INIZIATIVA POPOLARE PER LA MODIFICA DELLA LEGGE ELETTORALE, SULLA SCUOLA E PER LA CANCELLAZIONE DEL PAREGGIO DI BILANCIO IN COSTITUZIONE.

IL COOORDINAMENTO PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE LANCIA LA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER LA MODIFICA DELLA LEGGE ELETTORALE, DELLA LEGGE SULLA SCUOLA E PER LA CANCELLAZIONE DEL PAREGGIO DI BILANCIO IN COSTITUZIONE.

Di seguito la lettera di Alfiero Grandi ai Comitati Territoriali del CDC per il lancio della campagna.

Ai Comitati territoriali

Trasmettiamo il testo della proposta di legge che punta a modificare la legge elettorale in vigore (Rosatellum) approvata con ben 8 voti di fiducia tra Camera e Senato. La legge elettorale in vigore è il contrario di quanto avevamo chiesto con la nostra petizione che aveva raccolto 230.000 firme che aveva la parola d’ordine: “Fateci scegliere i nostri parlamentari”. La nostra proposta di legge di iniziativa popolare è accompagnata da una chiara e sintetica nota esplicativa.

Questa è la terza proposta di legge di iniziativa popolare su cui avvieremo la raccolta delle firme a partire dalla settimana successiva all’assemblea nazionale di lancio convocata per il 4 febbraio a Roma (Sala Fredda della Cgil Lazio in via Buonarroti 12, con inizio alle ore 10).

Le altre 2 proposte di legge di iniziativa popolare, come ricorderete, sono quella sulla scuola, presentata dall’interno di quel mondo e da noi sostenuta, e l’altra per togliere il pareggio di bilancio dall’articolo 81 della Costituzione, ritornando così a garantire pienamente i diritti fondamentali delle persone.

Nei prossimi giorni prepareremo il Pdf con i moduli per raccogliere le firme, che andranno vidimati a partire dall’8 febbraio. Questi moduli si affiancheranno agli altri.

Le firme debbono raggiungere almeno il numero di 50.000 (con un 10% in più per essere certi di avere il numero valido) per ciascuna proposta di legge di iniziativa popolare.

La raccolta delle firme dovrà dare anche spazio alla raccolta delle firme a sostegno dell’appello dell’Anpi contro i fenomeni di risorgente neofascismo, che siamo pienamente impegnati a sostenere, in coerenza con il nostro fondamento che è la Costituzione.

La raccolta delle firme inizierà durante la campagna elettorale con l’obiettivo di porre all’attenzione dei singoli candidati e dei partiti le nostre proposte, la cui presentazione al Senato della Repubblica potrà avvenire prevedibilmente a fine giugno quando avremo raggiunto il numero necessario di sottoscrizioni.

E’ una novità rilevante che il Senato, sulla base del nuovo regolamento approvato prima dello scioglimento delle camere, debba esaminare con una corsia preferenziale entro tre mesi le proposte di legge di iniziativa popolare. Questo può consentire di condurre la campagna a sostegno delle nostre proposte con una concretezza di obiettivi che in passato era più difficile.

La raccolta delle firme si deve accompagnare alla convocazione di iniziative di varia natura, per informare, discutere, confrontare le nostre proposte con le posizioni di altri.

Ringrazio in particolare Massimo Villone che con un lavoro serrato e sulla base dei vari contributi ci ha consentito di arrivare a definire il testo della proposta di legge per modificare la legge elettorale in tempo utile per fare partire la raccolta delle firme delle tre proposte di legge insieme.

Per quanto riguarda le modalità di raccolta rinvio alla nota inviata da Mauro Beschi.

Alfiero Grandi

31/1/2018

 

 

SCARICA I MODULI PER LE FIRME E IL VADEMECUM

VADEMECUM

LEGGE ELETTORALE

LEGGE SCUOLA

ABOLIZIONE ARTICOLO 81 della Costituzione

 

 


 

Perché una legge elettorale di iniziativa popolare

Il Parlamento che uscirà dal voto del 4 marzo rifletterà gli equilibri politici determinati dalla legge elettorale vigente (Rosatellum – l. 165/2017). Per questo, il percorso verso una legge migliore nell’interesse del paese non sarà agevole. L’iniziativa popolare può efficacemente contribuire a sollecitare il confronto nella sede parlamentare, anche in vista di recenti modifiche portate al regolamento del Senato.

Perché un sistema elettorale proporzionale

In presenza di tre o più poli, come accade oggi in Italia, solo un sistema elettorale di impianto proporzionale offre soluzioni istituzionalmente solide e non lesive della rappresentatività delle assemblee. Le leggi elettorali note come Porcellum e Italicum erano invece tese a garantire la cd governabilità dando nei seggi parlamentari un premio di maggioranza alla forza politica vincente, con una distorsione potenzialmente fortissima della rappresentatività (cfr. Corte cost. 1/2014, 35/2017). Lo stesso perverso effetto si verifica con la legge vigente per la quota del 36% di collegi uninominali maggioritari. Per questa ragione la proposta trasforma il collegio uninominale da maggioritario in proporzionale. In tal modo si rivitalizza il parlamento come espressione del paese reale e sede delle condizioni di una effettiva governabilità.

