04 luglio 2020 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

01 – La Marca (Pd): l’Italia ripristini per i consumatori la possibilità di scegliere la modalità di rimborso dei viaggi annullati per il coronavirus,
02 – La Marca (Pd): nel decreto rilancio passi in avanti per gli italiani all’estero con due emendamenti anche a mia firma.
03 – Schirò (PD) – “Insieme. Per rilanciare l’Europa”: le parole guida della Germania per il semestre europeo.
04 – Schirò (Pd): incrementate con un mio emendamento le risorse destinate al sostegno dei connazionali all’estero in condizioni di necessità,
05 – 5 milioni di euro per le Camere di Commercio italiane nel mondo, Sottosegretario Merlo: “Le Camere chiamano, il governo risponde”
06 – A .BLOCCATI ALL’ESTERO | Farnesina, rimpatriati oltre 105mila italiani da 121 Paesi del mondo
07 – I sei mesi che hanno cambiato gli Stati Uniti impoveriti, arrabbiati, spaccati all’interno e con una lunghissima lista di nemici all’esterno. Gli stati uniti stanno vivendo una crisi epocale.
08 – Cos’è il Mes e perché l’Italia non dovrebbe averne paura. In tema di conti pubblici uno degli argomenti dibattuti da politici ed esperti in Italia da quando è esplosa la pandemia è il possibile ricorso del governo a una linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il fondo salvastati dell’eurozona, messa a disposizione unicamente per affrontare le spese del settore sanitario legate al covid-19

 

01 – LA MARCA (PD): L’ITALIA RIPRISTINI PER I CONSUMATORI LA POSSIBILITÀ DI SCEGLIERE LA MODALITÀ DI RIMBORSO DEI VIAGGI ANNULLATI PER IL CORONAVIRUS, 3 luglio 2020
“La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro Grecia e Italia per il fatto che Atene e Roma hanno consentito a compagnie e imprese di viaggio di rimborsare i viaggiatori con un voucher anziché consentire loro di richiedere in alternativa un rimborso in danaro.

Le norme dell’UE, infatti, nonostante il dilagare della pandemia e i problemi insorti per le compagnie aeree e le aziende di viaggio, sono ferme nel tutelare i diritti dei consumatori, che devono avere la possibilità di scegliere tra l’una e l’altra modalità di rimborso.

Siamo tutti consapevoli delle gravi difficoltà in cui gli operatori sono inaspettatamente caduti a seguito del blocco degli spostamenti e delle implicazioni di ordine imprenditoriale e occupazionale che da esse discendono. Io stessa mi sono fatta e continuerò a farmi promotrice, a livello parlamentare, di iniziative che possano sostenere la mobilità e il turismo per il peso che essi hanno per l’economia di un Paese come l’Italia.

Credo, tuttavia, che per dare il necessario respiro a questi comparti occorra seguire e insistere su altre strade, come per altro governo e maggioranza stanno pur cercando di fare, e non mettere i costi della crisi a carico dei consumatori.

Questo vale naturalmente per tutti e, aggiungo, soprattutto per gli italiani all’estero, che spesso per fare i loro viaggi in Italia programmano risparmi per periodi non brevi di tempo e vanno messi quindi nella condizione di recuperare interamente il valore che in buona fede hanno investito senza poter prevedere l’insorgere della pandemia.
Mi auguro, quindi, che il nostro Paese possa trovare le forme per corrispondere in termini positivi alla sollecitazione della Commissione europea, salvaguardando i diritti dei consumatori e cercando, allo stesso tempo, diverse forme di sostegno e incentivazione delle imprese impegnate nel settore”.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America – Electoral College of North and Central America

 

02 – LA MARCA (PD): NEL DECRETO RILANCIO PASSI IN AVANTI PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO CON DUE EMENDAMENTI ANCHE A MIA FIRMA, 2 luglio 2020

“Alcuni passi in avanti sulle questioni degli italiani all’estero sono stati fatti nel corso del lungo e complesso esame del Decreto Rilancio. In commissione Bilancio, infatti, sono stati approvati, con riformulazione, due significativi emendamenti, anche da me sottoscritti, che vengono incontro ad esigenze obiettive dei nostri connazionali.

Mi riferisco a quello presentato dalla collega Schirò e da me, con il sostegno di altri colleghi del PD e di altri gruppi presenti nella commissione Esteri, con il quale abbiamo chiesto un incremento degli iniziali 4 milioni di euro da destinare ai connazionali che a seguito della pandemia si siano trovati in condizioni di estrema difficoltà e si siano rivolti per aiuto ai nostri consolati. Governo e maggioranza hanno aggiunto 2 altri milioni, arrivando complessivamente a 6 milioni, il che consentirà di allargare la platea dei beneficiari e di rendere più concreti ed efficaci gli interventi. Voglio sperare che in questo modo si risponda a necessità effettive e lo si faccia con la collaborazione di quanti conoscono veramente le comunità, come i Comites, le associazioni e i patronati.
L’altro emendamento, presentato dalla collega Fucsia Nissoli e sostenuto trasversalmente anche da me e da altri parlamentari dei gruppi di maggioranza, riguarda l’incremento di 5 milioni da destinare alle Camere di Commercio Italiane all’Estero per le attività ordinarie e per quelle innovative realizzate a sostegno delle piccole e medie imprese italiane che si proiettano nel mercato globale e, in genere, dei processi di internazionalizzazione del nostro sistema economico. Questa del sostegno alle Camere di Commercio Italiane all’Estero è una battaglia che sto facendo da anni, come dimostrano gli atti parlamentari e anche questa volta non è mancato il mio impegno. Tuttavia, non desidero partecipare alla corsa per l’intestazione, che serve alla propaganda e non ai problemi reali, ma solo sottolineare che lo sforzo congiunto dei gruppi di maggioranza e di opposizione ha consentito di raggiungere un risultato positivo.

Il mio augurio e il mio impegno è che in queste battute finali sul provvedimento ci possa essere qualche ulteriore passo in avanti sulle questioni che ci riguardano, nella certezza che tutto ciò che si fa per gli italiani all’estero, soprattutto in questo momento, lo si fa per la ripresa e il bene dell’Italia”.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America – Electoral College of North and Central America

 

03 – SCHIRÒ (PD) – “INSIEME. PER RILANCIARE L’EUROPA”: LE PAROLE GUIDA DELLA GERMANIA PER IL SEMESTRE EUROPEO. 1° luglio 2020
Da oggi la Germania guiderà il semestre del Consiglio dell’Unione europea. E lo farà la Cancelliera Angela Merkel in una congiuntura tra le più complesse della storia dell’Europa unita. Al centro delle linee guida della presidenza tedesca c’è la lotta al coronavirus e il perseguimento degli obiettivi strategici di lungo termine dell’Unione in un scenario mondiale profondamente scosso e cambiato dalla pandemia.
È un programma di lavoro ambizioso a cui l’Italia è chiamata a portare il suo contributo con un impegno straordinario di idee e di proposte. La consapevolezza di una guida autorevole e la forza dei legami di amicizia e collaborazione tra Germania e Italia, dovrebbero permetterci di guardare a questo semestre con spirito propositivo e di fiducia.

