n°2 – 21 01 09 Rassegna di news nazionali ed internazionali, emigrazione e immigrazione

00 – USA. Anni di modifiche genetiche, sull’odio è nata una nazione. Stati Uniti. Il mob trumpista è l’ultima tappa di un percorso, dal «consigliori» di Bush al Tea Party. E i DEM non si sono accorti di nulla, battezzando ogni fenomeno come un malessere passeggero.
01 – Roberto Cuoghi*.
02 – Il luogo simbolo della Resistenza e la memoria «difficile». SCAFFALE. «Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il contrappasso»,
03 – Dal papiro al telegrafo: l’avventurosa creazione di «reti» Saggi. «Storia sociale della comunicazione. Dai primordi alle rivoluzioni della modernità» di Stefano Cristante, per Egea
04 – I lavoratori domestici reagiscono: vittorie quotidiane e storie di sfida . Schiavitù domestica.
05 – Notizie dall’Europa. Che conseguenze avrà l’accordo sulla brexit?
06 – Il Pd non tratta più con Renzi: «Se sfiducia Conte si va a votare». Governo in crisi. Oggi la direzione. Bettini e Orlando: no a governissimi con la destra. Asse tra i DEM e i 5 stelle: «Basta con i ricatti di Matteo, se si vota sparisce».
07 – E l’integrazione la chiave per il futuro benessere di tutti. In Italia i costi del mancato inserimento sociale dei migranti sono di gran lunga superiori a ciò che si investe in accoglienza e servizi utili per chi si deve orientare in un nuovo Paese.
08 –Economia: 9 startup italiane da tenere d’occhio nel 2021 Dalla mobilità elettrica alla stampa 3D, dal fintech all’ecommerce.
09 – L’ultimo grande schiaffo di Trump all’ambiente. Nei suoi ultimi giorni di mandato, l’amministrazione Trump sta per mettere all’asta una vasta porzione dell’Arctic National Wildlife Refuge, riserva naturale dell’Alaska, per permettere alle compagnie statunitensi di trivellare la costa dell’Artico.
10 – C’è una ragione per credere che la maggior parte o tutto quanto segue diventerà realtà nei prossimi 10-20 anni. Alcuni di noi non vedranno i cambiamenti, ma i nostri figli e nipoti lo faranno.
A – benvenuto a domani !!

 

00 – Roberto Zanini* – USA. ANNI DI MODIFICHE GENETICHE, SULL’ODIO È NATA UNA NAZIONE
STATI UNITI. IL MOB TRUMPISTA È L’ULTIMA TAPPA DI UN PERCORSO, DAL «CONSIGLIORI» DI BUSH AL TEA PARTY. E I DEM NON SI SONO ACCORTI DI NULLA, BATTEZZANDO OGNI FENOMENO COME UN MALESSERE PASSEGGERO

Sono profonde, le radici dell’odio. Perché di odio si parla, e da molto tempo. Sulla scalinata di Capitol Hill fumano le macerie di quella che una volta si chiamava politica. Invece di recitare la liturgia di una nascita, i parlamentari americani hanno celebrato un funerale.
Modificare geneticamente la democrazia americana ha richiesto anni e sforzi. Anni in cui il conflitto pubblico è diventato scontro privato, l’avversario un nemico, lo scopo della battaglia non più la sconfitta di un’idea ma di un essere umano.
La sua cancellazione, la sua delegittimazione. A costo di demolire, con l’uomo, anche l’istituzione che rappresenta. Donald Trump e il suo mob – termine poco traducibile che indica la folla eccitata e violenta – sono il prodotto di questi sforzi.
Nel marzo del 2011 un costruttore apparentemente pieno di soldi, star di un popolare reality show, su Fox News mise la faccia a queste parole: «Lui non ha un certificato di nascita. Può darsi che ne abbia uno ma c’è qualcosa sopra, forse il fatto che è musulmano, non saprei».
Lui era Barack Obama, 44esimo presidente degli Stati uniti. E Donald Trump si era appena iscritto ai birther, termine spregiativo che definiva i partecipanti alla prima moderna campagna di odio politico americano: i credenti alla nascita di Obama in Kenya, cosa che lo avrebbe reso ineleggibile. Circolava da anni, questa panzana. Sembrava niente. Forse era il primo passo di tutto.
Certo, odiatori professionisti si erano già presentati. Ancora oggi nominare Roosevelt nel profondo Sud è un modo sicuro di farsi cacciare di casa.
E negli anni ’90 i Clinton avevano scatenato lampi dello stesso eccesso: il piccolo balsero Elian Gonzalez restituito all’odiata Cuba, il suicidio del consulente finanziario di famiglia, l’investitura di Hillary a responsabile della riforma sanitaria – la (mala)femmina intrigante che suborna il marito… Ma erano ancora ingigantimenti, trattati da giornali e tv non ancora travolti dai social media e dalla loro inaudita capacità di produrre fake news.
Poi arrivò il Tea Party. Nato nel 2009 per tenere il governo alla larga dall’economia e per evadere in santa pace le tasse, il flessibile movimento capital-conservatore in qualche anno portò il conflitto al limite dell’odio puro. E con i Tea Parties si aggiunsero alla partita due rivoluzionari misconosciuti, i fratelli David e Charles Koch.
A capo di un conglomerato da 100 miliardi di dollari l’anno, i Koch misero un’inesauribile fortuna al servizio della loro destra: controllo limitato delle corporations, ovvio, guerra alle limitazioni ambientali (grazie a loro il climate change è diventato un’opinione), ricorso continuo alla tensione.
Con mezzo miliardo di dollari il Tea Party riconquistò il Congresso nel 2010 e i repubblicani riconquistarono il Senato nel 2014. Ma soprattutto i Koch trasformarono il finanziamento della politica in un opaco groviglio, e a un livello da cui non sarebbe più sceso.
Anche George W. Bush e Dick Cheney avevano terrorizzato gli Stati uniti con inesistenti armi di distruzione di massa, ma il loro non era ancora lo stato di tensione permanente in cui vive oggi la politica americana. E il genio del male si chiamava Karl Rove, il consigliori che fece vincere Bush jr intasando i seggi di referendum di destra (contro aborto, marijuana, immigrazione…) per attirare i conservatori renitenti – sciocchezze rispetto all’eversione manifesta di oggi.
Il partito democratico non si è accorto di nulla, salvando banchieri falliti e aggravando le diseguaglianze, celebrando la vittoria di Obama e un po’ di sanità pubblica ma battezzando ogni fenomeno come malessere passeggero. Invece era la nascita di una nazione.
Arruolatosi tra i birther, Trump scopre la delegittimazione e non si fermerà più. La prima volta nemmeno corre, appoggerà Mitt Romney. La seconda volta scopre che più grosse le spara, più consensi raccoglie.
L’essenziale è avere un grosso network alle spalle – e Fox coopera con entusiasmo. Consumarsi le dita su Twitter è il tocco finale. Qualche mese prima di novembre comincia a parlare di brogli: lo slittamento della politica a esercizio di delegittimazione si è compiuto. Certo, c’è da delegittimare un’elezione…
Il mob che ha travolto il Campidoglio arriva da qui. Nessun «sacro teppismo di eletta tradizione risorgimentale», per usare le parole di Pasolini. Per un intero anno il dipartimento della Homeland security proverà a convincere Trump a indagare sul terrorismo interno e sulle milizie Proud Boys, Bogaloo, Three Percenters e le altre: inutile, il fatto è che erano già suoi.
La chiamata alle armi dei mobster è stata fatta martedì mattina ma i preparativi erano apertamente in corso. Se Reddit chiude un forum, se ne apre un altro chiamato TheDonald in cui l’ordine è «Storm the Capitol».
In chat su Telegram, sul sito di Parler, su ogni nicchia di ultradestra la truppa trumpista si è data appuntamento, ha raccomandato l«equipaggiamento («carabina, fucile a pompa, coltelli e quante più munizioni»), ha indicato nemici («appendiamo Pence»), cioè chiunque abbia tradito Trump o l’America, che è lo stesso.
Lunedì la polizia di Washington aveva arrestato il leader 31enne dei Proud Boys, Enrique Tarrio, ma i suoi sodali hanno salito la scalinata indisturbati. Contro di loro 340 soldati della Guardia nazionale, dei 2.700 effettivi.
Per affrontare gli incendiari antipatriottici di Black Lives Matter, in giugno Trump aveva voluto a Washington 5mila soldati, che avevano efficientemente gassato e manganellato a più non posso quando il presidente volle farsi qualche foto davanti a una chiesa, Bibbia in mano.
Mentre il Campidoglio veniva invaso, deputati e senatori si sono buttati sotto i banchi e poi sono fuggiti tutti. Nel 1981, quando il colonnello Tejero entrò sparando alle Cortes spagnole, in tre rimasero fermi ai loro posti. Adolfo Suarez era un vecchio democristiano, Santiago Carrillo un vecchio comunista, Gutierrez Mellado un vecchio generale.
In qualche caso i politici si delegittimano da soli.
(Roberto Zanini* da Il Manifesto 8 gen 2021)

 

01 – Roberto Cuoghi* – HAPPY NEW EARS. IMPROVVISI. CHE COSA SI ASCOLTA QUANDO SI ASCOLTA LA MUSICA? UNA DOMANDA FORSE INGENUA, OZIOSA, RETORICA. INSOMMA, CON OGNI PROBABILITÀ, UNA PROVERBIALE UNANSWERED QUESTION…
Che cosa si ascolta quando si ascolta la musica? Una domanda forse ingenua, oziosa, retorica. Insomma, con ogni probabilità, una proverbiale unanswered question. Eppure è un interrogativo che ci poniamo, forse senza saperlo, ogni qual volta ci accingiamo, più o meno volontariamente, all’esercizio dell’ascolto. Se ascoltiamo una sinfonia di Mahler o una cantata sacra di Bach abbiamo infatti la percezione olistica di un oggetto sonoro che si muove nel tempo (Edgard Varèse diceva anche nello spazio…), ma in realtà quell’oggetto non è un monolite, bensì un prisma dotato di tante facce quante sono le dimensioni del suono: la melodia, l’armonia, il tempo, il ritmo, il metro, il colore, la dinamica l’agogica, lo spessore, la densità, ecc. Un oggetto dunque che ha bisogno, per essere compreso nella sua complessità, di un certo grado di acuità sonora, il correlato di quella acuità visiva di cui parla Oliver Sacks ne L’isola dei senza colore. La cui peculiarità, però, per quanto ovvio possa sembrare, è quella di muoversi lungo la linea inarrestabile del tempo.

