n°10 – 05/3/2022 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Car@ amic@,In queste ore di dolore e di ansia per la guerra che si è aperta in Europa, il mio pensiero va prima di tutto alle vittime, che crescono di giorno in giorno, e alle persone che in essa sono coinvolte.

02 – «Bloccati alla frontiera perché neri», il dramma degli africani in fuga dall’Ucraina
Il confine delle disuguaglianze. Anche l’Unione africana protesta per il diritto negato ai suoi cittadini di mettersi in salvo.

03 – Daniela Passeri*: «Sarà un altro pianeta» Intervista. Piero Lionello, oceanografo e fisico tra gli autori del rapporto Ipcc sul clima: «Gli impatti sono estremamente reali, impariamo ad adattarci»

 

01 – Car@ amic@, IN QUESTE ORE DI DOLORE E DI ANSIA PER LA GUERRA CHE SI È APERTA IN EUROPA, IL MIO PENSIERO VA PRIMA DI TUTTO ALLE VITTIME, CHE CRESCONO DI GIORNO IN GIORNO, E ALLE PERSONE CHE IN ESSA SONO COINVOLTE. IL MIO PENSIERO VA ALLE MIGLIAIA DI CONNAZIONALI CHE SONO IN UCRAINA, ESPOSTI AI RISCHI RIGUARDANTI LA LORO INCOLUMITÀ E LE LORO ATTIVITÀ. RINGRAZIO IL NOSTRO PERSONALE DIPLOMATICO PER QUELLO CHE PER LORO STA FACENDO PUR IN CONDIZIONI TANTO DIFFICILI, NELLA SPERANZA CHE OGNUNO POSSA TROVARE ASCOLTO E AIUTO PER LE SUE NECESSITÀ.

La mia partecipazione morale e umana va nella stessa misura agli ucraini, soprattutto donne bambini e anziani, che in queste ore stanno cercando aiuto e rifugio in altri Paesi. L’Italia è il Paese in Europa con la maggiore presenza di cittadini ucraini e uno dei primi al mondo. È lecito pensare che coloro che fuggono continueranno a vedere in noi degli interlocutori aperti e affidabili. Dobbiamo essere, per questo, all’altezza di un compito umanitario eccezionale, di grande impegno e proporzione.
Lo dobbiamo affrontare senza doppie verità, riguardanti la provenienza dei rifugiati o, peggio ancora, il colore della loro pelle o la loro cittadinanza (in questi giorni drammatici, stanno scappando dall’Ucraina anche lavoratori e studenti di altre nazionalità che ora si trovano bloccati ai confini. Anche a loro dobbiamo garantire sicurezza e rifugio). Sono prima di tutto persone che hanno bisogno di aiuto, e dovremo dimostrarci capaci di darglielo sul piano del rispetto umano, su quello organizzativo e su quello dell’efficienza amministrativa. Una grande prova per noi, ben più complessa delle pur giuste dichiarazioni di principio che stiamo ascoltando in questi giorni.
Ho conosciuto il dolore e l’ansia dei rifugiati, soprattutto dei più indifesi, i minori, quando facevo volontariato con i bambini rifugiati alcuni anni fa. Osservandoli mi capitava di pensare cosa succedesse dentro di loro. Pensavo a cosa avessero visto, a quali esperienze avessero fatto. Tra di loro c’erano bambini che avevano visto la guerra da vicino. Bambini che magari avevano lasciato indietro zii, nonni, cugini. C’era una bambina, dolcissima, che era arrivata in Germania con il nonno. Aveva solo lui. Le ore trascorse insieme non erano sempre facili per via dei loro comportamenti a volte difficili, spesso aggressivi, ma la consapevolezza del loro vissuto mi rendeva semplicemente felice di averli con noi, in sicurezza, grata di poter contribuire a qualche ora di infanzia, di spensieratezza, di crescita.

Da allora, non ho mai smesso di chiedermi: quanti bambini come loro ci sono nel mondo? Quante guerre aperte ci sono? Guerre lontane, che nella nostra quotidianità non percepiamo o facciamo finta di non vedere. Perché vedere significa assumersi la propria parte di responsabilità, che fa vacillare molte nostre certezze e sicurezze.

Oggi però c’è una guerra vicina che non possiamo non vedere. Ed è per questo che, a differenza delle altre volte, abbiamo paura. Abbiamo paura perché riguarda anche noi. Questa paura sia dunque un monito per tutti a diventare più vigili e non girarci più dall’altra parte. Le strategie di geopolitica, gli scenari di intervento, le sanzioni economiche, tutte cose necessarie. Ma ora, prima di ogni altra cosa, facciamo tutto il possibile per creare le condizioni per accogliere con dignità e rispetto chi, in questo momento, ha bisogno di un posto sicuro.
Angela

