18 10 06 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ALTRE COMUNICAZIONI.

1 – Il sussidio di povertà prevedrà il «reato di cittadinanza»
2 – Operazione Mediterranea: la sicurezza è quella dei diritti. La conferenza stampa. «Se troveremo un’imbarcazione in difficoltà obbediremo al diritto: la vita in mare si salva sempre.
3 – PARLAMENTO NUMERI ALLA MANO . I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una newsletter settimanale di brevi notizie, con link per approfondire.
4 – COSTITUZIONE, Errori da non ripetere. Malgrado la vittoria del No al referendum del 4 dicembre 2016 sulle modifiche della Costituzione volute da Renzi, la nuova maggioranza Lega-M5S prova a sua volta a modificare la Costituzione con varie proposte.
5 – Schirò (PD): l’insegnamento dell’emigrazione veneta nelle scuole sia il primo passo per generalizzare questa esperienza nelle scuole italiane. Il mio disegno di legge.
6 – Manovra: “Va bene rompere l’incantesimo della riduzione del deficit pubblico ad ogni costo ma bisogna ad ogni costo evitare che il deficit si trasformi nel pagamento di maggiori interessi”.

1 – IL SUSSIDIO DI POVERTÀ PREVEDRÀ IL «REATO DI CITTADINANZA». IL WORKFARE PENALE ALL’ITALIANA. NEL GIORNO DELLE CRITICHE AL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA (DEF) DA PARTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SONO EMERSI ALTRI DETTAGLI SULLA MISURA SIMBOLO DEL COSIDDETTO “REDDITO DI CITTADINANZA” AL CENTRO DELLO SCONTRO SUI CONTI.
Il vicepremier Di Maio ha parlato di “sei anni di galera” per i consumatori poveri che tenteranno di frodare lo Stato lavorando in nero e percependo l’assegno di ultima istanza. Il sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni (M5S) ha inventato un nuovo reato: “falso in reddito di cittadinanza”. Nel Def prospettive miracolistiche sui centri per l’impiego. Sulla carta tutto quello che non è accaduto negli ultimi 40 anni dovrà avvenire tra gennaio e marzo 2019. Di Roberto Ciccarelli 06.10.2018

Il sussidio di ultima istanza contro la povertà assoluta chiamato impropriamente «reddito di cittadinanza» sancisce l’introduzione della «cittadinanza digitale» e «apre le porte all’innovazione per il singolo cittadino». Questa pretesa infondata è contenuta nel Documento di Economia e Finanza (Def) ieri criticato dalla Commissione Europea.

LA «CITTADINANZA DIGITALE» è considerata un avatar del «cittadino» in carne ed ossa, il suo completamento simbiotico destinatario di pratiche amministrative (firma e identità digitale, carta di identità elettronica, la Pec e altro) ed è stata formalizzata nel diritto italiano nel 2005 quando fu introdotto il «codice dell’amministrazione digitale». Da gennaio 2018 è prevista una «carta della cittadinanza digitale» che auspica la semplificazione nell’accesso ai «servizi alla persona», «riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici».

AL DI LÀ DELLA CONSISTENZA di queste promesse – che permettono l’accesso ai servizi di circa 3.800 amministrazioni – il Def conteneva in realtà un’«innovazione»: la creazione di un governo di 3,6 milioni di «poveri assoluti» italiani, escludendo 1,6 milioni stranieri tranne un numero di stranieri residenti da 10 anni. A queste persone non si riconosce la «cittadinanza politica», ma la cittadinanza del consumatore obbligato a scegliere tra prodotti e servizi stabiliti dallo Stato spendendo un sussidio digitale accreditato su «un bancomat normale, non su una card che è umiliante» ha detto il vicepremier Luigi Di Maio. Come sarà confermato, tra poche settimane, da uno dei dodici collegati alla legge di bilancio annunciati nel Def, la cifra accreditata sul bancomat sarà il risultato della differenza tra il tetto di 780 euro e i limiti patrimoniali e reddituali Isee. Dovrà essere spesa interamente nei circuiti di spesa autarchici, altrimenti c’è una penalizzazione. Di Maio ha confermato che non ci sarà alcuna esenzione dal sussidio di povertà per le persone che non lavorano ma hanno una casa di proprietà. L’assegno sarà calcolato in base a un «affitto imputato»: il valore del patrimonio individuale non espresso dal reddito o da altre entrate, la presunzione di quanto costerebbe di affitto la casa di proprietà a prezzo di mercato. Tranne nei casi di nullatenenza accertata, la media dei sussidi per i forzati del consumo di povertà sarà più che dimezzata.

