18 03 24 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO ALTRE COMUNICAZIONI.

1 – La desertificazione renziana e i corpi intermedi “mutanti” di Rachele Gonnelli. Renzi, ante Jobs Act, voleva ridurre l’intermediazione con i “corpi intermedi” per facilitare l’affermarsi di un diverso mercato del lavoro. Ci è riuscito? In parte. Ma soprattutto è iniziata una loro mutazione, ancora in corso.

2 – La comunità italiana dell’Ontario ha celebrato la rielezione alla Camera dei Deputati dell’On. Francesca La Marca, con una serata svoltasi presso la Montecassino Banquet Hall di Toronto. On. Francesca La

3 – L’ON. LA MARCA, partecipa alla festa di san Giuseppe a Montreal e ringrazia i suoi sostenitori

4 – Non ci salverà il premio di maggioranza. Abbiamo tentato in tutti i modi di lanciare l’allarme sui risultati nefasti di questa legge elettorale. Nessun ascolto. Il Rosatellum porta nel nome l’impronta indelebile di chi l’ha voluta fortemente.

5 – Oggi si conclude ufficialmente la XVII Legislatura e il mio mandato di parlamentare. Di M. Fedi.

6 – La Marca (PD): recupero della cittadinanza, giornata degli italiani nel mondo e patenti. I miei primi impegni parlamentari.


 

1 – La desertificazione renziana e i corpi intermedi “mutanti” di Rachele Gonnelli. Renzi, ante Jobs Act, voleva ridurre l’intermediazione con i “corpi intermedi” per facilitare l’affermarsi di un diverso mercato del lavoro. Ci è riuscito? In parte. Ma soprattutto è iniziata una loro mutazione, ancora in corso. Da Left marzo 2018.
La cassiera bionda mugugna contro l’associazione caritatevole che raccoglie all’uscita del supermercato scatolame e pasta da dare ai poveri. No, non c’è per lei un grande aggravio di lavoro in un sabato come sempre convulso e dedicato alla spesa delle famiglie in un quartiere semi periferico della capitale. “Ci mancavano anche questi, tanto a cosa vuoi che serva..”. Ed è vero, certamente i poveri non diminuiranno con questo aiuto alimentare ma non pare, la sua, una considerazione critica sulle iniziative di “charity”, quanto piuttosto un fastidio per la rottura di un tran tran in cui il tempo e l’attenzione devono essere interamente assorbiti dal registratore di cassa, dai resti da dare, dalla cena a casa da preparare.

L’Italia del rancore e della paura del declassamento sociale descritta nell’ultimo rapporto Censis non è solo quella che si vede dai risultati delle urne. Se il Censis certifica che l’84 per cento degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, nel rapporto Istat sul Benessere sociale 2017 c’è un dato ancora più inquietante. Gli adulti, giovani sopra i quattordici anni o meno giovani, che ritengono sia ragionevole avere fiducia negli altri (intesi come la gran parte delle persone con cui si può venire in contatto) raggiungono appena la percentuale del 19,7 per cento, quando in un paese come la Danimarca questo indice della fiducia generalizzata raggiunge il picco del 70 per cento.

La diffidenza non appare neanche giustificata da una società diventata del tutto atomizzata. L’Italia conserva una innervatura ancora potente di reti amicali e parentali, tra le più estese e capillari d’Europa e dei paesi dell’Ocse. Il 91 per cento della popolazione sostiene di poter contare in caso di necessità sull’aiuto di amici e familiari. Un welfare fai-da-te che è stato messo a dura prova negli anni della crisi, tanto che la storica propensione al risparmio e all’investimento sul mattone delle famiglie italiane è precipitata nell’ultimo biennio.

