generazioni. La bolla d’aria sarebbe poggiata su una mia dichiarazione, fatta durante l’assemblea del CGIE, in cui, come risulta dai resoconti delle agenzie e da un mio comunicato, mi sono soffermata su una serie di questioni, tra le quali la cittadinanza. Ebbene, in quella occasione ho detto chiaramente che parlavo di quell’aspetto della cittadinanza a titolo personale. In secondo luogo, parlavo di una condizione per riaprire i termini per far riacquistare la cittadinanza a chi è nato in Italia e l’ha perduta per ragioni di lavoro all’estero. In terzo luogo, il PD non si è mai espresso ufficialmente nel senso indicato dai gazzettieri né con dichiarazioni politiche né con proposte di legge o di governo. In quarto luogo, le mie stesse proposte di legge ufficialmente presentate parlano di riacquisto per chi è nato in Italia (“Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza”, n° 221, 23 marzo 2018) e per le donne che l’hanno perduta, e per i loro discendenti, a seguito di matrimonio con stranieri (“Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza da parte delle donne che l’hanno perduta a seguito del matrimonio con uno straniero e dei loro discendenti”, n° 222, 23 marzo 2018). Non altro. A titolo strettamente personale e come stimolo alla discussione, ho detto e penso che sia arrivato il momento di una riflessione organica relativa alla normativa sulla cittadinanza in vista di una riforma del sistema. Anche per evitare che la questione sia dilaniata e peggiorata a piacimento, come è accaduto di recente con il decreto Sicurezza per coloro che la richiedono per matrimonio. Una discussione da fare senza tabù e partendo dai diritti, come sono quelli di chi è nato in Italia e l’ha perduta solo perché emigrato. Ma, ripeto, si tratta di stimoli alla discussione e al confronto, di idee personali che riguardano me e non altri, che dunque non possono essere attribuite ufficialmente al partito nel quale milito. Capisco come le idee possano dare inquietudine e spavento a chi, in mancanza di fatti, è costretto a costruire una linea politica sulle falsificazioni. Non sorprende quando la politica diventa caciara e propagandismo, ma è triste per la democrazia e per la dignità delle istituzioni. On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

 