I dossier sul tavolo sono numerosi per il futuro e il rilancio dell’Europa: dall’enorme piano di aiuti “Next Generation Eu” alla Brexit, dalla lotta alle diseguaglianze sociali alla formazione dei giovani, dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile alle migrazioni, soltanto per citarne alcuni. Significativi del resto saranno anche i nodi di politica internazionale che la Cancelliera dovrà affrontare in uno scenario in continua evoluzione.

 

«L’EUROPA HA BISOGNO DI NOI, PROPRIO COME NOI ABBIAMO BISOGNO DELL’EUROPA» HA DETTO LA MERKEL.
Angela Merkel in questi sei mesi di presidenza si confronterà con altre due leader ai vertici di importanti istituzioni europee, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde. Questo semestre sarà dunque un semestre significativo per le donne europee e mi auguro che nella prospettiva di genere sia possibile apprezzare segnali di cambiamento e di discontinuità. Sei mesi che possano rappresentare un momento di svolta per la nostra Unione Europea e i suoi cittadini e utili per contrastare i populismi che ancora avvelenano il dibattito pubblico europeo.
Auguri dunque alla Germania e alla Cancelleria Merkel. Auguri alla nostra Europa.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – – Camera dei Deputati

 

04 – SCHIRÒ (PD): INCREMENTATE CON UN MIO EMENDAMENTO LE RISORSE DESTINATE AL SOSTEGNO DEI CONNAZIONALI ALL’ESTERO IN CONDIZIONI DI NECESSITÀ, 1 luglio 2020
È stato approvato in Commissione Bilancio il mio emendamento finalizzato a incrementare le risorse da destinare al sostegno degli italiani all’estero che si trovino in condizioni di necessità, sottoscritto anche dai colleghi del PD La Marca, Quartapelle, Fassino, Boldrini, Romano, Fiano e sostenuto trasversalmente da rappresentanti di altri gruppi. La nostra iniziale richiesta era quella di raddoppiare l’iniziale dotazione di 4 milioni stabilita nel decreto “Cura Italia”, ma una riformulazione delle ultime ore ha portato a 6 milioni la cifra complessiva.

La ragione che mi ha spinto a presentarlo è stata quella di rispondere alle esigenze più immediate dei connazionali in maggiore difficoltà, facendo in modo che essi possano godere di un sostegno temporaneo in vista di un’auspicabile ripresa e consolidamento delle situazioni particolarmente colpite dal Coronavirus.

Se questa misura, come tutto lascia sperare, entrerà nel testo definitivo del Decreto “Rilancio”, toccherà ai Consoli avanzare le loro richieste al MAECI sulla base delle effettive necessità e il mio augurio è che vi sia solerzia e attenzione per questa possibilità che governo e maggioranza hanno offerto.
È auspicabile altresì che si eviti una gestione distaccata e burocratica di questo intervento, facendo ricorso a quanti sul territorio conoscono le situazioni e le esigenze effettive, come i COMITES, le associazioni, i rappresentanti del CGIE, i patronati e quanti operano effettivamente a sostegno delle nostre comunità.
Ringrazio tutti coloro che hanno concorso al buon esito dell’emendamento.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati

 

05 – 5 MILIONI DI EURO PER LE CAMERE DI COMMERCIO ITALIANE NEL MONDO, SOTTOSEGRETARIO MERLO: “LE CAMERE CHIAMANO, IL GOVERNO RISPONDE”
Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri: “Come governo abbiamo raccolto nelle ultime settimane le istanze delle Camere e le abbiamo portate sui tavoli romani che contano. Esprimiamo grande soddisfazione per l’obiettivo raggiunto”
“Per l’anno 2020 stanziati 5 milioni di euro extra per le Camere di Commercio italiane nel mondo. E’ un altro dei risultati concreti portati a casa dall’esecutivo, che intende così valorizzare l’importanza del nostro mondo camerale oltre confine”. Lo dichiara in una nota il Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri e presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
Le risorse saranno destinate, secondo quanto si legge nell’emendamento approvato dalla commissione Bilancio della Camera e riformulato dal governo, a “sviluppare, in stretto collegamento con le comunità di affari residenti all’estero, nei limiti delle risorse disponibili, servizi di informazione, l’export management e la promozione di contatti commerciali per le piccole e medie imprese, anche attraverso piattaforme digitali, da parte delle camere di commercio italiane all’estero”.
“Da sempre le Camere di Commercio italiane nel mondo costituiscono una rete fondamentale per promuovere il made in Italy e l’internazionalizzazione delle nostre imprese. Come governo abbiamo raccolto nelle ultime settimane le istanze delle Camere e le abbiamo portate sui tavoli romani che contano. Esprimiamo grande soddisfazione per l’obiettivo raggiunto: finalmente – conclude il Sottosegretario Merlo – un governo che ascolta davvero e risponde concretamente alle richieste provenienti dal Sistema Italia nel mondo”.

 

06 – A .BLOCCATI ALL’ESTERO | FARNESINA, RIMPATRIATI OLTRE 105MILA ITALIANI DA 121 PAESI DEL MONDO. SI TRATTA DELL’OPERAZIONE DI RIMPATRIO PIÙ GRANDE DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA. SOLO IN QUESTO FINE SETTIMANA SONO TORNATE IN ITALIA CIRCA 1.065 PERSONE DA REGNO UNITO, BELGIO, PAESI BASSI E PERÙ. CONTINUANO GLI SFORZI DEL GOVERNO ITALIANO, CON LA FARNESINA IN PRIMA LINEA, PER RIMPATRIARE QUEI CONNAZIONALI RIMASTI BLOCCATI ALL’ESTERO A CAUSA DELLA PANDEMIA E DELLA CONSEGUENTE CHIUSURA DELLE FRONTIERE.
Ad oggi sono oltre 105mila, secondo quanto riferisce il ministero degli Esteri, gli italiani rientrati dall’estero dall’inizio dell’emergenza Covid-19, con 1112 operazioni di rimpatrio organizzate dall’unità di Crisi e dalla rete di ambasciate e consolati da 121 Paesi del mondo.
Si tratta dell’operazione di rimpatrio più grande della storia della Repubblica.
Pensate: solo in questo fine settimana sono tornate in Italia circa 1.065 persone da Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Perù.La Farnesina continua a lavorare senza sosta per garantire a tutti i connazionali bloccati all’estero di poter tornare a casa nel pieno rispetto delle misure di sicurezza; il lavoro del ministero non si fermerà fino a quando anche l’ultimo italiano sarà tornato in Patria.
Fonte: ItaliaChiamaItalia
B – ITALIANOS BLOQUEADOS EN EL EXTERIOR |repatriados más de 105mil italianos de 121 países del mundo. Es la operación de repatriación más grande de la historia de la República. Sólo este fin de semana han regresado a Italia unas 1.065 personas de Reino Unido, Bélgica, Países Bajos y Perú
Continúan los esfuerzos del Gobierno italiano, con el Ministerio de relaciones exteriores en primera línea, para repatriar a los compatriotas que quedaron bloqueados en el exterior consecuencia de la pandemia y del cierre de las fronteras.
A día de hoy, más de 105000, según las informaciones del Ministerio de Asuntos Exteriores, los italianos que han vuelto del exterior desde el inicio de la emergencia Covid-19, con 1112 operaciones de repatriación organizadas por la Unidad de Crisis y la red de embajadas y consulados de 121 países del mundo.
Es la operación de repatriación más grande de la historia de la República. Sólo este fin de semana han regresado a Italia unas 1.065 personas de Reino Unido, Bélgica, Países Bajos y Perú
La Farnesina sigue trabajando sin pausa para garantizar a todos los compatriotas bloqueados en el exterior que pueden volver a casa en pleno respeto de las medidas de seguridad y no se detendrá hasta que incluso el último italiano haya vuelto a su Patria.