Perché un voto disgiunto e l’introduzione della preferenza

Per la legge vigente, che impone un voto unico congiunto per un collegio uninominale e un collegio plurinominale proporzionale, le elettrici e gli elettori si troveranno a votare in blocco da tre a cinque candidati, tutti indicati dalle segreterie di partito. È palese la violazione del principio costituzionale della libertà di voto. La proposta invece disgiunge il voto tra il collegio uninominale e quello plurinominale, in cui si introduce altresì il voto di preferenza. Si consente in tal modo di votare individualmente tutti i propri rappresentanti, e di creare così anche le condizioni per una migliore qualità del ceto politico.

Perché le garanzie giurisdizionali

L’esperienza ampiamente dimostra che i diritti degli iscritti e la trasparenza e correttezza dei processi decisionali non sono più adeguatamente presidiati da organi e procedure interni ai partiti e gruppi politici, vecchi e nuovi. Si moltiplicano altresì i ricorsi nella sede giurisdizionale, spesso in condizioni di incertezza e confusione. È dunque opportuno introdurre principi normativi che abbiano la funzione di tutelare gli iscritti e insieme di orientare i giudici.

 


 

 

 “Modifiche alla legge elettorale (165/2017) per consentire agli elettori di scegliere direttamente i deputati e i senatori da eleggere in proporzione ai voti ottenuti; previsione del voto disgiunto e doppia preferenza donna e uomo; garanzie di correttezza, trasparenza, democraticità nella selezione delle candidature in attuazione dell’art 49 della Costituzione”.

 

 

Titolo I

Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati

 

Art. 1

Assegnazione dei seggi con metodo proporzionale

  1. Il comma 4 dell’articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, di seguito denominato «decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957», è sostituito dal seguente:

“4. Salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero , i seggi sono ripartiti con metodo proporzionale, ai sensi degli articoli 77, 83 e 83-bis”.

 

Art. 2

Abrogazione della figura di “capo della forza politica”

  1. Nel comma 3 dell’articolo 14-bis del decreto del Presidente della Re- pubblica n. 361 del 1957 sono soppresse le seguenti parole:

“nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 92, secondo comma, della Costituzione”.

 

Art. 3

Lunghezza delle liste e divieto di candidature multiple

  1. Nel comma 3 dell’articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole: “né superiore a quattro” sono sostituite dalle parole:

“fino a concorrenza del numero di seggi attribuiti al collegio plurinominale”.

  1. Il comma 4 dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Re- pubblica n. 361 del 1957 è sostituito dal seguente:

“4. Nessuno può essere candidato in più di un collegio plurinominale, a pena di nullità”.

 

Art. 4

Abrogazione delle liste “civetta”

Nell’articolo 83, comma 1, lett. c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono soppresse le parole

“non concorrono alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione i voti espressi a favore delle liste collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale un numero di voti validi inferiore all’1 per cento del totale, fatto salvo, per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, quanto previsto alla lettera e)”.

 

Art. 5

Voto disgiunto, preferenze, rappresentanza di sesso

  1. Nell’articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 il secondo comma è sostituito dal seguente:

«2. L’elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando con la matita sulla scheda un segno, comunque apposto, secondo una delle seguenti modalità:

  1. a) solo sul nominativo del candidato nel collegio uninominale In tal caso, il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e a favore della lista cui il candidato è collegato.
  2. b) solo sul nominativo di un candidato nel collegio plurinominale. In tal caso, il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e a favore della lista cui il candidato è collegato.
  3. c) sul nominativo del candidato nel collegio uninominale e sul nominativo di un candidato nel collegio plurinominale collegati a una medesima lista o coalizione. In tale caso i voti sono validi ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e del candidato nel collegio plurinominale, e a favore della lista o coalizione cui i candidati sono collegati.
  4. d) sul nominativo del candidato nel collegio uninominale e sul nominativo di un candidato nel collegio plurinominale collegati a liste o coalizioni diverse. In tale caso i voti sono validi ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e del candidato nel collegio plurinominale, e a favore della lista o coalizione cui ciascuno dei candidati è collegato.
  5. e) nella lista di candidati di collegio plurinominale di cui alle precedenti lettere b), c), d), può essere tracciato un secondo segno sul nome di un altro candidato di sesso diverso rispetto al primo. Nel caso siano votati due candidati del medesimo sesso, il voto è valido ai fini dell’elezione del solo candidato che precede nell’ordine di presentazione della lista.
  6. All’articolo 59-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 i commi da 1 a 3 sono sostituiti dai seguenti:

“1. Il voto può essere espresso anche tracciando un segno, comunque apposto, sul solo contrassegno della lista o coalizione cui il candidato di collegio uninominale è collegato. In tal caso il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato e a favore della lista o coalizione cui il candidato è collegato.

