Difendere la Costituzione dal premierato è un imperativo categorico

di Alfiero Grandi

Giorgia Meloni prima ha lanciato il voto alle elezioni europee sul suo nome come una sorta di prova generale del premierato, poi in un’iniziativa alla Camera ha chiarito che la proposta del Governo di modifica della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio andrà avanti. Del resto, se si fermasse ora perderebbe la faccia, tanto più se la Lega portasse casa l’autonomia regionale differenziata devastando l’unità nazionale.

Era già evidente che FdI tiene molto a questa scelta, visto che la proposta di legge che deve cambiare la Costituzione è stata decisa unilateralmente dal Governo, che decide anche sulle modifiche. Le dure critiche degli esperti sono state ignorate e le opposizioni non sono riuscite a cambiare nulla come dimostra la rottura in questi giorni al Senato tra maggioranza di destra e opposizioni.

Malgrado questo, ci sono alcuni settori politici dell’opposizione che si attardano a strologare modifiche della legge che consentano di arrivare all’approvazione sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica con i 2/3 dei parlamentari per impedire il referendum costituzionale. Sembra quasi si tratti di una questione tecnica, minore, ma è una posizione del tutto subalterna. La preoccupazione per queste posizioni sembra più il voto degli elettori che la proposta del Governo. Ragione in più per arrivare al referendum e fare decidere elettrici ed elettori.

Non sarà una passeggiata ma è una sfida che non può essere evitata e va preparata per vincerla.

Non c’è spazio per un’intesa perché i punti immodificabili sono inaccettabili e stravolgerebbero la Costituzione democratica ed antifascista del 1948. Non a caso Meloni ha chiarito che vuole arrivare ad una terza repubblica, ben diversa da quella attuale.

I punti chiave sono: elezione diretta del Presidente del Consiglio che trasformerebbe il nostro paese da una democrazia parlamentare in una capo-crazia, concentrando il potere nelle mani di una persona; il parlamento, eletto insieme al capo, dipenderebbe totalmente dal Presidente eletto, che quindi diventerebbe il vero legislatore e il controllato diventerebbe controllore di sé stesso; il Governo diventerebbe lo staff del Presidente eletto direttamente; l’Italia quindi non sarebbe più una Repubblica parlamentare; al Presidente della Repubblica verrebbero tolti fondamentali poteri per la nomina del Governo, per risolvere le crisi politiche e per decidere lo scioglimento delle Camere.

Tralasciando altri aspetti inaccettabili e vistose contraddizioni, questi sono veleni inoculati per stravolgere la Costituzione del 1948. L’obiettivo è fare in modo che la Costituzione attuale non sia più la fonte di legittimazione del Presidente del Consiglio. Sono mutamenti di fondo che mettono tutti i sinceri democratici di fronte al bivio: se pretendere il rispetto e l’applicazione della Costituzione o subire la protervia di una maggioranza di destra, che grazie ad un premio di maggioranza del 15 %, regalato da una legge elettorale demenziale quanto incostituzionale, lo usa come una clava per cambiare le regole istituzionali.

Prima delle ultime elezioni sono stati compiuti errori devastanti dalle forze oggi all’opposizione, ma questa non è una buona ragione per non impegnarsi nella battaglia indispensabile per difendere la nostra democrazia, conquistata a duro prezzo con la Resistenza. Per questo occorre reagire prima che sia troppo tardi e per questo alle elettrici e agli elettori deve essere garantito il diritto di decidere sulle modifiche della Costituzione.

Nessuno ha certezze di vittoria, neppure la destra al Governo, ma le opposizioni debbono puntare a vincere questo scontro, superando gli errori politici fatti in passato sulla Costituzione.

La Costituzione deve tornare ad essere il faro per tutta l’opposizione. Quindi occorre voltare pagina scegliendo con chiarezza l’attuazione della Costituzione e difendendola dall’assalto di una destra prigioniera del culto del capo e che subisce le pressioni della finanza internazionale – e non solo – che punta a decisioni prese da pochi sulla testa di tutti, senza ascoltare il paese e governando senza un confronto aperto con una società italiana moderna e complessa che ha il diritto di intervenire sulle scelte e non solo una volta ogni 5 anni per dare deleghe in bianco al capo.

Alla crisi di credibilità delle istituzioni e alla crescita ormai patologica e preoccupante dell’astensione non si può rispondere con l’accentramento del potere e l’imposizione delle decisioni.

Affermare che queste modifiche costituzionali non cambiano i poteri del Presidente della Repubblica e del parlamento è semplicemente una bugia. Affermare che cambiano pochi articoli della Costituzione è un’altra bugia perché altri articoli dicono il contrario di quello che si vuole scrivere, ad esempio l’articolo 67 sul ruolo dei parlamentari contraddice un’elezione che lega a filo doppio Presidente del Consiglio e parlamento. Quindi in realtà c’è una prenotazione di altre, future modifiche costituzionali.

Occorre respingere questo attacco alla Costituzione con una battaglia culturale e politica di fondo rivolgendosi direttamente alle elettrici e agli elettori, che debbono essere chiamati ad assumersi una grande responsabilità con il voto.

Nella democrazia possono crescere posizioni e poteri che potrebbero distruggerla, ad esempio cambiandola in una vera e propria capocrazia. Del resto, lo conferma quanto è accaduto negli Stati Uniti il 6 gennaio 2020 con la rivolta dei pro-Trump contro il risultato elettorale.

I richiami del Presidente Mattarella al valore e all’attualità della Costituzione del 1948 sono un monito da tenere presente.

Per raggiungere l’obiettivo dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio Meloni ha stipulato un patto di potere con gli alleati, il cui prezzo è l’approvazione dell’autonomia regionale differenziata e ora l’attacco all’autonomia della magistratura.

Meloni afferma che non lavora per il suo futuro, anche questa è una balla, visto che si candiderebbe di nuovo a Presidente del Consiglio, con le nuove regole da lei fatte approvare. In realtà punta a ottenere la maggioranza anche nella prossima legislatura con la preannunciata legge elettorale maggioritaria, pronta a sfruttare queste modifiche della Costituzione.

Il cerchio di occupazione del potere si chiuderebbe con una maggioranza in grado di eleggere anche il futuro Presidente della Repubblica (La Russa ?) grazie alla legge maggioritaria, ottenendo la possibilità di influenzare così la magistratura e nominare anche un terzo della Corte costituzionale.

In sostanza progressivamente entreremmo in un vero e proprio regime, con connotati orbaniani. Occorre fermare questa deriva e se il parlamento non riuscirà a farlo occorre che si pronuncino elettrici ed elettori, nei quali occorre avere fiducia, naturalmente preparandosi ad un impegno di informazione, orientamento e seria battaglia popolare. Costituiamo subito i Comitati (unendo tutte le energie disponibili) per la Costituzione che potranno trasformarsi in Comitati per il No nella campagna referendaria

Ridare slancio e forza alla Costituzione è oggi un imperativo categorico per garantire un futuro democratico del nostro paese.

 

FONTE: Il Manifesto del 3 giugno 2024

 

 

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