 

07 – I SEI MESI CHE HANNO CAMBIATO GLI STATI UNITI IMPOVERITI, ARRABBIATI, SPACCATI ALL’INTERNO E CON UNA LUNGHISSIMA LISTA DI NEMICI ALL’ESTERNO. GLI STATI UNITI STANNO VIVENDO UNA CRISI EPOCALE. COME CI SONO ARRIVATI? LA PANDEMIA E LE PROTESTE PER LA MORTE DI GEORGE FLOYD HANNO FATTO ESPLODERE LE TENSIONI, MA LA SITUAZIONE ATTUALE È IL FRUTTO DI TANTE PICCOLE CRISI, ALCUNE PASSATE QUASI INOSSERVATE, CHE SI SONO INNESTATE L’UNA SULL’ALTRA. QUELLO CHE SEGUE È IL RACCONTO DEI 180 GIORNI CHE HANNO TRASFORMATO GLI STATI UNITI IN UN PAESE DIVERSO, NON NECESSARIAMENTE PEGGIORE. 3 luglio 2020

GENNAIO GUERRA DENTRO E FUORI
Gli Stati Uniti cominciano il nuovo anno con una dichiarazione di guerra. A fine dicembre 2019 un contractor civile statunitense è stato ucciso in un attacco contro una base militare irachena a Kirkuk, e Washington ha subito dato la colpa a Kataib Hezbollah, una milizia sostenuta dall’Iran. Trump ha sempre detto di non voler restare impantanato in Medio Oriente come è successo ai suoi predecessori, ma non vuole mostrarsi debole di fronte a uno dei suoi principali nemici. I suoi collaboratori gli mettono sulla scrivania un documento con le possibili risposte. Il presidente, sorprendendo tutti, sceglie la più estrema: il 3 gennaio un drone statunitense bombarda l’aeroporto di Baghdad, uccidendo Qassem Soleimani, capo delle forze d’élite Al Quds dei Guardiani della rivoluzione. Trump è convinto che la morte di uno dei più importanti leader iraniani, insieme a sanzioni economiche sempre più severe, metterà in ginocchio l’Iran e costringerà il suo governo a negoziare un nuovo accordo sul programma nucleare che sostituisca quello firmato da Barack Obama, e che Trump ha deciso di abbandonare a maggio del 2018.

IL 15 GENNAIO il presidente compie un altro passo apparentemente storico: invita alla Casa Bianca Liu He, vicepremier della Repubblica popolare cinese, con cui firma un accordo preliminare per mettere fine alla guerra commerciale tra i due paesi cominciata nel 2017. Trump crede che i risultati in politica estera faranno crescere la sua popolarità in vista della sfida più importante e pericolosa che un presidente statunitense possa trovarsi ad affrontare: l’impeachment.

IL 16 GENNAIO COMINCIA IL PROCESSO AL SENATO. Trump è stato incriminato dalla camera, dove i democratici sono in maggioranza, con le accuse di abuso di potere – avrebbe chiesto al presidente ucraino di aprire un’inchiesta contro Joe Biden, possibile candidato del Partito democratico alle presidenziali di novembre del 2020 – e per aver ostacolato le indagini del congresso su quest’inchiesta. La tensione politica è alta anche fuori dal palazzo.
IL 20 GENNAIO 22MILA PERSONE, molte armate fino ai denti, partecipano a un raduno a Richmond, in Virginia, per protestare contro la proposta del governo statale di limitare il possesso di armi. Da quando un uomo armato ha ucciso dodici persone a Virginia Beach, nel maggio del 2019, il governatore Ralph Northam, democratico, sta cercando di approvare qualche timida misura per ridurre la diffusione delle armi d’assalto.

IL 24 GENNAIO si tiene a Washington la marcia annuale per la vita, organizzata dai gruppi antiabortisti, e Trump diventa il primo presidente della storia a partecipare a quest’evento. Negli stessi giorni i giornali riportano una notizia che si perde nel caos della battaglia politica: i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc, la massima autorità sanitaria del paese) registrano il primo caso di covid-19 negli Stati Uniti: è un uomo sulla trentina che vive a nord di Seattle, nello stato di Washington, tornato recentemente dalla città cinese di Wuhan.

IL 26 GENNAIO, in un incidente in elicottero a Los Angeles muore l’ex giocatore di basket Kobe Bryant, uno degli sportivi più popolari della storia americana, insieme a sua figlia di tredici anni e ad altre sette persone.
Tre giorni dopo Trump sbandiera un nuovo successo di politica estera, l’accordo commerciale con Messico e Canada che sostituisce il trattato Nafta, firmato negli anni novanta. Il 31 gennaio i Cdc confermano il primo caso di trasmissione del virus Sars-cov-2 negli Stati Uniti. Lo stesso giorno il presidente vieta l’ingresso nel paese alle persone provenienti dalla Cina o che hanno visitato il paese nelle due settimane precedenti. Inoltre estende il travel ban, il divieto di ingresso alle persone provenienti da alcuni paesi, per includere Eritrea, Kirghizistan, Birmania, Nigeria, Sudan e Tanzania.

FEBBRAIO VENDETTA E LINCIAGGIO
La presidente della camera Nancy Pelosi straccia la copia del discorso sullo stato dell’unione di Donald Trump. Washington, 4 febbraio 2020. – Jonathan Ernst, Reuters/ContrastoLa presidente della camera Nancy Pelosi straccia la copia del discorso sullo stato dell’unione di Donald Trump. Washington, 4 febbraio 2020. (Jonathan Ernst, Reuters/Contrasto)
In Iowa, il 3 febbraio, cominciano le primarie del Partito democratico per scegliere il candidato alle elezioni di novembre. I candidati sono tanti, il partito è spaccato tra moderati e radicali, l’incertezza è totale. La notizia principale è che il sistema di conteggio dei voti si inceppa e i risultati ufficiali arriveranno solo dopo molti giorni. A sorpresa vince Pete Buttigieg, ex sindaco di una piccola città dell’Indiana, con più voti del senatore socialista Bernie Sanders. Joe Biden, vicepresidente durante l’amministrazione Obama, sembra in grande difficoltà.
Il giorno dopo Trump pronuncia il suo terzo discorso sullo stato dell’unione al congresso. Il presidente entra nell’aula con i parlamentari repubblicani che intonano il coro “quattro anni ancora”, mentre le parlamentari democratiche sono vestite di bianco per ricordare le battaglie delle donne per il diritto di voto. Tra gli invitati ci sono Juan Guaidó, che a gennaio del 2019 si è autoproclamato presidente del Venezuela, e il conduttore radiofonico di destra Rush Limbaugh, a cui Trump consegna la medaglia presidenziale della libertà, una delle massime decorazioni degli Stati Uniti. Il presidente parla per 78 minuti sottolineando i suoi successi in politica estera e l’ottimo stato dell’economia. A proposito del covid-19 dice: “Stiamo comunicando con le autorità cinesi. Farò qualunque cosa per salvaguardare la salute dei cittadini statunitensi”. Quando Trump finisce di parlare Nancy Pelosi, presidente della camera, democratica, straccia platealmente la sua copia del discorso del presidente.