Questo doppio statuto dell’ascolto musicale, in cui tempo e percezione si oppongono e si integrano tra loro, ha determinato la duplicità delle innumerevoli teorie dell’ascolto che si sono sviluppate, in particolare, nel Novecento. Su una riva del fiume giacciono le teorie secondo le quali qualsiasi atto di conoscenza di un oggetto musicale è inscindibile dalla sua dimensione strettamente temporale. Theodor W. Adorno sostiene ad esempio che la «forma musicale» è solo ciò che si sviluppa nel corso del tempo, Henri Bergson è persuaso che ogni suono presente contenga inevitabilmente il suono passato e il suono futuro, mentre per Edmund Husserl, a dirla in breve, ogni oggetto sonoro altro non è che un oggetto temporale. Sull’altra riva dello stesso fiume abitano le teorie, quasi tutte di matrice psicologica, secondo le quali, al contrario, la pratica dell’ascolto dipende dallo status psico-percettivo in cui si trova il soggetto udiente: il possesso dei diversi tipi di memoria, la capacità di separare gli eventi primari da quelli secondari, l’attitudine sinestesica a «vedere» i suoni, eccetera.

Né l’una, né l’altra strada, però, sembrano aiutarci a rispondere alla domanda inziale. Forse perché la direzione da prendere è un’altra. Ad esempio quella della fertile, classica, a volte abusata idea di soundscape coniata negli anni Settanta da Murray Schafer. Supponiamo infatti di osservare un paesaggio in movimento dal finestrino di un treno: grazie alla nostra acuità visiva siamo in grado di distinguere l’insieme (ad esempio una collina) e simultaneamente i suoi infiniti dettagli (il colore di un albero, una siepe, il disegno di un rilievo). Proviamo adesso ad ascoltare un oggetto sonoro (la sinfonia di Mahler, la cantata di Bach) come se fosse, anch’esso, un paesaggio in movimento. E facciamolo scorrere davanti a noi. Ci accorgiamo di essere capaci, con un minimo di concentrazione, senza bisogno di sapere leggere la musica, ma solo ricorrendo alla nostra acuità uditiva, di distinguere, oltre all’insieme, una infinita quantità di particolari essenziali: il timbro di uno strumento, il tracciato di una melodia, la velocità e la lentezza, il fortissimo e il pianissimo, il legato o lo staccato di una frase, la densità e lo spessore di una massa sonora, il crescendo e il diminuendo. Un mondo di suoni.
Quando ascoltiamo la musica, dunque, noi non ascoltiamo in realtà «la musica», bensì un paesaggio sonoro straordinariamente complesso, fatto di un tutto e delle sue parti. Un oggetto che si svela alla nostra percezione con tanta più ricchezza quanto più siamo disposti ad accogliere, attraverso la finezza dell’udito, ognuna delle sue componenti. Ci immergiamo insomma in un universo sonoro in costante movimento che siamo in grado di comprendere soltanto se riusciamo a scomporlo, istantaneamente, nelle sue molteplici dimensioni. Happy new ears – diceva John Cage all’inizio di ogni nuovo anno. Un augurio che va al di la del tempo. ( Roberto Cuoghi*, da Il Manifesto)

 

02 -IL LUOGO SIMBOLO DELLA RESISTENZA E LA MEMORIA «DIFFICILE». SCAFFALE. «PIAZZALE LORETO. MILANO, L’ECCIDIO E IL CONTRAPPASSO», di Massimo Castoldi pubblicato da Donzelli editore. IL VOLUME RICOSTRUISCE IL QUADRO STORICO E POLITICO INTORNO AL 10 AGOSTO 1944: QUANDO QUINDICI ANTIFASCISTI FURONO FUCILATI NELLA CITTÀ LOMBARDA SU ORDINE DEI TEDESCHI, di Saverio Ferrari

Piazzale Loreto è un luogo simbolo della Resistenza. Qui il 10 agosto 1944, su ordine degli occupanti tedeschi, furono trucidati quindici antifascisti precedentemente incarcerati. Massimo Castoldi, nipote di Salvatore Principato, uno dei fucilati, filologo e critico letterario, già autore di ricerche sulla Resistenza e la Deportazione, grazie anche al recupero di fonti inedite, ha dedicato a questa vicenda un ampio lavoro di ricostruzione storica: Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il «contrappasso» (Donzelli, pp. 233, euro 25).
Il libro parte da quella mattina del 10 agosto, quando i quindici uomini, all’alba, furono prelevati dal carcere di San Vittore, dal sesto raggio destinato ai prigionieri politici, e trasportati fino a piazzale Loreto dove trovarono subito la morte per mano dei militi della Legione Muti.

TUTTA L’OPERAZIONE, passaggio dopo passaggio, fu condotta da italiani. Italiana era anche la segretaria del capitano delle SS Theodor Saevecke che trascrisse l’elenco dei quindici nominativi. In un primo momento, secondo la testimonianza di un tenente delle SS, «gli italiani» addirittura «suggerirono l’impiccagione di un centinaio di persone davanti alla stazione centrale». I tedeschi, dato l’ordine, si limitarono ad assistere. Il luogo e le vie d’accesso furono presidiate dai militi della Gnr (Guardia nazionale repubblicana), presente il comandante Gianni Pollini. Con lui anche il capo della provincia Piero Parini. I corpi furono lasciati esposti per più di dodici ore sotto il sole d’agosto, oggetto anche di offese e scherno da parte dei miliziani della Muti e della Gnr. Furono anche posti sul luogo un cartello per rivendicare la «rappresaglia» e un manifesto della Repubblica sociale italiana realizzato da Gino Boccasile raffigurante un plotone d’esecuzione che spara alla schiena di un «traditore». Il pretesto per l’eccidio fu un attentato, avvenuto l’8 agosto, mai rivendicato dalla Resistenza, ai danni di un autocarro tedesco che stazionava in viale Abruzzi, che uccise almeno dieci civili italiani e ferì leggermente alla guancia un caporale tedesco.

CIÒ CHE AVVENNE fu ricostruito, tra l’aprile e il settembre 1946, dallo Special Investigation Branch britannico, che raccolse tutte le testimonianze possibili, anche di parte fascista, per intentare un procedimento penale nei confronti dei responsabili, ma non se ne fece nulla. Il fascicolo in questione, numerato 2167, fu occultato e rimase, con molti altri relativi alle stragi perpetrate dai nazifascisti in Italia, sepolto in un armadio della procura militare di Roma, in via Cesi.
Il cosiddetto «Armadio della vergogna», portato alla luce solo nel 1994. Grazie a quel fascicolo Theodor Saevecke fu alla fine processato e condannato all’ergastolo come unico responsabile (per quanto la catena di comando tedesca fosse ben più lunga) in contumacia nel 1999; d’altro canto nel dopoguerra aveva fatto carriera nella polizia tedesca ed era stato reclutato dalla Cia con il nome in codice di agente «Cabanjo».
Attraverso l’esame del fascicolo 2167 e alla personale raccolta da parte di Castoldi di diverse testimonianze quegli avvenimenti sono stati ora pienamente chiariti.

PIAZZALE LORETO rimase un punto costante di riferimento per tutti coloro che avevano combattuto e si riconoscevano nella Resistenza. Già nel 1945 fu eretto un cippo, ma la guerra fredda, con tutte le sue divisioni politiche, condizionò inevitabilmente le celebrazioni, e solo nel 1961 si arrivò a un vero monumento.
Castoldi, dopo aver ripercorso in un’ampia parte del libro la biografia dei quindici martiri, conclude il suo lavoro con una riflessione sulla memoria «difficile» di piazzale Loreto, non divenuta «fondativa dell’Italia libera e democratica», anche per via di una destra italiana che anziché riconoscersi nei valori liberali ha «guardato con nostalgia a Mussolini», aiutata spesso da una stampa scandalistica tesa a parlare di «due piazzale Loreto», mettendo in relazione quella dei partigiani con quella del 29 aprile 1945, quando furono esposti a testa in giù i cadaveri di Mussolini e degli altri gerarchi a celebrare la fine del regime fascista, trasformandoli «nelle vere vittime». Amara è la considerazione finale: «È una storia che è stata usata, deformata, immaginata e adattata alle esigenze del momento, piuttosto che indagata e ricostruita».

 

03 – DAL PAPIRO AL TELEGRAFO: L’AVVENTUROSA CREAZIONE DI «RETI» SAGGI. «STORIA SOCIALE DELLA COMUNICAZIONE. DAI PRIMORDI ALLE RIVOLUZIONI DELLA MODERNITÀ» DI STEFANO CRISTANTE, PER EGEA , di Alberto Fraccacreta
Quando pronunciamo la parola «comunicazione», pensiamo immediatamente che essa sia sorta nel XX secolo o alla fine del XIX con l’idea di rivoluzione tecnologica. Stampa, radio, cinema, televisione e infine internet: la grande accelerazione industriale ha messo al centro della nostra esistenza i media, strumenti capaci di formare, informare e, all’occorrenza, deformare le coscienze e le opinioni.