  1. Il voto può essere espresso anche tracciando un segno, comunque apposto, sul solo contrassegno della lista o coalizione presentata nel collegio plurinominale. In tal caso il voto è valido a favore della lista o coalizione.
  2. Nel caso di più liste collegate in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio plurinominale».

 

Art. 6

Assegnazione dei collegi uninominali con metodo proporzionale

  1. Nell’articolo 77, comma 1, lett. b, del decreto del Presidente della Re- pubblica n. 361 del 1957 sono soppresse le parole:

“proclama eletto in ciascun collegio uninominale il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi; in caso di parità, è eletto il candidato più giovane di età;”.

  1. 1. Nell’articolo 77, comma 1, del decreto del Presidente della Re- pubblica n. 361 del 1957, dopo la lettera c) sono inserite le seguenti:

“c-bis)       determina il numero di seggi di collegio uninominale da assegnare a ciascuna lista. A tal fine divide la cifra elettorale di collegio uninominale di ciascuna lista per 1, 3, 5, 7 e divisori dispari successivi e assegna i seggi alle liste che ottengono i maggiori quozienti, fino a concorrenza del numero di seggi uninominali attribuiti alla circoscrizione.

c-ter) proclama eletti per ciascuna lista i candidati nei collegi uninominali che hanno conseguito nel proprio collegio la più alta percentuale di voti sul totale dei voti validamente espressi nel collegio, fino a concorrenza del numero di seggi uninominali attribuiti alla lista; in caso di parità, è eletto il candidato più giovane di età”.

  1. Nell’articolo 77, comma 1, lett. h), del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sono soppresse le parole: “non proclamati eletti”.
  2. Nell’articolo 83, comma 1, lett. f), del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole “proclamati eletti nei collegi uninominali ai sensi dell’articolo 77, comma 1, lettera b)”, sono sostituite dalle parole “proclamati eletti nei collegi uninominali ai sensi dell’articolo 77, comma 1, lettera c-ter)”

 

Art. 7

Abrogazione della lista bloccata nel collegio plurinominale

  1. Nell’articolo 84, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole “secondo l’ordine di presentazione” sono sostituite dalle parole “secondo l’ordine della cifra elettorale individuale”.
  2. Nell’articolo 86, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole “secondo l’ordine di presentazione” sono sostituite dalle parole “secondo l’ordine della cifra elettorale individuale”.
  3. Nell’articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 il comma 1 è soppresso.
  4. Nell’articolo 85, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 le parole “in uno o più collegi plurinominali” sono sostituite con le parole “in un collegio plurinominale”.

 

Titolo II

Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica

 

Art. 8

Assegnazione dei seggi con metodo proporzionale

  1. Nel comma 2 dell’articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, di seguito denominato «decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533», le parole “In tali collegi uninominali risulta eletto il candidato che ha riportato il maggior numero di voti validi” sono sostituite le parole “In tali collegi uninominali risulta eletto il candidato che ha riportato la maggiore cifra elettorale percentuale di collegio uninominale fino a concorrenza dei seggi assegnati alla lista o coalizione ai sensi dell’art. 16“.

 

Art. 9

Lunghezza delle liste nei collegi plurinominali

  1. Nell’articolo 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, nel comma 4 sono soppresse le parole “né superiore a quattro“.

 

Art.10

Voto disgiunto, preferenze, rappresentanza di sesso

  1. L’articolo 14 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è sostituito dal seguente:

«Art. 14

«1. L’elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando con la matita sulla scheda un segno, comunque apposto, secondo una delle seguenti modalità:

  1. a) solo sul nominativo del candidato nel collegio uninominale In tal caso, il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e a favore della lista cui il candidato è collegato.
  2. b) solo sul nominativo si un candidato nel collegio plurinominale. In tal caso, il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e a favore della lista cui il candidato è collegato.
  3. c) sul nominativo del candidato nel collegio uninominale e sul nominativo di un candidato nel collegio plurinominale collegati a una medesima lista o coalizione. In tale caso i voti sono validi ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e del candidato nel collegio plurinominale, e a favore della lista o coalizione cui i candidati sono collegati.
  4. d) sul nominativo del candidato nel collegio uninominale e sul nominativo di un candidato nel collegio plurinominale collegati a liste o coalizioni diverse. In tale caso i voti sono validi ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e del candidato nel collegio plurinominale, e a favore della lista o coalizione cui ciascuno dei candidati è collegato.
  5. e) nella lista di candidati di collegio plurinominale di cui alle precedenti lettere b), c), d), può essere tracciato un secondo segno sul nome di un altro candidato di sesso diverso rispetto al primo. Nel caso siano votati due candidati del medesimo sesso, il voto è valido ai fini dell’elezione del solo candidato che precede nell’ordine di presentazione della lista.
  6. Il voto può essere espresso anche tracciando un segno, comunque apposto, sul solo contrassegno della lista o coalizione cui il candidato di collegio uninominale è collegato. In tal caso il voto è valido ai fini dell’elezione del candidato e a favore della lista o coalizione cui il candidato è collegato.
  7. Il voto può essere espresso anche tracciando un segno, comunque apposto, sul solo contrassegno della lista o coalizione presentata nel collegio plurinominale. In tal caso il voto è valido a favore della lista o coalizione.
  8. Nel caso di più liste collegate in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio plurinominale».

