Un terremoto devastante nel mezzo di una crisi geopolitica gravissima. Ricostruzione avrà bisogno di pace

di Alexander Vaskries

 

Sono centinaia di migliaia i morti in Siria e Turchia dopo il terremoto, con i soccorsi che continuano a scavare tra le macerie dei migliaia di edifici distrutti alla ricerca di sopravvissuti e dispersi.

L’epicentro del terremoto si è verificato in Turchia ed ha colpito la faglia dell’Anatolia orientale. Il suolo a causa della scossa si è spostato di almeno tre metri. Un disastro apocalittico che lascia il cuore pieno di dolore e di sofferenza. Nelle sciagure si fa immediatamente appello a Dio. Perché è accaduto? Come mai non ha fermato il fragore della natura? Nella Bibbia, questo tipo di segni sono conseguenti all’”umore di Dio”, nei confronti degli uomini, che si allontanano dal suo insegnamento. Nel corso della storia le riflessioni teologiche e bibliche, in tale contesto molto complesso, hanno prodotto diverse interpretazioni in contrasto tra loro. Gli oltranzisti affermano che i terremoti sono un avvertimento di Dio, nei confronti dell’umanità per purificarla dal peccato come era avvenuto con il diluvio universale, altri invece sostengono che Dio è amore e non c’entra nulla con i cataclismi e la conseguente morte di tanti uomini, donne, bambini e anziani innocenti.

Gli ambientalisti dicono che è la natura che si ribella all’uomo, come causa della poca cura e custodia e al depredamento selvaggio delle risorse naturali. Altrettanto sappiamo che in diverse rivelazioni private legate ad apparizioni mariane, la Vergine Maria, mette in guardia l’umanità. Per evitare terremoti, pestilenze e altre cose del genere, occorre pregare, affinché venga scongiurato il pericolo. Insomma una miriade di scenari diversi, per cercare in qualche modo di spiegare ed evitare simili disastri che destabilizzano i popoli e le nazioni.

L’intensità distruttiva del terremoto, purtroppo ha avuto un ritorno devastante nell’opinione pubblica mondiale, in quanto è avvenuto in due paesi che negli ultimi anni sono stati al centro di guerre e di interessi geopolitici che coinvolgono i rapporti dell’Occidente con il medio Oriente, e con l’altra parte del mondo rappresentato dalla Russia e i suoi paesi di influenza. Conosciamo bene le dinamiche degli ultimi mesi. La Turchia è diventata di colpo un partner importante nella questione ucraina. E non solo. Si sono spalancate strade inedite con i vicini siriani e con Israele. Tante le prove di riavvicinamento che hanno messo in fibrillazione le cancellerie del “mondo libero”. Sul tavolo diverse questioni dei due paesi confinati: il contenimento dei curdi, la “riconciliazione” tra Erdogan e Putin che ne ha prodotto un cambio significativo nella politica estera (forse anche dettata dall’avvicinarsi delle elezioni e del consenso dei cittadini); e infine le relazioni da ricalibrare tra USA e Turchia che comunque rimane un membro importante della NATO con tutte le conseguenze del caso. La Turchia dispone di un ventaglio di opzioni in termini economici e geopolitici più ampio di quello di Israele, il cui principale obiettivo rimane la propria difesa. Da una prospettiva turca è indubbio che nell’attuale scenario mediorientale la partnership con Israele non ha più lo stesso peso che aveva nel decennio precedente. Allo stesso tempo la Turchia non può permettersi di alienarsi del tutto Israele anche perché ciò sarebbe in contrasto con la sua politica di stabilità e integrazione regionale. Ma una ridefinizione delle relazioni bilaterali alla luce degli interessi di entrambe le parti nel mutato scenario mediorientale difficilmente potrà avvenire con le attuali leadership politiche e finché la questione palestinese, di cui Erdoğan è diventato il campione nel mondo arabo, non troverà soluzione. Subito dopo il terremoto, Israele è stato uno dei primi paesi ad offrire aiuto e sostegno al popolo turco. Negli account social ufficiali dello stato ebraico, da almeno due giorni si susseguono post corredati da foto degli aiuti inviati. Addirittura il Comune di Tel Aviv ha proiettato nella facciata in segno di solidarietà la bandiera turca.