06L’ERESIA IN CAMPO, A RIACE IL MONDIALE DI CALCIO ANTIRAZZISTA. IL TORNEO. PROMOSSO DALLA UISP È GIUNTO ALLA VENTITREESIMA EDIZIONE, PARTECIPANO SQUADRE DILETTANTI PROVENIENTI DA TUTTA EUROPA. di Claudio Dionesalvi RIACE (RC) Il pallone rimbalza nei campi di calcetto ricavati in una terrazza incorniciata dallo Jonio. È lo stesso mare che ogni tanto accoglie, ma spesso respinge, annegandoli, migliaia di esseri umani. Il paesaggio di Riace stavolta ospita appassionati di sport popolare ed attivisti dei movimenti sociali. DA MEZZA EUROPA ARRIVANO in Calabria centinaia di supporter organizzati per partecipare ai Mondiali Antirazzisti. Giocano a calcio, basket, beach rugby. Tra di loro, anche un po’ di ultrà. Sono quelli che non si sono lasciati trasportare dalla deriva paramilitare che sta investendo il fenomeno del tifo in Europa. Sessanta squadre, donne ed uomini: inglesi, tedeschi, mediterranei, africani, neri e bianchi, si sfidano in omaggio alla multiculturalità. Non ci sono arbitri: le partite si autoregolamentano. Al secondo grave fallo: sconfitta a tavolino! Quando una squadra è nettamente inferiore all’avversaria, se è sotto di due gol, può aggregare un giocatore durante la partita. È prevista la figura del «vagante», come da regolamento: «una persona che, per disabilità fisica o motoria, oppure per precoce età, non è del tutto consapevole delle dinamiche del gioco e può giocare per una squadra senza essere contata nel numero dei giocatori. Questa persona, se riceve la palla, non può essere pressata». PROMOSSI DALLA UISP, giunti alla ventitreesima edizione, i Mondiali Antirazzisti quest’anno s’immergono in una Riace frastornata dalla sconfitta elettorale di Mimmo Lucano. In un clima festoso e sereno, tra pubblici dibattiti, boati d’esultanza che accompagnano i gol e dj set, appare surreale il presidio permanente dei tanti poliziotti e carabinieri che tengono d’occhio giocatrici e giocatori dei Mondiali della Uisp. Già si scorge l’ombra del neosindaco d’impronta leghista, Antonio Trifoli, che essendo titolare di un contratto a tempo determinato col Comune, stando al decreto legislativo 267 del 18 agosto 2000 sarebbe stato ineleggibile. Da vigile urbano precario non avrebbe potuto ottenere l’aspettativa prima di candidarsi. NELLA PRIMA SERATA della manifestazione, in un camping, fuori dal territorio riacese banditogli dall’autorità giudiziaria, Mimmo Lucano accoglie i partecipanti e ripercorre con loro gli ultimi mesi: «La politica della Lega ha risvegliato l’atteggiamento culturale della mafia», ammonisce. Poi elogia la filosofia sportiva del meeting: «È meraviglioso un calcio senza arbitri». A sostegno del torneo, come da sempre, anche la rete Fare che combatte le diseguaglianze e le discriminazioni nel football. Chiaro l’intento del network: «Ricordare le storie dei singoli che hanno lottato per sfuggire da situazioni drammatiche dei propri paesi d’origine, o semplicemente per poter migliorare la propria condizione personale attraverso lo studio e il lavoro». Sono tanti, tra i ragazzi impegnati ad inseguire un pallone nelle tre giornate riacesi, che per tecnica e vigore fisico potrebbero giocare nel calcio che conta. IN TANTI LAVORANO come riders o facchini della logistica. Alcuni vantano brevi esperienze nelle società del calcio dilettantistico italiano. In questi eretici mondiali, indossano le maglie di radicate polisportive ed improvvisate comitive, molte delle quali provenienti dai quartieri dei centri urbani meridionali: Catanzaro Social Team, Scampia Antirazzista, Spartak Lecce, Cosenza Mmishkata, Villa San Giovanni Meticcia. S’incrociano volti, muscoli e sudori. Come nella migliore tradizione di questo meeting, il pathos cresce al tramonto, quando si accendono i fuochi, la birra e i canti collettivi attraversano la spianata che accoglie linguaggi e colori diversi. Ferve l’attesa per la finale che si disputerà oggi alle 13. Il caldo sarà torrido, eppure la temperatura si manterrà mite tra i giocatori: dai quarti di finale tutte le partite si disputano solo ai calci di rigore. Gli organizzatori sono consapevoli di quanto purtroppo il gioco del football si presti ad innescare tensioni e possa sprigionare pulsioni aggressive. Ma non tra i partecipanti a questi Mondiali. Sui loro gadget e sulle magliette che indossano, riecheggia un vecchio slogan delle tifoserie antinaziste: «Al pallone non importa da chi è calciato». (di Claudio Dionesalvi Riace (RC).

 