 

Art. 11

Abrogazione delle liste civetta

  1. Nell’articolo 16-bis, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, sono soppresse le parole: ”Non concorrono alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione i voti espressi a favore delle liste collegate che abbiano conseguito sul piano na- zionale un numero di voti validi inferiore all’1 per cento del totale, tranne il caso in cui tali liste abbiano conse- guito almeno in una regione un numero di voti validi pari almeno al 20 per cento dei voti validi espressi nella re- gione medesima ovvero, per le liste collegate rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, i cui candidati siano stati proclamati eletti in almeno due collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell’articolo 16”.
  2. Nell’articolo 16-bis, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, sono soppresse le parole: ”individuate ai sensi dell’ultimo periodo della lettera c)”.

 

Art.12

Assegnazione dei collegi uninominali con metodo proporzionale

  1. Nell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

“b) determina la cifra elettorale percentuale di collegio uninominale di ciascun candidato. Tale cifra è data dal quoziente risultante dalla divisione della cifra elettorale di collegio uninominale di ciascun candidato per il totale dei voti validi del rispettivo collegio uninominale, moltiplicato per cento;”

  1. dopo la lettera c) sono inserite le lettere seguenti:

“c-bis) determina il numero di seggi di collegio uninominale da assegnare a ciascuna lista. A tal fine divide la cifra elettorale di collegio uninominale di ciascuna lista per 1, 3, 5, 7 e divisori dispari successivi e assegna i seggi alle liste che ottengono i maggiori quozienti, fino a concorrenza del numero di seggi uninominali attribuiti alla circoscrizione regionale.

c-ter) proclama eletti per ciascuna lista i candidati nei collegi uninominali che hanno conseguito nel proprio collegio la più alta cifra elettorale percentuale, fino a concorrenza del numero di seggi uninominali attribuiti alla lista nella circoscrizione regionale; in caso di parità, è eletto il candidato più giovane di età”.

 

Art. 13

Abrogazione delle liste bloccate nei collegi plurinominali

  1. Nell’articolo 17-bis, comma 1, le parole “secondo l’ordine di presentazione” sono sostituite dalle parole “secondo l’ordine della cifra elettorale individuale”.

 

Titolo III

Sul “metodo democratico” in attuazione dell’art. 49 della Costituzione

 

Art. 14

Definizione di metodo democratico

  1. Ai fini della presente legge, sono elementi costitutivi del metodo democratico che ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione il partito o gruppo politico deve osservare nello statuto e in ogni atto degli organi collegiali o monocratici per la selezione di candidature a cariche pubbliche:
  2. a) la partecipazione di ciascun iscritto alla determinazione della linea politica ed all’attuazione della medesima, e il diritto di ciascun iscritto ad una piena e completa informazione ai fini di una partecipazione consapevole;
  3. b) il diritto di parola, di proposta e di voto di ciascun iscritto negli organi collegiali di cui fa parte.
  4. c) la garanzia per ogni iscritto di un voto segreto, libero ed eguale. La garanzia comprende la previsione, e corrispondente disciplina, dei casi in cui è ammesso, o può essere richiesto, il voto segreto;
  5. d) garanzie di pluralismo interno, tra le quali il riconoscimento per gli iscritti della facoltà di dar vita a minoranze e la possibilità per queste ultime di presentare proposte, mozioni o ordini del giorno, con l’eventuale previsione di un numero minimo di presentatori;
  6. e) l’attribuzione alle minoranze formalmente costituite di quote delle risorse in qualsiasi modo destinate dal partito o gruppo politico alla competizione elettorale, in misura corrispondente alla consistenza delle minoranze medesime;
  7. f) la presenza delle minoranze formalmente costituite nelle candidature del partito o gruppo politico nelle competizioni elettorali;
  8. g) la incompatibilità tra la partecipazione ad organi esecutivi del partito o gruppo politico e la titolarità di cariche istituzionali e di funzioni amministrative;
  9. h) la previsione di un riequilibrio della rappresentanza di sesso in attuazione dell’articolo 51 della Costituzione;
  10. i) La trasparenza nel reperimento e selezione delle candidature per le cariche interne al partito e ai fini delle consultazioni elettorali, ottenuta in particolare mediante la condivisione con gli iscritti, anche tramite il sito internet del partito, dei criteri adottati per l’individuazione e la scelta delle candidature, e dei risultati cui tali criteri hanno condotto, in particolare in termini di apertura a nuove candidature e sotto il profilo delle pari opportunità tra donne e uomini;
  11. l) il numero limitato dei mandati nella medesima carica;
  12. m) la disciplina delle sanzioni secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità, assicurando in ogni caso un efficace contraddittorio. La manifestazione di voti o opinioni dissenzienti non può mai essere assunta a fondamento di sanzioni.