MA È CORRETTO CREDERE che, nel lungo asse della storia, la comunicazione non abbia avuto i suoi spin doctors e un peso specifico in altre società politiche, nei rispettivi côtés culturali? O meglio: «Prima che tutti questi fenomeni fossero portati a evidenza e a compimento, bisogna forse pensare che non esistessero forme comunicative potenti nelle società susseguitesi nel corso del tempo storico? In assenza di società di massa e quindi di mass media, bisogna forse pensare che le forme della comunicazione abbiano svolto un ruolo affatto marginale fino all’esplosione del capitalismo e della cosiddetta modernità?».

SONO GLI IMPORTANTI quesiti posti da Stefano Cristante, sociologo dei processi culturali all’Università del Salento, nel suo saggio Storia sociale della comunicazione. Dai primordi alle rivoluzioni della modernità (Egea, pp. 232, euro 22), che si propone di analizzare i tratti salienti delle variabili comunicative attraverso tre nodi concettuali, «la creazione di reti, la costruzione del sapere, l’esercizio del potere».
Il testo è diviso in tre macrocapitoli che squadernano l’«avventuroso tragitto plurimillenario» della comunicazione dall’antichità («L’ingegno comunicativo degli antenati: dai primordi a Roma imperiale») al Medioevo («La comunicazione nell’età di mezzo: dall’impero di Costantino al tardo XIV secolo»), sino al Rinascimento e all’età moderna («Dalla macchina di Gutenberg alla stampa rivoluzionaria francese: prima della comunicazione di massa») con il telegrafo ottico che precede di poco il telegrafo elettrico, progenitore della società di massa. Insomma, una fulminea ma documentata carrellata di strumenti – umani e oggettuali – che hanno segnato la storia delle (pubbliche) relazioni.

«IL CORPO DELL’OMINIDE, la mano dell’Homo erectus e la voce dell’Homo sapiens. I pittogrammi dei Sumeri, il geroglifico degli Egizi, il cuneiforme mesopotamico e la scrittura ideografica cinese. L’alfabeto fenicio e greco. Il papiro e la pergamena. La poesia e il racconto, gli eventi culturali e la cultura religiosa. Il sapere filosofico e l’organizzazione razionale del discorso. Le piattaforme comunicative dell’Impero Romano. Lo spirito del medium-libro e la propaganda cristiana».
Cristante ci ricorda che da sempre l’uomo tenta di aprirsi all’alterità, al mondo e utilizza persino il suo corpo come «articolazione mediatica», persino i suoi spazi più cari: «Se tuttavia fosse necessario ridurre ancor più la complessità, limitandosi a una sola immagine, potrebbe essere di aiuto la metafora dell’agorà, cioè dello spazio pubblico nella sua apparente naturalità tribale e nella sua essenza urbana decisamente socio-culturale». Sta a noi, immersi nelle insidie della civiltà cibernetica, ricordarci di koinóein, ossia etimologicamente di fare, rendere comune.

 

04 – Ella Parry * – I LAVORATORI DOMESTICI REAGISCONO: VITTORIE QUOTIDIANE E STORIE DI SFIDA . SCHIAVITÙ DOMESTICA. DI FRONTE AL SUPERLAVORO E AL FURTO DI STIPENDIO, SARA, UNA COLLABORATRICE DOMESTICA A BEIRUT, RICORDA COME IL SUO DATORE DI LAVORO CHIEDEVA RICEVUTE E CONTAVA OGNI CENTESIMO QUANDO USCIVA A COMPRARE LA COLAZIONE. MA UN GIORNO, SARA HA RISPARMIATO ABBASTANZA DELLA PROPRIA PAGA PER COMPRARSI I CROISSANT, CHE HA GUSTATO DAVANTI AL SUO DATORE DI LAVORO, DICHIARANDO “ANCH’IO, HO IL DIRITTO DI MANGIARE CROISSANT!”

Può sembrare un piccolo atto di resistenza alla sottomissione, ma ha aiutato Sara a negoziare l’orario di lavoro e il pagamento. Ma inoltre indica le vittorie quotidiane e gli atti di ribellione dei lavoratori domestici che spesso si perdono quando ci si concentra solo sui casi estremi di abuso.

SCRIVENDO SU OPEN DEMOCRACY , ELLA PARRY-DAVIES SPIEGA:
Negli ultimi due anni mi sono unito ai lavoratori domestici migranti a proteste, riunioni, riunioni della comunità e bar karaoke per conoscere la realtà quotidiana del lavoro in case private, lontano da casa. Come parte della mia ricerca, lavoratori come Sara e Rose hanno collaborato all’editing di soundwalks che portano gli ascoltatori in luoghi dove possono ascoltare le voci dei lavoratori attraverso le loro cuffie.
Le loro storie complicano le narrazioni semplicistiche di vittimismo e vulnerabilità che sono troppo spesso applicate ai lavoratori domestici. I resoconti di abusi ed evasioni sono accompagnati da aspre critiche alla legge sull’immigrazione e alla politica di esportazione del lavoro. Vividi ricordi di persone care si affiancano a discussioni su fede, musica e sessualità.
Questa gamma sottolinea la necessità di una prospettiva più sfumata, in cui i lavoratori domestici migranti appaiono – prima di tutto – come esperti che negoziano, sfidano e sopravvivono alle condizioni di migrazione e lavoro sottovalutato. La loro competenza si esprime sia attraverso atti quotidiani come i croissant di Sara, sia attraverso attivismo organizzato su scala internazionale. Il lavoro domestico implica molto più che rapporti iniqui tra datori di lavoro crudeli e lavoratori vulnerabili. Uno dei problemi più urgenti evidenziati dai lavoratori domestici è il ruolo dei governi nell’impilare il mazzo contro di loro.
Mentre i datori di lavoro abusivi sono una parte del problema, i governi spesso mettono le mani sui lavoratori domestici migranti. Ad esempio, nel Regno Unito i visti per lavoratori domestici sono vincolati al loro datore di lavoro in quello che gli attivisti descrivono come un “visto per beni mobili”.
Non sorprende che ciò renda quasi impossibile per i lavoratori domestici nel Regno Unito – più della metà dei quali denuncia abusi verbali, fisici o sessuali – sfidare i maltrattamenti quando potrebbero mettere a repentaglio il loro status di immigrati. In risposta, i lavoratori domestici si stanno organizzando: The Voice of Domestic Workers sta attualmente conducendo una campagna per ribaltare il sistema dei visti vincolati nel Regno Unito.
Amara, una collaboratrice domestica filippina diventata senzatetto e priva di documenti dopo essere fuggita dai suoi datori di lavoro violenti, indica un’altra debolezza nelle protezioni del governo. Ha aspettato per quasi tre anni – durante i quali le è stato impedito di lavorare – finché il Ministero dell’Interno del Regno Unito non l’ha identificata come vittima di tratta attraverso il National Referral Mechanism (NRM), concedendole finalmente il permesso di rimanere.

Amara non vuole essere vista come una vittima della tratta, ma piuttosto come una lavoratrice. Dice che i lavoratori domestici sfruttati sono presi tra l’essere visti come una “vittima o un criminale”, dove il loro destino è determinato dal NMR. I lavoratori domestici che sono arrivati nel Regno Unito dall’estero hanno fatto una campagna per un cambiamento nella legge in modo che il loro status di immigrato non dipendesse più dal loro datore di lavoro, il che rende difficile abbandonare le situazioni di abuso. Freedom United sostiene la loro chiamata , che ad oggi il governo non ha ascoltato.
Come conclude Parry-Davies: “Non sono in grado di ottenere protezione tramite il NMR fino a quando la loro situazione lavorativa non si è deteriorata fino al punto di schiavitù – a quel punto devono fare un atto di fede che le loro storie saranno credute. Ma se il loro abuso non è considerato abbastanza estremo da meritare protezione, se diventano privi di documenti o se sono costretti a lavorare senza documenti per evitare l’indigenza, devono lasciare il Regno Unito o essere trattati come criminali “. ( Open Democracy ,di Ella Parry *)
Invita il tuo paese a ratificare il C189 per contribuire a porre fine alla schiavitù domestica
AIUTACI A RAGGIUNGERE 100.000 AZIONI
Leggi il testo completo della petizione
Gentile Ministro del Lavoro,
Credo che i lavoratori domestici dovrebbero godere delle stesse tutele degli altri lavoratori e non essere più il lavoro invisibile dietro le porte delle famiglie private e non protetto dalla legislazione nazionale. Ciò consente i peggiori tipi di abuso che spesso equivalgono alla schiavitù moderna.
Chiedo al mio governo di prendere posizione a favore dei lavoratori domestici e di ratificare immediatamente la Convenzione sui lavoratori domestici 189. Cordiali saluti,…………….

 

05 – Notizie dall’Europa. CHE CONSEGUENZE AVRÀ L ACCORDO SULLA BREXIT? PUÒ SEMBRARE ASSURDO, MA NEL FUTURO DEL REGNO UNITO E DELL’EUROPA SI PROSPETTANO ALTRI ANNI DI ATTESE E DI TRATTATIVE. INTANTO PERÒ CON BREXIT IL REGNO UNITO HA DIVERSE QUESTIONI POLITICHE DA RISOLVERE SUBITO, E L’UNIONE EUROPEA UN’OCCASIONE PER STABILIZZARSI.