IL 5 FEBBRAIO il senato controllato dai repubblicani assolve Trump da tutte le accuse. Per il presidente è il momento della vendetta. Ordina di licenziare Alexander Vindman, colonnello dell’esercito che fa parte del consiglio per la sicurezza nazionale, e Gordon Sondland, ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite. Entrambi avevano testimoniano durante il processo di impeachment, confermando le pressioni di Trump sul governo ucraino perché aprisse un’inchiesta su Biden. Inoltre il presidente ordina al ministro della giustizia Bill Barr di chiedere una condanna clemente per Roger Stone, uno dei suoi più fedeli alleati. Tutto lascia pensare che Trump stia usando il suo potere per aiutare un amico che è finito nei guai mentre cercava di dargli una mano.

IL 9 FEBBRAIO per la prima volta un film straniero vince l’Oscar per il miglior film. È Parasite, del regista sudcoreano Bong Joon-ho, che racconta le disuguaglianze attraverso le storie di una famiglia povera e di una ricca di Seoul. Pochi giorni dopo l’ex produttore cinematografico Harvey Weinstein viene dichiarato colpevole di stupro di terzo grado per una violenza commessa nel 2013 e di atti sessuali criminali di primo grado per un episodio del 2006.

SUL FRONTE DEMOCRATICO BERNIE SANDERS VINCE LE PRIMARIE IN NEW HAMPSHIRE E IN NEVADA, DIVENTANDO IL FAVORITO NELLA CORSA ALLA NOMINATION.
IL 14 FEBBRAIO arriva la notizia della prima persona morta di covid-19 fuori dalla Cina, un turista cinese di ottant’anni che si trovava in Francia. La paura di una pandemia fa crollare il Dow Jones industrial average, l’indice che misura l’andamento di trenta grandi compagnie quotate in borsa negli Stati Uniti. Il Washington Post scrive che a gennaio Alex Azar, capo del dipartimento della salute e dei servizi umani, ha lanciato l’allarme sulla carenza “preoccupante” negli Stati Uniti di forniture mediche essenziali come mascherine, guanti e camici, e ha chiesto maggiori fondi. Inoltre si viene a sapere che i Cdc hanno distribuito agli operatori sanitari di tutto il paese un test difettoso, e che i laboratori indipendenti che avevano provato a sviluppare autonomamente delle alternative sono stati bloccati dalla burocrazia.
IL 23 FEBBRAIO succede qualcosa di cui nessuno parlerà per molto tempo. A Brunswick, in Georgia, Ahmaud Arbery, un afroamericano di 25 anni viene inseguito e ucciso da due uomini bianchi, Gregory McMichael, ex detective della procura locale, e suo figlio Travis. Alla polizia i McMichael dicono di aver sparato perché convinti che Arbery fosse il ladro colpevole di una serie di rapine nella zona.
IL 29 FEBBRAIO A DOHA, in Qatar, l’amministrazione Trump firma un accordo provvisorio con i taliban afgani che prevede il ritiro delle forze statunitensi dal paese e, di fatto, lo consegna al gruppo fondamentalista. Lo stesso giorno si registra il primo morto di covid-19 negli Stati Uniti, un uomo che viveva nello stato di Washington. In totale i casi nel paese sono 66, e durante una conferenza stampa Trump sostiene di avere la situazione sotto controllo. Joe Biden vince le primarie in South Carolina, soprattutto grazie al voto degli afroamericani, tornando in corsa per la nomination.

MARZO LO SFIDANTE E IL VIRUS
Amy Klobuchar, senatrice del Minnesota, si ritira dalla corsa alle presidenziali per sostenere la candidatura di Joe Biden. Dallas, Texas, 2 marzo 2020. – Eric Thayer, Reuters/ContrastoAmy Klobuchar, senatrice del Minnesota, si ritira dalla corsa alle presidenziali per sostenere la candidatura di Joe Biden. Dallas, Texas, 2 marzo 2020. (Eric Thayer, Reuters/Contrasto)
Il mese comincia con Pete Buttigieg, uno dei candidati moderati alle primarie democratiche, che si ritira dalla corsa per appoggiare Biden. Il giorno dopo Amy Klobuchar, senatrice del Minnesota, anche lei moderata, decide di fare lo stesso. È il segno dell’inquietudine dell’establishment democratico, da una parte preoccupato per la deriva autoritaria di Trump, dall’altro spaventato dalla possibilità che Bernie Sanders prenda il controllo del partito. L’appello dei dirigenti democratici agli elettori a fare quadrato intorno a Biden funziona. Il 3 marzo, in occasione del cosiddetto super martedì, 14 stati vanno al voto. Biden ne conquista dieci e guadagna un vantaggio importante su Bernie Sanders.

Il 4 marzo i casi registrati di covid-19 sono 130, con dieci morti nello stato di Washington e uno in California. Il 21 marzo superano i 1.500, dodici stati chiudono le scuole e le principali leghe sportive sospendono la stagione. Il dipartimento per la salute e le risorse umane ordina nuovi ventilatori per circa cinque miliardi di dollari, con consegna prevista solo verso la fine di aprile. Dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara l’Europa nuovo epicentro della pandemia, Donald Trump blocca gli ingressi negli Stati Uniti alle persone provenienti da 26 paesi europei.

Quello stesso giorno, intorno a mezzanotte, quattro poliziotti del dipartimento di Louisville, in Kentucky, sfondano con un ariete la porta dell’appartamento di Breonna Taylor, un’operatrice sanitaria afroamericana di 26 anni. Gli agenti, che hanno ottenuto dal giudice un mandato per entrare in casa senza avvertire, stanno indagando su un traffico di droga. Secondo loro a gennaio uno spacciatore sarebbe entrato in quell’appartamento con un pacco. Quando sente buttare giù la porta, Kenneth Walker, il fidanzato di Taylor, prende la sua pistola e spara verso gli agenti, ferendone uno alla gamba. I poliziotti rispondono sparando alla cieca almeno venti colpi. Taylor, che si trova in camera da letto, viene colpita da otto proiettili. Perquisendo l’appartamento i poliziotti non trovano sostanze stupefacenti.

Il 13 marzo Trump dichiara lo stato d’emergenza, che gli concede maggiori poteri per combattere la pandemia. Quattro giorni dopo, con il primo caso registrato in West Virginia, il virus si è ufficialmente diffuso in tutti i cinquanta stati. I contagi sono più di cinquemila e raddoppiano ogni tre giorni. Mentre il presidente continua a minimizzare la pericolosità del virus, nella maggior parte degli stati vengono imposte misure di distanziamento sociale. Il timore di disordini sociali fa aumentare dell’85 per cento le vendite di armi.

