Incontro su situazione politica in America Latina a Pisa

di Raffaele Picarelli

Sabato 10 dicembre, presso la sede di Rifondazione Comunista di Pisa, si è tenuto un incontro sull’America latina, con specifico riferimento agli eventi che, negli ultimi tempi, hanno interessato i cambiamenti politici in Cile, Colombia e Brasile.

Sono intervenuti, con relazioni articolate, documentate e ricche di molteplici spunti, Andrea Vento e Rodrigo Rivas.

Vento, anche con riferimenti storici, ha tracciato un ampio quadro della situazione politico-economica dell’America latina, analizzando in particolare i mutamenti di regime politico conseguiti alle elezioni svoltesi nei tre paesi menzionati.

Dopo aver delineato l’evoluzione politico-sociale dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, si è particolarmente soffermato sul successo di Ignacio Lula in Brasile descrivendo le potenzialità di lotta e trasformazione sociale che il ritorno di Lula al potere, dopo la parentesi socialmente e politicamente reazionaria di Bolsonaro, ha dischiuso in termine di lotta alla povertà e all’emarginazione di larghe masse popolari brasiliane, di ricostruzione di un minimo di diritti, di servizi e garanzie sociali per quegli ampi settori popolari che sono stati più colpiti dalle politiche del precedente governo, nonché di una maggiore indipendenza e sovranità del Brasile, paese fondamentale nel movimento economico-sociale complessivo dell’America latina, nelle relazioni internazionali quali si vanno determinando nella transizione da un mondo unipolare a signoraggio USA e occidentale a un assetto multipolare.

Ampio rilievo è stato pure dato da Vento al significato politico di un governo progressista in Colombia dopo secoli di dominio di ceti storicamente privilegiati e tradizionalmente subalterni all’imperialismo USA, per come si è concretamente manifestato nell’ultimo secolo e passa. E dopo la cessazione della lotta armata delle FARC.

L’intervento di Rodrigo Rivas ha messo in rilievo, fornendo grande copia di dati e notizie, l’America latina nel suo contraddittorio movimento di transizione dal monopolio imperialistico USA e occidentale alla nuova realtà “in fieri” le cui forme organizzative e linee di fondo hanno trovato una loro accelerazione nella guerra in Ucraina (BRICS, di cui il Brasile è membro diciamo storico e l’Argentina è il primo candidato latinoamericano all’ingresso; la “Shangai Cooperation and Organization”, SCO, a cui guardano alcuni paesi latinoamericani).

Rivas ha sottolineato con lucidità le nuove complessità dei rapporti economico-politici con la Cina, già fortemente presente in Sudamerica, e la specificità in termini di minore brutalità, sfruttamento, caos e golpismo della presenza cinese (pur sempre imperialista) rispetto al comando USA e occidentale. E in termini di potenziali maggiori margini di negoziazione per la tutela degli interessi nazionali da parte dei governi progressisti sudamericani.

Il relatore non ha infatti mancato di accennare alla nuova cornice di minore interferenza negli affari interni di ogni paese dei nuovi venuti e di dedollarizzazione nel quadro degli scambi internazionali.

Rivas si è poi soffermato sull’esame delle basi sociali, dei rapporti interni ai ceti subalterni e del loro complessivo rapporto con i ceti dominanti, nei vari paesi latinoamericani e, in particolare, nei tre che hanno mutato il loro governo in senso progressista, e ne ha rilevato le grandi fragilità (e gli equivoci) in termini di autonomia di classe e di capacità di elaborazione di un progetto globale di trasformazione della società.

A questo proposito ha parlato di “plebeismo” di gran parte dei soggetti sociali obiettivamente antagonisti.

Tale sguardo è stato allargato all’esperienza del Perù di Castillo.

Rivas si è tuttavia concesso un piccolo spiraglio di ottimismo.

Le vittorie elettorali nei tre paesi saranno capaci di smuovere i rapporti sociali e far emergere nuovi ceti dirigenti in una sinistra presente ma spesso balbettante di fronte ai grandi cambiamenti anche nel subcontinente latinoamericano?

Saranno capaci di far pensare a politiche nuove nell’utilizzo della grande quantità di materie prime (alcune come il litio boliviano, cileno e argentino, assolutamente strategiche) di cui l’America latina dispone?

Saranno in grado di fermare il degrado prodotto (e concernente finanche il demanio pubblico oceanico) delle politiche economiche ultraliberiste degli ultimi 50 – 60 anni?

Non possiamo dirlo. Dipenderà da molte cose e naturalmente dai rapporti di forza che verranno a instaurarsi.

Ma forse vale la pena, ci esorta Rivas, accettare tale scommessa ed aprire una cauta linea di credito ai governi progressisti emersi dalle ultime tornate e elettorali.

 

Firenze, 11/12/2022

 

 

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