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In questo secondo articolo, (IL PRIMO È QUI: Facciamoci aiutare in casa nostra… ) “Per aiutarli a casa loro”, Barsotti e Toigo disegnano un modello di relazioni tra aree di immigrazione e aree di provenienza capace di promuovere azioni di sostegno a progetti individuali e associativi degli immigrati che orientino le rimesse verso impieghi produttivi e di crescita del capitale sociale e umano.
La contaminazione tra i due ambienti, quello ospitante e quello di origine, che l’immigrato determina tessendo e sviluppando una rete di rapporti economici, sociali e culturali, dà forma e contenuto al suo spazio sociale. È in questo spazio che possono essere promosse azioni di sostegno a progetti individuali e associativi degli immigrati che orientino le rimesse verso impieghi produttivi e di crescita del capitale sociale e umano. E così mentre ci facciamo aiutare a casa nostra li aiutiamo a casa loro. In che modo è possibile raggiungere questo obiettivo?
Una proposta: la cooperazione decentrata
Già agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, il bel testo “Le risorse umane del mediterraneo”, sempre attuale, curato da Massimo Livi Bacci e Fosca Martuzzi Veronesi, conteneva preziose e lungimiranti proposte per la programmazione di politiche che potessero gestire le conseguenze degli inevitabili squilibri tra le sponde sud e nord del Mediterraneo, in modo da attenuarne l’impatto politico e sociale, creando al tempo stesso le condizioni perché le politiche migratorie si saldassero a una strategia di cooperazione tra le due sponde, orientata allo sviluppo reciproco e alla democrazia1. Qualche anno dopo l’OCDE sosteneva la necessità di promuovere e sviluppare progetti di cooperazione decentrata e suggeriva come favorire la partecipazione a livello locale dei migranti2. Dal 2006, con il rapporto del Segretario Generale all’Assemblea Generale ONU3, è aumentata l’attenzione sul legame tra migrazioni e sviluppo e la consapevolezza che i flussi migratori, se ben gestiti, portano benefici economici e sociali per i paesi di origine e destinazione. È ormai riconosciuto dalle principali organizzazioni internazionali, Unione Europea (UE) inclusa, che è possibile ed auspicabile innescare processi di co-sviluppo a triplice vantaggio, triple win: dei migranti e dei due paesi collegati dalla loro presenza4.
È questa la prospettiva in cui si colloca la proposta operativa di cooperazione decentrata che di seguito suggeriamo5.
Le relazioni (catene migratorie) già esistenti tra i due contesti (casa nostra e casa loro), che gradualmente si intensificano per l’aggiunta dei nuovi venuti, creano condizioni propizie per avviare progetti di cooperazione decentrata e partecipativa che veda il migrante stesso come agente di sviluppo.
Egli sarebbe dunque considerato anche il fulcro di ipotesi progettuali di sviluppo nei luoghi che ha lasciato. Se lavora regolarmente e in maniera stabile, può risparmiare, inviare denaro alla famiglia e soprattutto può progettare il proprio futuro. Da sempre, le rimesse che egli invia costituiscono una risorsa fondamentale per i paesi in via di sviluppo, spesso superiore all’aiuto internazionale.
Solo considerando i canali ufficiali, nel 2023 gli immigrati in Toscana (a metà anno 2023 i cittadini stranieri residenti nella regione erano 422.521) hanno inviato verso i paesi di origine 673,1 milioni di euro (in media 1.593 euro per cittadino straniero residente). La cifra, per quanto consistente, sottostima la dimensione reale del fenomeno perché esclude le rimesse monetarie attraverso i canali informali, i beni inviati e quelli portati in occasione dei periodici rientri in patria6.
Tuttavia, tali ingenti flussi di denaro non sempre producono effetti positivi nei territori di origine, anzi, talvolta, incentivano la rendita improduttiva, i consumi voluttuari, l’inflazione e la speculazione edilizia. Coinvolgere i migranti in progetti di cooperazione decentrata può quindi diventare una strategia efficace per valorizzare il potenziale di sviluppo delle rimesse. La garanzia più efficace del successo di un progetto di cooperazione decentrata orientato a investimenti produttivi e in capitale umano è che il soggetto si impegni direttamente, finanziandolo in parte con il proprio risparmio e che ne sia il principale artefice e attore. Gli interventi “esterni”, dunque, devono non solo accordare dei finanziamenti integrativi ma soprattutto offrire dei servizi reali alle attività produttive o alla valorizzazione delle risorse umane, in termini di formazione professionale, manageriale e imprenditoriale, di tecnologie appropriate, di ricerche di mercato, di consulenze tecniche e giuridiche. Questi servizi potrebbero essere previsti nel quadro di accordi realizzati dalle Amministrazioni locali (Regioni, Governatorati, Province, Comuni) nelle località di origine e nelle località di accoglimento dei soggetti, utilizzando le relazioni già esistenti stabilite dagli stessi migranti, che rappresentano dei veri ponti tra le due società. Ed avvalersi della collaborazione e dell’impegno diretto, nelle varie fasi di attuazione del progetto, di ONG, imprese, Associazioni di categoria, strutture universitarie, Associazioni di immigrati. Queste ultime, in particolare, potrebbero sviluppare una azione di grande rilievo per trasformare una molteplicità di strategie individuali e familiari in una strategia di comunità per uno sviluppo partecipativo realmente conforme alle esigenze delle popolazioni.