E ancora la “mediazione turca” nella guerra in Ucraina. “Si è giunti a quanto vediamo con i nostri occhi, attraverso un processo avvenuto negli ultimi anni, sostanzialmente a partire dal 2016, anno del tentato golpe contro Erdogan. Da allora la Turchia ha incrementato i suoi legami con la Russia ponendosi in una sorta di posizione di equidistanza tra la Russia da un lato e la Nato, cioè Stati Uniti, dall’altro. La Turchia è un paese Nato, ma intrattiene importanti relazioni con Mosca. Certo, Turchia e Russia sono anche due paesi in forte competizione geopolitica in numerosi teatri: Libia, Siria, Nagorno-Karabakh… Ma allo stesso tempo mantengono un rapporto di cooperazione. Ad esempio, la Russia è il terzo partner commerciale della Turchia e il suo primo fornitore di gas, coprendo il 33% dell’import turco. Quindi relazioni commerciali ed energetiche. Ma anche militari, basti pensare al fatto che la Turchia ha comprato il sistema di difesa missilistico S400 dalla Russia: cioè un paese Nato che compra armi dal nemico contro cui la Nato è stata fondata. Poi c’è anche un’affinità di vedute tra Putin e Erdogan, entrambi leader autoritari e revisionisti rispetto all’ordine unipolare a guida statunitense. Quindi si è verificato un progressivo avvicinamento tra Ankara e Mosca. E se il rapporto è sbilanciato a favore della Russia in una sorta di interdipendenza asimmetrica a favore di Mosca, è anche vero che negli ultimi mesi la Russia è diventata sempre più dipendente dalla Turchia ed è per questo che la tiene in così grande considerazione e le permette anche di mediare nel conflitto russo-ucraino”.

In questo contesto variegato, evidentemente gli USA non sono rimasti a guardare dalla finestra l’attivismo politico di Erdogan. La politica americana pur non condividendo le scelte di Ankara, deve in qualche modo stringere i denti. La Turchia è inevitabilmente un partner strategico di cui non è possibile fare a meno. La prova più lampante è il discorso del Presidente Biden delle scorse ore, il quale ha manifestato alla Turchia vicinanza concreta con l’invio di aiuti umanitari. Inoltre ha tenuto a far sapere di essersi sentito telefonicamente con Erdogan, per esprimere partecipazione al dolore del popolo turco.

Molti osservatori hanno fatto notare che nel discorso di Biden è mancato un riferimento importante. Non è stata citata la Siria (paese che non si è piegato alle richieste americane e per questo motivo è bersaglio da ormai 10 anni di guerre, sanzioni, povertà ecc..); – paese che ha avuto a causa del terremoto vittime più numerose rispetto alla Turchia. Eppure il presidente americano l’ha ignorata. Questo atteggiamento ideologico e poco umano, è il risultato di una sete di potere incontrollata che non ha nulla a che fare con i bisogni e il sostegno alle popolazioni colpite da disastri naturali. Le avvisaglie nell’ignorare la Siria, già si erano avvertite poco prima del discorso di Biden.

Il presidente italiano Mattarella, ha inviato nella mattinata di martedì una nota di vicinanza al popolo turco, escludendo la Siria e le centinaia di morti causati dal terremoto. Ad oggi non c’è stata nessuna rettifica. Il ministro della difesa Italiano Guido Crosetto, sull’onda lunga del comunicato presidenziale dapprima ha postato un twitt riferendosi solo alla Turchia, e poi in seguito alle rimostranze e alla critiche ricevute, ha corretto il tiro, scrivendo altri due twitt, in cui include la Siria.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel suo twitt parla genericamente di solidarietà per il terremoto che ha colpito la “Turchia al confine con la Siria”. Il ministro degli esteri Tajani, invece ha fatto sapere di aver avuto un colloquio con il Cardinale Zenari, Nunzio Apostolico in Siria, al quale ha manifestato vicinanza al “popolo siriano”. Anche in questo caso non sono mancate le critiche: un ministro di uno stato sovrano (l’Italia), chiama un Nunzio Apostolico presso un altro Stato (la Siria) che rappresenta la Santa Sede e non l’Italia, per far giungere la solidarietà del popolo italiano. Il Capo della Farnesina, aveva anticipato la telefonata con Zenari, con un post di prossimità vaga ai siriani “che subiscono un altro duro colpo con il terremoto dopo gli anni di guerra”.