Ciò che diminuisce da un anno all’altro è la quota di italiani che parla o si informa di politica su qualsiasi “media” e “device”almeno una volta a settimana. Siamo al 36 per cento se si considera chi si arrischia a esprimere un’opinione, e al 58 per cento se si prende in esame chi semplicemente ha letto o postato opinioni politiche condivise sul web almeno una volta nei tre mesi precedenti l’intervista del campione. E il drastico calo di interesse riguarda tutte le fasce d’età, senza distinzioni tra uomini e donne e tra Nord e Sud, anche se risulta più accentuato nei comuni con meno di diecimila abitanti.
Un “Mondo piccolo” che si sente sempre più lontano dal centro ma che soprattutto sembra deciso a sprangare le finestre, barricandosi anche nei riguardi di ciò che succede sotto casa, come la stragrande maggioranza dei cittadini di Macerata ha fatto di fronte al grande corteo antifascista in risposta alla tentata strage di Traini.
Era la Leopolda del 2014, un lustro fa, quando Matteo Renzi, divenuto premier da pochi mesi e alla vigilia del varo dei primi decreti Poletti che costituiscono il Jobs Act, si produce in un attacco a testa bassa dei “corpi intermedi” sollecitando una completa “disintermediazione sociale”, parole sue, per fare spazio alle “magnifiche sorti e progressive” delle nuove forme di lavoro e relazione, ciò che oggi, più compiutamente, viene definito capitalismo di piattaforma, da Amazon a Deliveroo passando per Uber e Airbnb.
All’epoca lui disse “corpi intermedi” e tutti capirono che ce l’aveva con i sindacati, in primis la Cgil, da subito ostile al Jobs Act e alla fine di una politica di concertazione. Ma i sindacati, che pure nei due anni seguenti, hanno subìto una vera e propria emorragia di iscritti, non sono gli unici corpi intermedi. E anche loro, nel frattempo, hanno seguito una mutazione seguendo il corso della trasformazione del mercato del lavoro. Hanno ad esempio aumentato le loro funzioni di “advocacy”, cioé di intermediazione o di servizio agli utenti-iscritti attraverso i patronati.

La società ha subìto una dinamica accelerata di precarizzazione delle condizioni di lavoro che ha accompagnato la rapida ascesa della cosiddetta Gig economy, l’economia dei lavoretti, delle prestazioni “on tap”, cioè a gettone – prima a voucher e ora a contratti a tempo determinato – vivamente caldeggiata nel 2014 dall’influente rivista Economist all’Italia. Veniva proposta come modello per uscire dall’angolo in cui la crisi del 2008 e i suoi “peccati storici” di contrattualismo e “eccessivo peso” della legislazione sul lavoro l’avrebbero relegata.

E ora che il nuovo mondo è arrivato, viene da chiedersi che fine abbiano fatto i corpi intermedi, come si siano anch’essi trasformati, considerando che persino nella dottrina sociale cattolica e liberale classica sono considerati come specchio delle modificazioni del mercato del lavoro ma anche come palestra di educazione al civismo e alla partecipazione collettiva alla cosa pubblica, colonna portante della democrazia partecipata non solo nell’ottica dei costituenti, anche dalle teorie di Alexis de Tocqueville e Montesquieu.

Nel rapporto Bes dell’Istat non si rileva una diminuzione sostanziale della partecipazione civica e politica dei cittadini, che resta al 63 per cento, né dell’adesione a forme di volontariato organizzato nel Terzo settore. Qui però i soggetti presi in esame sono quelli più strutturati: partiti, sindacati, associazioni ecologiste e di tutela dei consumatori, o quelli della cosiddetta “multilevel governance”, cioè partecipazione a più livelli della società civile.

Rientra in quest’ultima categoria, ad esempio, la coalizione di reti per la promozione della cittadinanza attiva e per gli interventi di rigenerazione di spazi urbani e beni comuni che fa capo al modello di sussidiarietà orizzontale promossa da Labsus. Queste esperienze, dalla pulizia di un parco pubblico, alla manutenzione di una pista ciclabile, alla tinteggiatura delle aule da parte di un gruppo di genitori sono in aumento, soprattutto nel centro Italia e nelle città sopra i 20 mila abitanti, meno nel Nord-Est.

Si tratta comunque di realtà in cui singoli e associazioni collaborano con dirigenti scolastici e enti territoriali, firmando regolamenti di gestione condivisa di spazi pubblici. Mille patti di questo tipo che finora hanno escluso, con effetti disastrosi di desertificazione del tessuto sociale urbano, la capitale governata dal Movimento Cinque Stelle.

Le relazioni istituzionali e politiche non mancano neanche ai volontari con raschietto e pettorina dell’associazione anti degrado urbano Retake, finita nell’incubatore di startup dell’università confindustriale Luiss e organizzatrice di seminari di approfondimento sui programmi politici durante la campagna elettorale appena finita.