LA «CITTADINANZA DIGITALE» che nasce sarà programmata in base all’esperienza in un centro commerciale e controllata dalla guardia di finanza che dovrà sorvegliare e punire eventuali frodi di chi lavora in nero. La pena annunciata da Di Maio è «sei anni». Il sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni ha aggiunto una postilla a questo nuovo stato penale digitale: «Per i furbi ci sarà il reato di “falso in Reddito di Cittadinanza” oltre a controlli seri e automatizzati, grazie alla digitalizzazione dei trasferimenti monetari». La violenza di questi avvertimenti è pari solo al silenzio che il governo continua ad avere su chi costringe a lavorare in nero. Un atteggiamento inversamente proporzionale si riscontra invece per chi dovrebbe rientrare nel condono chiamato, eufemisticamente, pace sociale. Per i «poveri», nessuna pace, solo accanimento.

Il «CITTADINO DIGITALE» sarà sospettato di essere moralmente inaffidabile, è potenzialmente colpevole finché non avrà dimostrato di essere capace di spendere tra due e quattrocento euro in media. Ai beneficiari del sussidio di povertà è chiesto di cedere diritti in cambio della promessa di trovare un lavoro a tempo indeterminato. Questa convinzione è così forte da avere spinto il governo a prospettare una discesa dei fondi per il «reddito» già a partire dal 2020 per finanziare ila «quota 100» e la «flat tax» cari alla Lega. Una scommessa che trascura la realtà del mercato del lavoro e le reali prospettive della crescita del Pil. Spesa complessiva per il 2019: 9 miliardi di euro, 0,9% del Pil annuo fino al 2021 e circa uno per i centri per l’impiego. Ciò che manca si dice sarà finanziato con il taglio dello 0,2% del Pil, in parte dalla spesa dei ministeri. Bruxelles non è stata convinta da questi calcoli, al netto delle argomentazioni ideologiche che hanno scambiato ingiustamente questo workfare neoliberista (in linea con l’Ue) per una misura «assistenzialistica».

DI MAIO VORREBBE avviare questo sistema «entro marzo». In tempo per le elezioni europee 2019, vera posta in palio in questo scontro con la Commissione Ue. Sarà necessaria una riforma epocale dei centri per l’impiego. Sulla carta tutto quello che non è accaduto negli ultimi 40 anni dovrà avvenire tra gennaio e marzo 2019. Il Def non spiega il miracolo. Non fissa la data delle assunzioni del personale qualificato, in aggiunta alle 10 mila (per 1,5 miliardi di costo) tra le forze dell’ordine. È ancora incerto chi dovrebbe formare questo personale, in quali tempi sarà effettuato «l’adeguamento dei locali dal punto di vista strutturale» dei 550 centri esistenti. Né si forniscono suggestioni sulla realizzazione del sistema informativo unitario tra enti diversi necessario all’avvio della «riforma». Nella vaghezza di tutto questo agitarsi intorno al sussidio di povertà negli ultimi giorni si sono moltiplicati episodi singolari, presentazioni sensazionali dal balcone di Facebook, comunicazioni entusiastiche ispirate al wishful thinking aziendale. Va ricordata la stretta di mano con il professore italo-americano Mimmo Parisi creatore della «app» capace di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro nel Mississippi, lo Stato americano preso ad esempio dai Cinque Stelle per annunciare la lieta novella delle “politiche attive” anche in Italia. C’è stato anche il discorso motivazionale dell’ex manager Amazon, commissario all’agenda digitale uscente, Diego Piacentini sull’«implementazione» digitale del sussidio che i cittadini poveri dovranno conquistarsi in cambio di otto ore di lavoro gratuito a settimana, corsi di formazione obbligatori, accettando un’offerta di lavoro su tre pena l’esclusione.