UE e Regno Unito, dopo più di 4 anni dal referendum su Brexit, si sono ridotti all’ultimo mese disponibile prima del no-deal per trovare un accordo. Anzi, quasi all’ultima settimana: l’accordo è stato reso noto il 24 dicembre, alla mezzanotte del primo gennaio sarebbe scattata una Brexit senza accordo. Oggi sappiamo, ed è una buona notizia, che questo accordo è stato firmato e sarà utile a regolare i futuri rapporti tra Ue e Uk. Ciò che non sappiamo, invece, è cosa cambierà praticamente, sia per una che per l’altra parte. Proviamo a fare chiarezza.
Innanzitutto però va specificato che nonostante il deal, frutto di anni di mediazioni e infinite contrattazioni, non tutto è ancora deciso. Al di fuori delle 1256 pagine dell’accordo, che risolvono molte delle incognite sull’uscita inglese dall’Unione, una lunga serie di dettagli rimangono da discutere e saranno trattati in contrattazioni future.
Prendiamo per esempio la riduzione della pesca europea in acque britanniche che è stata fissata a un -25% (Londra voleva che la riduzione fosse dell’80%, Bruxelles aveva proposto il 18%): questa riduzione non varrà per sempre, ma solo per i prossimi cinque anni e mezzo, cioè un periodo transitorio che servirà alle parti per adeguarsi alle nuove misure. Vale la pena notare che questo periodo di transizione scadrà quasi un decennio dopo il voto referendario che ha deciso per la Brexit, che si tenne nel giugno 2016. Inoltre non è finita, perché dopo questo periodo di transizione il Regno Unito potrà tornare ad avere il pieno controllo delle sue acque, ma l’accesso dei pescherecci europei in acque britanniche verrà regolato necessariamente da futuri negoziati in cui si discuterà, di nuovo, di scambi e accordi commerciali. I Brexiteers che speravano in un’uscita rapida e netta, rischiano di rimanere delusi e seguire un calvario potenzialmente infinito, anche perché l’Unione Europea in questi futuri negoziati (immaginiamoli per il 2025) si troverà in una posizione di forza del tutto simile a quella in cui si è trovata durante i negoziati appena conclusi, nel senso che il mercato unico dell’Ue è, e sarà, irrinunciabile per il Regno Unito ma il contrario varrà un po’ meno.
Da cosa dipenderanno i futuri accordi? Probabilmente dagli stessi fattori da cui è dipeso l’accordo appena firmato. Dal punto di vista del governo di Londra, per esempio, durante le fasi finali delle trattative con l’Unione Europea è pesato il risultato elettorale statunitense. L’arrivo alla Casa Bianca di un presidente democratico e contrario a Brexit, Biden, faceva intravedere un pericolo concreto di crisi economica e isolamento politico per il Regno Unito in un ipotetico scenario di no-deal. E nel 2025 con tutta probabilità, sui nuovi accordi, continuerà a contare il panorama internazionale: nel 2024, infatti, si terranno di nuovo le elezioni presidenziali.

COSA CAMBIERÀ PER IL REGNO UNITO
Sul breve periodo il governo di Boris Johnson può dirsi in qualche modo vincitore: era arrivato al numero 10 di Downing Street con un mandato preciso, “Get Brexit Done”, e così è stato. Sul lungo periodo però, verranno a galla gli aspetti più pratici del patto e la vittoria politica di Johnson potrebbe cambiare di segno e apparire addirittura come una sconfitta. Innanzitutto il Regno Unito nei prossimi anni dovrà tenere delle regole di mercato simili a quelle europee, e dovrà farlo proprio per via degli accordi presi con l’Europa. Il motivo è che, durante gli accordi, i negoziatori dell’Unione hanno insistito perché si arrivasse a delle condizioni che non permetteranno la concorrenza sleale del Regno Unito nei confronti dell’Ue.
Un altro tasto dolente per gli inglesi, sul medio e lungo periodo, saranno i controlli doganali. Per quanto questo accordo non sia la tanto temuta hard Brexit, ci saranno comunque nuove procedure doganali. L’enorme ingorgo di camion nel Kent che abbiamo visto intorno al 22 dicembre, dovuto al blocco deciso per la scoperta del nuovo ceppo di Sars-Cov-2, potrebbe ripetersi nel prossimo futuro a causa delle conseguenze di Brexit. Anche perché le nuove misure doganali varranno soprattutto per gli autotrasportatori che trasportano merci tra il Regno Unito e l’Unione Europea. I camionisti dal primo gennaio 2021 in poi porteranno con sé certificazioni di sicurezza e altri documenti che prima non erano necessari. Per evitare ingorghi e imprevisti in vari porti della Manica si stanno costruendo nuove strutture apposite, che saranno utili a controllare i carichi e gestire i flussi di mezzi. Insomma la burocrazia aumenterà, e così l’idea di Brexit come via d’uscita dalla burocrazia europea si scontrerà con la realtà.
Anche i confini tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord cambieranno, nonostante i promotori di Brexit (compreso Boris Johnson) avessero promesso che il confine non sarebbe “assolutamente” stato modificato. È vero che il confine terrestre rimarrà aperto, ma per le merci che attraversano il mare d’Irlanda ci saranno procedure doganali, visto che si è deciso che l’Irlanda del Nord avrà accesso all’unione doganale europea. Probabilmente quindi le merci verranno controllate anche a terra, per quanto non sappiamo se questi controlli avverranno effettivamente al confine.
Ci saranno altre conseguenze di Brexit che ancora è difficile stimare, e che potrebbero avere un impatto diretto, anche economico, sulla vita degli europei nel Regno Unito e dei britannici nel territorio dell’Unione, per esempio è incerto se torneranno i costi del roaming. L’accordo appena firmato non ha deciso su questo punto, ma per studenti, viaggiatori e chi si sposta di frequente per lavoro è un dato importante. Si sa invece, ed è probabile che crei una certa frustrazione tra i più giovani, che gli studenti universitari britannici non potranno più partecipare al programma Erasmus, che verrà rimpiazzato con un programma alternativo di cui però, al momento, si sa pochissimo, se non che verrà intitolato ad Alan Turing. Il negoziatore per parte europea Michel Barnier ha detto che quella di rinunciare al programma Erasmus è stata una decisione del governo di Londra di cui si è dispiaciuto.

E COSA ACCADRÀ INVECE ALL’UNIONE EUROPEA?
Per l’Ue il 2020 è stato un anno difficile. Era iniziato proprio con un grande riassestamento della macchina democratica in vista dell’attuazione di Brexit, ma il divorzio con Londra, dopo lo scoppio della pandemia e la conseguente crisi economica, ha smesso di essere in cima alla lista delle priorità. Negli ultimi mesi la maggior parte degli sforzi sono andati, comprensibilmente, a trovare accordi interni ai paesi dell’Unione sulle misure sanitarie, e di sostegno economico, utili a far fronte alla Covid-19.
Proprio mentre scoppiava la pandemia, lo scorso febbraio, a Bruxelles e a Strasburgo la bandiera del Regno Unito veniva ammainata, e nel capoluogo alsaziano veniva svolta la prima seduta plenaria senza i parlamentari britannici. 76 seggi lasciati vuoti, e che sono stati riassegnati a 13 dei 27 stati rimasti nell’UE, compresa l’Italia che così ha mandato a Strasburgo Vincenzo Sofo (Lega), Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) e infine Salvatore De Meo (Forza Italia). Il Parlamento Europeo in questo modo è cambiato, perdendo soprattutto una delle sue componenti più euroscettiche, i parlamentari inglesi. Anche grazie a questa assenza l’Europa è riuscita a varare in tempi brevi misure economiche rivoluzionarie per la sua storia, compreso fare per la prima volta debito comune. Un grande cambiamento che la Brexit sembra aver portato nell’Unione è che nessun altro paese, al momento, visto come sono andate le cose al Regno Unito, sembra essere nella posizione di voler uscire dall’Ue. Un po’ come se già le sole trattative per Brexit abbiano vaccinato politicamente l’opinione pubblica dei restanti 27 paesi. In questa prospettiva è possibile che Brexit, ora che dal primo gennaio si concretizzerà con tutte le sue incognite e necessità burocratiche, rafforzerà ulteriormente la coesione europea dando all’Unione la possibilità concreta di rilanciarsi e trovare formule politiche più rapide ed efficaci.
Questi sono i cambiamenti che possiamo aspettarci sul piano politico e sociale, ma l’aspetto che dal primo gennaio andrà monitorato con particolare attenzione sarà anche quello dei risvolti economici di Brexit. L’aver scongiurato un divorzio senza accordo, per il momento, ha dato fiducia ai mercati, ma andranno osservati gli andamenti sul medio e lungo periodo. (da Wired news )

 

06 – IL PD NON TRATTA PIÙ CON RENZI: «SE SFIDUCIA CONTE SI VA A VOTARE». GOVERNO IN CRISI. OGGI LA DIREZIONE. BETTINI E ORLANDO: NO A GOVERNISSIMI CON LA DESTRA. ASSE TRA I DEM E I 5 STELLE: «BASTA CON I RICATTI DI MATTEO, SE SI VOTA SPARISCE», di Andrea Carugati

La trattativa tra il Pd e Renzi si è interrotta. Di fronte ai continui rilanci del rottamatore, anche un paziente tessitore come Goffredo Bettini ha capito che le strade del dialogo per tenere insieme questa maggioranza portano in un vicolo cieco.

Raccontano fonti dem che, quando Renzi dopo quella di Conte ha chiesto anche la testa del ministro della Giustizia e capodelegazione M5S Alfonso Bonafede, a quel punto è stato chiaro che l’unico obiettivo era far saltare i nervi ai 5 stelle. E precipitare verso quello che Andrea Orlando ha chiamato «il burrone della crisi». Con un obiettivo molto chiaro da parte di Renzi: costringere i dem a seguirlo nell’avventura di un governo di unità nazionale con Berlusconi e Salvini. Dunque è partita la contraerea.

Bettini, che nei giorni scorsi aveva taciuto mentre provava a tessere la tela, ha dato un’intervista al sito Tpi per sferrare una bordata a Renzi il cui succo è «se non va bene Conte sfiducialo in Parlamento e noi con i 5 stelle chiediamo le elezioni anticipate». No dunque «all’avventura, al trasformismo, a coalizioni incerte e improvvisate», dice Bettini. «Conte è il pilastro dell’attuale alleanza che ha lavorato bene e che per il Pd non ha alternative. Se qualcuno intende romperla, sarà il Parlamento, e poi eventualmente gli elettori, a decidere se Conte dovrà continuare a lavorare al servizio della Repubblica».