Quanto al finanziamento alle ong, persino Medici senza Frontiere – l’organizzazione più grande impegnata nel soccorso in mare dei migranti e in prima linea nello scontro sulla firma del codice di condotta Minniti e nella campagna diffamatoria sui “taxi del mare” – alla fine non ha accusato forti perdite di donazioni. Dai dati parziali del bilancio 2017 risulta infatti che i circa 107 mila donatori regolari e maggiormente motivati hanno incrementato i loro sforzi, coprendo l’ improvvisa interruzione di un trend di crescita del 9 per cento annuo, successivamente alla campagna “taxi del mare”, proseguita poi in tutta questa campagna elettorale con toni ancora più beceri.

Ma si sta facendo strada anche un’altra forma di soggettività sociale basata sull’autorganizzazione e un nuovo tipo di mutualismo. Ne dà conto la ricerca Commonfare sul welfare dal basso, realizzata da Bin (Basic Income Network) Italia in collaborazione con l’Università di Trento.

Fabbriche occupate e trasformate in laboratori artigiani come Rimaflow a Milano o le Officine Zero a Roma, spazi coworking che mettono insieme lavoratori freelance, ambulatori e palestre popolari, asili autogestiti, gruppi di acquisto solidale, di produzioni agroalimentari diverse e di cure alternative, attività di microcredito come il fondo etico delle Piagge a Firenze, occupazioni di case con spazi comuni.

Il centro sociale napoletano Je so’ Pazz è però l’unica di queste realtà a essere uscito dalla frammentazione di queste esperienze, anche bellissime ma che cercano di dare risposte a bisogni specifici e spesso non si conoscono neppure tra loro, per proporsi come modello generale alternativo, per una nuova società, partecipando da protagonista alla nascita della lista Potere al popolo.

Questo mondo pulviscolare e ancora disperso che ha preso il posto in modo disorganico a compiti sia dello Stato sociale sia delle case del popolo e dei sindacati, resta ancora scollegato al suo interno e privo di istanze politiche coordinate. E ancora tutto da studiare, per gli sconfinamenti che ha sia nel campo del consumo critico sia della produzione, e non ultimo nella generazione di istanze politiche nuove. Sempre che non se ne impadronisca una piattaforma non troppo diversa dalle altre.
Da Left del 9 marzo 2018

2 – La comunità italiana dell’Ontario ha celebrato la rielezione alla Camera dei Deputati dell’On. Francesca La Marca, con una serata svoltasi presso la Montecassino Banquet Hall di Toronto. On. Francesca La

Circa duecento invitati hanno salutato l’avvenuta conferma dell’On. La Marca al Parlamento italiano insieme all’ottimo risultato elettorale che l’ha vista ottenere oltre 8.600 voti, risultando la prima tra gli eletti in ordine di preferenze in Nord e Centro America.

Rivolgendosi alla folta platea di amici e sostenitori, La Marca ha esordito ringraziando ognuno per l’impegno e per il contributo offerti durante la recente campagna elettorale. “Non avrei potuto farcela senza il vostro aiuto” ha sottolineato La Marca “e questa vittoria
appartiene a tutti noi”.
La Marca ha poi riconfermato la promessa già fatta all’inizio della scorsa legislatura, quella di “mantenere contatti sempre più forti e stretti con i nostri connazionali – a prescindere dall’appartenenza politica – incontrando le nostre comunità in Canada, così come nel resto del Nord e Centro America”.
Nel corso di alcune interviste con la stampa locale, l’On. La Marca ha sottolineato il suo rinnovato impegno affinché in Parlamento venga anzitutto approvata la proposta di legge per il riacquisto della cittadinanza italiana, per tutti coloro che l’avevano perduta.

3 – L’ON. LA MARCA PARTECIPA ALLA FESTA DI SAN GIUSEPPE A MONTREAL E RINGRAZIA I SUOI SOSTENITORI Sabato, 17 marzo, l’On. La Marca ha partecipato alla tradizionale festa annuale di San Giuseppe, organizzata dall’associazione jelsese di Montreal, sotto la guida del Presidente Andrea Passarelli e dal Comitato esecutivo. Per tradizione vengono offerte in segno di solidarietà e amicizia tredici portate di magro in presenza di figuranti che impersonano la Sacra famiglia. Alla festa hanno partecipato anche altre associazioni molisane, essendo questo rito praticato e diffuso in molti paesi della regione di provenienza. Nel suo saluto, La Marca si è compiaciuta per la osservanza di quest’altra bella tradizione che si affianca alla Festa del grano dedicata Sant’Anna; ha inoltre ringraziato la comunità jelsese per il sostegno dimostratole. La parlamentare ha poi menzionato la sua visita a Jelsi (CB) a dicembre, parlando della sua esperienza personale in quel comune e dell’importanza di mantenere vivi i rapporti tra Montreal e il paese di origine per consolidare e trasmettere le proprie radici. Domenica, 18 marzo, l’On. La Marca ha voluto ringraziare i suoi sostenitori residenti a Montreal nel corso di un incontro conviviale. Nel suo intervento, la deputata ha sottolineato il lavoro di squadra che si è fatto e ha ribadito di essere al servizio della comunità di Montreal, promettendo di mantenere stretti legami come nella scorsa legislatura. Ha accennato inoltre al difficile quadro politico che si è determinato in Italia a seguito delle recenti elezioni e ha ribadito che lavorerà per tutti gli italiani della ripartizione, a prescindere dall’affiliazione politica: “Prima di tutto gli italiani del Nord e Centro America”.