07MODIFICA ALLA COSTITUZIONE PER SPARTIRSI MENO PARLAMENTARI MA PIU’ OBBEDIENTI. Nei prossimi giorni il Senato sarà chiamato ad approvare in seconda lettura la proposta di legge di modifica della Costituzione che riduce il numero dei parlamentari. La seconda lettura di Senato e Camera è quella definitiva. Il difetto di fondo di questa proposta di modifica della Costituzione, che riduce i parlamentari, e’ motivata dalla riduzione dei costi. Per ridurre veramente ridurre i costi è sufficiente ridurre quanto va ai parlamentari, misura discutibile ma l’unica con effetto certo, rapido, finora non adottata. Invece la maggioranza verde – gialla ha scelto la via della riduzione dei parlamentari e quindi vuole modificare la Costituzione. Non è vero che cosi’ I lavori parlamentari sarebbero semplificati, tutto il funzionamento resterebbe come ora. Semmai la semplificazione e’ avvenuta al Senato, presidente Grasso, cambiando il regolamento interno, cosa che la Camera finora non ha fatto. Ancora una volta una modifica della Costituzione viene proposta in stretto rapporto con la legge elettorale. La Lega vuole infatti che resti in vigore la sostanza dell’attuale legge elettorale (rosatellum) perchè con i voti stimati per la Lega questo partito potrebbe ottenere una maggioranza parlamentare paragonabile a quella di Berlusconi nel 2008, per di più con alleati subalterni. Pochi finora sanno che la nuova legge elettorale è già approvata e che entrerà in funzione automaticamente se passerà la riduzione dei parlamentari. Ancora una volta la modifica della Costituzione è strettamente legato a una legge elettorale che garantisca la maggioranza in parlamento, in questo caso il risultato si ottiene mantenendo la sostanza attuale, con la conseguenza di parlamentari di fiducia del capo partito. L’attuale legge elettorale senza esplicitare la soglia per l’elezione di fatto a livello nazionale porterà la soglia di accesso al 5% alla Camera, almeno il doppio al Senato. In tante situazioni la soglia sarà più ‘ alta, escludendo tutti i partiti minori. Pochi partiti si spartiranno i parlamentari. Il vero obiettivo della modifica della Costituzione e’ avere meno parlamentari, piu’ obbedienti. Non e’ un miglioramento del funzionamento del parlamento, al contrario, si fara’ un ulteriore balzo verso la riduzione del ruolo del parlamento. Già ora tra continui decreti legge, voti di fiducia a raffica, provvedimenti disciplinari contro i dissenzienti, che in parlamento dovrebbero essere garantiti non repressi, abbiamo già un parlamento che conta poco, ridotto spesso al silenzio e perfino ad approvare a scatola chiusa provvedimenti che non conosce, imposti dai capi della maggioranza. In futuro la funzione del parlamento sarà ancora di piu’ di ratifica. La riduzione dei deputati e dei senatori insieme alla legge elettorale apre la strada ad un accentramento ulteriore delle decisioni, fino a ribaltare l’assetto istituzionale definito dalla nostra Costituzione. Perche’ il M5Stelle preme per questa decisione ? All’origine era la spinta ideologica anticasta, ora prevale la possibilita’ di ottenere così un’assicurazione sulla vita di questo governo. Chi conta nel movimento non vuole la crisi di governo. Il conto e’ presto fatto. L’approvazione definitiva della modifica costituzionale dovrebbe avvenire entro luglio (Senato e Camera) ma se non otterra’ i due terzi dei voti, che non consentirebbero il referendum costituzionale, questo ci sara’ tra fine anno e primavera 2020. Se la maggioranza perde il referendum va a casa, ma se vince avra’ bisogno di tempo per definire i nuovi collegi, come è previsto dalla nuova legge elettorale e quindi prima del 2021 il voto non e’ possibile. Quindi la modifica della Costituzione e’ un modo per fare durare questa maggioranza e questo governo per almeno due anni, sperando nel frattempo di arrestare il crollo elettorale rilanciando argomenti anticasta, che pero’ oggi avrebbero il difetto di investire anche chi li usa. Il problema da risolvere, come sempre, e’ l’impaccio dell’opposizione. Senza sottovalutare la difficolta’ dell’argomento, il problema si pone perche’ la maggioranza verde gialla provera’ ad approvare la riduzione dei parlamentari comunque. A meno di incidenti di percorso puntera’ all’approvazione e quindi il referendum ci sara’. Se questo e’ lo scenario più probabile, è necessario individuare con rapidità, subito dopo l’approvazione, la linea di contrasto agli argomenti, pochi e strumentali, della maggioranza, preparandosi al referendum popolare. Certo,si può ridurre il numero dei parlamentari, ma farlo cosi’ e’ sbagliato perche’ porta ad una riduzione della capacita’ di rappresentare il paese senza neppure risolvere il problema che pone la parità delle camera. Non l’ha risolto Renzi che proponeva un Senato posticcio, una specie di circolo della caccia per Regioni e Sindaci, non lo risolve questa riduzione dei parlamentari perche’ mantiene inalterati i difetti delle camere paritarie. Meglio sarebbe stato lasciare la sola Camera dei deputati con l’attuale rappresentanza, superando il raddoppio paritario senza compromettere la rappresentanza. Ancora una volta un pasticcio. Ancora una volta occorre mettere in campo un’opposizione per evitare che venga manomessa la Costituzione senza valutarne le conseguenze negative. L’opposizione deve confermare la sua esistenza. Alfiero Grandi

 

