Cervelli in fuga Grave emorragia, ma il governo taglia le agevolazioni

LETTERA A IL FATTO QUOTIDIANO DEL 4 NOVEMBRE 2O23

 

È DA OLTRE MEZZO SECOLO che l’Italia fa i conti, ahimé/ahinoi, con la cosiddetta “fuga dei cervelli”, una drammatica emorragia di brillanti intelligenze e di preziose competenze che, una volta formatesi nelle nostre università, vanno a rendere ancor più prospera e rigogliosa l’economia e la società dei Paesi che le accolgono, in larga misura europei.

E, per quanto un’esperienza di studio, di ricerca e/o professionale all’estero possa tradursi, quantomeno in linea di principio, in un’operazione positiva e virtuosa per tutti quei Paesi che “esportan o” donne e uomini di scienza, la conditio sine qua non affinché ciò avvenga è che le competenze acquisite in terra straniera vengano spese in patria successivamente al rientro dei diretti interessati.

Questa, purtroppo, non è la situazione riguardante l’Italia, che molti, troppi scienziati continuano ad abbandonare per non farvi più ritorno, complici in primis le remunerazioni salariali, assai inferiori rispetto a quelle dei Paesi ospitanti, fattispecie che le detrazioni fiscali già annunciate dal precedente governo miravano tuttavia a mitigare.

E mentre la politica non batte ancora un sol colpo su una materia così strategica e rilevante, che andrebbe iscritta fra le top priorities di qualsivoglia coalizione di governo, e dalla quale dipendono in buona parte il futuro e il progresso di ciascuna nazione, le ricercatrici e i ricercatori italiani si collocano all’ottavo posto nel mondo per la qualità della produzione scientifica!

Un risultato quantomai meritorio e lusinghiero, che palesemente confligge con quella miserrima quota, pari a poco più dell’1% del proprio Pil, che il nostro Paese pervicacemente continua a investire nel finanziamento pubblico della ricerca!

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!

 

(PROF. GIOVANNI DI GUARDO)

CARO PROF. DI GUARDO, pochi giorni fa, sul nostro sito web, a firma di Sara Tirrito, davamo la notizia che “le detrazioni fiscali temporanee per chi rimpatria in Italia dopo aver lavorato all’estero vanno verso un taglio netto”. Scelta che comporterà “u n’i n e v itabile diminuzione dei professionisti che fanno ritorno. A farne le spese, i settori che nel nostro Paese sono meno sviluppati, come la tecnologia, l’innovazione e la medicina”.
Questa è oggi l’amara risposta governativa agli appelli come il suo.

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