4 – NON CI SALVERÀ IL PREMIO DI MAGGIORANZA. ABBIAMO TENTATO IN TUTTI I MODI DI LANCIARE L’ALLARME SUI RISULTATI NEFASTI DI QUESTA LEGGE ELETTORALE.
NESSUN ASCOLTO.
IL ROSATELLUM PORTA NEL NOME L’IMPRONTA INDELEBILE DI CHI L’HA VOLUTA FORTEMENTE.
Ci sono stati anche furbi comprimari che l’hanno condivisa come fi e lega e degli entusiasti sostenitori come il governo Gentiloni che ha messo ben 8 fiducie per ottenerne l’approvazione, malgrado all’insediamento avesse promesso che avrebbe lasciato fare al parlamento.
Il parlamento non ha potuto cambiare una virgola dell’intesa tra Pd, Lega e FI.
Il punto non è il sommovimento politico che c’è stato e nessun sistema elettorale poteva nascondere. Mentre il Pd e il governo continuavano a dipingere la situazione del paese in rosa, come se fosse possibile dipingere la realtà diversa da quella che è, altri hanno dato voce al malessere profondo di un aumento della povertà e della divaricazione sociale denunciati anche dalla Banca d’Italia e dalla caduta libera del ruolo del lavoro, dall’aumento esponenziale della precarietà.
Chi ha dato voce al malessere è stato premiato. La resistenza ad ammettere la verità ha finito con il caricare una potente molla anticasta, vissuta come sempre più sorda e lontana. L’esito era prevedibile e previsto ma c’è chi testardamente si è rifiutato di affrontare la realtà. Lega e 5Stelle sono cresciuti entrambi, per ragioni non sovrapponibili. Avere due vincitori si è rivelato un problema difficile da risolvere, se dovessero sovrapporsi troppo uno dei due sarebbe destinato a soccombere all’altro.
Il Pd ha scelto un aventino rancoroso chiamandosi fuori. Formare un governo sarà complicato. Farlo vivere ancora di più.
Per questo ora è tornata con grande forza di attualità la legge elettorale perchè è evidente che potrebbe essere necessario tornare a votare tra alcuni mesi e non si può fare con questa legge elettorale, con buona pace di Berlusconi.
Potremmo dire che era prevedibile. Al punto che abbiamo avviato a metà febbraio (prima del voto) una raccolta di firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per rivedere il rosatellum con quattro punti di fondo.
1)Anzitutto voto disgiunto tra uninominale e liste, del resto in Lombardia e Lazio si è votato per i Presidenti e in modo disgiunto per le liste, perchè non si può fare per il parlamento ? Per di più è questione in odore di incostituzionalità.
2)Rendere il voto per l’uninominale proporzionale e non maggioritario, come era anni fa il voto per il Senato.
3)Consentire la preferenza, o due di genere diverso, nella lista plurinominale, insieme al voto disgiunto, anche in questo caso come per le Regioni.
4)Consentire la presentazione di tanti candidati quanti sono i seggi plurinominali in palio in modo da evitare le trasmigrazioni dei seggi da una regione all’altra, compresa la ridicolaggine che a distanza di quasi due settimane l’elenco degli eletti non è ancora completo. Vietare le liste civetta: chi non arriva al 3 % non viene conteggiato.
I principi sono semplici: il cittadino sceglie chi eleggere parlamentare e la ripartizione dei seggi è sostanzialmente proporzionale.
Gira notizia che tra i due soggetti che hanno guadagnato di più potrebbe avviarsi un dialogo per arrivare al voto con una nuova legge elettorale, se è così chi si chiama fuori continua a sbagliare.
Suggeritori interessati propongono di arrivare ad un premio per garantire una maggioranza parlamentare comunque, in nome della governabilità.
Il premio di maggioranza è sbagliato, probabilmente incostituzionale, perfino inutile. E’ sbagliato perchè dà al voto dei cittadini peso diverso, uno può pesare il doppio dell’altro, senza dimenticare che per cambiare la Costituzione è prevista una soglia che verrebbe alterata dal premio di maggioranza. Come è avvenuto con la manomissione della Costituzione tentata da Renzi, per fortuna bocciata il 4/12/16. Torneremmo a tentativi di manomettere la Costituzione e questa volta è certo che si tenterebbe di arrivare ad una qualche forma di presidenzialismo. Inoltre già ora un premio di maggioranza c’è, Di Maio ha ricordato che M5S ha il 32 % dei voti e il 36 % dei parlamentari, più della percentuale dei voti. Può bastare.
Incostituzionale perchè la Corte aveva già dichiarato che occorre mantenere un eventuale premio di maggioranza entro limiti precisi, ad esempio una soglia del 40 %, livello non raggiunto il 4 marzo. Proporre un premio di maggioranza ora vuol dire alterare profondamente perfino i blandi limiti della Corte, perchè mai dovrebbe essere consentito ?
Inutile, perchè il problema politico è definire un governo, che può essere anche di minoranza, in grado di proporre e fare approvare alcune misure urgenti e importanti ed è sicuro che il nostro paese apprezzerebbe una discussione pubblica trasparente su cosa fare e comportamenti coerenti. In definitiva confrontarsi,cercare sintesi non sono bestemmie ma compiti essenziali della politica. Cercare una maggioranza ad ogni costo, anche con alterazioni numeriche importanti sulla basi di leggi elettorali compiacenti, potrebbe portare rapidamente a mutamenti di aspettative e di voto.
La priorità dovrebbe essere rispondere alle aspettative, alle urgenze, non cercare blindature di potere.
Per questo è importante che le nostre proposte vengano sostenute e arrivino presto in parlamento con la forza necessaria.
Alfiero Grandi da “Il Fatto Quotidiano 20 marzo 2018i “