 

Art. 15

Tutela giurisdizionale degli iscritti

  1. E` diritto irrinunciabile dell’iscritto ricorrere al giudice per ottenere rimedio alla violazione della presente legge, dello statuto, di delibere degli organi collegiali del partito o gruppo politico, da cui derivino compressione, limitazione, violazione del metodo democratico come definito dal precedente art. 13.
  2. Il diritto alla tutela giurisdizionale non può essere vietato o limitato dallo statuto né l’esercizio può costituire in alcun modo elemento a carico dell’iscritto.
  3. Costituiscono danno grave e irreparabile ai fini del ricorso di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile la mancata convocazione alle riunioni di organi collegiali di cui l’iscritto faccia parte e ogni altro comportamento che ostacoli o impedisca l’effettiva partecipazione alle discussioni e votazioni.

 


 

 

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d’iniziativa popolare

 

 

Modifiche agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti l’equilibrio di bilancio (il principio del “pareggio di bilancio”), al fine di salvaguardare i diritti fondamentali della persona

RELAZIONE

La legge costituzionale n. 1 del 2012 ha introdotto nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio (“equilibrio tra le entrate e le spese”). Si tratta di una modifica costituzionale infausta, frutto del peggior revisionismo costituzionale. Negativi gli effetti prodotti, anzitutto sul nostro sistema economico, già fortemente danneggiato. Secondo i dati resi noti dall’Istat nel gennaio 2018 la disoccupazione in Italia è pari all’11% e quella giovanile al 32,7%. Tali cifre non ci dicono però tutto della realtà, poiché i criteri di rilevazione in uso permettono di conferire la qualifica di “occupato” – come sta scritto nel Glossario accluso alla Rilevazione sulle Forze di Lavoro dell’Istat – a tutti coloro che nella settimana di riferimento “hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”, ovvero anche se non sia stata retribuita. Se consideriamo il periodo 2007-2016 constatiamo una diminuzione della produzione industriale del 22% (secondo i dati forniti dall’Unctad, la Conferenza dell’Onu su commercio e sviluppo). Significativo è l’andamento del debito pubblico nel nostro paese, specialmente se ne consideriamo l’evoluzione in un arco di tempo più ampio. Negli ultimi ventuno anni in Italia il rapporto fra debito pubblico e Pil è cresciuto di 15,7 punti, da 116,9 a fine 1995 a 132,6° fine 2016. E’ il risultato di una diminuzione di 17,1 punti nel periodo precedente alla Grande recessione, quindi dal 1996 al 2007, e di un aumento di 32,8 punti negli anni successivi. (fonte: Ufficio parlamentare di bilancio)

Contemporaneamente in Italia sono cresciute le diseguaglianze. Il Rapporto dell’Oxfam, presentato al World Economic Forum di Davos nel gennaio 2018, evidenzia che l’Italia si colloca al ventesimo posto per diseguaglianza dei redditi nella classifica mondiale. Se si fa il confronto tra i paesi della Unione europea, relativamente al 2016, si vede che il nostro paese è agli ultimi posti nella riduzione delle diseguaglianze (rielaborazione Oxfam su dati Eu-Silc, Eurostat), avendo fatto peggio della media dei paesi Ue e della stessa Grecia contro cui si è particolarmente accanita la politica di austerità imposta da Bruxelles. La povertà in Italia non solo cresce, ma aggredisce anche chi il lavoro ce l’ha, a causa delle troppo basse retribuzioni e la crescente precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Dinnanzi a questa rotta dell’economia, che pure ha evidenti ed importanti ragioni sovranazionali, la modifica del testo della nostra costituzione volta ad assicurare un astratto equilibrio e a limitare in concreto il ricorso all’indebitamento è apparsa una soluzione di natura puramente ideologica, facendo apparire le particolari politiche di stampo neoliberista e di rigore come le uniche costituzionalmente compatibili. Ma, ciò che più appare grave è che i vincoli costituzionalmente imposti all’azione di pubblici poteri e i limiti alle finanze pubbliche non hanno tenuto in nessun debito conto la necessità di assicurare i diritti fondamentali delle persone. Sono questi valori costituzionalmente incomprimibili, declinati nel testo della nostra costituzioni come diritti “inviolabili”, che la Repubblica deve in ogni caso riconoscere e garantire (ex articolo 2 della nostra Costituzione).