Lo scenario è quello che da giorni Bettini e Franceschini vanno delineando in caso di rottura con Renzi: il voto il prima possibile con una coalizione a tre, Pd, M5S e Leu, con un Movimento trainato dalla popolarità del premier uscente che potrebbe limitare i danni e attestarsi intorno al 15%. «Con questa legge elettorale e i collegi uninominali, nel centrosud ce la giochiamo con la destra, Renzi invece sparisce», la linea del Nazareno.

Oggi si riunisce la direzione Pd, Zingaretti farà ancora appello al senso di responsabilità di tutta la coalizione, ma accennerà ai compagni di partito anche il Piano B: e cioè quello di un asse con Grillo e Conte per scoprire il bluff di Renzi e inchiodarlo alle sue responsabilità. L’obiettivo, se Renzi staccherà la spina ritirando le ministre, è quello di evitare il voto a rischio del Senato e salire al Quirinale con le dimissioni del premier.

A quel punto, alle consultazioni, Pd e M5S diranno a Mattarella che per loro c’è il Conte ter o le elezioni. Una massa critica, quella formata da dem e grillini, che potrebbe anche far pendere la bilancia del Colle verso le urne: contando anche Leu, si tratta di circa 135 senatori su 315 e 295 deputati su 630. Del primo e del secondo partito alle ultime politiche.

«Il Quirinale dovrebbe tenerne conto, e anche negli Usa si è votato in piena pandemia», ragionano fonti dem. «Le urne non sono un esito scontato della crisi, ma neppure impossibile come va dicendo Renzi. In ogni caso non si può pensare di andare avanti con i continui ricatti di Matteo, che pensa di comandare come quando aveva alle spalle un partito del 40% anche se adesso ha il 2%».

E del resto Zingaretti voleva le urne già nel 2019, quando Salvini schiantò il Conte I ed era al top dei consensi. Oggi invece il leghista si è assai indebolito. La strada che il Pd non vuole invece percorrere è quella di andare avanti con qualche senatore raccattato in Aula. «Nessuna barricata se ci sono nuovi apporti, ma non credo che un governo si possa reggere su un materiale così friabile come quello di singoli parlamentari la cui volontà può cambiare da un giorno all’altro, già così è dura», spiega a La7 il vicesegretario Orlando.
Dunque se Renzi vuole aprire la crisi, il Pd chiederà a Conte di dimettersi senza cercare responsabili in Senato. Ma senza lasciare margini al governissimo sognato dal capo di Italia Viva. «Impicci con la destra non se ne possono e non se ne debbono fare», insiste Orlando che nei giorni scorsi aveva spiegato di provare «imbarazzo» anche solo all’idea di un governo con i trumpiani Salvini e Meloni.
Quanto a nuovi premier dentro l’alleanza attuale maggioranza (ipotesi allo stato attuale assai improbabile) , «non è semplice trovare una figura come Conte che tenga insieme forze politiche così diverse», ribadisce il vicesegretario dem.
La trattativa dunque è arrivata al muro contro muro, la diga che il Pd in queste settimane aveva costruito per evitare il frontale tra Renzi e Conte è caduta e i margini per una ricomposizione della maggioranza sono esigui. Di questo, pur senza toni ultimativi che non sono nel suo stile, parlerà oggi Zingaretti alla direzione. Tracciando la road map che il Pd seguirà una volta aperta la crisi.

 

07 – E L’INTEGRAZIONE LA CHIAVE PER IL FUTURO BENESSERE DI TUTTI. IN ITALIA I COSTI DEL MANCATO INSERIMENTO SOCIALE DEI MIGRANTI SONO DI GRAN LUNGA SUPERIORI A CIÒ CHE SI INVESTE IN ACCOGLIENZA E SERVIZI UTILI PER CHI SI DEVE ORIENTARE IN UN NUOVO PAESE, di Valentina Brinis e Veronica Proia*.

MOLTO DI QUANTO SCRITTO NEL PIANO NAZIONALE PER RINTEGRAZIONE ADOTTATO NEL 2017 È RIMASTO LETTERA MORTA
L’ antropologo iraniano Shahram Khosravi nel 2010 scriveva che l’attuale ospitalità nei confronti dei migranti si articola nella loro «assimilazione violenta o nel rigetto». Se da una parte «il rigetto dello straniero, avviene in modo sempre più esplicito ed è ben visibile nel mondo odierno», l’altra strategia «è più occulta ma comunque intrinseca nel sistema dello Stato-nazione, intenzionato a preservare la propria uniformità culturale». Una dialettica, quella dell’accoglienza/respingimento, integrazione/esclusione, che dimostra come l’ospitalità sia regolata da confini, che non si esauriscono nello spazio fisico di una frontiera e che, inevitabilmente, producono nuove soggettività.
Dal punto di vista dell’integrazione dei migranti, l’Italia è l’esempio perfetto di come si possono costruire confini non visibili dati da ostacoli insormontabili che creano separazioni e lacerazioni profonde. L’integrazione è un percorso che comincia non appena una persona mette piede in un Paese nuovo, ovvero il luogo dove – o in seguito a una decisione ponderata, o per caso – giunge.
IL PRIMO STEP, quello da cui tutto ha inizio, è sicuramente l’accoglienza. Nel 2020, per molte delle persone che arrivano via mare, lo zerbino della porta d’ingresso dell’Italia è un trasbordo sulla nave quarantena, molto diverso dalla scritta “welcome” che regna nel nostro immaginario domestico. Questa imbarcazione è solitamente usata per le crociere, però, dal mese di aprile, viene utilizzata per ospitare chi ha tentato, riuscendoci, la traversata del Mediterraneo centrale. Una rotta paragonata sempre più spesso a un cimitero per il numero di vite che qui si interrompono: già un migliaio da inizio anno.
La nave quarantena viene utilizzata per la misura precauzionale di clausura fino alla negatività del tampone, come previsto da tutti i Dpcm in materia di gestione del Covid. Un’attenzione che sicuramente si deve porre di questi tempi senza però causare – ed è quello che viene richiesto da più parti – ulteriori danni alla psiche già fragile di molte persone. Alcune delle quali, tra l’altro, nei mesi scorsi hanno anche tentato di lasciare quel luogo gettandosi in acqua e perdendo la vita.
Per chi proviene dal mare, infatti – e qui ha già rischiato di morire – rimanere bloccato, sospeso in un limbo, circondato dall’acqua – senza neanche poter sognare un’evasione priva
di dolore come quella che invece possono pianificare, anche senza attuarla, i loro connazionali nei centri di accoglienza a terra – altro non fa che causare ansia e frustrazione. E da qui, da come si apre la porta, che si capiscono le intenzioni di un ospite. E il nostro Paese in questo genere di galateo, sembra essere ancora piuttosto impacciato.
Nella raccolta etnografica Tristes tropiques, Lévi-Strauss confronta quelli che oggi chiameremmo modelli di integrazione, tra società primitive e società moderne. In realtà la sua analisi riguarda il modo in cui i due contesti si distinguono rispetto all’arrivo di soggettività estranee. Le società che vengono ritratte dall’autore sono rispettivamente definite antropofagiche e antropoémiche: capaci cioè di inghiottire lo straniero eliminandone l’alterità oppure di vomitarlo dal corpo sociale ed espellerlo.
A livello europeo, attraverso le agende sull’integrazione pubblicate sin dal 2004, si è cercato di uniformare questa tendenza verso un atteggiamento di accoglienza da parte degli Stati membri. Nel 2011 la Commissione europea si poneva «come chiaro obiettivo politico, la reale integrazione degli immigrati regolari, sostenuta dal rispetto e dalla promozione dei diritti umani». Ed evidenziava quanto le dinamiche di integrazione costituissero il motore «dello sviluppo economico e della coesione sociale attraverso un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco».
Il valore di questa definizione risiede nel descrivere come un vantaggio e un arricchimento lo scambio tra culture differenti, nel proporre uno scenario che non sia esclusivamente legato alla produzione di uno spazio delimitato, all’interno del quale il soggetto straniero deve integrarsi. Disarticolare questo spazio di marginalità significa avviare un processo reciproco di costruzione.
Dunque il percorso di integrazione ha come protagonisti due attori che interagiscono collaborativamente affinché il processo si realizzi. Gli attori in questione sono le persone straniere giunte nel nuovo Paese e la società che li ospita. Il ruolo dell’ospitante è quello di fornire un kit di strumenti all’altro gruppo utili a districarsi nel nuovo Paese: come i corsi di lingua, l’orientamento giuridico, l’orientamento al lavoro e alla ricerca di un alloggio.
Di nuovo, all’interno dell’Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi vengono delineate le nuove sfide pressanti ancora irrisolte per i governi rappresentate da «i livelli occupazionali tuttora bassi della forza lavoro immigrata, soprattutto femminile; la crescente disoccupazione e gli alti tassi di forza lavoro immigrata sovra qualificata; il rischio crescente di esclusione sociale; le disparità in termini di rendimento scolastico». Nel 2016 viene approvato a livello europeo il Piano di azione sull’integrazione, in cui sono inserite misure concrete rivolte agli Stati, incentivati ad attuarle, perché l’integrazione è «la chiave per il futuro benessere, la prosperità e la coesione delle società europee».
Le modalità di applicazione di quanto previsto dal Piano hanno sicuramente portato a risultati molto diversi anche perché differente è il contesto in cui gli Stati europei si trovano ad affrontare tali argomenti.
L’Italia, per esempio, nonostante si interfacci con il fenomeno dell’immigrazione dai primi anni 90, solo nel 2017 ha adottato un Piano nazionale per l’integrazione, rivolto a persone titolari di protezione internazionale. Si tratta di un documento a cui ha lavorato per due anni il Tavolo nazionale di coordinamento, che è stato reso noto dal ministero dell’Interno ed inoltrato alle prefetture che avrebbero dovuto mettere in atto le misure riguardanti la parte di loro competenza. Le criticità di quel Piano, relative alla sua difficoltà di applicazione, hanno da subito messo in evidenza l’assenza di un ente che avrebbe dovuto monitorare l’attuazione di quanto era stato previsto. Il testo dava delle indicazioni quasi di buon senso sulla direzione che i vari enti italiani, titolati in materia di asilo, avrebbero dovuto seguire per poter cosi parlare di integrazione in Italia. Purtroppo, molto di quanto è stato scritto è rimasto tale e non ha trovato una sua reale applicazione. In alcune aree d’Italia si sono realizzate delle esperienze davvero degne di nota che però non hanno avuto alcun riscontro a livello nazionale. Viene anche da chiedersi se tali iniziative potrebbero davvero avere una replicabilità, poiché dipendono da congiunture di più elementi non sempre ripetibili. Le linee dettate dal Piano riguardavano i temi dello scambio culturale, dell’orientamento legale, dell’accesso al lavoro e al mercato degli affitti. Argomenti già individuati dalle agende europee e che rappresentano, non solo per l’Italia, delle vere e proprie priorità e urgenze da affrontare, non solo a beneficio dei nuovi giunti ma per l’intera popolazione del nostro Paese.
Quello che ormai appare chiaro in Italia sono i costi della mancata integrazione, di gran lunga superiori a quelli investiti per mettere a punto misure di accoglienza e servizi utili a chi si deve orientare in un nuovo Paese.
Lo scambio di cui parla l’Ue tra la società che accoglie e il nuovo giunto, di fatto, sta proprio qui: è la riuscita dell’integrazione stessa la risposta positiva data dalle persone alle politiche predisposte. Non è solo una questione di costi economici, ovviamente, ma anche di diritti da garantire, come quello alla protezione e a un alloggio dignitoso, a partire dalla prima accoglienza. Il contrario, ovvero la parziale e totale negazione di diritti porta a processi di emarginazione da cui non sempre è facile uscire, con il rischio di diventare un pericolo per se stessi e l’intera comunità. Ed è proprio cosi che, come l’uomo kafkiano protagonista di Davanti alla legge, il migrante viene davvero collocato in una zona grigia e limbica, tra il dentro e il fuori. D’altra parte come ci rivela Balibar, i confini sono linee di colore invisibili situate ovunque e in nessun luogo.
( di Valentina Brinis e Veronica Proia* a LEFT 8 GEN 2021)