Il GOVERNO NON CEDERÀ, e insisterà su questi progetti. Potrebbe finire così. Se, e quando sarà approvata la manovra, ad aprile i destinatari del sussidio di povertà saranno le cavie di un esperimento digitale poderoso che progredirà, se sarà in grado di farlo, grazie all’interazione con i soggetti beneficiari. La «manovra del popolo» sembra agire come l’algoritmo nella rivoluzione digitale: apprende dai comportamenti degli umani e li sfrutta per accrescere il suo valore. Qui non è quello privato delle piattaforme, ma politico del governo che deve dimostrare che il sistema funziona e i poveri sono «occupati» messi al lavoro in quello che si prefigura come il workfare penale all’italiana

2 – OPERAZIONE MEDITERRANEA: LA SICUREZZA È QUELLA DEI DIRITTI. LA CONFERENZA STAMPA. «SE TROVEREMO UN’IMBARCAZIONE IN DIFFICOLTÀ OBBEDIREMO AL DIRITTO: LA VITA IN MARE SI SALVA SEMPRE» di Simone Pieranni edizione del 05.10.2018

«Stiamo navigando il mare con la consapevolezza di trovarci dove non vorremmo essere, perché non dovrebbero più esistere persone costrette a diventare naufraghe da salvare e persone costrette a diventare salvatori». La vera sicurezza è quella dei diritti. Con queste parole è stata presentata ieri a Roma l’operazione Mediterranea; sfida politica nel tentativo di riaprire un conflitto sul terreno europeo e sulle migrazioni. Un esempio che dimostra che «si può fare»; «un’azione non governativa» attuata con una nave battente bandiera italiana, partita nei giorni scorsi per raggiungere le acque internazionali.

L’operazione è il frutto del lavoro di mesi di attivisti, ong, associazioni e singoli «donors». Del nucleo promotore fanno parte singole persone e associazioni come l’Arci e Ya Basta Bologna, Ong come Sea-Watch, il magazine online I Diavoli, imprese sociali quali Moltivolti di Palermo e Comunità San Benedetto al porto di Genova.

I garanti dell’operazione sono Nicola Fratoianni, Rossella Muroni, Erasmo Palazzotto (a bordo della nave) e Nichi Vendola. L’obiettivo è dimostrare che di fronte a quanto accade nel Mediterraneo e di fronte alle scelte dell’attuale governo italiano, si possono trovare strumenti politici di contrasto. Impegnata con due imbarcazioni di appoggio, la nave è al centro di un progetto reso possibile dal contributo di Banca Etica. L’obiettivo è quello di svolgere attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione nel Mediterraneo centrale, senza soccorsi, nel silenzio del nostro governo complice dell’attuale situazione.

La nave, di 37 metri, se necessario è attrezzata per fare anche salvataggio in mare. «Se ci troveremo davanti a un’imbarcazione in difficoltà obbediremo al diritto: la vita in mare si salva sempre. Ci auguriamo che le istituzioni facciano lo stesso» hanno spiegato alla conferenza stampa. Giorgia Linardi della ong Sea Watch ha ricordato che il tasso di mortalità nel Mediterraneo centrale negli ultmi mesi è «aumentato e in continuo aumento». «Ieri si è ricordato il terribile naufragio del tre ottobre, dopo quell’evento fu lanciata l’operazione Mare Nostrum.

Oggi come allora c’è la necessità di non lasciare annegare le persone in mare». Presenti anche Veronica Alfonsi di Proactiva Open Arms e Sandro Veronesi, in rappresentanza di un gruppo di intellettuali (tra cui Luigi Manconi, Michela Murgia, Gipi, Paolo Virzì, Alessandro Bergonzoni, Teresa Ciabatti) che ha dato vita a «Corpi». A bordo della nave in loro «rappresentanza c’è la scrittrice Elena Stancanelli.
Per supportare l’operazione Mediterraneo: https://mediterranearescue.org

3 – PARLAMENTO NUMERI ALLA MANO . I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una newsletter settimanale di brevi notizie, con link per approfondire.
PARLAMENTO
3 – leggi approvate al senato
A Palazzo Madama si sono svolte le votazioni finali su 3 testi già approvati alla camera. Si tratta del rendiconto di bilancio 2017, dell’assestamento di bilancio 2018 e del ddl Meloni in materia di sicurezza dei bambini. Salgono così a 3 le leggi di iniziativa parlamentare di questa legislatura, dopo i due testi per l’istituzione di commissioni d’inchiesta. Scopri le leggi approvate.
https://parlamento18 .openpolis.it/