D’altronde, neppure vincoli europei possono legittimare la scelta compiuta nel 2012 dal revisore costituzionale italiano. Vero è, infatti, che in sede europea si sono prodotti una serie di documenti (Trattati, regolamenti, raccomandazioni, lettere) tutti indirizzati a perseguire la politica del “rigore” che si è dimostrata fallimentare. Molte sono state inoltre le sollecitazioni rivolte ai singoli Stati affinché adottino normative restrittive delle spese e limitative dei diritti (di quelli sociali in specie). Alcuni vincoli sono stati introdotti direttamente nella normativa europea o in quella collaterale (Patto Euro plus e Six Pack entrambi del 2011, Fiscal compact – “Trattato di stabilità – del 2012, Two Pack del 2013), però nessuno di questi atti ha “imposto” una modifica costituzionale ai Paesi soggetti alla normativa europea.

Lo stesso Fiscal compact – al quale, in base alla retorica dominante, si imputa la scelta di modificare la Costituzione introducendo il principio di pareggio – ha obbligato sì a introdurre principi di equilibrio dei conti “tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente”, ma con una semplice indicazione di “preferenza” per il livello costituzionale (art. 3, comma 2 del Fiscal compact). La scelta dunque di “costituzionalizzare” il principio del pareggio di bilancio ricade pienamente nella responsabilità politica del Parlamento italiano. Ciò comporta il gravissimo effetto di rendere immodificabili le politiche del rigore anche nell’ipotesi – auspicabile e da perseguire politicamente – di un ravvedimento a livello europeo.

D’altra parte, la riforma costituzionale del 2012 rischia di rendere più complesso il dialogo con l’Europa, irrigidendo i margini di flessibilità, nel momento in cui la discussione sulle modalità di recepimento delle normative europee di rigore dovrà trovare una sua più stabile definizione. Il 6 dicembre 2017 la Commissione europea ha definito una road map per realizzare “ulteriori tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa” (COM 2017; 821 final). Tra le misure individuate si prevede di fare approvare una direttiva (COM 2017; 824 final) sul fiscal compact, che quindi non verrebbe introdotto direttamente nei Trattati, come pure si era ipotizzato, ma nella legislazione che compone il diritto comunitario, lasciando margini di recepimento ai singoli Paesi membri. Il che dovrebbe avvenire, secondo la Commissione, entro la metà del 2019.

 

Sarebbe necessario che il Governo sostenesse in sede europea la radicale modifica della normativa sulla convergenza dei bilanci, una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da una europeizzazione parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60 per cento del PIL, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani; chiedere nell’immediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali e per l’avvio della riduzione dello stock del debito o per l’esclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del patto di stabilità. Sarebbe auspicabile, inoltre, un’ampia mobilitazione politica e una seria riflessione culturale in grado di proporre politiche sociali di tutela dei diritti fondamentali. Recuperando una progettualità che ponga i diritti al centro della costruzione del sistema politico e istituzionale in ambito sia europeo sia nazionale.

Il primo indispensabile passo in questa direzione deve compierlo il Parlamento, attraverso l’eliminazione del principio del pareggio di bilancio dalla Carta costituzionale. Non avrebbe, infatti, alcun senso cambiare le regole a livello europeo e poi rimanere vincolati da quanto stabilito dalla Costituzione italiana. Ma vi è di più.

Quel che con la presente proposta di legge si vuole conseguire è la riaffermazione di un corretto equilibrio tra principi costituzionali. L’intero costituzionalismo moderno ha, infatti, preteso una tutela privilegiata dei diritti fondamentali delle persone. Questi diritti – nella nostra costituzione dichiarati “inviolabili” (art. 2) – sono collegati allo sviluppo della personalità e richiedono, in ogni caso, l’adempimento di doveri di solidarietà politica, sociale e – significativamente specifica la nostra costituzione sempre all’articolo 2 – economica. Una pretesa di tutela, dunque, che non può essere abbandonata in nessuna contingenza economica, neppure nelle fasi avverse del ciclo. Il rispetto dei diritti fondamentali delle persone (locuzione preferita a quella di diritti inviolabili nella giurisprudenza internazionalistica e nella normativa europea) deve essere perseguito sempre, anche nei casi in cui si pongano in essere le più rigorose manovre di contenimento dei disavanzi pubblici.

D’altronde la proposta di legge costituzionale opererebbe nel pieno rispetto dei (reali) vincoli contratti dall’Italia a livello europeo: si ritiene, infatti, che il principio costituzionale della necessaria salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone sia assicurato nel rispetto dei vincoli di bilancio fissati nella legge generale sulla contabilità e la finanza pubblica. Una normativa nazionale “di natura permanente”, così come richiesto dal Trattato di stabilità.

