Sull’assassinio di Shinzo Abe

di Tonino D’Orazio

Da note di diversi media internazionali emergono diversi dubbi sull’assassinio di Shinto Abe. Alcuni sostengono anche che non sia stato colpito alle spalle da un proiettile del solito pazzo, ma da due colpi frontali provenienti da due terrazze di palazzi diversi. Qualcosa che ricorda l’Oswald di JF Kennedy.

Per altri, l’evento critico che probabilmente ha innescato il processo che ha portato all’assassinio di Abe è stato il vertice della NATO a Madrid (28-30 giugno). Il vertice della NATO è stato un momento in cui attori nascosti dietro le quinte hanno stabilito la legge del nuovo ordine mondiale. La NATO è pronta ad andare oltre un’alleanza per difendere l’Europa e configurarsi come potenza politico-militare autonoma, in cooperazione con il World Economic Forum, banchieri e think tank di tutto il mondo; una sorta di “esercito mondiale” indipendente, che somiglierebbe un po’ alla Compagnia britannica delle Indie orientali. La decisione di invitare i leader di Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda al vertice della NATO sarebbe stata una parte essenziale di questa trasformazione della NATO.

Queste quattro nazioni sono state invitate a unirsi a un livello senza precedenti di integrazione della sicurezza, inclusa la condivisione dell’intelligence (appaltata a grandi multinazionali tecnologiche), l’uso di sistemi d’arma avanzati (che devono essere amministrati direttamente da personale di multinazionali degli armamenti, come la Lockheed Martin), esercitazioni congiunte (che creano un precedente per un processo decisionale condiviso) e altri approcci “collaborativi” che minano la catena di comando all’interno degli stessi stati nazione che fanno parte della Nato.

Quando Kishida (ministro degli esteri) tornò a Tokyo il 1° luglio, non c’è dubbio che uno dei suoi primi incontri fu con Abe. Kishida spiegò ad Abe le dure condizioni che l’amministrazione Biden aveva imposto al Giappone. La Casa Bianca è ormai interamente nelle mani di neocon come Victoria Nuland (sottosegretario di Stato per gli affari politici) e altri già operativi nel clan Bush. Le richieste avanzate al Giappone somigliavano all’imposizione di un suicidio politico: Il Giappone ha dovuto aumentare le sanzioni economiche contro la Russia, prepararsi per una possibile guerra con la Russia e prepararsi per una guerra con la Cina. Le funzioni militari, di intelligence e diplomatiche del Giappone dovevano essere trasferite alla massa emergente di appaltatori centrali privati riuniti intorno alla NATO.

Utilizzando gli strumenti classici dell’arte politica, Abe si è barcamenato intorno al dilemma geopolitico che il Giappone ha dovuto affrontare nell’ultimo decennio, con l’intensificarsi dei suoi legami economici con la Cina e la Russia, ma anche con la sua tradizionale integrazione politica e di sicurezza con gli Stati Uniti, Israele. Era quasi impossibile per il Giappone restare vicino agli Stati Uniti e ai suoi alleati mantenendo tuttavia relazioni amichevoli con Russia e Cina. Abe ci è quasi riuscito.

Da un lato, Abe ha presentato Obama e Trump un Giappone che era disposto ad andare anche oltre la Corea del Sud, l’Australia o altri paesi per sostenere la posizione di Washington e affrontando enormi critiche interne per la sua spinta alla rimilitarizzazione in linea con i piani USA per l’Asia orientale.

Nello stesso momento in cui ha impressionato i politici di Washington con la sua entusiastica retorica filoamericana, unita all’acquisto di sistemi d’arma, Abe ha però tenuto relazioni con la Cina e la Russia ai massimi livelli. Non è stata un’impresa da poco e ha richiesto lobby e approcci sofisticati, così come per Pechino e Mosca. Nel caso della Russia, Abe è riuscito a negoziare nel 2019 un complesso trattato di pace, che avrebbe normalizzato le relazioni e risolto la disputa sui territori settentrionali (le Isole Curili). È stato in grado di assicurarsi contratti energetici per le società giapponesi e trovare opportunità di investimento in Russia, anche quando Washington ha aumentato le pressioni su Tokyo per le sanzioni.

Da notare che ad Abe non è stato impedito di entrare in Russia dopo che il governo russo ha vietato l’ingresso a tutti gli altri funzionari del governo giapponese. Abe ha anche coinvolto la Cina in seri legami istituzionali di lungo termine e portando avanti negoziati per un accordo di libero scambio che è stato interrotto (come poi il Gulf Stream 2 tedesco) nel quindicesimo round di negoziati (9-12 aprile 2019). Abe aveva in ogni caso facile accesso ai principali politici cinesi ed era considerato da loro affidabile e prevedibile, anche se la sua retorica era aspramente anti-cinese.

Non sappiamo cosa abbia fatto Abe la settimana prima di morire. Molto probabilmente si è impegnato in un sofisticato gioco politico, (ne era un maestro), utilizzando tutte le sue risorse a Washington DC, Pechino e Mosca, nonché a Gerusalemme, Berlino e Londra, per creare una risposta a più livelli che avrebbe fatto intendere al mondo che il Giappone sosteneva Biden, mentre cercava parallelamente una distensione con Cina e Russia attraverso strumenti “backdoor”.