PS: In questi giorni siamo testimoni di una protesta coraggiosa che nemmeno la paura del carcere riesce a fermare. Sono oltre 7.000, dal 24 febbraio, la persone arrestate in Russia durante le proteste contro l’aggressione all’Ucraina. Lo rende noto il sito indipendente OVD-Info che si occupa della tutela dei diritti umani in Russia. Dall’inizio della guerra in diverse città russe, a partire da Mosca e San Pietroburgo, ci sono state pacifiche manifestazioni contro la guerra, dove i manifestanti sono stati prelevati dalle forze dell’ordine. Si tratta di giovani, donne, accademici, artisti, personaggi dello spettacolo, lavoratori, contrari all’invasione di un Paese considerato fratello. In tutto il mondo, poi, cittadini russi si sono uniti alle manifestazioni di solidarietà verso il popolo ucraino. Teniamone conto e rifiutiamo ogni episodio di intolleranza verso cittadini russi. Per il bene di tutti, non associamo la guerra di Putin a un popolo intero.

 

02 – Laura Burocco*: «BLOCCATI ALLA FRONTIERA PERCHÉ NERI», IL DRAMMA DEGLI AFRICANI IN FUGA DALL’UCRAINA IL CONFINE DELLE DISUGUAGLIANZE. ANCHE L’UNIONE AFRICANA PROTESTA PER IL DIRITTO NEGATO AI SUOI CITTADINI DI METTERSI IN SALVO. Malgrado le porte aperte dichiarate dall’Ue per entrare in Polonia, è la denuncia, sembra ancora valere Schengen, se non hai un passaporto europeo. 16 mila gli studenti africani in Ucraina

L’UNIONE AFRICANA DA GIORNI DENUNCIA CON DICHIARAZIONI UFFICIALE IL MALTRATTAMENTO DEI CITTADINI AFRICANI CHE TENTANO LA FUGA DALLA GUERRA.
L’Ucraina ha un regime di esenzione dal visto con i paesi vicini dell’Unione europea. Normalmente a chi proviene da nazioni africane viene richiesto un visto Schengen per entrare in Polonia, Romania e Ungheria. Ora, vista l’emergenza, il commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha aperto le frontiere anche ai cittadini di paesi terzi che vivendo in Ucraina vogliano rientrare nei loro paesi d’origine. Eppure ai confini polacchi pare che gli accordi di Schengen prevalgano, ostacolando la messa in sicurezza di chi non ha un passaporto europeo.

L’ATTUALE PRESIDENTE dell’Unione africana (e del Senegal) Macky Sall e il presidente della Commissione dell’Unione africana Moussa Faki Mahamat si dicono particolarmente turbati ed esortano al rispetto del diritto che tutte le persone hanno di mettersi in salvo durante un conflitto, denunciando la negazione di questo diritto sulla base della loro nazionalità o identità razziale.

Da venerdì 25 febbraio migliaia di studenti africani in Ucraina hanno condiviso su diversi canali media le loro brutte esperienze, essendo stati respinti, attaccati e discriminati mentre cercavano di passare il valico di Medyka verso la Polonia. Quasi un quarto degli oltre 75 mila stranieri che studiano in Ucraina sono africani: studiano medicina, ingegneria e affari militari. La maggiorparte proviene da Marocco, Egitto, Nigeria e Ghana. Parliamo di oltre 16 mila studenti, secondo il ministero dell’Istruzione, attratti dalla qualità delle scuole tecniche e scientifiche, combinata con tasse relativamente basse.Mentre alcuni sono riusciti a passare i confini, parecchi di loro sono fermi alla stazione di Lviv, nell’Ucraina occidentale.

A FRANCE 24 MICHAEL, uno studente nigeriano, racconta che «non fanno entrare chi è privo di un passaporto europeo, ci respingono solo perché siamo neri (…)». Alcuni hanno percorso lunghe distanze a piedi a temperature sotto lo zero. Parlano di 8 ore di attesa al confine prima di vedersi negata la possibilità di avanzare. George racconta di essere stato derubato di macchina e soldi a un posto di blocco gestito da vicili ucraini: «Hanno lasciato passare gli ucraini ma non noi e poi ci hanno preso tutto. Ora cammino verso il confine, non ho altra scelta».

Anche il portavoce del ministero degli Esteri sudafricano, Clayson Monyela, denuncia via twitter maltrattamenti degli studenti sudafricani al confine ucraino-polacco. Il governo di Pretoria insieme a quello indiano sta negoziando con i russi l’evacuazione dei circa 200 studenti che si ritiene siano ora a Sumy, nel nord-est dell’Ucraina al confine con la Russia. Dirco, il Diupartimento di Relazioni internazionali e cooperazione del governo Sudafricano ha confermato che un convoglio militare russo scorterà nelle prossime ore gli studenti a Mosca da dove saranno rimpatriati verso i rispettivi paesi. Anche gKi studenti di Kenya ( 79) e Zimbabwe (118), secondo quanto dichiarano i rispettivi governi hanno lasciato l’Ucraina e sono al sicuro..