5 – Cari amici, oggi si conclude ufficialmente la XVII Legislatura e il mio mandato di parlamentare.
Prima di tutto, desidero comunicare ai pochi interessati che non ho alcuna intenzione di “abbandonare” la politica. Per ora ho solo “abbandonato” questo Partito Democratico.

Per i tanti che hanno provato a contattarmi sul mio cellulare australiano, non sono ancora rientrato a Melbourne, ma lo farò nei prossimi giorni quando avrete occasione di seguire il mio lavoro nella comunità anche su una serie di questioni importanti per gli italiani nel mondo.

A proposito dell’attualità, ed in particolare della sconfitta PD, del governo e della legislatura che sta per iniziare, credo che il Partito Democratico dovrebbe utilizzare i prossimi mesi per una discussione seria e aperta sulle ragioni politiche della sconfitta, ma soprattutto per discutere le ragioni per continuare a stare insieme, il progetto politico che deve unire gli iscritti e gli elettori.

Il PD è alternativo al centro-destra ed al M5S. Non ho dubbi che oggi la collocazione deve essere quella dell’opposizione. Il problema è che senza maggioranza e governo non può esistere neanche l’opposizione.
Matteo Renzi si è dimesso assumendosi responsabilità politiche piene, come un buon leader dovrebbe fare. Ha detto cose giuste, purtroppo con la consueta superbia e presunzione. Quella dichiarazione, sulla collocazione politica dopo il voto, doveva farla la Direzione del Partito, in attesa di una discussione piena in assemblea e successivamente di una fase congressuale del tutto urgente. Ed andavano fatte, quelle dichiarazioni, con un forte senso delle istituzioni, tenendo presente che il passo iniziale politico è di chi è stato premiato dal voto, anche se non in grado di formare da solo un governo, quindi Centro-Destra e M5S. Il passo istituzionale, invece, compete al Presidente Mattarella: e qui non possiamo dire “mai” semplicemente perché il “mai” preventivo è poco istituzionale.
Dopodiché mi rendo conto perfettamente della complessità della situazione e del fatto che il Partito Democratico non può scegliere un’alleanza con il centro-destra e tantomeno il M5S.