Il presidente firma il Families first coronavirus response act, una legge approvata velocemente dal congresso – in un raro momento bipartisan tra repubblicani e democratici – per rispondere all’impatto economico dell’epidemia. Il provvedimento prevede l’introduzione di congedi per malattia, nuovi sussidi per le fasce più deboli e investimenti per fare tamponi gratuiti alla popolazione.

JOE BIDEN VINCE LE PRIMARIE IN FLORIDA, IN ARIZONA E IN ILLINOIS, ASSICURANDOSI LA VITTORIA NELLE PRIMARIE DEMOCRATICHE.
Il 26 marzo arriva la notizia che 3,3 milioni di statunitensi hanno chiesto il sussidio di disoccupazione, il dato più alto nella storia recente del paese. Il giorno dopo il congresso approva una manovra da duemila miliardi di dollari che prevede assegni da 1.200 dollari per ogni adulto. A fine marzo i contagi sono più di centomila e gli Stati Uniti sono il paese con più persone positive al mondo. La città più colpita è New York, che registra 26mila casi e circa 500 morti. Tra gli stati più colpiti c’è il Michigan – numeri preoccupanti arrivano da Detroit – che a fine mese registra 184 morti. La governatrice Gretchen Whitmer dichiara lo stato d’emergenza e chiede aiuto al governo federale. Si diffonde la notizia che alcuni stati – tra cui Texas e Ohio – stanno approfittando della pandemia per limitare il diritto all’aborto.

Il 31 marzo gli scienziati che assistono l’amministrazione Trump nell’emergenza sanitaria rendono noto un rapporto secondo cui la pandemia potrebbe causare la morte di un numero compreso tra 100mila e 240mila persone, e molte di più se non fossero osservate le linee guida che prevedono l’isolamento in casa e il distanziamento sociale. Sulla base di questi numeri il presidente sembra prendere sul serio la situazione ed estende fino a fine aprile le misure di distanziamento sociale.

Negli stessi giorni il dipartimento della giustizia incrimina per narcotraffico e terrorismo il presidente venezuelano Nicolás Maduro, offrendo 15 milioni di ricompensa a chi fornisca informazioni utili al suo arresto. Trump chiude il mese annunciando la cancellazione dei limiti sulle emissioni delle auto imposti dall’amministrazione Obama. Sono almeno cento, secondo il New York Times, le norme ambientali cancellate o modificate da quando lui è alla Casa Bianca.
A fine marzo più del 47 per cento degli statunitensi è soddisfatto della presidenza Trump, il dato più alto dal giorno del suo insediamento.

APRILE IN PARLAMENTO CON LE ARMI
Durante la protesta nel parlamento di Lansing, Michigan, per chiedere la fine del lockdown, il 30 aprile 2020. – Seth Herald, Reuters/ContrastoDurante la protesta nel parlamento di Lansing, Michigan, per chiedere la fine del lockdown, il 30 aprile 2020. (Seth Herald, Reuters/Contrasto)
Gli Stati Uniti sono diventati l’epicentro mondiale della pandemia. Nonostante questo il 7 aprile in Wisconsin si tengono le primarie del Partito democratico. Il governatore democratico ha provato ad annullarle, ma i repubblicani che controllano il parlamento si sono opposti. L’affluenza alle urne è bassissima, vince Joe Biden, e il giorno dopo Bernie Sanders si ritira dalla corsa.

L’11 aprile si registrano più di duemila morti per covid-19 e gli Stati Uniti diventano il paese con più decessi (più di ventimila), superando l’Italia. Alcuni dei principali focolai sono le prigioni. Il New York Times scrive che in Illinois almeno 353 casi di covid-19 possono essere fatti risalire a persone che si trovano o si trovavano nel penitenziario della contea di Cook. In realtà nessuno sa con precisione quanti detenuti si siano ammalati, perché in poche carceri vengono fatti i tamponi. Sempre più criticato per la gestione dell’emergenza sanitaria e preoccupato che la crisi economica causata dalla pandemia possa costargli la rielezione a novembre, Donald Trump va in cerca di nemici. Il 14 aprile annuncia che taglierà i fondi all’Organizzazione mondiale della sanità, accusata di essere “filocinese” e di non aver saputo rispondere all’epidemia.

Sul fronte interno va allo scontro aperto con i governatori degli stati che chiedono cautela sulla fine del distanziamento sociale e sulle riaperture delle attività economiche. Durante una conferenza stampa dice che spetta a lui decidere quando riaprire (“La mia autorità è totale”). Molti governatori, guidati da Andrew Cuomo di New York, lo stato più colpito dalla pandemia, sostengono che sia sbagliato riaprire tutto all’improvviso, e cominciano a collaborare tra loro per adottare un piano graduale per la ripresa economica. Trump sembra voler abbassare i toni, ma poi si schiera con i manifestanti che protestano contro il distanziamento sociale. Le dimostrazioni sono spesso organizzate da gruppi di estrema destra convinti che il covid-19 sia frutto di un complotto internazionale. Le più grandi si svolgono a Lansing, la capitale del Michigan, dove migliaia di persone, molte delle quali armate, scendono in strada impedendo alle ambulanze di passare e scandendo slogan come “Vivi libero o muori” e “Make Michigan great again”. Alcuni stati cedono alle pressioni di Trump. Il 17 aprile il Texas diventa il primo stato ad allentare le restrizioni, seguito da alcune contee della Florida.

La situazione economica precipita. Il 20 aprile, per la prima volta nella storia, il prezzo dei contratti future sul petrolio statunitense diventa negativo. Vuol dire che i produttori sono disposti a pagare gli acquirenti pur di disfarsi dei barili di greggio che non riescono a immagazzinare. A fine mese gli statunitensi rimasti senza lavoro sono trenta milioni, il 18 per cento della forza lavoro. Una foto con migliaia di macchine fuori da un banco alimentare a San Antonio fa il giro del mondo. I dati mostrano che tra gli afroamericani l’indice di disoccupazione aumenta più che tra i bianchi. A essere colpite sono soprattutto le donne nere, un quinto delle quali ha perso il lavoro tra febbraio e aprile. Gli afroamericani, insieme agli ispanici, sono anche il gruppo più colpito dal covid-19: anche se formano solo il 13 per cento della popolazione, i neri rappresentano circa il 33 per cento dei contagiati. Inoltre hanno indici di mortalità più alti, perché sono mediamente più poveri e con più possibilità di avere disturbi respiratori che fanno aumentare il rischio di morire di covid-19.