3 – mozioni discusse alla camera. Nell’aula della camera invece nessun disegno di legge è stato discusso. Le sedute sono state utilizzate per approvare le tre mozioni di maggioranza sul Trentino-Alto Adige, Roma Capitale e la posizione dell’Unione europea sull’Ungheria. Vedi le mozioni presentate in parlamento

1 – deputato . La camera ha votato e approvato le dimissioni di Andrea Mura. L’ormai ex deputato del Movimento 5 stelle lascerà quindi un seggio vacante alla camera, essendo stato eletto in parlamento in un collegio uninominale. Da capire ora tempi e modalità dell’elezione suppletiva. Fino a quel giorno i deputati saranno uno in meno. Vedi l’elenco completo

1 – avvicendamento alla camera. Come Mura, lascia Montecitorio anche David Ermini. L’ex onorevole eletto con il Partito democratico ha infatti optato per la carica di componente del Consiglio superiore della magistratura, lasciando il posto a Umberto Buratti. I due incarichi sono infatti incompatibili, rendendo la scelta di Ermini di fatto obbligatoria. Scopri come funzionano le incompatibilità

1 su 7 . gruppo parlamentare al senato inadempiente. Dopo la newsletter della settimana scorsa, il gruppo Per le autonomie ha finalmente adempiuto ai suoi obblighi, pubblicando le spese sostenute nel primo quadrimestre della XVIII legislatura. Unico gruppo ancora a non averlo fatto è Forza Italia. Monitora il sito del gruppo

4 – COSTITUZIONE, ERORI DA NON RIPETERE. *
Malgrado la vittoria del No al referendum del 4 dicembre 2016 sulle modifiche della Costituzione volute da Renzi, la nuova maggioranza Lega-M5S prova a sua volta a modificare la Costituzione con varie proposte. Da decenni si susseguono tentativi di scaricare sulla Carta costituzionale le difficoltà di governare.
Certo, maggioranza e governo attuali non hanno dimenticato le intemerate di Alessandro Pace e altri costituzionalisti contro i pacchetti che hanno affastellato modifiche incoerenti della Costituzione e hanno presentato proposte singole. Tuttavia il valore delle modifiche della Costituzione proposte ora va oltre la somma delle singole proposte. Tanto più che queste proposte sono presentate da governo e maggioranza senza un confronto pubblico preventivo. E chi prima ha partecipato allo schieramento per il No nel referendum del 4 dicembre orane ripropone alcuni punti bocciati.
Partiamo dal Cnel, proprio perché la sua abolizione viene considerata una battaglia vinta in partenza. Ammesso che sia da abolire, manca qualunque proposta di cosa potrebbe prenderne il posto. Il “dialogo sociale” istituito nell993 dall’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi può essere il riferimento.
Sulla riduzione del numero dei parlamentari: è in corso un attacco al ruolo del Parlamento, descritto come scarsamente produttivo, in prospettiva perfino da superare, peccato sia un architrave della Costituzione della nostra Repubblica. La ragione per ridurre i parlamentari sembra stare nei risparmi e conferma
la sottovalutazione del problema. Il nuovo governo ha imparato in fretta difetti di quelli precedenti, usa a piene mani i decreti legge e ora pure i voti di fiducia. Tutti strumenti che sviliscono il ruolo del Parlamento, lo rendono subalterno al governo. Dai Cinque Stelle ci si poteva attendere più attenzione al ruolo del Parlamento, basta ricordare le parole di Roberto Fico all’insediamento da presidente della Camera.
Il problema è piuttosto mettere in sicurezza il nostro assetto costituzionale da tentazioni presidenzialiste e accentratrici della destra e della Lega. Per questo sarebbe preferibile riprendere la storica proposta di Stefano Rodotà e Gianni Ferrara di puntare su una sola Camera legando questa modifica a un sistema elettorale proporzionale e dando la certezza agli elettori di poter scegliere tutti i parlamentari.
Rivedere il numero dei parlamentari ha senso se insieme si rilancia il ruolo del Parlamento come fondamento della democrazia costituzionale e rappresentante effettivo degli elettori. Per questo il numero dei parlamentarie in stretto rapporto con la funzione e la composizione del Parlamento che dovrebbe avvenire sulla base di due criteri di fondo: gli elettori scelgono i parlamentari e la rappresentanza è proporzionale. Altrimenti la riduzione dei parlamentari può essere l’occasione per un colpo decisivo al ruolo del Parlamento e quindi alla Costituzione.
Per i referendum ci sono proposte interessanti. Il quorum per la validità dei referendum è da rivedere in modo da incentivare la partecipazione al voto anziché l’opportunismo astensionista, ma azzerare il quorum porta all’eccesso opposto e quindi va individuato un punto di equilibrio tra quorum attuale e azzeramento, tanto più se oltre a quello abrogativo verrà introdotto anche il referendum propositivo.
Non va poi dimenticato che i referendum debbono essere esigibili, quindi occorre intervenire sul numero e modalità di raccolta delle firme, sugli alti costi, e fin dall’inizio del percorso occorre la certezza della validità del quesito. Quindi semplificazione, informatizzazione della raccolta delle firme, eliminazione dei certificati inutili, costi accessibili, sono tutti problemi da risolvere, anche per le proposte di legge di iniziativa popolare. Ci sono proposte che potrebbero essere raccolte dai lavori parlamentari.
Risolvere i problemi di incompatibilità e ineleggibilità dei parlamentari affidandoli alla Corte costituzionale, o a un organo giurisdizionale ad hoc, è un’idea interessante. C’è un vuoto preoccupante nelle iniziative costituzionali del governo sull’autonomia delle Regioni. L’attuale versione dell’articolo 116 viene interpretata dal governo e da una parte delle Regioni in chiave di sostanziale rottura dell’unità nazionale, di di- versificazione dei diritti effettivi dei cittadini. Il governo non può rinunciare al suo ruolo nazionale e costituzionale e il giudizio sulle proposte di modifica della Costituzione inevitabilmente verrà influenzato dalla soluzione di questo problema.
La Costituzione non è monopolio della sola maggioranza ma garanzia per tutti.
DI Alfiero Grandi – * Vicepresidente del Comitato per la democrazia costituzionale