08CARTA D’IDENTITÀ ELETTRONICA, SOTTOSEGRETARIO MERLO: “UNA RISPOSTA CONCRETA PER I NOSTRI CONNAZIONALI IN EUROPA” “LA SPERIMENTAZIONE PARTIRÀ A SETTEMBRE IN TRE SEDI CONSOLARI, VIENNA, ATENE E NIZZA. LA CARTA – RICORDA MERLO – VERRÀ PRODOTTA IN ITALIA E MANDATA DIRETTAMENTE ALL’INDIRIZZO DEL CONNAZIONALE” “Carta d’identità elettronica anche per gli italiani nel mondo: finalmente! Un’altra risposta concreta da parte del nostro governo alle richieste dei nostri italiani all’estero”. Lo dichiara in un post su Facebook il Sottosegretario agli Esteri, Sen. Ricardo Merlo, fondatore e presidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero. “La sperimentazione partirà a settembre in tre sedi consolari, Vienna, Atene e Nizza. La carta – ricorda Merlo – verrà prodotta in Italia e mandata direttamente all’indirizzo del connazionale. Il Consolato si farà tramite della raccolta dei dati e dell’istruzione della pratica. Avviata la sperimentazione, l’obiettivo sarà quello di lavorare per fornire la carta d’identità elettronica a tutta la rete europea entro il 2020”. “Quello della carta d’identità elettronica per gli italiani all’estero è un altro punto a favore di questo governo quando si parla di italiani nel mondo. Continuiamo a lavorare senza pause – assicura il Sottosegretario Merlo in conclusione – per migliorare la qualità di vita dei nostri connazionali, dalle Americhe all’Australia passando per l’Europa, ovunque ci sia un italiano nel mondo“.

 

09PARLAMENTARI PD ESTERO: IL SENATO APPROVA IN SECONDA LETTURA LA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI E SPINGE LA CIRCOSCRIZIONE ESTERO VERSO UNA PERICOLOSA DERIVA. La maggioranza 5Stelle-Lega-MAIE ha compiuto dunque al Senato il passo decisivo che, se confermato alla Camera, renderà definitiva la decisione di ridurre il numero dei parlamentari, con il conseguente taglio di un terzo del numero degli eletti nella circoscrizione Estero (da 18 a 12). Prima di rammaricarci per le pesanti conseguenze che ne verranno per la rappresentanza degli italiani all’estero, ci doliamo per la democrazia italiana. Questa riduzione del numero dei parlamentari, fatta al di fuori di qualsiasi riorganizzazione delle funzioni delle Camere produrrà solo la scomparsa delle forze e delle realtà territoriali minori, intaccando l’idea di ampia rappresentatività perseguita dai Padri costituenti e distorcendo la nostra democrazia rappresentativa. E’ facile immaginare un Parlamento ristretto, composto in maggioranza di soldatini pronti al “signorsì” rispetto alla maggioranza di turno. Un’offa propagandistica lanciata alla parte più famelica dell’opinione pubblica, costantemente sollecitata dalle stesse forze di governo a dissacrare le istituzioni e a mattare gli eletti. Per gli italiani all’estero si aggrava profondamente lo squilibrio di rappresentatività già implicito nella definizione di un rapporto elettori-eletti molto più alto per l’estero di quanto non sia in Italia. Alla prova dei fatti, si conferma la totale insensibilità di questa maggioranza per gli italiani all’estero o, sarebbe meglio dire, l’intento punitivo rispetto a cittadini che finora non si sono mai prestati ai giochi di prestigio della propaganda populistica. D’altro canto, che ci si poteva aspettare da forze, come la Lega, che fu tra le poche a votare contro la circoscrizione Estero quando fu istituita? La cosa che non di meno amareggia è l’abbandono della battaglia che fu di Tremaglia da parte di chi, come Fratelli d’Italia, si è sempre presentato come suo erede, il silenzio sempre più assordante del Sottosegretario Merlo, titolare delle deleghe per gli italiani all’estero, e il voto favorevole del rappresentante del MAIE su un passaggio decisivo come questo. Come si vede, la distanza tra le parole e i fatti è sempre molto grande e la serietà e la coerenza restano prove difficili. Una rappresentanza così ridotta sarà un freno serio per la partecipazione democratica delle nostre comunità, una remora che combinata con le misure contenute nel disegno di legge di maggioranza sulle modifiche del voto all’estero, destinate ad abbassare ulteriormente la partecipazione, rischia di porsi come un passo verso la soluzione finale della circoscrizione Estero. La stessa cosa si deduce dalla serie di provvedimenti punitivi verso le nostre comunità, adottati dalle forze di governo. Se sono queste le reali intenzioni, continueremo a contrastarle in ogni modo e con ogni mezzo. Non per difendere una rappresentanza corporativa ma per amore dell’Italia, da momento che essa ha tutto da guadagnare da un raccordo stretto e democraticamente strutturato con la sua diaspora nel mondo. I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

