La nuova maggioranza deve essere consapevole dei suoi limiti ed aprirsi al confronto

di Alfiero Grandi

In poche settimane lo scenario politico è cambiato. La destra ormai egemonizzata dalla Lega di Salvini su posizioni estremiste, che sono responsabili di un notevole imbarbarimento politico, sembrava avviata verso una difficilmente evitabile vittoria elettorale. La scelta repentina di Salvini di staccare la spina al governo di cui faceva parte per provocare elezioni anticipate, andando quindi all’incasso di voti, ne era la conseguenza.

La formazione del secondo governo Conte con la presenza di chi aveva partecipato alla precedente esperienza, come il M5Stelle, e di chi l’aveva contrastato, come il Pd e la sinistra, è frutto della reazione al tentativo della Lega di fare saltare il banco, cioè il governo, per evitare un pericolo peggiore per tutti.

In realtà questa maggioranza era possibile già dopo le elezioni del 4 marzo 2018, il cui risultato rendeva evidente che un governo 5stelle/Pd/Leu era l’unica alternativa all’accordo con la Lega. Ma proprio Renzi aveva imposto al Pd di escludere un governo con i 5 Stelle prima ancora di sapere se nel merito era possibile o meno arrivare ad un’alleanza. Questa imposizione è nota come la strategia dei popcorn, cioè dell’attesa del fallimento del governo giallo-verde. Questo ha messo la Lega nelle condizioni di rafforzarsi a spese dei 5 Stelle, anche per la loro subalternità, fino a risultare egemone nel governo giallo verde.

Quando Salvini ha rovesciato il tavolo – provocando la crisi del governo di cui faceva parte – è apparso chiaro che “regalare” alla Lega le elezioni anticipate sarebbe stato un errore storico e quindi si è arrivati, con accresciute difficoltà, alla attuale maggioranza, da questo è nato il secondo governo Conte.

Ci sono commentatori e autorevoli esponenti delle classi dirigenti del nostro paese che hanno masticato amaro per la formazione della nuova maggioranza, spesso fingendo di non sapere quale fosse l’unica alternativa: le elezioni anticipate e una probabile vittoria della Lega di Salvini, ormai egemone su tutta la destra estremista e moderata.

Questo non vuol dire che la composizione del governo e il suo programma destino grandi entusiasmi. Anzi è bene guardare ad occhi aperti i difetti e i pericoli della situazione, per evitare di ritrovarci a regalare tra qualche tempo a Salvini una vittoria immeritata.

Un conto è vedere con lucidità i limiti del secondo governo Conte, altro è lavorare per logorare la nuova maggioranza. Proprio questo variegato mondo insoddisfatto della soluzione di governo (preferiva la Lega al governo ?) sembra avere oggi simpatie per quanti escono dal Pd, vagheggiando alternative, da Calenda a Renzi. Renzi in particolare è stato presentato come un costruttore della nuova alleanza, dimenticando che è quello che l’ha impedita 15 mesi fa e che a questo punto era l’unica alternativa possibile in campo. Semmai Renzi ha avuto un effetto ritardante nella ricerca di un rapporto con i 5 Stelle e le sue rassicurazioni sulla stabilità del governo non bastano a fare dimenticare il suo “Enrico stai sereno”. Sappiamo com’è finita.

In cosa consista l’abilità di Renzi per i suoi sostenitori è un mistero, a meno che la bramosia di potere personale sia una qualità. L’unica spiegazione è che si stia cercando di costruire un’alternativa, per ora non in vista. La scissione del Pd è parte di questa strategia. Forse l’interprete definitivo di questa strategia non è ancora delineato, nel frattempo si cerca di mettere in campo altri soggetti. Nella strategia di Renzi due aspetti sono evidenti. Acquistare tempo: la formazione del governo almeno per un periodo evita le elezioni anticipate, come è evidente. Tentare di costruire un nuovo soggetto neocentrista, per comodità definito post ideologico, in grado di attirare aree moderate dal centro destra in crisi, ad esempio da FI. Aree che malvolentieri sopportano l’egemonia di Salvini.

Contro corrente, ritengo che Renzi abbia sbagliato gli appuntamenti importanti: dal referendum del 4 dicembre 2016 al dopo elezioni politiche del 4 marzo 2018.

Tuttavia il vero problema non è Renzi, la sua iniziativa, per quanto importante, ma cosa farà il nuovo governo e se sarà in grado di dare risposte al paese reale.