Il problema, comunque, non è solo Matteo Renzi ma tutta la generazione di leader che a lui si sono accodati, rinunciando a qualsiasi analisi critica. E quelli che hanno espresso una critica non sono riusciti, a volte anche per senso di responsabilità, a dare un peso politico pieno alle loro posizioni all’interno del PD. Un grande partito, così articolato, deve saper strutturare le posizioni interne, altrimenti rischia di dare due immagini opposte, ma sul piano pratico equivalenti: implosione e allineamento. In entrambi i casi l’immagine, e i risultati, sono negativi.

* * *

C’ERA UNA VOLTA L’ANALISI DEL VOTO…
La mia ultima newsletter doveva essere interamente dedicata al futuro, con un saluto affettuoso a Roma ed alla politica parlamentare.
Tuttavia le valutazioni che la responsabile per gli italiani nel mondo del PD, Anna Grassellino, ha fatto pubblicamente sul risultato del voto all’estero mi hanno indotto a cambiare direzione.

Dedicherò quindi al Partito nel quale ho militato fino alle recenti elezioni e come ex-parlamentare alcune brevi riflessioni.

Cara Grassellino, ti rendo noto, nel caso tu non abbia avuto modo di verificarlo, che il centro-sinistra e il PD da quando si vota per la circoscrizione Estero hanno sempre vinto. O meglio, il nostro è stato sempre il primo partito, prima come asse portante dell’Unione nel 2006 e poi come PD dal 2008 ad oggi. Nessuna sorpresa quindi che si sia confermato anche questa volta. La vera domanda, semmai, è: che cosa sta accadendo intorno a noi e fino a quando questa prevalenza potrà reggere?

Il recente risultato del PD, dunque, non è “in controtendenza”, come tu dici, proprio con niente. Nel 2006 il “santo subito” rivolto a Tremaglia, che per supponenza aveva diviso lo schieramento di centrodestra sperando in un plebiscito personale, dà un’idea di come andarono le cose. Neanche allora “in controtendenza” perché si trattò all’estero dell’esordio di una “tendenza” destinata a durare nel tempo. Nel 2008 a livello nazionale vinse il centro-destra, eppure nel mondo si affermò il PD, nonostante la perdita di due senatori. Nel 2013 all’estero ci siamo confermati primo partito, perdendo un deputato in Europa ma recuperando al Senato l’assetto iniziale con 4 eletti.

Nel 2018, invece, abbiamo perduto due senatori. In termini di seggi, quindi, nelle ultime elezioni abbiamo subito una sconfitta, anche se restiamo il primo partito e otteniamo percentuali che vanno dal 29% al 33% in tutte le ripartizioni, meno che in Sud America, dove arretriamo.

La tendenza, se vogliamo configurarla dal punto di vista politico e anche aritmetico, è che abbiamo recuperato, insieme al centro-destra, i voti che nel 2013 erano andati alle liste di Mario Monti.

Se a nostra volta non avessimo subito fenomeni di emorragia, avremmo dovuto vincere alla grande, confermando i 4 senatori. Invece abbiamo perduto, e non poco, verso il M5S. E se non ritroviamo un modo di essere centro-sinistra nel mondo, di dare un’idea di squadra coesa e pronta a fare gli interessi dell’Italia e degli italiani nel mondo, rischiamo molto alle prossime elezioni.

Questo sul piano politico. Sul piano della strategia elettorale ti rendo noto, perché temo che tu nemmeno lo sappia, che il cardine della costruzione delle nostre liste è sempre stato la logica di coalizione, di unità di tutte le forze di centrosinistra. È stato in tutte le precedenti occasioni un esercizio faticoso volto a tenere insieme forze anche diverse, ma vincente. Se anche questa volta ci fossimo posti il problema di evitare la concorrenzialità nel nostro campo, fra le tante liste che si richiamavano al centrosinistra e alla sinistra, avremmo potuto difendere i nostri due senatori. Magari, marcando la nostra presenza con un forte coordinamento della campagna elettorale, ripartizione per ripartizione, che invece è mancato totalmente. Ognuno per sé e Dio per tutti.

Sono sicuro, purtroppo, che a queste mie considerazioni non si darà ascolto e tantomeno peso. Il vecchio PD ha delegato a personalità distanti dalla realtà degli italiani nel mondo e a parlamentari nazionali il compito di coordinare un settore che richiede conoscenza dei temi e dei problemi, esperienza dei diversi contesti ambientali, capacità di analisi politica e soprattutto “coraggio”.