PER IL RESTO IN RETE circolano diversi reclami di cittadini di paesi africani in territorio ucraino riguardanti la mancata o insufficiente risposta da parte delle rappresentanze diplomatiche dei loro paesi. Si lamentano anche gli studenti ghanesi, così numerosi da avere una sezione sindacale locale, tramite la quale nei giorni precedenti l’invasione hanno provato a contattare il governo di Accra, senza esito.
*(Fonte Il Manifesto, Laura Burocco, editorialista)

 

03 – Daniela Passeri*: «SARÀ UN ALTRO PIANETA» INTERVISTA. PIERO LIONELLO, OCEANOGRAFO E FISICO TRA GLI AUTORI DEL RAPPORTO IPCC SUL CLIMA: «GLI IMPATTI SONO ESTREMAMENTE REALI, IMPARIAMO AD ADATTARCI»

Dobbiamo essere ben consapevoli dei rischi che derivano dal riscaldamento climatico, non tanto per disegnare scenari apocalittici, ma per affrontarli nel modo migliore. Ignorarli, sì, sarebbe assurdo. Vorrei che fosse chiaro. Con l’aumento delle temperature, in certi casi sarà sufficiente adattarsi con piccoli cambiamenti: modificare i metodi di coltura o rafforzare le difese costiere, senza dover cambiare la struttura di un sistema. Oltre un certo punto, però, e in determinate situazioni, l’adattamento incrementale non è più possibile e occorre che il sistema si trasformi in qualcosa di diverso. Per esempio, sarà necessario cambiare il tipo di utilizzo di un territorio oppure può essere che una laguna si trasformi in un lago. Non stiamo parlando dell’estinzione dell’umanità, stiamo parlando di qualcosa di diverso da quello che abbiamo ora». Piero Lionello, ordinario di Oceanografia e Fisica atmosferica dell’Università del Salento e membro del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, tra gli autori della seconda parte del VI Report IPCC su rischi, vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici, ci prospetta un pianeta in trasformazione, un mondo che non è più quello che conosciamo.

Professor Lionello, quali sono le novità rispetto all’ultima edizione del 2014?
In questi giorni abbiamo presentato una valutazione delle conoscenze sulla base della lettura scientifica degli ultimi 8 anni. È un periodo in cui la ricerca sui cambiamenti climatici si è intensificata e le evidenze sugli impatti si sono accumulate. Oggi la regione del Mediterraneo si è scaldata in media di 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale, questo non era possibile affermarlo 8 anni fa. Se da una parte questi temi possono apparire già noti, già sentiti, in realtà mi preme sottolineare che il livello di evidenza dei fenomeni sta aumentando in modo importante. Gli impatti sono estremamente reali, progressivamente documentati e questo dove aiutare l’opinione pubblica a prendere consapevolezza di quanto sta avvenendo. In più, gli scenari futuri sono sempre più ricchi di dettagli.

Il rapporto esamina rischi, vulnerabilità ma anche le soluzioni di adattamento al clima. L’adattamento ha in genere costi molto elevati. Conviene adattarsi?

Ci sono molti studi che mostrano i vantaggi economici dell’adattamento rispetto a subire passivamente i cambiamenti. Io non sono un economista, ma esiste una letteratura dettagliata sull’argomento. In molti casi, dal momento in cui si inizia a percepire un’urgenza al momento in cui viene attuato un piano, passa un tempo molto lungo. Non è prematuro pensare oggi a quello che accadrà tra 50 anni, perché interesserà la generazione futura. Le risposte approntate in condizioni di urgenza non sono il modo ottimale di affrontare un pericolo. Quindi occorre una discussione sulle priorità per orientare le scelte. Se non riusciremo a mitigare il cambiamento climatico, cioè a stabilizzare il clima, si porranno delle scelte. Con l’ingegneria si può porre un limite alla perdita di zone costiere, ma in genere ha un prezzo in termini eco-sistemici, di fruibilità e di utilizzo ricreativo-turistico. Anche sull’acqua si creerà una competizione tra settori che sarà necessario gestire: ci sono grandi spazi di adattamento sull’ottimizzazione delle risorse idriche, però bisogna tenere presente che se il cambiamento eccede certi limiti, le nostre capacità di adattamento incontrano limiti effettivi.

*(Fonte Il Manifesto, Daniela Passeri, attiva nei Gruppi di Acquisto Solidale e nell’Associazione della Decrescita, ha aderito al Manifesto per un soggetto politico nuovo che ha dato vita ad ALBA (2012); ha partecipato alla campagna referendaria “Meno 8, più 18” per i diritti del lavoro; è stata candidata in “Sinistra per Siena” (2013) ed ha creato il primo comitato italiano de “L’Altra Europa con Tsipras”.Nel gennaio 2015 ha partecipato alla Brigata Kalimera in Grecia.
Per 20 anni giornalista, oggi tiene corsi su Sostenibilità ambientale e cibo. Ha curato il libro “Viaggio nell’Italia del Beni Comuni)

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