 

10SCHIRÒ (PD): CON IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI APERTA LA CACCIA AI DIRITTI DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO. “Con l’approvazione in seconda lettura al Senato del disegno di legge di modifica costituzionale con il quale si riduce il numero dei parlamentari, compresi gli eletti nella circoscrizione Estero, la maggioranza Lega-5Stelle-MAIE, con il sostegno di Fratelli d’Italia, ha aperto la caccia ai diritti primari degli italiani all’estero. Se a questo atto si combina la proposta di legge del Sen. Petrocelli che, prevedendo la preventiva prenotazione per votare all’estero, allontanerà dal voto centinaia di migliaia di persone, il disegno diventa chiaro. Nel mirino, presto o tardi, finirà la stessa circoscrizione Estero, con buona pace dell’effettività del diritto di voto degli italiani all’estero, voluta dalla Costituzione, e dell’autonomia della loro rappresentanza. Insomma, gli italiani all’estero sono buoni a inviare le rimesse in Italia nei momenti di maggiore difficoltà e a sostenere il made in Italy nelle fasi di stagnazione interna, mentre diventano invisibili o ingombranti quando si tratta di riconoscerne la parità di diritti con tutti gli altri cittadini. ‘È per risparmiare’, cantano i grilli. Allora, anziché sfasciare la democrazia rappresentativa, voluta dai Padri costituenti, perché non limitare le indennità? ‘Lavorano poco’, fanno eco i qualunquisti di ogni stagione. Basterebbe, allora, evitare di svuotare il lavoro parlamentare imponendo in continuazione decreti governativi per dare un’idea vera della quantità e della qualità del lavoro che si compie realmente in Parlamento. E poi, c’è un lavoro quotidiano e fittissimo che non affiora, ma che è reale e utile. Come quello di seguire i problemi pensionistici, le disfunzioni scolastiche, le carenze dei servizi consolari e via dicendo, con riferimento ai territori e alle situazioni specifiche. Già oggi è difficile star loro dietro; se non ci saranno più rappresentanti o un numero insufficiente chi raccoglierà questi bisogni, chi li porterà nei centri decisionali, chi li trasformerà in lavoro parlamentare e in sollecitazioni al governo e alla macchina amministrativa? Si decide di tagliare e svuotare la rappresentanza proprio mentre l’emigrazione è ripresa e aumenta in modo esponenziale il numero degli italiani all’estero, proprio mentre le esigenze si moltiplicano e si differenziano. Con la chiamata all’ordine che i partiti di maggioranza hanno fatto verso i loro disciplinati soldatini è probabile che il provvedimento passi anche alla Camera e diventi definitivo. L’ultimo appello potrebbe essere il referendum confermativo, se richiesto nelle forme prescritte, che si dovrebbe tenere nella primavera del prossimo anno. Anche se il confronto si svolgerà, come è facile prevedere, in un mare di demagogia, noi continueremo a dire ai cittadini all’estero la verità, tutta la verità e solo la verità perché i diritti primari degli italiani all’estero – cittadini di pieno diritto, non mi stancherò mai di ripeterlo -, non si possono barattare con quattro voti. Questo, almeno, è il senso del nostro modo di fare politica”. On. Angela Schirò – Camera dei Deputati – Piazza Campo Marzio, 42 -00186 ROMA

 

11«UNA MAGGIORANZA BLINDATA, MENO PARLAMENTARI E PIÙ OBBEDIENTI. PREPARIAMOCI AL REFERENDUM» VERSO LA RACCOLTA DI FIRME. DURO IL GIUDIZIO DEL COORDINAMENTO PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE: COME NEL 2016, C’È UNA NUOVA BATTAGLIA DA CONDURRE PER IN DIFESA DELLA CARTA. Con il combinato fra taglio dei parlamentari e Rosatellum la Lega «potrebbe avere una maggioranza parlamentare pressoché blindata, paragonabile a quella di Berlusconi del 2008, con alleati del tutto subalterni». È duro il giudizio del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale sulla legge costituzionale approvata ieri in seconda lettura al senato. La soglia della Camera salirà al 5%, al Senato al doppio. «Pochi partiti si spartiranno la rappresentanza parlamentare, quindi il vero obiettivo della modifica della Costituzione è avere meno parlamentari, più obbedienti». Per questo il Cdc, già impegnato contro l’autonomia differenziata, chiama i cittadini al referendum costituzionale. «Nel 2016 abbiamo contrastato la deformazione costituzionale voluta dal governo Renzi», «Oggi c’è una nuova battaglia da condurre per la Costituzione, contro la distruzione dell’unità nazionale a cui può portare questa iniziativa della Lega se avrà la complicità dell’attuale maggioranza parlamentare. Sono diversi i protagonisti ma simile è il tentativo di stravolgere e forzare la Costituzione». Materiali scaricabili su www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it