Vale la pena precisare che la cooperazione decentrata non intende affatto contrapporsi alla più tradizionale cooperazione internazionale, che in genere riguarda progetti di grandi dimensioni, ma piuttosto integrarla con progetti numerosi di piccole e medie dimensioni. Nella figura 1 si propone uno schema che contiene i vari passaggi per realizzare un’ipotetica strategia locale di cooperazione decentrata e partecipativa.
Tra sogno e realtà
È facile rendersi conto che una “filosofia” di tale portata possa apparire utopica. Eppure, di fronte alla inevitabilità delle (im)migrazioni e al rischio di un’ulteriore dilatazione dei flussi irregolari, l’unica strategia realistica è proprio quella che, combinando politica di immigrazione e politica di cooperazione, tenda a rendere permeabili, e quindi conciliabili, le une e le altre culture.
Un sogno: questa filosofia è fatta propria dalla compagine governativa, dai Ministeri competenti, dalle Regioni, dalle Autonomie locali. È presa in considerazione dalla stessa UE. Si insinua nel piano Mattei. Fioriscono e si diffondono, con convinzione e tenacia, in contesti territoriali sempre più numerosi del nostro paese fenomeni di forte reciproca integrazione tra noi e loro (cittadini, non più estranei) e, in un sistema circolare positivo, si realizzano sempre più numerosi progetti di cooperazione decentrata e partecipativa in molte zone nei loro paesi. E contestualmente ora i nostri mercati locali del lavoro tendono a diventare in equilibrio, soffrono sempre meno di insufficienza di offerta. Certo è passato un po’ di tempo, ma quello che poteva sembrare solo uno slogan sta diventando realtà: “davvero ci aiutano a casa nostra e noi davvero li aiutiamo in casa loro”. Ma è soltanto un sogno?
Per saperne di più
Odo Barsotti e Moreno Toigo – Facciamoci aiutare in casa nostra… – Neodemos, Giugno 2024
Note
1Livi Bacci M. e Martuzzi Veronesi F. (a cura di), Le risorse umane del Mediterraneo. Popolazione e società al crocevia tra Nord e Sud, Il Mulino, Bologna, 1990.
2OCDE, Migration et développement, Paris, Centre de développement, 1994; OCDE, “Per une reconnaissance des migrants comme partenaires de la cooperation internationale”, Riunione di esperti tenuta al Centro di Sviluppo dell’OCDE, 26-27gennaio 1995.
3International Migration and Development (A/60/871), 18 maggio 2006, Rapporto del Segretario Generale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
4Per una sintesi del dibattito su questo tema: Sergi N., Migrazioni e cooperazione internazionale per lo sviluppo. Analisi e spunti di riflessione, Ottobre 2014
5Una proposta che sostanzialmente riprende quella che avevamo già sviluppato nei primi anni duemila (cfr. Barsotti O. e Toigo M., “Le migrazioni e la cooperazione decentrata”, in Ianni V. (a cura di), Verso una nuova visione dell’aiuto, Società Tipografica Romana, Pomezia (Roma), 2004
6Nello stesso anno le rimesse da canali ufficiali verso i paesi di origine degli stranieri in Italia sono state di 8.178 milioni di euro (in media 1.565 euro per straniero residente, con 5.224.469 residenti di cittadinanza estera a metà del 2023). Da notare che nel 2023 tutte le maggiori regioni italiane che precedono nella graduatoria la Toscana (Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto) hanno registrato una crescita sostanzialmente nulla o negativa delle rimesse verso l’estero rispetto al 2022. La Toscana ha invece realizzato una crescita positiva dell’1,5%. – bancaditalia.it/statistiche/tematiche/rapporti-estero/index.html.
FONTE: https://www.neodemos.info/2024/06/21/per-aiutarli-a-casa-loro/
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Preferisco pensare alla diffusione su larga scala della esperienza di Riace, dove la presenza degli immigrati aiutava in modo semplice e naturale lo sviluppo economico del luogo. Mimmo Lucano aveva visto giusto.