5 – SCHIRÒ (PD): L’INSEGNAMENTO DELL’EMIGRAZIONE VENETA NELLE SCUOLE SIA IL PRIMO PASSO PER GENERALIZZARE QUESTA ESPERIENZA NELLE SCUOLE ITALIANE. IL MIO DISEGNO DI LEGGE. COMUNICATO – ROMA, 3 OTTOBRE 2018
La storia dei cinque milioni di veneti che sono emigrati nel mondo vivrà non solo nelle vite delle generazioni che si sono succedute nel tempo, ma anche tra le giovani generazioni della regione di origine. È il risultato del protocollo firmato nei giorni scorsi tra la Regione Veneto, l’Ufficio scolastico regionale e i presidenti del coordinamento e delle associazioni dei veneti nel mondo.
Esprimo grande soddisfazione per questa scelta che rappresenta non solo un giusto riconoscimento per milioni di persone che hanno contribuito con il loro lavoro a sviluppare la terra di partenza e quelle di arrivo, ma anche un’opportunità per far comprendere ai giovani il senso profondo e strutturale delle migrazioni in età contemporanea. Di tutte le migrazioni, la nostra e quella degli altri.
L’esperienza che si avvia nel Veneto apre un varco importante in una prospettiva che coinvolge tutte le regioni e tutti i giovani che frequentano le scuole italiane. È questo il senso della proposta di legge 617 che io ho presentato alla Camera, assieme agli altri eletti del PD, e la senatrice Garavini al Senato, dopo che nelle passate legislature il collega Porta l’aveva a sua volta depositata.
L’insegnamento delle migrazioni è una chiave essenziale per comprendere la contemporaneità. Nella mia proposta si salvaguarda l’autonomia di scelta dei singoli istituti e si propone una metodologia multidisciplinare e interculturale, mediando la formazione attraverso la storia, la letteratura, la geografia, il canto, l’alimentazione, il teatro, il cinema, la multimedialità e le altre espressioni che possano rivelarsi efficaci e vicine ai linguaggi dei ragazzi.
Mi auguro che almeno su queste cose possa calare il tono delle polemiche strumentali e che il passo compiuto dalle istituzioni venete possa portare finalmente ad inserire questo progetto formativo tra quelli verso i quali annualmente si potrà orientare la programmazione scolastica.
On. Angela Schirò
Camera dei Deputati