La seguente proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare si propone, dunque, di cancellare il principio del pareggio di bilancio e di vincolare comunque le politiche di bilancio dello Stato alla salvaguardia dei “diritti fondamentali delle persone” come stabilito dal nostro ordinamento costituzionale. In particolare si propone di eliminare le parti dell’articolo 81 che impongono regole di equilibrio puramente economico-finanziario senza alcuna garanzia per i diritti, e l’aggiunta di un comma al medesimo articolo che affermi invece la garanzia di tutela dei diritti che deve essere assicurato in sede di definizione della legge generale sulla contabilità e la finanza pubblica.

Il principio costituzionale di salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone deve evidentemente impegnare l’intero Stato apparato ed essere garantito sull’intero territorio nazionale, ponendosi altresì come “controlimite” rispetto alla normativa europea. Deve dunque coinvolgere – oltre lo Stato centrale – tanto l’insieme delle pubbliche amministrazioni, quanto ogni altro livello di governo.

Per questo diventa necessario modificare l’articolo 97 abrogando il primo comma che – nella formulazione introdotta nel 2012 – impone di assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, senza tenere in alcun conto la primaria esigenza di tutela dei diritti fondamentali. L’abrogazione di tale comma non si porrebbe in contrasto con i vincoli europei, ma si limiterebbe ad impedire – in coerenza con il nuovo ultimo comma dell’articolo 81 – che questi si possano spingere sino a compromettere le garanzie dei diritti ritenuti fondamentali da parte delle pubbliche amministrazioni.

Al contempo diventa necessario modificare il primo comma dell’articolo 117, con riferimento ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, specificando che questi devono operare, ma pur sempre “assicurando la tutela dei diritti fondamentali delle persone”.

Anche per quanto riguarda le autonomie territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni) si propone una modifica all’articolo 119 affinché ad esse siano attribuite risorse pubbliche adeguate a garantire i diritti fondamentali delle persone. Ciò non comporta l’attribuzione di una piena autonomia contabile e finanziaria delle regioni o degli altri enti territoriali – avendo conservato la competenza esclusiva alla legislazione dello Stato in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici”, opportunamente stabilita nel 2012 – ma solo l’imporsi di un vincolo di destinazione di risorse pubbliche finalizzate alla salvaguardia dei diritti fondamentali, che dovrà operare su tutto in territorio dello Stato.

Oltre all’aggiunta del primo comma, è stata anche modificata la “sistematica” dell’articolo 119: secondo la proposta formulata i primi tre commi devono riguardare la finanza pubblica degli enti territoriali (e gli obblighi statali nei confronti delle autonomie), i restanti tre commi l’autonomia finanziaria degli enti territoriali. Pertanto, gli attuali terzo e quarto comma, sono diventati, rispettivamente, il secondo e il terzo comma dell’articolo proposto. È stato inoltre abrogato l’attuale 4° comma, che viene assorbito nella previsione del nuovo primo comma. Si segnala, inoltre, che le risorse “aggiuntive” del secondo comma (nella versione proposta) non riguardano le risorse a tutela dei diritti fondamentali, garantite invece in via ordinaria e per tutte le autonomie territoriali dal (nuovo) primo comma.

Si richiede infine l’abrogazione dell’art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 che attualmente specifica i criteri che devono essere contenuti dalla legge di attuazione del principio di pareggio di bilancio.

 

 

Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare

Modifiche agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti l’equilibrio di bilancio (il principio del “pareggio di bilancio”), al fine di salvaguardare i diritti fondamentali della persona

 

L’articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente:

“art. 81 – Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

La legge generale sulla contabilità e sulla finanza pubblica definisce i vincoli di bilancio nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone.”

 

Art. 2

All’articolo 97 della Costituzione, il primo comma è abrogato.

 

Art. 3

All’articolo 117, primo comma, della Costituzione sono aggiunte, in fine, le parole: “assicurando la tutela dei diritti fondamentali delle persone”.

 

Art. 4

L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

“art. 119 – Ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni sono attribuiti con legge dello Stato risorse pubbliche adeguate a garantire i diritti fondamentali delle persone.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.

Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.”

 

Art. 5

L’articolo 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è abrogato.


SCARICA I MODULI PER LE FIRME E IL VADEMECUM

VADEMECUM

LEGGE ELETTORALE

LEGGE SCUOLA

ABOLIZIONE ARTICOLO 81 della Costituzione


 

P.S. comunicazione dopo l’assemblea del 4 febbraio u.s.

 

Domenica 4 febbraio scorso si è tenuta la Assemblea dei Comitati cui hanno partecipato rappresentanze della LIP scuola.

L’audio-video della Assemblea è disponibile al link:

https://www.radioradicale.it/scheda/532568/assemblea-nazionale-dei-comitati-per-lanciare-la-campagna-di-raccolta-firme-su-3-leggi

Si è deciso di lanciare la Campagna unitaria per TRE LEGGI PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE.

