La Sardegna è un’illusione ottica. Finché il “campo largo” non avrà un’ideologia chiara, l’elettore di sinistra non si fiderà.

di Luca Maria Esposito

Dopo il risultato elettorale in Sardegna, dove il cosiddetto “campo largo”, ossia la coalizione tra M5s e PD, è riuscito a strappare per una manciata di voti la guida della Regione alla destra, qualcuno si era illuso che la rimonta delle forze di sinistra fosse iniziata. Invece, quanto accaduto sull’isola era solamente un’illusione ottica. Infatti alle regionali in Abruzzo, poche settimane dopo, la destra ha nuovamente trionfato senza particolari affanni.

Il governatore uscente di Fratelli d’Italia, Marco Marsilio, ha persino aumentato del 5,5% il suo bacino elettorale e il partito di Giorgia Meloni, che nel 2019 non andava oltre i 40mila voti, ha toccato quota 139mila, oltre 100mila voti in più della scorsa tornata elettorale, tutti raccolti a discapito della Lega di Matteo Salvini, che ne ha persi in cinque anni più di 121mila. Insomma, il centrodestra in Abruzzo continua a dominare, ma in realtà non aumenta di molto il numero totale dei suoi elettori, che però si spostano ancora più a destra andando a confluire verso Fratelli d’Italia.

Perde invece voti, nel complesso, l’alleanza di sinistra. Ma al suo interno il Pd registra una ripresa considerevole, agganciando oltre 50mila elettori in più del 2019, probabilmente tutti quegli elettori che si erano spostati verso il M5s e che ora sono ritornati ai Dem. Ma ciò non ha inciso nel risultato elettorale nel suo complesso, perché nel frattempo il partito di Conte ha avuto una emorragia di più di 77mila elettori rispetto alle scorse regionali, una buona parte dei quali si sono probabilmente rifugiati nell’astensione, che per la sinistra si rivela il vero nemico da battere.

Per stare alle ultime elezioni regionali, tutte perse dal centrosinistra eccetto quelle in Sardegna, in Lombardia ha votato il 41%, nel Lazio addirittura il 37% e in Abruzzo il 52%. Ma anche in Sardegna, dove ha votato solo il 50% degli aventi diritto, il risultato come dicevamo è un’illusione ottica, perché a vincere non sono state le liste della sinistra, bensì la candidata Alessandra Todde in persona e solo per poco più di 2mila voti.

Nel computo dei voti infatti il centrodestra risulta oltre 6 punti percentuali avanti al centrosinistra, ma siccome le regole del voto sardo permettono il voto disgiunto, ossia la possibilità di votare una lista di destra e il candidato alla presidenza della regione di sinistra, ciò ha permeso a molti elettori di destra di votare Todde, decretandone così la vittoria, sebbene di misura.

In pratica, in Sardegna, sebbene il M5s abbia perso anche qui un buon 2% e il PD non abbia guadagnato molto, la candidata della sinistra è riuscita comunque nell’impresa, ma ciò non significa che la sinistra abbia invertito una tendenza che spinge ormai da tempo il Paese verso la destra. Anzi, quello che emerge di più è una polarizzazione degli elettori di destra sempre più a destra, verso appunto Fratelli d’Italia, mentre la sinistra continua a perdere voti verso l’astensione e non riesce in nessun modo a scaldare i cuori dell’elettorato di sinistra.

Un elettorato che ormai da decenni vede i partiti che dovrebbero rappresentarlo vittime essi stessi della retorica delle classi dominanti e promotori essi stessi dell’ideologia della destra in ambito sociale ed economico. Ideologia che ha contribuito a smantellare i diritti delle persone migranti, il welfare, l’istruzione, la sanità, l’indipendenza economica dello Stato e persino le tutele sindacali e dei lavoratori.

Se oggi la fiducaia verso il “campo largo” risulta così difficile da costruire, molto è dovuto a questo, perché i cittadini che si sono rifugiati nel non voto sono soprattutto quelli delle classi sociali più svantaggiate, che non si fidano più di una sinistra di questo tipo.

Una sfiducia alimentata non solo dal fatto che all’interno del Pd restino presenti e influenti tutti quei gruppi fautori delle politiche di cui sopra, e che il M5s abbia tradito molti dei suoi ideali e prodotto una classe dirigente totalmente inaffidabile (basti pensare che il volto più noto del M5s in Abruzzo è passato a Forza Italia e che due degli eurodeputati più in vista del M5s siano passati con Renzi e Calenda), ma anche che nella formazione del campo largo si continuino ad includere forze politiche come quella di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che palesemente non sono di sinistra, anzi.

Se Pd e 5 Stelle non riescono a riportare al voto le fasce più disagiate della popolazione o la maggior parte degli elettori di sinistra è perché ciò che manca sono scelte politiche e ideologiche coraggiose e precise, le uniche possibili per rivoluzionare il panorama politico, risollevare la spina dorsale della nazione e smascherare la narrativa e il ruolo della destra come cane da guardia degli interessi, anche internazionali, della classe dominante capitalista.

 

 

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