Ma coraggio vero, quello del confronto e delle idee, del dire sempre ciò che si pensa, del difendere le situazioni che si conoscono, dell’agire di conseguenza e con coerenza. Precisamente il contrario dell’acquiescenza opportunistica che ha contraddistinto l’ultimo PD.

Poiché dubito che qualcosa possa cambiare, almeno nei tempi che la situazione ci impone, riprendo la mia autonomia con determinazione e chiarezza dopo aver assolto, fino in fondo, il mio dovere di parlamentare eletto nel Partito Democratico.

Ai nuovi eletti faccio i migliori auguri, sapendo che questa legislatura sarà durissima, comunque vadano le cose. Consapevole che vi saranno pressioni politiche fortissime per “rivedere o modificare radicalmente” l’esercizio in loco del diritto di voto: questione sulla quale ripetutamente ho insistito, inascoltato, affinché si evitasse quello che è accaduto, cioè cambiamenti dell’ultima ora, opportunistici, in assenza di una vera riforma che puntasse a migliorare le operazioni di voto.

Consapevole che la vera unità nel mondo deve essere costruita nell’alveo delle forze progressiste, tra le generazioni, tra coloro che vivono e lavorano stabilmente all’estero e i protagonisti delle nuove mobilità, tra connazionali, in sostanza, che sono la rappresentazione più vera ed autentica di una italianità diffusa, senza confini intellettuali, reddituali e di genere. Senza commettere l’errore di orientare la nostra attenzione, e le scelte politiche conseguenti, unicamente verso le categorie che ci sono più vicine. Il mondo è complesso e quello degli italiani all’estero non è da meno.

Nella campagna elettorale appena conclusa il nostro messaggio è stato debole rispetto a quella visione moderna degli italiani nel mondo, necessaria perché essi possano avere il ruolo strategico sempre invocato per l’internazionalizzazione dell’Italia. Un messaggio talvolta appesantito da una specie di blocco culturale su temi superati dall’evoluzione storica e dalla realtà delle cose.
È tempo, dunque, di abbandonare al più presto atteggiamenti consolatori e autoassolutori e di aprire con determinazione e spirito di libertà il cantiere culturale e politico che ci consenta di proiettare le forze di rinnovamento oltre le difficoltà di questa difficile fase, che probabilmente non sarà breve.
La mia newsletter continuerà a raggiungervi periodicamente per aggiornarvi sulla mia attività e sulle questioni che ci riguardano, con la speranza che questo canale di comunicazione possa essere anche uno strumento per condividere idee, opinioni, progetti.
E ora, concludendo, permettetemi di ringraziarvi e di salutarvi con sincero affetto.

6 – LA MARCA (PD): RECUPERO DELLA CITTADINANZA, GIORNATA DEGLI ITALIANI NEL MONDO E PATENTI. I MIEI PRIMI IMPEGNI PARLAMENTARI. ROMA, 23 MARZO 2018
“Nel corso della campagna elettorale ho detto agli elettori che i miei primi atti parlamentari sarebbero stati dedicati alla questione del recupero della cittadinanza, alla istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo e agli accordi operativi con i governi delle Province del Canada per il reciproco riconoscimento delle patenti di guida.
Oggi, primo giorno della nuova legislatura, all’atto dell’insediamento della Camera dei deputati, ho presentato due proposte di legge sulla cittadinanza, l’una per il recupero da parte di coloro che l’hanno perduta dopo il loro insediamento in paese straniero per ragioni di lavoro, l’altra per il riconoscimento a favore delle donne, e dei loro discendenti, per matrimonio con cittadino straniero.
Ho consegnato, inoltre, la proposta di legge per l’istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo, che lo scorso anno è stato approvato a larghissima maggioranza dalla Camera e che si era fermato al Senato per la scadenza della legislatura.
Ho già provveduto infine a interrogare il Ministro degli esteri e quello delle infrastrutture e trasporti per sapere quali siano i tempi prevedibili per la stipula degli accordi con i governi provinciali del Canada affinché l’accordo quadro sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida possa diventare finalmente operativo e dare i vantaggi attesi da tanti interessati.

“Impegno, serietà e trasparenza” è stato il mio messaggio elettorale. Impegno, serietà e trasparenza saranno le regole di condotta della mia azione parlamentare”. On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.

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