La Santa Sede, nella tarda mattinata ha reso noto i due telegrammi inviati a nome del Santo Padre e a firma del Segretario di Stato Parolin, ai due nunzi Apostolici in Turchia e Siria. Da una indagine effettuata su altri telegrammi spediti dalla Sede Apostolica ai paesi che hanno subito in passato simili o altri tipi di tragedie, sono indirizzate ai capiti stato, o ai primi ministri. A volte a seconda della natura della disgrazia non è mancato un telegramma ai presidenti della Conferenza Episcopale locale. Non vogliamo entrare in questa zona grigia dalle mille sfaccettature. Ma ciò che risalta agli occhi è un filo conduttore unico, che nonostante la morte e la distruzione causata dal terremoto, la Siria è considerata, almeno da un punto di vista diplomatico uno stato da isolare e da ignorare, solo perché non si è conformato alle indicazioni politiche internazionali. Questa presa di posizione ideologica, mette in grave pericolo la “fraternità universale” tanto cara a Papa Francesco. L’aiuto non può essere proporzionale al fatto di appartenere o non appartenere ad un determinato ambiente politico pro tempore, come ha fatto intendere il presidente americano, giudicato per queste ultime azioni tra i peggiori della storia.

Dall’Italia non sono mancati gli appelli per la Siria. Coraggiosamente la Comunità di Sant’Egidio, ha chiesto espressamente l’annullamento delle sanzioni internazionali (USA -UE e dei singoli stati occidentali), sulla Siria (stranamente tale richiesta non è stata recepita dai media); per permettere di portare agevolmente gli aiuti necessari alla popolazione già stremata dalla guerra. Solo per conoscenza le sanzioni imposte alla Siria, su cui tante volte si sono espressi il Papa, e altre organizzazioni internazionali, riguardano il settore dei beni di prima necessità e della medicina, in pratica servono a soffocare il popolo e non colpire come affermano, la politica del presidente siriano. Non è possibile qui fare un bilancio delle sanzioni. In futuro speriamo di poterlo presentare alla vostra attenzione.
Il Rappresentante Siriano all’ONU, è stato duramente contestato per aver affermato che “gli aiuti devono passare attraverso il governo siriano, e non per altre fonti”. Il cinismo delle risposte ed il conseguente diniego, è stato motivato dal fatto che “al governo siriano non arriverà nessun aiuto, perché altrimenti si mangerebbero tutti i soldi destinati ai terremotati”, e poi perché “le zone colpite sono al di fuori del controllo governativo”. Che dire? Come diceva il padre Dante “ai posteri l’ardua sentenza”.

Mentre la Conferenza Episcopale Italiana ha subito fatto sapere di aver inviato una prima somma di 500,000 mila euro. Dichiarazioni simili, da parte di stati occidentali, non c’è ne sono state. Al contrario le uniche squadre di soccorso giunte in Siria sono arrivate dal Libano (che ha aperto il porto di Beirut agli aiuti per la Siria), Algeria, Emirati Arabi Uniti (lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan in un post su twitter ha dichiarato: “I extend my sincere condolences to the families of all those who lost their lives in today’s devastating earthquake. The UAE stands in solidarity with the Turkish and Syrian people, and we pray that God grants a speedy recovery to those who have been injured”); Iraq, Giordania, Russia e Iran.

Concludiamo questo percorso doloroso facendo appello a tutti gli uomini di buona volontà, affinché in questo tempo non ci siano più discriminazioni tra i popoli. Non esistono persone di serie A o di serie B. Non ci sono popoli più degni di essere aiutati rispetto ad altri. Siamo tutti fratelli e tutti abbiamo la stessa dignità dinanzi agli uomini e a Dio. La politica per incidere sui popoli, si riappropri del bene supremo che è l’umanità, lasciando da parte gli interessi di parte. Viviamo tutti sotto lo stesso cielo. O come dicono i marinai, “navighiamo tutti sulla stessa barca”. La storia ci insegna che il potere quando non è usato per il bene, diventa strumento di guerra e di divisione. Abbracciamo la visione di papa Francesco: “siamo tutti fratelli”, e il resto verrà di conseguenza.

 

FONTE: https://www.farodiroma.it/un-terremoto-devastante-nel-mezzo-di-una-crisi-geopolitica-gravissima-ricostruzione-avra-bisogno-di-pace-a-vaskries/

 

 

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