Assange è libero!

Ho conosciuto John Shipton, padre di Julian Assange, in un assolato pomeriggio autunnale del 2022 sulle rive del fiume Yarra, nel centro di Melbourne. John era appena rientrato da un viaggio negli States per perorare la causa del figlio. Era molto stanco e non proprio fiducioso sulla sorte di Julian, anche se il suo spirito, dietro la sua immagine di uomo mite, restava combattivo.

Eravamo tutti lì per una manifestazione organizzata dai collettivi australiani per la liberazione di Assange e per l’occasione era arrivato dall’Italia anche Davide Dormino, lo scultore dell’opera “anything to say”, che raffigura a grandezza naturale Julian Assange, Edward Snowden e Chealsea Manning in piedi su tre sedie e al loro fianco una sedia vuota, dove chiunque può salire e parlare.

Un monumento al coraggio e alla libertà di parola che Dormino ha portato in giro per tutto il mondo e che quel giorno era arrivato fino a Melbourne. Quella sera, dopo una manifestazione durata ore, siamo andati tutti a mangiare in un pub non lontano e parlando con John e con i veterani della lotta per la liberazione di Assange, si percepiva che le speranze di rivedere Julian tornare libero a casa a Melbourne erano davvero poche.

Nessuno però, nemmeno per un momento, aveva pensato di abbandonare la lotta. È a queste persone e a chi come loro, in tutto il mondo, non ha chinato la testa, che si deve davvero la liberazione di Julian Assange lo scorso 25 giugno. Una liberazione, che dopo anni di sofferenze, è arrivata quasi all’improvviso e per la quale è stata anche determinate l’azione diplomatica sotto traccia del governo australiano guidato dal Primo Ministro laburista Anthony Albanese.

Albanese fin da quando era leader dell’opposizione si è sempre schierato per il rilascio di Assange e il suo rientro in Australia e quando è diventato Primo Ministro non ha mai cambiato linea, supportando una forte, ma molto silenziosa, azione diplomatica nei confronti degli Stati Uniti condotta da un altro grande sostenitore della liberazione di Assange, l’ambasciatore australiano a Washington ed ex Primo Ministro, Kevin Rudd.

Alla fine, per una serie di coincidenze politiche e per la forte difficoltà in cui si trova l’attuale amministrazione americana, questi sforzi sono stati premiati, sebbene Assange si sia dovuto dichiarare colpevole di almeno un capo di imputazione.

La sua liberazione ha portato una ventata di emozione e speranza in tutta l’Australia e in tutto il mondo, solo in parte intercettata dai media mainstream, che ancora una volta hanno dimostrato una ipocrita sudditanza psicologica nei confronti del potere americano, non rendendosi conto del tradimento che continuano a perpetrare nei confronti della propria missione di contropotere. In molti hanno rilanciato le accuse, mai provate, nei confronti di Assange, in questo gioco di peloso racconto super-partes della realtà che, di fatto, strizza sempre l’occhio ai più potenti.

Quella sera, sulle rive del fiume Yarra, in piedi sulla sedia in bronzo, accanto alle raffigurazioni di Assange, Snowden e Mannings, era salito a parlare anche David McBride, ex ufficiale dell’esercito britannico ed ex legale dell’esercito australiano che, nel 2016, ha denunciato i crimini di guerra dei soldati australiani in Afghanistan, fornendo tutta una serie di documenti all’emittente pubblica ABC.

McBride ha raccontato dell’inferno in cui lui e la sua famiglia si sono trovati in quel momento, delle tante volte in cui si è trovato sull’orlo del suicidio, dal quale è stato salvato solo grazie all’amore delle sue figlie adolescenti e al sostegno delle tante persone che gli sono state accanto in questi anni.

Perseguito legalmente dal governo australiano, il 14 maggio del 2024, quarantuno giorni prima che Assange rimettesse piede, libero, a Melbourne, David McBride perdeva la sua di libertà e veniva condannato da una corte australiana a cinque anni e otto mesi di galera. I

l potere, insomma, non cambia, mostra solo un volto diverso a seconda delle circostanze. Ciò che veramente separa uomini coraggiosi come Assange e McBride dalla morte, siamo solo noi.

Luca M. Esposito

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