6 – MANOVRA: “VA BENE ROMPERE L’INCANTESIMO DELLA RIDUZIONE DEL DEFICIT PUBBLICO AD OGNI COSTO MA BISOGNA AD OGNI COSTO EVITARE CHE IL DEFICIT SI TRASFORMI NEL PAGAMENTO DI MAGGIORI INTERESSI”. Di Alfiero Grandi.
L’attenzione si è concentrata sul deficit pubblico al 2,4 %. Certo, è un segnale politico controcorrente rispetto agli impegni per il contenimento allo 0,8% nel 2019, ma che non è poi così nuovo visto che Renzi aveva proposto di portarlo al 2,9 % per 5 anni in un’intervista a Il Sole24ore l’8 luglio 2017. Un no pregiudiziale ad un deficit più rispondente ai bisogni del paese è incomprensibile, tanto per chi da anni sostiene che andrebbe tolto il vincolo del pareggio di bilancio inserito, all’epoca del governo Monti, nell’articolo 81 della Costituzione per subalternità all’austerità europea.

L’impegno a scendere allo 0,8 % è stato preso dai governi precedenti sapendo che era una promessa irrealizzabile, per di più scaricata su altri. Cancellare l’aumento dell’Iva vale da solo lo 0,8 %. Purtroppo da tempo i governi prendono impegni non realizzabili di abbassamento del deficit pubblico, salvo constatare a fine anno che l’obiettivo non è stato raggiunto. Questo trucchetto è stato usato da governi diversi.

Ora c’è un aggravante, bisogna fare i conti con una ripresa economica italiana che era già asfittica, la peggiore d’Europa, e ora è in rallentamento. Un taglio dell’intervento pubblico nell’economia provocherebbe un ulteriore peggioramento della situazione, con conseguenze sull’occupazione. Quindi il deficit pubblico allo 0,8% non è realizzabile, pena conseguenze gravi sul paese.

Va bene rompere l’incantesimo della riduzione del deficit pubblico ad ogni costo ma bisogna ad ogni costo evitare che il deficit si trasformi nel pagamento di maggiori interessi per aumenti dello spread e dei tassi, tanto più che nel 2019 l’Italia dovrà rinnovare più di 400 miliardi di debito pubblico. Quindi è decisivo come queste risorse in più verranno utilizzate. Non sprecarle è un imperativo che non ammette deroghe, altrimenti l’aumento del deficit diventerebbe un boomerang disastroso e i mutamenti repentini di opinione del governo e dei suoi Ministri non può che preoccupare.

È necessario evitare l’aumento dell’Iva altrimenti i consumi già sotto pressione per altri aumenti ne risentirebbero, il resto delle risorse va impegnato per la ripresa e l’occupazione e per intervenire sulle aree di povertà, la cui condizione non può attendere. Chi oggi invoca una linea di contenimento radicale del deficit dovrebbe spiegare quali sarebbero le conseguenze per questi interventi.

Le motivazioni alla base della scelta del governo non sono tutte nobili, pesa molto la sommatoria delle promesse elettorali di Lega e 5Stelle, che ora cercano lo spazio per mantenerle almeno in parte, ma la critica al governo non può concentrarsi sul deficit al 2,4%, perché anzi questo crea lo spazio per un intervento anticiclico. Il vero problema sono gli obiettivi spesso confusi e contraddittori, quindi i problemi sorgono sulle modalità di uso delle maggiori risorse rese disponibili dal 2,4% e a questo dovrebbe dedicarsi l’iniziativa dell’opposizione, almeno delle sinistre.

La scelta di aumentare il deficit non si può fare a cuor leggero, mettendosi contro tutti, con il rischio di subire una speculazione devastante proprio nella fase in cui è in esaurimento l’intervento della Bce di acquisto di debito pubblico e di calmieramento dei tassi. In altre parole quando l’ombrello della Bce si sta chiudendo. Per questo le sbruffonate non servono, anzi sono controproducenti, come lo sono le sceneggiate propagandistiche dai balconi, di pessima ascendenza, le esagerazioni verbali che talora richiamano l’infausto motto molti nemici molto onore.

Occorre serietà e consapevolezza delle sfide a cui si va incontro, che sono essenzialmente di 2 tipi:

1) come creare un rinnovato impegno europeista, diverso dal passato, che chiuda la fase dell’austerità come dogma e in questo governo e maggioranza vanno incalzati perché le loro sparate propagandistiche sono controproducenti. Oggi non c’è un progetto italiano per un’Europa diversa, a meno di prendere seriamente Salvini sul rapporto privilegiato con Orban e Seehofer.