Trump risponde sigillando il paese, ancora convinto di combattere contro un nemico esterno. Firma un ordine esecutivo che sospende per sessanta giorni la concessione di alcuni permessi di lavoro permanenti, sostenendo che questa misura aiuterà i lavoratori statunitensi rimasti disoccupati. Nel frattempo il confine con il Messico è stato chiuso e le autorità di frontiera hanno praticamente smesso di valutare le richieste d’asilo. Continuano invece le espulsioni di immigrati senza documenti, che rischiano di innescare focolai nei paesi di arrivo: i siti d’informazione riportano infatti che decine di persone espulse in Guatemala sono risultate positive al tampone. Al contrario, gli immigrati irregolari impiegati nell’industria della carne non solo possono restare negli Stati Uniti ma devono continuare a lavorare. Il 29 aprile Trump invoca il Defence production act – una legge creata ai tempi della guerra di Corea per mobilitare le industrie intorno allo sforzo bellico – così da tenere aperti gli impianti dove si allevano e macellano polli e maiali. Queste strutture – dove lavorano molti centroamericani e asiatici – sono tra i principali focolai del paese. Quanto alla crisi sanitaria, durante una conferenza stampa Trump propone di iniettare disinfettante nel corpo delle persone malate di covid-19 o di esporle ai raggi ultravioletti.
Il mese si chiude con centinaia di persone armate di fucili semiautomatici che entrano nel parlamento di Lansing per chiedere la fine del lockdown. La polizia non interviene per timore che si scateni un conflitto armato. La governatrice dello stato del Michigan conferma ed estende lo stato d’emergenza.

MAGGIO Il fuoco
È il 3 maggio quando Nina Pop, una transessuale afroamericana di 28 anni, viene trovata morta, accoltellata, nel suo appartamento a Sikeston, in Missouri. È il decimo omicidio di una persona transgender dall’inizio dell’anno. Nel mese precedente ce ne sono stati cinque, e in tutti i casi la vittima era nera o ispanica.
Il 5 maggio un avvocato della famiglia di Ahmaud Arbery, il ragazzo nero ucciso da due bianchi in Georgia, diffonde alcuni video che mostrano i suoi ultimi momenti di vita. Le immagini smentiscono la versione degli accusati e la ricostruzione della procura. Si vede Arbery entrare dentro una casa in costruzione e uscirne subito dopo correndo. Gregory e Travis McMichael salgono su un pick-up e lo inseguono per alcuni minuti. Lo raggiungono, c’è una colluttazione in cui Arbery cerca di difendersi da uno dei due uomini armati, che gli spara, uccidendolo. Il video si diffonde rapidamente e vengono organizzate proteste per chiedere giustizia. La rabbia dei manifestanti è rivolta soprattutto al procuratore locale, che aveva creduto alla tesi della legittima difesa invocata da padre e figlio e si era rifiutato di arrestarli, concentrandosi invece sui precedenti (taccheggio e violazione della libertà vigilata) di Arbery. Si scopre che fino a un anno prima Gregory McMichael aveva lavorato per la procura, collaborando con il figlio del procuratore incaricato del caso Arbery. L’indignazione porta all’arresto dei McMichael, accusati di omicidio e aggressione aggravata.

LA RICOSTRUZIONE DEL NEW YORK TIMES DELLA MORTE DI AHMAUD ARBERY.
Non risuonano allo stesso modo le richieste di giustizia della famiglia di Breonna Taylor, l’operatrice sanitaria uccisa il 12 marzo a Louisville. “Nessuno mi ha detto niente. Nessuno mi ha spiegato niente”, dice sua madre Tamika Palmer in un’intervista alla stampa locale. Trova poco spazio anche la notizia della morte di Dreasjon Reed, inseguito e ucciso dalla polizia a Indianapolis, e ancora meno la storia di Carlos Ernesto Escobar Mejia, la prima vittima di covid-19 in un centro di detenzione per migranti. Le organizzazioni per i diritti dei migranti denunciano che ci sono centinaia di casi nelle strutture gestite dalla polizia di frontiera, e chiedono invano di liberare le persone che vi sono trattenute.

L’attenzione è sulle pressioni di Trump per riaprire al più presto le attività economiche. Mentre Palmer parla con i giornalisti a Louisville, Anthony Fauci, il principale esperto della Casa Bianca, testimonia davanti al senato. Spiega che il paese non è pronto per uscire dal lockdown, e che se dovesse farlo troppo presto le conseguenze sarebbero disastrose. Il suo allarme passa inascoltato. A metà maggio gli Stati Uniti viaggiano veloci verso quota centomila morti, ma la maggior parte degli stati si prepara a riaprire i negozi tra fine maggio e inizio giugno. Trump rassicura gli americani sostenendo che il virus sparirà con il caldo e dice che da due settimane, per prevenire il covid-19, sta prendendo l’idrossiclorochina, un farmaco la cui efficacia contro questa malattia non è stata dimostrata e che potrebbe avere gravi effetti collaterali. Parallelamente moltiplica gli attacchi contro la Cina, nell’ennesimo tentativo di trasformare una crisi interna in un complotto internazionale contro di lui. Ma stavolta non funziona, la tensione accumulata è troppa e la società è vicina al punto di rottura.
La miccia si accende il 25 maggio a Minneapolis, in una giornata insolitamente calda. George Floyd, un afroamericano di 46 anni, muore soffocato sotto il ginocchio di Derek Chauvin, un poliziotto bianco con precedenti per abuso di violenza contro neri disarmati. Tutto il paese – tutto il mondo – vede Floyd, che come milioni di americani ha perso il lavoro a causa della pandemia, morire mentre invoca la madre morta e dire almeno 16 volte “non riesco a respirare”. Chauvin resta con il ginocchio sul suo collo per 8 minuti e 46 secondi, anche dopo che Floyd ha perso conoscenza, e intanto guarda con aria di sfida verso il telefono che lo sta riprendendo. Gli altri agenti – Thomas Lane, J. Alexander Kueng e Tou Thao – osservano la scena senza intervenire.

GLI ULTIMI MINUTI DI VITA DI GEORGE FLOYD
Il 26 maggio il dipartimento di polizia di Minneapolis rende noto un comunicato in cui sostiene che Floyd è morto per un “incidente medico”. Il sindaco Jacob Frey, giovane e democratico, condanna il comportamento della polizia e promette che sarà fatta giustizia, ma non può placare la rabbia di chi sta già scendendo in piazza. All’inizio le proteste sono pacifiche, poi scoppiano disordini, vengono saccheggiati dei negozi, un commissariato viene dato alle fiamme, la polizia risponde con lacrimogeni e proiettili di gomma. Il 28 maggio, quando in città viene proclamato lo stato d’emergenza e chiesto l’intervento della guardia nazionale, nel paese si supera la soglia dei centomila morti di covid. Il 29 maggio Chauvin è incriminato con l’accusa di omicidio. Su Twitter il presidente Trump invita la polizia a sparare sui manifestanti (“When the looting starts, the shooting starts”) alimentando una rabbia che si è ormai diffusa in tutto il paese. Vengono organizzate proteste in decine di città. In molte – Los Angeles, Filadelfia, New York, Atlanta – viene imposto il coprifuoco.
L’ultimo giorno del mese, sulla base di notizie non confermate di disordini causati dai gruppi di sinistra, il presidente inserisce i gruppi antifa nella lista delle organizzazioni terroristiche. Chiude invece un occhio sui militanti di estrema destra arrestati durante le manifestazioni a Minneapolis.
Sul fronte internazionale annuncia che gli Stati Uniti si ritireranno dal Trattato sui cieli aperti, un accordo in vigore dal 2002 per promuovere la trasparenza sulle attività militari dei paesi membri.