 

08 – 9 STARTUP ITALIANE DA TENERE D’OCCHIO NEL 2021 DALLA MOBILITÀ ELETTRICA ALLA STAMPA 3D, DAL FINTECH ALL’ECOMMERCE: ECCO ALCUNE SOCIETÀ INNOVATIVE CHE PROMETTONO DI CRESCERE NEL 2021

STARTUP
MOBILITÀ VERDE, fintech, stampa 3D, logistica, intrattenimento: sono questi i campi in cui operano alcune delle startup e scaleup italiane da tenere d’occhio nel 2021, per le promesse di crescita e sviluppo del business.

MOBILITÀ ELETTRICA
DEEPSPEED è il motore elettrico idrojet per la nautica, che punta a diventare l’equivalente di Tesla per le auto elettriche. D’altronde l’Italia è uno dei principali protagonisti dell’industria navale mondiale, per cui la sfida lanciata dalla startup Sealance ha una certa credibilità, forte di un brevetto valutato circa 13 milioni di euro. Già nel 2019, l’azienda fondata da William Gobbo, che punta alla “mobilità pulita sull’acqua”, ha raccolto con successo 450mila euro sulla piattaforma crowdfunding Crowdfundme. A dicembre e in soli 17 giorni, la seconda campagna di crowdfunding per DeepSpeed ha raccolto la notevole cifra di 2.7 milioni di euro crowdfunding. Il motore elettrico è previsto sul mercato a inizio 2022.
Sempre in tema di mobilità green, Arco Fc, è una startup emiliana che già da diversi anni sta sviluppando batterie elettriche di nuova generazione. L’ultima promessa è di quelle che fanno tremare i polsi: 3 minuti di ricarica per avere fino a mille chilometri di autonomia. Al momento l’idea di Arco Fc è sostenuta da Toyota Material Handling, la più grande azienda al mondo nella movimentazione merci, una costola del colosso automobilistico asiatico. Alcuni prototipi della batteria sono già stati usati su veicoli da lavoro della Toyota con buoni risultati. La Arco Fc è pronta da arrivare sul mercato nel 2021, forte anche di una campagna crowdfunding che quest’anno ha raccolto un milione di euro in pochi giorni.

FINTECH
Conio è la startup italo-statunitense che ha dato vita al primo portafoglio bitcoin italiano su smartphone. L’idea è quella di far diventare i bitcoin un mercato di massa per acquisti e investimenti. Conio è stata fondata da Christian Miccoli, che ha lanciato CheBanca! in Italia e da Vincenzo De Nicola, che nel 2013 ha venduto la sua GoPago ad Amazon. Finora la startup ha raccolto investimenti per 6,5 milioni di dollari da Poste Italiane, Banca finanziaria internazionale, Fabrick e una serie di investitori privati. La congiuntura sembra essere favorevole per Conio: a fine novembre il bitcoin ha raggiunto (per poche ore) il suo massimo storico, PayPal accetterà transazioni in bitcoin, i principali colossi bancari Usa (JP Morgan, Fidelity e Morgan Stanley) esprimono outlook favorevoli sulla valuta, ma soprattutto Conio stessa è stata scelta come wallet accreditato per Libra, la criptovaluta di Facebook che dovrebbe arrivare proprio nel corso del 2021.
C’è poi CREDIMI, uno dei più grandi digital lender per le imprese in Europa. Scaleup fintech fondata nel 2016 da Ignazio Rocco di Torrepadula, oggi Credimi è un intermediario finanziario vigilato da Banca d’Italia e attraverso la sua piattaforma digitale ha erogato oltre 1,3 miliardi di euro alle aziende italiane (solo nei primi 9 mesi del 2020 sono stati erogati 450 milioni di euro, +39% rispetto al 2019). Credimi sta crescendo molto, anche in termini di organico. Attualmente è alla ricerca di oltre 40 figure professionali, con inserimento da gennaio in poi. Considerando che l’accesso al credito sarà uno dei cardini della ripresa, nel 2021 Credimi vuole giocare un ruolo importante nel sostenere l’economia italiana, dando ossigeno soprattutto a micro e piccole imprese.

STAMPA 3D
Abbiamo visto durante l’emergenza Covid-19 quanto il settore della stampa 3D sia ricco di risorse e inventiva. Roboze è una startup di Bari con circa 50 dipendenti, che progetta e produce stampanti 3D professionali e industriali, per clienti nei settori energetico, automobilistico, aerospaziale e non solo. Nel 2020 la startup di Alessio Lorusso ha venduto una delle sue stampanti top di gamma all’esercito americano (300.000 euro), che la utilizzerà per stampare pezzi di ricambio. Da questa opportunità, Roboze ha deciso di aprire una sede oltre oceano, a Houston, cercando di attivare altri contratti di fornitura con l’esercito a stelle e strisce. Attualmente la startup cerca più di 20 figure professionali, di cui oltre la metà negli Stati Uniti.

IMMOBILIARE
Casavo, startup milanese, consente di chiedere un appuntamento per la valutazione di un immobile, che sarà visionato e valutato, anche a distanza, da un team di esperti. Parte così un processo semplificato che può portare a formalizzare la vendita davanti a un notaio nel giro di 30 giorni. L’obiettivo è offrire ai propri clienti un significativo abbattimento nei tempi di vendita, rispetto ai canali tradizionali. In cambio Casavo chiede a chi vende uno sconto dell’8% sull’immobile. Casavo, fondata dall’under 30 Giorgio Tinacci, ha raccolto 100 milioni di euro di investimenti solo nei primi due anni di vita (2017-2019) ed è ormai un player riconosciuto, soprattutto nelle grandi città.

LOGISTICA
In questi mesi l’ecommerce e la logistica sono esplosi. Una tendenza che è facile confermare almeno per la prima metà del 2021. I veronesi di Milkman forniscono servizi di delivery su misura, focalizzandosi in particolare sul controllo dell’ultimo miglio e offrendo opzioni di consegna personalizzate, con elementi di gamification. L’azienda è stata fondata nel 2015 e ha registrato nel primo trimestre del 2020 circa 400mila consegne, il doppio di quanto fatto nello stesso periodo dell’anno precedente. A maggio scorso è stato chiuso un round di finanziamento da 25 milioni, con la partecipazione di Poste.

IMPEGNO SOCIALE
Gamindo è una startup trevigiana che permette di donare soldi alle organizzazioni no profit e alle cause in cui crediamo, gratis e semplicemente giocando. I videogiochi di Gamindo sono dei prodotti sviluppati per aziende che vogliono pubblicizzarsi (advergame). Il sistema funziona così: Gamindo realizza il gioco su commissione di un’azienda, le aziende ottengono visibilità, i giocatori possono fare beneficenza divertendosi e gratuitamente e gli enti non profit ottengono donazioni e tengono alta l’attenzione sulle loro campagne. I due fondatori Nicolò Santin e Matteo Albrizio sono entrambi under 30. Il 2021 sarà un anno d’investimenti ed espansione per Gamindo, visto che hanno una campagna di finanziamento in partenza sul portale Mamacrowd.