2) Come spendere al meglio le risorse disponibili, evitando che la lievitazione del costo del debito si mangi le maggiori risorse; l’aumento dello spread genera qualche apprensione. Il problema non è solo il rapporto tra spesa per consumi e investimenti. Questa classificazione non è così netta, anche gli 80 euro del governo Renzi erano classificati come sconto fiscale. In una fase di domanda calante, di economia in rallentamento le misure che aumentano il reddito spendibile delle famiglie a basso reddito sono insieme equità sociale e un aiuto alla ripresa perché creano più domanda, molto di più che gli sgravi fiscali ai redditi alti, che invece entrano nella manovra su pressione della Lega. Anche le spese sociali diminuiscono la divaricazione tra i redditi e migliorano la coesione, mentre quelle per il lavoro aiutano uno sviluppo a più alta intensità e qualità di lavoro.
Le misure fiscali di cui parla il governo portano una forte impronta della Lega e sono sbagliate. I condoni sono sempre una sciagura, fanno sentire cretini i contribuenti onesti, aggiungo che sono stati condoni anche quelli dei governi Renzi-Gentiloni che hanno infranto una storica distinzione tra sinistra e destra. Non basta cambiargli nome, restano condoni. Questo governo fa come e peggio dei governi precedenti, con in più un impulso alla disuguaglianza tra i redditi perché la nuova tassazione premierà i redditi degli autonomi e medio-alti, esattamente il contrario di quello che serve. Purtroppo i 5 Stelle sul fisco sono subalterni alla Lega.
Le misure sulle pensioni possono favorire un ricambio tra generazioni nel lavoro, esattamente il contrario della legge Fornero che provocò un disastro bloccando per anni l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro. Così le imprese avranno lavoratori più giovani e motivati, che costeranno di meno, dove è sbagliata questa misura? Potrebbe essere scritta male e realizzata peggio ma l’idea in sé è buona.
Semmai occorre obbligare le aziende a sostituire i pensionandi, a non decentrare, a non perdere posti di lavoro.
Le misure per spingere le imprese ad investire possono essere utili ma andrebbero vincolate a creare occupazione aggiuntiva.
Gli impegni per nuovi investimenti pubblici sono un volano per la ripresa economica, vedremo le proposte, si può dire fin d’ora che scuole messe in sicurezza, territorio sottratto al degrado, servizi pubblici che vanno rinnovati o fatti ex novo dovrebbero essere parte decisiva delle misure. Le grandi opere non sono il demonio, ma occorre scegliere quello che serve a migliorare la vita delle persone e l’ambiente, coinvolgendo regioni ed enti locali. La sanità è vicina al collasso, la privatizzazione è dilagante, il servizio sanitario regge a fatica e non è più in larga misura nazionale, come si può pensare di togliere risorse anziché aumentarle?
Il reddito di cittadinanza per ora, al di là degli orpelli propagandistici è un aumento delle pensioni minime, scelta che può migliorare la condizione di aree di disagio sociale, vedremo come verrà proposta e realizzare. Migliorare il reddito di tante persone, il cui numero è raddoppiato in 10 anni, è importante e dovrebbe aiutare la ripresa, è una misura non molto diversa dagli 80 euro.
Questi interventi costano e quindi non si può ignorare il problema del debito, che potrebbe essere affrontato con misure come la riduzione delle spese e degli impegni militari.
È normale che la sinistra critichi il governo ma deve farlo da sinistra, non sembri una banalità. La critica per la critica non convince. Un’opposizione seria deve svolgere i suoi interventi per evitare che l’aumento del deficit diventi solo un’occasione per fare propaganda, sprecando un’occasione forse unica e quindi deve favorirne il miglior uso possibile.
In altre parole un intervento keynesiano non è banalmente spendere di più ma spendere bene, in modo utile e mirato, per obiettivi anticiclici e socialmente necessari. Il 2,4 % è solo il titolo, la sostanza inizia ora.
I toni e gli argomenti della maggioranza non aiutano al confronto, ma fallire questa opportunità sarebbe un danno per tutto il paese, a partire dalle aree più deboli e quindi occorre mantenere un atteggiamento fermo e costruttivo, perfino malgrado il governo.
DI Alfiero Grandi – * Vicepresidente del Comitato per la democrazia costituzionale

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