Il problema è che se fosse riuscito a portare il suo governo su questa posizione mentre le altre nazioni erano già state blindate, un gioco così sofisticato avrebbe reso il Giappone l’unico grande paese a godere di una sovranità relativamente autonoma.

E adesso?

Il pericolo della situazione attuale non è da sottovalutare. Se un numero crescente di giapponesi arriva a percepire, come suggerisce il giornalista Tanaka Sakai, che gli Stati Uniti hanno distrutto la loro migliore speranza di leadership e che i globalisti di Washington vogliono che il Giappone si accontenti di primi ministri e altri attori nascosti tra la classe parassitaria, come nel resto delle “democrazie liberal-democratiche” occidentali, un tale sviluppo potrebbe portare a una spaccatura tra il Giappone e gli Stati Uniti; con conseguenze interne ed esterne non da poco.

I Giapponesi non sono più sotto tutela anglosassone, salvo essere stati inglobati forzatamente nella Nato mondiale. Abe non voleva. Ma i mondialisti sembrano aver superato il Rubicone.

Eppure il Giappone ha appena ribadito agli Usa che continueranno a utilizzare il gasdotto russo Sakalin2.

 


 

In riferimento al precedente intervento di T.D’Orazio, è interessante proporre l’editoriale del Global Times di Pechino del 6 Agosto 2022

Qui nella versione originale in Inglese

 

Il “senso di insicurezza” del Giappone è frutto della sua stessa volontà: Editoriale del Global Times

I media hanno notato che Nancy Pelosi non ha menzionato “Taiwan” nemmeno una volta durante le sue apparizioni pubbliche in Corea del Sud. Secondo i rapporti, quando ha incontrato lo speaker dell’Assemblea nazionale della Corea del Sud e quando ha parlato al telefono con il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, nessuna delle due parti ha parlato della sua visita all’isola di Taiwan. Tuttavia, quando Pelosi è arrivata in Giappone, ha cambiato immediatamente volto ed è diventata molto più visibile. In una conferenza stampa ha dichiarato che il suo viaggio in Asia non intendeva cambiare lo status quo nella regione, ma che gli Stati Uniti “non permetteranno” alla Cina continentale di “isolare Taiwan”.

Il motivo di questo contrasto è in gran parte dovuto al fatto che Pelosi crede di aver trovato un pubblico, o un “confidente”, in Giappone. In effetti, è così. Ma va detto che essere un “confidente” del politico di Washington – una peste politica senza fondo – porterà solo vergogna e disastro al Giappone.

La parte giapponese ha mostrato una vicinanza a Pelosi che sembra deliberata e brusca. Ma soprattutto, dimostra che il governo giapponese non sa distinguere il bianco dal nero sulla questione di Taiwan ed è estremamente irresponsabile. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha avuto una colazione di lavoro con Pelosi venerdì. In un discorso ai media, Kishida ha puntato il dito contro la Cina, condannando le esercitazioni missilistiche cinesi come un “grave problema che ha un impatto sulla nostra sicurezza nazionale e sulla sicurezza dei nostri cittadini”. Ha inoltre affermato che il Giappone e gli Stati Uniti “lavoreranno congiuntamente per assicurare la pace e la stabilità” nello Stretto di Taiwan. Questa dichiarazione è un’enorme ironia.

Se il Giappone è preoccupato per la pace e la stabilità dello Stretto di Taiwan a causa della sua vicinanza, sembra avere senso. Ma stando così le cose, il Giappone non dovrebbe opporsi fermamente e impedire a Pelosi di visitare Taiwan? Tuttavia, quando la situazione dello Stretto di Taiwan è stata smossa dalla notizia della visita di Pelosi, il funzionario giapponese ha dichiarato che il Giappone “non è in grado di fare commenti”. Quando Pelosi ha causato danni sostanziali alla pace e alla stabilità dello Stretto di Taiwan, il Giappone e i responsabili hanno incolpato insieme la vittima. Qual è il senso di tutto ciò? Una simile risposta è forse fatta su misura per la Cina?

In realtà, il Giappone è il meno qualificato per fare commenti irresponsabili sulla questione di Taiwan. Il Giappone ha una responsabilità storica nei confronti di Taiwan. Il Giappone non solo ha avuto un dominio coloniale a lungo termine sull’isola di Taiwan, ma non ha nemmeno riflettuto a fondo su di esso. Sulla questione di Taiwan, il Giappone ha violato la Dichiarazione del Cairo, l’articolo 8 della Dichiarazione di Potsdam e la Risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Giappone ha disatteso i seri impegni politici assunti nei confronti della Cina nei quattro documenti politici, compreso il comunicato congiunto Cina-Giappone, e ciò è sleale. Il Giappone ha rinunciato all’autonomia diplomatica e ha seguito completamente le orme strategiche di Washington, il che non è saggio. Inoltre, il Giappone non ha riflettuto e non ha tratto lezioni dalla storia, ma ha disatteso le aspettative dei Paesi regionali per la pace e la stabilità, il che non è etico.

 

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