 

12LE MOLTE VITE DELL’«UOMO NUOVO». TRA PASSATO E PRESENTE. UNA RIFLESSIONE A PARTIRE DA «TRACES OF MODERNISM. ART AND POLITICS FROM THE FIRST WORLD WAR TO TOTALITARIANISM» L’operazione proposta da Traces of Modernism. Art and Politics from the First World War to Totalitarianism (Campus Verlag, 2019), curato da Monica Cioli, Maurizio Ricciardi e Pierangelo Schiera, è spiazzante. La categoria di «modernismo» transita fra arte e politica per indicare una crisi interna alla modernità: è la frattura dell’individuo liberale, intensificata nella prima metà del ’900 da un rapido processo di modernizzazione, dalla politica di massa e dalle aspettative riversate nella scienza e nella tecnica dalla fine del XIX secolo. QUESTO PROCESSO impone di pensare l’«Uomo nuovo» nella cornice della degenerazione dello Stato e di una sempre più intensa socialità che deve essere «organizzata». Cercare le «tracce» del modernismo significa identificare i segni di nuovi modi di agire illuminati dalla prospettiva transnazionale nella quale si rispecchiano Europa, Stati Uniti e Russia. Mentre l’arte è trattata come un «fattore costituzionale», di legittimazione politica, la ricerca storica assume i tratti di un’«avanguardia» che osserva il passato dal presente con un intento prognostico (Schiera). Secondo un’interpretazione diffusa, il modernismo nell’arte si afferma con il movimento dei Fauves e poi con il Cubismo dove, con la forza espressiva del colore, dalla superficie piana del quadro emergono diverse temporalità. Si possono però individuare tracce moderniste già nei ritratti di Rembrandt e nella Zattera della Medusa di Géricault (Meyer-Fraatz). SCANDAGLIANDO le zone oscure dell’animo umano, ritratti e autoritratti di Rembrandt pongono l’accento su un’individualità che si mette in movimento, in tensione con l’interiorità. La Zattera della Medusa è anche un’allegoria politica di una società borghese in transizione, poco importa se declinata poi in termini capitalistici o del «socialismo reale». Il confronto con questa alternativa, tuttavia, diventa cruciale nelle scienze sociali del primo ’900 (Ferrari) di fronte alla necessità di rispondere all’incertezza suscitata dalla crisi capitalistica, dalle lotte operaie e dai dilemmi della democrazia. Il «desiderio di pianificazione» politica e sociale trova nella Russia sovietica una possibile risposta all’ambizione modernista di realizzare un ordine senza comando e una disciplina del cambiamento capace di produrre individui adeguati a una nuova civilizzazione. ANCHE IL MODERNISMO artistico, come quello politico, è il tentativo di rispondere a una crisi e a molteplici aspettative. Prendendo spunto da Benjamin, si può dire che la cifra del modernismo delle avanguardie artistiche dei primi anni del ’900 sia l’oscillazione tra una politicizzazione dell’arte e l’estetizzazione individuale della vita, un’oscillazione che innesca ambivalenze e contraddizioni: le «molte vite» dell’Uomo Nuovo tra l’immediata attualizzazione pensata dai futuristi italiani e il progetto politico e artistico dei costruttivisti russi (Benzi, Michaud); la ricerca di un impossibile equilibrio tra nazionalismo e internazionalismo dell’arte, da parte di critici e mercanti d’arte, alla vigilia della Prima guerra mondiale (Goetzman). Due temi, però, emergono con forza rispetto a tutto il resto: la città e la macchina. La città modernista si colloca tra la Parigi dei grandi boulevards del barone Haussmann e le anticipazioni del Movimento Moderno, quasi un ribaltamento di una certa cronologia dei sistemi urbani. ALLA CRISI DELLA MODERNITÀ urbana non segue un modernismo urbano che seleziona valori, esperienze, aspettative per rendere più sostenibile il rapporto con un modo di produzione. Il modernismo urbano riconfigura i processi di riproduzione dello spazio aprendo nuove vie individuali e, in parte, collettive