DIDATTICA A DISTANZA
Con la maggior parte delle scuole aperte a singhiozzo da marzo ad oggi, la didattica a distanza è diventata realtà quotidiana per milioni di famiglie. Nata come misura d’emergenza, è difficile credere che nelle aule tutto tornerà esattamente come prima, quando la pandemia sarà sconfitta. WeSchool è l’unica piattaforma italiana tra le tre suggerite dal ministero dell’Istruzione per la didattica a distanza. Per capire il livello della concorrenza: le altre due sono prodotti Google e Microsoft. La creatura di Marco De Rossi, 30 anni, è stata utilizzata su smartphone o computer da 1,1 milioni di studenti e docenti al giorno durante il primo lockdown. Un successo che non è passato inosservato: a inizio agosto è arrivato un importante investimento da 6,4 milioni di euro. Attualmente il team è di 10 persone, ma entro primavera 2021 diventeranno 30.
(wired.it)

 

09 – L’ULTIMO GRANDE SCHIAFFO DI TRUMP ALL’AMBIENTE. NEI SUOI ULTIMI GIORNI DI MANDATO, L’AMMINISTRAZIONE TRUMP STA PER METTERE ALL’ASTA UNA VASTA PORZIONE DELL’ARCTIC NATIONAL WILDLIFE REFUGE, RISERVA NATURALE DELL’ALASKA, PER PERMETTERE ALLE COMPAGNIE STATUNITENSI DI TRIVELLARE LA COSTA DELL’ARTICO.
Una delle più lunghe battaglie ambientali della storia recente degli Stati Uniti sta per giungere a un punto di svolta: mercoledì 6 gennaio l’amministrazione uscente di Donald Trump (giunta ai suoi ultimi giorni di mandato presidenziale) metterà all’asta una vasta porzione dell’Arctic National Wildlife Refuge alle compagnie di estrazione di gas e petrolio. L’Anwr è composto da terre della pianura costiera settentrionale dell’Alaska, nell’Artico nordamericano, rifugio per orsi polari e per mandrie migratorie di renne che rappresentano una fonte di sostentamento, oltre che un simbolo sacro per le comunità indigene locali. Ma l’industria petrolifera ha da tempo messo gli occhi sopra questi territori, intravedendo sotto la loro superficie la possibilità di ottenere miliardi di barili di petrolio.

Una volta che le compagnie di trivellazione avranno ottenuto i loro contratti di locazione nell’Anwr da parte del governo statunitense, non se ne andranno più tanto facilmente. Tuttavia, il prossimo presidente Joe Biden è verosimilmente intenzionato a imporre limiti normativi allo sfruttamento delle terre selvagge dell’Artico. Da decenni, l’Anwr è diventato un simbolo del dibattito statunitense sulla rapidità con cui interrompere la trivellazione e l’utilizzo di combustibili fossili, vista l’accelerazione della crisi climatica.

Gli esperti del clima sostengono che è necessario impedire nuove estrazioni di petrolio e gas a livello globale, poiché il mondo ha già superato il 1 °C di surriscaldamento rispetto ai tempi preindustriali. Infatti, anche se gli esseri umani smettessero di usare i combustibili fossili oggi stesso, il pianeta continuerebbe comunque a scaldarsi.

La lunga battaglia intorno allo sfruttamento energetico dell’Anwr
Il petrolio proveniente dalle trivellazioni nella riserva di estrazione a ovest dell’Anwr, a Prudhoe Bay, ha alimentato lo sviluppo economico dello stato dell’Alaska negli ultimi decenni. Tuttavia, non sono mancati anche i disastri ambientali: come la fuoriuscita di petrolio più dannosa della storia statunitense, causata nel 1989 dalla nave petroliera Exxon Valdez che vomitò milioni di barili al largo della costa meridionale dell’Alaska.

Ma le terre dell’Anwr fino a pochi anni fa “erano off limits”, ha sottolineato al Guardian Adam Kolton, direttore esecutivo della ong ambientalista Alaska Wilderness League. “Per noi, simboleggia proprio ciò che è in gioco qui. Se non riusciamo a tracciare una linea nella tundra e salvaguardare quest’unica area dell’Artico, allora la domanda è: dove puoi porre dei limiti per proteggere le terre selvagge degli Stati Uniti?” ha dichiarato l’attivista.

Fin da quando il presidente Dwight Eisenhower istituì la riserva naturale dell’Anwr nel 1960, l’industria petrolifera (supportata dai repubblicani dell’Alaska) ha iniziato a chiedere il permesso di trivellare anche lì, mentre gli Stati Uniti cercavano di ridurre la loro dipendenza energetica dai fornitori del Medio Oriente.

I repubblicani al Congresso sono riusciti ad accontentare le compagnie petrolifere statunitensi solo nel 2017, con l’inserimento di una disposizione che autorizza le trivellazioni nell’Anwr all’interno della legge fiscale del presidente Trump. Il presidente e i suoi sostenitori argomentarono, all’epoca, che i guadagni ottenuti dal governo grazie alle perforazioni nell’Anwr avrebbero pagato per i tagli fiscali proposti a favore delle corporation e dei cittadini più ricchi. Secondo loro, la mossa dovrebbe generare un guadagno di 900 milioni di dollari.
Al contrario, un’analisi condotta dal gruppo bipartisan indipendente Taxpayers for Common Sense ha concluso che probabilmente frutterà solo una piccola frazione di tale importo – ossia non più di 27,6 milioni di dollari. Una somma che andrà divisa, in ogni caso, tra il governo federale e lo stato dell’Alaska.
Al fronte opposto, le comunità indigene dell’Alaska si sono sempre battute in prima fila contro le proposte di trivellazione nell’Anwr, attraverso numerose azioni legali. Per la tribù dei Gwich’in, che emigra insieme alle renne e si affida a loro come fonte di sostentamento, la lotta è personale. Nel 1988 i membri di questa comunità hanno formato lo Gwich’in Steering Committee proprio per opporsi alle perforazioni nella pianura costiera, che loro chiamano “Il Luogo Sacro Dove Inizia La Vita”.
Anche gli attivisti per la salvaguardia dell’orso polare affermano che l’habitat è fondamentale per la fauna locale, in grave difficoltà a causa dell’aumento delle temperature che stanno sciogliendo il ghiaccio marino. L’Artico si sta surriscaldando a un ritmo molto più veloce rispetto al resto del mondo: come riportato al Guardian dalla onlus Polar Bears International, il numero di orsi polari in Alaska e nel Canada occidentale è diminuito del 40% dal 2001 al 2010. (ndr)

 

10 – C’È UNA RAGIONE PER CREDERE CHE LA MAGGIOR PARTE O TUTTO QUANTO SEGUE DIVENTERÀ REALTÀ NEI PROSSIMI 10-20 ANNI. ALCUNI DI NOI NON VEDRANNO I CAMBIAMENTI, MA I NOSTRI FIGLI E NIPOTI LO FARANNO.