Ad esempio Conte ha incontrato i sindacati dopo anni di sostanziale ostracismo. Il governo sarà effettivamente capace di andare oltre le buone maniere e di intavolare un dialogo positivo non solo con i sindacati ma con i soggetti sociali in generale ? Questo vorrebbe dire introdurre novità sociali rilevanti, nuove priorità dell’azione di governo, impegni forti su investimenti e occupazione, diritti di chi lavora. Con l’Europa il clima è cambiato.

Anche l’atteggiamento verso i migranti è in parte cambiato. I migranti non vengono più tenuti in ostaggio sulle navi, comprese quelle della marina e della guardia costiera come è accaduto con Salvini, ma questi esseri umani vengono sbarcati e ricollocati in Europa. Il meccanismo è ancora approssimativo e fragile ma forse siamo vicini alla svolta tanto attesa. Accoglienza, regole per il flusso dei migranti, nuovo contesto europeo.

A breve ci sarà l’appuntamento della legge di bilancio e sarà importante per capire quanto ci si può aspettare dal nuovo governo e cosa proporre per qualificarne le politiche.

Anche le questioni istituzionali sono rilevanti. Il funzionamento della democrazia italiana è decisivo. Le regole favoriscono le scelte, oppure le ostacolano. Non è vero che le regole sono indifferenti sia per le scelte che per avvicinare eletti ed elettori.

Qui è uno dei punti rilevanti e per ora è difficile essere ottimisti. Sull’autonomia regionale differenziata le posizioni sono ancora troppo ambigue. Il precorso individuato va bloccato e ripensato dall’origine, iniziando dalla modifica del titolo V attuale.

Il M5Stelle insiste nella richiesta di approvare il taglio dei parlamentari così come è stato approvato nel periodo precedente. Sarebbe un errore. La via più trasparente sarebbe approvare alla Camera un nuovo testo mettendo in conto le nuove letture parlamentari, il tempo c’è. Il taglio dei parlamentari finora approvato non va bene, è fondato sul risparmio dei costi e non finalizzato ad un migliore funzionamento delle istituzioni della democrazia. Anche la risposta ai 5 Stelle attribuita al pd non va bene. Approvare altre modifiche della Costituzione per riequilibrare quella sbagliata non porta lontano. Ad esempio tra i 5 punti di modifiche della Costituzione attribuiti al Pd, per riequilibrare, c’è la parificazione dei criteri per votare ed essere eletti, se fosse così c’è da chiedersi perchè mantenere due camere identiche per poteri e composizione ma ridotte di numero, quindi inevitabilmente meno rappresentative. Se si vuole ridurre il numero dei parlamentari semmai si dovrebbe affrontare il problema del bicameralismo paritario, garantendo anzitutto alla Camera la piena rappresentatività attuale e semmai differenziando il ruolo del Senato, ad esempio costituendo il Senato delle Regioni sul modello tedesco.

Senza dimenticare che la legge elettorale deve essere strettamente connessa alle modifiche costituzionali e va fondata sostanzialmente sul metodo proporzionale. Lo sbarramento non può diventare ragione per escludere punti di vista politici e gli elettori debbono potere scegliere direttamente i loro rappresentanti.

Del resto la legge elettorale è importante. Quando sono comparse le cartine dell’Italia, dopo le elezioni europee, era evidente che se si fosse votato con la legge attuale (il rosatellum) avrebbe favorito la vittoria della Lega. Chi insiste su un sistema maggioritario deve sapere che una alterazione della volontà degli elettori provoca effetti distorsivi e che non è detto funzionino per chi li propone. Del resto fu così per il centro destra nel 2006 e per il centro sinistra nel 2008.

C’è da augurarsi che la maggioranza attuale non insista sugli errori del passato, supponendo di avere in sé tutte le competenze per decidere. Ci sono soggetti che non fanno parte della maggioranza (un tempo si sarebbe detti esponenti della società civile) che hanno proposte, che vorrebbero essere ascoltati, altrimenti dovranno farsi ascoltare con altre modalità, del resto ben note.

La maggioranza deve essere consapevole dei suoi limiti e deve apririsi al confronto con altre soggettività, con altre associazioni, con altri punti di vista. Se riuscirà ad aprirsi, a confrontarsi potrà realizzare risultati, se si chiuderà finirà con il dare ragione a chi sta già preparando l’alternativa contando sul suo fallimento. La partita è appena iniziata.

 

FONTE: www.jobsnews.it

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