In allegato trovate i PDF dei Moduli che possono essere scaricati, stampati (in formato A3) e successivamente vidimati, a partire dall’8 febbraio prossimo, presso la Corte d’Appello (in tal caso i moduli sono validi per la relativa Circoscrizione, in genere la Regione), presso il Tribunale (con moduli che hanno validità in generale per la Provincia) e presso il Comune (validità dei moduli solo nell’area Comunale).

Tutte le procedure da seguire sono più compiutamente esplicitate nel Vademecum anch’esso allegato.

A partire dall’8 febbraio decorrono i sei mesi di tempo utili per la raccolta di almeno 50.000 firme (55.000 per sicurezza).

E’ certamente un obbiettivo impegnativo ma assolutamente alla nostra portata se sapremo ricostruire un lavoro di riconnessione con i nostri compagni di viaggio nel Referendum del 4 dicembre 2016.

Il principale aspetto su cui dovremo impegnarci è quello di recuperare, in tutti i territori, le relazioni con Forze politiche, sociali, Associazioni al fine di condividere ed organizzare, come facemmo nell’esperienza precedente, momenti comuni di impegno ed iniziative.

A questo proposito può esserci utile il fatto che, su proposta dell’Anpi, si sia formato un Comitato nazionale di sostegno, di cui noi facciamo parte, per lanciare la sottoscrizione dell’appello MAI PIU’ FASCISMI. I partecipanti al Comitato hanno deciso di costituire coordinamenti locali, dei quali faranno parte tutti i promotori, nelle riunioni dei quali potremmo cogliere la occasione anche per proporre, naturalmente a coloro che riterranno di condividerle, le nostre Campagne.

La nostra iniziativa sulle tre Leggi incrocia, all’inizio, la campagna elettorale. Sarebbe utile sfruttare le innumerevoli iniziative che si svolgeranno per raccogliere le firme e verificare la disponibilità e l’impegno concreto di Forze politiche e candidati a sostenere i nostri principi costituzionali.

L’impegno dei Comitati sarà supportato dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, unitamente a quello della LIP scuola.

Il problema principale che abbiamo riguarda le risorse economiche, che diventano, di conseguenza, fragilità organizzativa.

Si è lanciata una Campagna di sottoscrizione che, al momento, non sembra fornire risposte significative.

Riproporremo una richiesta di sottoscrizione interna e cercheremo il contributo di quei soggetti che condividono con noi il progetto sulle tre Leggi.

Per il momento faremo ciò che ci è possibile, disponibili qualora si aprisse qualche iniezione di liquidità a metterla a disposizione delle iniziative, anche dei territori.

Sul Sito, alla voce CAMPAGNE, inseriremo:

  • I Moduli;
  • il Vademecum (che è unico ma vale per tutte e tre le Leggi);
  • una Scheda illustrativa che renda il più chiaro ed accessibile il contenuto di ogni singola Proposta di Legge in modo da aiutarne la comprensione e la divulgazione;
  • una Scheda sintetica, da fornire ai Cittadini durante iniziative o raccolte di firme;
  • Volantini, Manifesti, slogan o parole d’ordine.

Se per le iniziative locali, di qualsiasi tipo, fosse richiesta una delega del Comitato basta che ne facciate richiesta all’indirizzo: organizzazione.com.referendum@gmail.com

Tre ultime questioni da sottolineare, fatto salvo che continueremo a produrre commenti ed indicazioni sulla base dello sviluppo del nostro lavoro:

  1. Particolare attenzione va posta alla autenticazione delle firme poiché questa è stata una delle questioni problematiche delle precedenti raccolte. Possono autenticare gli Assessori, i Consiglieri Comunali e i Funzionari comunali autorizzati; gli Assessori, i Consiglieri provinciali e i funzionari provinciali autorizzati; i Cancellieri di Tribunale e i Giudici di pace. (nello specifico vedere bene il Vademecum)
  2. Abbiamo bisogno di una RENDICONTAZIONE CREDIBILE dei dati della raccolta. La esperienza delle precedenti raccolte per i Referendum abrogativi su Legge elettorale e Costituzione non ha dato risultati accettabili. Vi chiediamo di inviare periodicamente (una volta alla settimana o ogni 15 giorni) i dati della raccolta in modo da poterne monitorare l’andamento;
  3. Dovremo cercare, una volta che i moduli sono stati firmati e certificati da ciascun Comune, di inviarli il più presto possibile al Centro nazionale (vi daremo l’indirizzo a breve) in modo da consentirci di porre rimedio ad eventuali errori e, soprattutto, vista la precedente esperienza di evitare un affollamento attorno alla data di scadenza che può produrre serie difficoltà.

FONTE: CDC – Coordinamento per la Democrazia Costituzion

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