A – BENVENUTO A DOMANI !!
1- Le officine di riparazione auto scompariranno.
2- Un motore benzina / diesel ha 20.000 parti singole. Un motore elettrico ne ha 20. Le auto elettriche sono vendute con garanzie a vita e vengono riparate solo dai concessionari. Occorrono solo 10 minuti per rimuovere e sostituire un motore elettrico.
3- I motori elettrici difettosi non vengono riparati in concessionaria ma vengono inviati a un’officina regionale che li ripara con robot
4- La spia di malfunzionamento del motore elettrico si accende, quindi ti avvicini a quello che sembra un autolavaggio, e la tua auto viene rimorchiata mentre bevi una tazza di caffè e esce la tua auto con un nuovo motore elettrico!
5- Le pompe di benzina andranno via.
6- Gli angoli delle strade avranno contatori che erogano elettricità. Le aziende installeranno stazioni di ricarica elettrica; infatti, hanno già iniziato nel mondo sviluppato.
7- Le principali case automobilistiche intelligenti hanno già designato denaro per iniziare a costruire nuovi impianti che costruiscono solo auto elettriche.
8- Le industrie del carbone andranno via. Le compagnie petrolifere / benzina se ne andranno. La perforazione del petrolio si fermerà. Quindi saluta l’OPEC! Il Medio Oriente è nei guai
9- Le case produrranno e immagazzineranno più energia elettrica durante il giorno e poi la useranno e la rivenderanno alla rete. La rete lo immagazzina e lo distribuisce alle industrie ad alto consumo di elettricità. Qualcuno ha visto il tetto della Tesla?
10- Un bambino di oggi vedrà le auto personali solo nei musei. Il FUTURO si sta avvicinando più velocemente di quanto la maggior parte di noi possa gestire.
11- Nel 1998, Kodak aveva 170.000 dipendenti e vendeva l’85% di tutta la carta fotografica in tutto il mondo. In pochi anni, il loro modello di business è scomparso e sono falliti. Chi avrebbe mai pensato che ciò accadesse?
12- Quello che è successo a Kodak e Polaroid accadrà in molti settori nei prossimi 5-10 anni … e la maggior parte delle persone non lo vede arrivare.
13- Nel 1998 pensavi che solo 3 anni dopo non avresti mai più scattato foto su pellicola? Con gli smartphone di oggi, chi ha anche una fotocamera in questi giorni?
14- Eppure le fotocamere digitali sono state inventate nel 1975 Le prime avevano solo 10.000 pixel, ma seguivano la legge di Moore. Quindi, come con tutte le tecnologie esponenziali, è stata una delusione per un po ‘, prima che diventasse molto superiore e diventasse mainstream in pochi anni.
15- Ora accadrà di nuovo (ma molto più velocemente) con Intelligenza Artificiale, sanità, auto autonome ed elettriche, istruzione, stampa 3D, agricoltura e lavoro.
16- Dimentica il libro “Future Shock”, benvenuto alla 4a rivoluzione industriale.
17- Il software ha interrotto e continuerà a sconvolgere la maggior parte delle industrie tradizionali nei prossimi 5-10 anni.
18- UBER è solo uno strumento software, non possiede auto e ora è la più grande compagnia di taxi del mondo! Chiedete a qualsiasi tassista se l’hanno visto arrivare.
19- Airbnb è ora la più grande compagnia alberghiera del mondo, sebbene non possieda alcuna proprietà. Chiedi agli hotel Hilton se l’hanno visto arrivare.
20- Intelligenza artificiale: i computer diventano esponenzialmente migliori nella comprensione del mondo. Quest’anno, un computer ha battuto il miglior giocatore di Go al mondo, 10 anni prima del previsto.
21- Negli Stati Uniti, i giovani avvocati già non trovano lavoro. Grazie a Watson di IBM, puoi ottenere consulenza legale (finora per ora, le cose di base) in pochi secondi, con una precisione del 90% rispetto a un’accuratezza del 70% se eseguita da umani. Quindi, se studi legge, smettila immediatamente. In futuro ci sarà il 90% di avvocati in meno, (che pensiero!) Rimarranno solo specialisti onniscienti.
22- Watson aiuta già gli infermieri a diagnosticare il cancro, è 4 volte più accurato degli infermieri umani.
23- Facebook ora ha un software di riconoscimento dei modelli in grado di riconoscere i volti meglio degli umani. Nel 2030, i computer diventeranno più intelligenti degli umani.
24- Auto autonome: nel 2018 sono già arrivate le prime auto a guida autonoma. Nei prossimi 2 anni, l’intero settore inizierà a subire interruzioni. Non vorrai più possedere un’auto perché chiamerai un’auto con il tuo telefono, verrà visualizzata nella tua posizione e ti condurrà a destinazione.
25- Non avrai bisogno di parcheggiarlo, pagherai solo per la distanza percorsa e potrai essere produttivo durante la guida. I bambini molto piccoli di oggi non avranno mai la patente di guida e non avranno mai un’auto
26- Questo cambierà le nostre città, perché avremo bisogno del 90-95% di auto in meno. Possiamo trasformare ex parcheggi in parchi verdi.
27- Circa 1,2 milioni di persone muoiono ogni anno in incidenti stradali in tutto il mondo, inclusa la guida distratta o ubriaca. Ora abbiamo un incidente ogni 60.000 miglia; con guida autonoma che scenderà a 1 incidente su 6 milioni di miglia. Ciò salverà oltre un milione di vite in tutto il mondo ogni anno.
28- La maggior parte delle case automobilistiche tradizionali fallirà senza dubbio. Proveranno l’approccio evolutivo e costruiranno semplicemente un’auto migliore, mentre le aziende tecnologiche (Tesla, Apple, Google) faranno l’approccio rivoluzionario e costruiranno un computer su ruote.
29- Guarda cosa sta facendo Volvo in questo momento; niente più motori a combustione interna nei loro veicoli a partire da quest’anno con i modelli 2019, utilizzando esclusivamente esclusivamente elettrici o ibridi, con l’intento di eliminare gradualmente i modelli ibridi.
30- Molti ingegneri di Volkswagen e Audi sono completamente terrorizzati da Tesla e dovrebbero esserlo. Guarda tutte le aziende che offrono tutti i veicoli elettrici. Era inaudito, solo pochi anni fa.
31- Le compagnie di assicurazione avranno grossi problemi perché, senza incidenti, i costi diventeranno più economici. Il loro modello di business dell’assicurazione auto scomparirà.
32- Il settore immobiliare cambierà. Perché se puoi lavorare mentre sei in viaggio, le persone abbandoneranno le loro torri per trasferirsi lontano in luoghi più belli a prezzi accessibili
33- Le auto elettriche diventeranno mainstream intorno al 2030. Le città saranno meno rumorose perché tutte le nuove auto funzioneranno con l’elettricità.
34- Anche le città avranno un’aria molto più pulita.
35- L’elettricità diventerà incredibilmente economica e pulita.
36- La produzione solare è stata su una curva esponenziale per 30 anni, ma ora puoi vedere l’impatto crescente. Ed è solo in fase di accelerazione.
37- Le società di energia fossile stanno cercando disperatamente di limitare l’accesso alla rete per prevenire la concorrenza delle installazioni solari domestiche, ma semplicemente non può continuare: la tecnologia si prenderà cura di quella strategia.
38- Salute: il prezzo di Tricorder X sarà annunciato quest’anno. Ci sono aziende che costruiranno un dispositivo medico (chiamato “Tricorder” da Star Trek) che funziona con il tuo telefono, che prende la tua scansione della retina, il tuo campione di sangue e tu lo respiri. Quindi analizza 54 biomarcatori che identificheranno quasi tutte le malattie. Ci sono dozzine di app per telefoni là fuori in questo momento per la salute. E questo è solo l’inizio.
BENVENUTO A DOMANI – alcuni di essi sono effettivamente arrivati alcuni anni fa.

THERE IS REASON TO BELIEVE MOST OR ALL OF THE FOLLOWING WILL BECOME REALITY IN THE NEXT 10-20 YEARS. SOME OF US WON’T SEE THE CHANGES, BUT OUR CHILDREN AND GRANDCHILDREN WILL.

B – WELCOME TO TOMORROW!!
1- Auto repair shops will disappear.
2- A petrol/diesel engine has 20,000 individual parts. An electrical motor has 20. Electric cars are sold with lifetime guarantees and are repaired only by dealers. It takes only 10 minutes to remove and replace an electric motor.
3- Faulty electric motors are not repaired in the dealership but are sent to a regional repair shop that repairs them with robots
4- Your electric motor malfunction light goes on, so you drive up to what looks like a car wash, and your car is towed through while you have a cup of coffee and out comes your car with a new electric motor!
5- Petrol pumps will go away.
6- Street corners will have meters that dispense electricity. Companies will install electrical recharging stations; in fact, they’ve already started in the developed world.
7- Smart major auto manufacturers have already designated money to start building new plants that build only electric cars.
8- Coal industries will go away. Gasoline/oil companies will go away. Drilling for oil will stop. So say goodbye to OPEC! The middle-east is in trouble
9- Homes will produce and store more electrical energy during the day and then they use and will sell it back to the grid. The grid stores it and dispenses it to industries that are high electricity users. Has anybody seen the Tesla roof?
10- A baby of today will see personal cars only in museums. The FUTURE is approaching faster than most of us can handle.
11- In 1998, Kodak had 170,000 employees and sold 85% of all photo paper worldwide. Within just a few years, their business model disappeared and they went bankrupt. Who would have thought of that ever happening?
12- What happened to Kodak and Polaroid will happen in a lot of industries in the next 5-10 years … and most people don’t see it coming.
13- Did you think in 1998 that just 3 years later, you would never take pictures on film again? With today’s smart phones, who even has a camera these days?
14- Yet digital cameras were invented in 1975 The first ones only had 10,000 pixels, but followed Moore’s law. So as with all exponential technologies, it was a disappointment for a time, before it became way superior and became mainstream in only a few short years.
15- It will now happen again (but much faster) with Artificial Intelligence, health, autonomous and electric cars, education, 3D printing, agriculture and jobs.
16- Forget the book, “Future Shock”, welcome to the 4th Industrial Revolution.
17- Software has disrupted and will continue to disrupt most traditional industries in the next 5-10 years.
18- UBER is just a software tool, they don’t own any cars, and are now the biggest taxi company in the world! Ask any taxi driver if they saw that coming.
19- Airbnb is now the biggest hotel company in the world, although they don’t own any properties. Ask Hilton Hotels if they saw that coming.
20- Artificial Intelligence: Computers become exponentially better in understanding the world. This year, a computer beat the best Go-player in the world, 10 years earlier than expected.
21- In the USA, young lawyers already don’t get jobs. Because of IBM’s Watson, you can get legal advice (so far for right now, the basic stuff) within seconds, with 90% accuracy compared with 70% accuracy when done by humans. So, if you study law, stop immediately. There will be 90% fewer lawyers in the future, (what a thought!) only omniscient specialists will remain.
22- Watson already helps nurses diagnosing cancer, it’s 4 times more accurate than human nurses.
23- Facebook now has a pattern recognition software that can recognize faces better than humans. In 2030, computers will become more intelligent than humans.
24- Autonomous cars: In 2018 the first self-driving cars are already here. In the next 2 years, the entire industry will start to be disrupted. You won’t want to own a car any more as you will call a car with your phone, it will show up at your location and drive you to your destination.
25- You will not need to park it, you will pay only for the driven distance and you can be productive while driving. The very young children of today will never get a driver’s license and will never own a car.
26- This will change our cities, because we will need 90-95% fewer cars. We can transform former parking spaces into green parks.
27- About 1.2 million people die each year in car accidents worldwide including distracted or drunk driving. We now have one accident every 60,000 miles; with autonomous driving that will drop to 1 accident in 6 million miles. That will save a million lives plus worldwide each year.
28- Most traditional car companies will doubtless become bankrupt. They will try the evolutionary approach and just build a better car, while tech companies (Tesla, Apple, Google) will do the revolutionary approach and build a computer on wheels.
29- Look at what Volvo is doing right now; no more internal combustion engines in their vehicles starting this year with the 2019 models, using all electric or hybrid only, with the intent of phasing out hybrid models.
30- Many engineers from Volkswagen and Audi are completely terrified of Tesla and they should be. Look at all the companies offering all electric vehicles. That was unheard of, only a few years ago.
31- Insurance companies will have massive trouble because, without accidents, the costs will become cheaper. Their car insurance business model will disappear.
32- Real estate will change. Because if you can work while you commute, people will abandon their towers to move far away to more beautiful affordable
33- Electric cars will become mainstream about 2030. Cities will be less noisy because all new cars will run on electricity.
34- Cities will have much cleaner air as well.
35- Electricity will become incredibly cheap and clean.
36- Solar production has been on an exponential curve for 30 years, but you can now see the burgeoning impact. And it’s just getting ramped up.
37- Fossil energy companies are desperately trying to limit access to the grid to prevent competition from home solar installations, but that simply cannot continue – technology will take care of that strategy.
38- Health: The Tricorder X price will be announced this year. There are companies who will build a medical device (called the “Tricorder” from Star Trek) that works with your phone, which takes your retina scan, your blood sample and you breath into it. It then analyses 54 bio-markers that will identify nearly any Disease. There are dozens of phone apps out there right now for health. And that’s just the beginning.
WELCOME TO TOMORROW – some of it actually arrived a few years ago. (ndr)

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