GIUGNO UN PAESE DIVERSO, FORSE
Una donna e un uomo puntano le armi contro alcuni manifestanti a St. Louis, Missouri, 28 giugno 2020. – Lawrence Bryant, Reuters/Contrasto Una donna e un uomo puntano le armi contro alcuni manifestanti a St. Louis, Missouri, 28 giugno 2020. (Lawrence Bryant, Reuters/Contrasto)
L’autopsia chiesta dalla famiglia di Floyd smentisce quella fatta dal medico della contea e sostiene che l’uomo è morto per asfissia causata dalla pressione sul collo e sulla schiena.

SI MANIFESTA PER MOLTI GIORNI CONSECUTIVI IN CIRCA 140 CITTÀ. Da tutto il paese arrivano video e foto che mostrano le violenze della polizia contro manifestanti pacifici e giornalisti. Non è abbastanza per Trump, che accusa i governatori di essere troppo morbidi e gli chiede di “dominare” le proteste. Si capisce cosa intende quando ordina alla polizia di disperdere le persone che protestano pacificamente davanti alla Casa Bianca per farsi fotografare con la Bibbia di fronte alla chiesa di St. John. Come prevedibile, la repressione fa crescere le proteste. Al nome di Floyd si affiancano quelli di tanti altri afroamericani morti nelle settimane, nei mesi e negli anni precedenti. Ogni comunità nera in giro per il paese sembra avere il suo martire: Nina Pop in Missouri, Eric Garner a New York, Breonna Taylor a Louisville, Dreasjon Reed a Indianapolis e tanti altri. La lista si allunga in tempo reale. Ad Atlanta, in Georgia, luogo di nascita di Martin Luther King, Rayshard Brooks, 27 anni, viene ucciso dalla polizia nel parcheggio di un fast food. Scoppiano proteste rabbiose, la direttrice della polizia di Atlanta si dimette e l’agente che ha sparato è immediatamente licenziato.

Con il passare dei giorni si definiscono le priorità e gli obiettivi del movimento antirazzista guidato dal gruppo Black lives matter: da una parte riformare veramente i dipartimenti di polizia, dall’altra rimuovere i monumenti considerati simboli del suprematismo bianco e del razzismo. Su entrambi i fronti i manifestanti ottengono in poco tempo dei risultati impensabili fino a qualche giorno prima: molte città – tra cui Houston, Raleigh, San Diego e Denver – vietano ai poliziotti le prese intorno al collo dei sospettati; il consiglio comunale di Minneapolis vota per smantellare il dipartimento di polizia; i parlamentari dello stato di New York votano per cancellare una norma che permetteva alla polizia di tenere segreti i documenti sugli abusi commessi dagli agenti. A New York e a Los Angeles i sindaci accettano di tagliare una parte dei fondi alla polizia per destinarli a programmi utili alle comunità; in decine di città viene ordinata la rimozione delle statue dedicate ai generali e ai politici della confederazione sudista, come quella del generale Robert E. Lee.

L’intero dibattito politico e culturale si capovolge e la pressione della piazza mette sulla difensiva anche i settori più conservatori della società. Il caso più lampante è quello dell’Nfl, la lega di football: gli stessi dirigenti che nel 2017 si erano schierati compatti contro i giocatori che si inginocchiavano durante l’esecuzione dell’inno – e che erano stati sostenuti dalla maggior parte dei tifosi e dal presidente Trump – si scusano per i comportamenti del passato e promettono di combattere il razzismo interno. Questo capovolgimento avvantaggia Black lives matter, che guadagna consensi, e indebolisce Donald Trump, il cui indice di popolarità scende intorno al 41 per cento, uno dei più bassi dall’inizio del suo mandato. Il presidente reagisce, ancora, aumentando il livello dello scontro e cercando nemici. Il 20 giugno ordina al ministro della giustizia di licenziare Geoffrey Berman, il procuratore di New York che negli ultimi anni ha indagato su alcuni suoi ex collaboratori. Lo stesso giorno tiene un comizio a Tulsa, in Oklahoma, una città simbolo del razzismo contro i neri, e pur sapendo che gli assembramenti sono rischiosi in tempo di pandemia. Nel suo discorso torna a minimizzare il virus e dice di aver chiesto ai suoi collaboratori di diminuire il numero di tamponi, in modo da ridurre il numero dei contagiati. Poi attacca la corte suprema, che il 18 giugno ha stabilito che il presidente non può cancellare il programma Daca, creato dall’amministrazione Obama per proteggere dall’espulsione circa 700mila immigrati irregolari arrivati nel paese da bambini, i cosiddetti dreamers. Due giorni dopo Trump firma un ordine esecutivo che estende fino al 31 dicembre il divieto di ingresso nel paese ad alcune categorie di lavoratori e riduce la possibilità di ottenere una green card. La decisione viene criticata dagli imprenditori, che denunciano la perdita di manodopera essenziale in vari settori.

A FINE GIUGNO TRUMP SEMBRA UN PRESIDENTE ALLO SBANDO. Ci sarebbe ancora una pandemia da affrontare – il numero di contagi giornalieri sta di nuovo aumentando rapidamente, soprattutto negli stati che hanno riaperto per primi, come il Texas – ma lui è preoccupato dall’uscita imminente di un libro in cui John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale, lo dipinge come un uomo scandalosamente ignorante e politicamente pericoloso. Un sondaggio del New York Times attribuisce a Biden un vantaggio di 14 punti sul presidente. Nel bel mezzo della peggiore crisi sanitaria degli ultimi anni, Trump chiede alla corte suprema di cancellare l’Obamacare, minacciando di lasciare venti milioni di persone senza copertura sanitaria. Annuncia di voler ritirare diecimila soldati dalla Germania, che accusa di non contribuire al bilancio della Nato. Vari giornali sostengono che il presidente sa da mesi che un’agenzia d’intelligence russa ha promesso ai taliban afgani una ricompensa per uccidere i soldati della coalizione guidata dagli Stati Uniti, ma ha deciso di non prendere provvedimenti contro la Russia. L’Iran annuncia di aver emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti – e di altre 35 persone – per l’uccisione del generale Qassem Soleimani.
Dopo sei mesi in cui è successo di tutto, gli ultimi giorni di giugno consegnano due immagini che, prese insieme, danno un’idea di che paese sono oggi gli Stati Uniti, in bilico tra il caos definitivo e la possibilità di un cambiamento positivo. La prima arriva da St. Louis, la città al centro delle rivolte contro il razzismo nel 2014: un uomo e una donna bianchi escono di casa con le armi puntate contro alcuni manifestanti di Black lives matter che protestano contro la sindaca (il video viene postato e poi rimosso da Trump su Twitter). La seconda arriva, inaspettatamente, dal Mississippi, uno stato molto conservatore, quello dove i neri hanno sofferto di più in passato e soffrono di più oggi: il governatore repubblicano firma la legge approvata dal parlamento che rimuove la croce confederata dalla bandiera dello stato. Una commissione disegnerà la nuova bandiera, su cui si esprimeranno gli elettori il 3 novembre. ( Alessio Marchionna, giornalista di Internazionale)