nel vivere e nell’abitare. Impressionisti come Monet e Pissarro avevano già dato un’immagine della città moderna, ma è con La Città che sale di Boccioni e gli studi sulle automobili in corsa di Balla che si va oltre la semplice rappresentazione per indicare la simultaneità di una velocità che contrae gli spazi, in stretta associazione con una trasformazione dagli esiti imprevedibili. Non c’è una sequenza evolutiva tra modernità, modernismo e modernizzazione. Le crisi, le opposizioni, le fratture, le sovrapposizioni sono parte integrante dei percorsi artistici delle avanguardie storiche agli inizi del ’900. La macchina come tecnologia, organizzazione sociale e immaginario, come misura di tutte le cose. È il Futurismo italiano inizialmente il più esposto su questo versante, ma è il Bauhaus di Gropius, dopo una prima fase caratterizzata da scontri e assestamenti interni, a teorizzare e praticare l’unità tra arte e industria. QUESTE TEORIE e pratiche dello spazio e del movimento procedono parallele al tentativo, da parte delle scienze politiche e sociali, di ripensare le coordinate della società in cui l’individuo è incorporato, di ristabilire un principio di autorità capace di rispondere alla crisi dei legami tradizionali innescata dai processi di individualizzazione propri del liberalismo, dalla rivoluzione proletaria, dal «risveglio delle donne». Nel periodo tra le due guerre, neoliberalismo, fordismo e pianificazione sono tentativi concorrenti di rispondere a quella crisi (Ricciardi), espressioni di un «tardo-modernismo autoritario» orientato a imporre una disciplina delle libertà corrispondente a un determinato progetto di ordine sociale. Il fordismo, come il taylorismo, entra a pieno titolo nella produzione artistica reinterpretando e razionalizzando spunti, stimoli, provocazioni delle avanguardie precedenti. Si enfatizzano uno «spirito moderno», un «sistema tecnico-scientifico», usciti rafforzati dai modelli organizzativi e dalle tecnologie militari utilizzati nella Prima guerra mondiale. Fino a giungere, con la rivista francese L’Esprit Nouveaudi Le Corbusier e Ozenfant, a una tecnologia artistica applicata alla società, e con Theo van Doesburg a ricercare una dimensione spirituale della macchina (Cioli). Il modernismo si fa modernizzazione capitalistica attraverso gli strumenti e le categorie della modernità. Ma gli esiti sono sempre provvisori, soggetti a essere ridiscussi. C’È UN EPISODIO che vale la pena citare per il suo valore esplicativo. Nel giugno del 1927 Kazimir Malevic, già in disgrazia agli occhi di una nomenklatura staliniana in via di consolidamento, si reca a Dessau per incontrare Walter Gropius (Schloßberger-Oberhammer). L’intento è di verificare se il Bauhaus sia uno spazio in cui l’arte non sia schiacciata sulla propaganda di regime. La situazione è difficile su entrambi i fronti. Malevic è considerato un artista borghese e verrà arrestato con l’accusa di essere una spia tedesca. Gropius e il Bauhaus sono al centro di una campagna diffamatoria che paradossalmente li taccia di bolscevismo. L’incontro fallisce per incomprensioni di fondo. Malevic non ha abbandonato l’idea di un’arte autonoma e indipendente dai regimi politici, Gropius pensa ancora all’arte e all’architettura come elementi propulsivi di una riforma sociale. Due aspetti del modernismo che si confrontano e scontrano – rimandando alla domanda gramsciana in merito alla «capacità egemonica» della modernizzazione sovietica (Pons) – ma che saranno segnati dallo stesso destino: la Repubblica di Weimar e il regime stalinista hanno intrapreso una modernizzazione violenta e non hanno lasciato spazio alle sperimentazioni artistiche, né alle innovazioni politiche. (Campus Verlag, a cura di Monica Cioli, Maurizio Ricciardi e Pierangelo Schiera Felice Mometti e Paola Rudan)

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