 

08 – COS’È IL MES E PERCHÉ L’ITALIA NON DOVREBBE AVERNE PAURA. IN TEMA DI CONTI PUBBLICI UNO DEGLI ARGOMENTI DIBATTUTI DA POLITICI ED ESPERTI IN ITALIA DA QUANDO È ESPLOSA LA PANDEMIA È IL POSSIBILE RICORSO DEL GOVERNO A UNA LINEA DI CREDITO DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), IL FONDO SALVASTATI DELL’EUROZONA, MESSA A DISPOSIZIONE UNICAMENTE PER AFFRONTARE LE SPESE DEL SETTORE SANITARIO LEGATE AL COVID-19. 1 luglio 2020
Molti temono che l’accesso a quei prestiti possa far finire l’Italia sotto la sorveglianza stretta e le imposizioni di Bruxelles, com’è successo in passato alla Grecia, sottoposta alle misure d’austerità e alle riforme chieste dalla cosiddetta troika (il terzetto di creditori formato da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale).
In gran parte, però, questi timori sono una conseguenza del fatto che per molti italiani il Mes è un oggetto misterioso e più in generale sono frutto della diffidenza diffusa nei confronti dell’Unione europea, sentimento su cui fanno leva alcuni partiti per accrescere il loro consenso. Chiarire di cosa si parla, forse, può aiutare a fugare qualche dubbio.

LINEE DI CREDITO
Il Mes è stato istituito nel 2012 al posto dell’European financial stability facility (Efsf), la forma originaria del fondo salvastati creato nel 2010 in occasione della crisi del debito greco. È guidato da un consiglio dei governatori composto dai 19 ministri delle finanze dell’eurozona. Il consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni (in casi eccezionali è richiesta una maggioranza qualificata dell’85 per cento). Il capitale sottoscritto è di 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito arriva a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto una quota di capitale per 125,3 miliardi, versandone 14. Insieme alla Germania e alla Francia, ha diritti di voto superiori al 15 per cento e quindi da sola può bloccare anche le decisioni per cui è richiesta la maggioranza qualificata.

La funzione fondamentale del Mes è concedere, sotto precise condizioni, assistenza ai paesi dell’eurozona che hanno temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Le condizioni per il ricorso al Mes possono variare in base allo strumento usato. Ci sono le Precautionary conditioned credit line (Pccl), linee di credito riservate ai paesi che rispettano il Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria: in questo caso le condizioni sono blande (basta, per esempio, una lettera d’intenti del paese richiedente). Poi ci sono le Enhanced conditions credit line (Eccl), prestiti destinati ai paesi che non rispettano pienamente i criteri di stabilità finanziaria: per loro è prevista una “condizionalità rafforzata”, cioè una serie di misure correttive e di riforme specificate in un apposito memorandum.

Quando è esplosa la pandemia di covid-19, l’Unione europea ha inserito il Mes tra gli strumenti disponibili per contrastare la crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria e dalle rigide misure di distanziamento sociale. Il 9 aprile l’Eurogruppo, che riunisce i ministri delle finanze dell’eurozona, ha lanciato un pacchetto di misure da 540 miliardi di euro, che il 23 aprile è stato approvato dai capi di stato e di governo.

L’UNICA CONDIZIONE PER ACCEDERVI È CHE IL PAESE RICHIEDENTE USI I SOLDI PER SPESE SANITARIE LEGATE ALLA CRISI DEL COVID-19

Accanto al programma Sure, che finanzia i sussidi per chi perde il lavoro, e al sostegno alle imprese della Banca europea degli investimenti, l’Eurogruppo ha stabilito che il Mes avrebbe reso disponibile una linea di credito Eccl a tutti i paesi dell’eurozona per un ammontare massimo di 240 miliardi di euro. Ogni paese può chiedere una somma pari al 2 per cento del pil registrato alla fine del 2019: nel caso dell’Italia, quindi, la cifra sarebbe di circa 36 miliardi di euro. Il Mes concederà prestiti della durata massima di dieci anni a un tasso dello 0,08 per cento. La linea di credito sarà disponibile per due anni al massimo. L’unica condizione per accedervi è che il paese richiedente usi i soldi per spese sanitarie legate alla crisi del covid-19. La nuova linea di credito è stata approvata e quindi resa operativa dal consiglio dei governatori del Mes il 15 maggio.

Il principale vantaggio del ricorso al Mes è rappresentato soprattutto dalla possibilità di risparmiare. Attualmente l’Italia paga interessi dell’1,5-2 per cento sui titoli di stato a dieci anni: con gli interessi garantiti dal Mes, quindi, risparmierebbe circa 500 milioni all’anno per dieci anni. Non è una grande cifra per un paese che ha un debito pubblico di circa 2.500 miliardi di euro. Ma è innegabile il fatto che all’Italia 36 miliardi a tasso sostanzialmente nullo e a lunga scadenza concessi per rafforzare il sistema sanitario in un momento come questo facciano comodo.

La principale obiezione di chi si oppone all’uso del Mes è che il prestito sia un cavallo di Troia per far arrivare la troika a Roma e imporre misure di risanamento dolorose e umilianti, sul modello della Grecia. Inoltre, il ricorso a questa linea di credito imprimerebbe al paese “uno stigma politico ed economico”, soprattutto se fosse l’unico a rivolgersi al Mes. In effetti chi usa i soldi del fondo salvastati è soggetto alla sorveglianza rafforzata, un programma di vigilanza che può portare la Commissione europea a chiedere un programma di aggiustamento macroeconomico.
Per evitare questo sarebbe stato necessario cambiare il regolamento del fondo. Ma il 7 maggio Bruxelles, e in particolare il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e il commissario per l’economia Paolo Gentiloni, ha inviato una lettera al Mes (poi approvata dall’Eurogruppo) dicendo che, date le condizioni eccezionali in cui è stato lanciato il programma di contrasto alla crisi e dal momento che si tratta di misure temporanee, la Commissione non applicherà la sorveglianza rafforzata, ma si limiterà a controllare solo che i soldi siano spesi per gli obiettivi previsti.
Gli scettici dicono che si tratta semplicemente di impegni verbali e che Bruxelles può tranquillamente cambiare idea, ma bisogna tener presente che la Commissione europea può decidere unilateralmente la sorveglianza rafforzata anche senza che ci sia stato un ricorso al Mes, come prevede il regolamento Ue 472/2013. In sostanza, per realizzare che l’Italia è in difficoltà finanziarie e va messa sotto tutela, non c’è bisogno di un prestito del Mes relativamente piccolo. Il vero problema del paese sono gli oltre 2.500 miliardi di debito e le politiche che si decideranno di attuare per gestirlo e migliorare l’economia nazionale. È a quello che guardano Bruxelles e, soprattutto, i mercati finanziari, l’unica alternativa al Mes che però non è solo più costosa ma, in caso di difficoltà, potrebbe imporre all’Italia condizioni enormemente più dure di quelle dell’Unione europea. ( Alessandro Lubello, giornalista di Internazionale)

 

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