31 Ottobre 2020 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

01 – Schirò (Pd): impegno comune di eletti all’estero e Cgie sulle priorità di questa difficile fase.
02 – La Marca (Pd): per l’accertamento in vita fatto un passo in avanti, ma per la tutela degli anziani e degli operatori si può fare di PIÙ,
03 – Schirò (Pd): governare le migrazioni, questo e il messaggio profondo del rapporto sugli italiani nel mondo.
04 – Schirò (Pd) superbonus: sconto in fattura e cessione del credito per gli iscritti all’aire.
05 – Con il MES il parlamento puo’ decidere sulla sanità. Sono stato contrario al Mes e al condizionamento esterno usato per mettere in riga gli italiani e costringerli ad accettare scelte altrimenti indigeribili
06 – Schirò (Pd): parere unanime per la commissione parlamentare per gli italiani nel mondo. Un passo è fatto, impegno perchè sia operativa entro la legislatura.
07 – Schirò (Pd): prorogato di due mesi (novembre e dicembre) il reddito di emergenza. 30 ottobre 2020 .
08 – The Squad, l’eredità di Sanders nella stanza dei bottoni. Elezioni 2020. Quattro parlamentari, tutte donne, di colore, giovani, tutte deputate in cerca di rielezione. E un programma: Medicare for all, college gratuiti, salario minimo a 15 dollari, aperte critiche allo Stato di Israele. Dietro di loro c’è per la prima volta un fiorire di parlamentari che sottoscrivono la politica di Sanders.
09 – Quanto uccide oggi il coronavirus? Nelle ultime settimane l’Italia e l’Europa stanno assistendo a una nuova impennata di casi e di morti. Come è cambiata dall’inizio dell’epidemia la letalità del virus?
10 – BRASILE | Sottosegretario Merlo: “Il 16 novembre apriamo la nuova sede consolare a Vitória”
11 – Una Rai senza storia. Televisione. Se si chiudesse davvero Rai Storia, sarebbe il servizio pubblico – non solo un suo prestigioso canale tematico – a decretare un inglorioso titolo di coda per se stesso.
12 – L’incubo del «presidente a vita» può finire, ma non il trumpismo. Trump Down. L’incubo di un Trump «a vita» è solo un horror fantapolitico? Il fatto è che lui ci pensa davvero. E il pericolo di un suo «terzo mandato» agita i sonni degli americani.
13 – Stati Uniti. Per Trump zero in economia. Nonostante il “rimbalzo” di ieri, gli Usa restano nel tunnel del crollo da pandemia. È il declino che il presidente prometteva di arrestare. I ricchi sempre più ricchi. Disperata la working class.


01 – SCHIRÒ (PD): IMPEGNO COMUNE DI ELETTI ALL’ESTERO E CGIE SULLE PRIORITÀ DI QUESTA DIFFICILE FASE. L’incontro a distanza tra il CGIE e gli eletti all’estero, svoltosi ieri, è stata un’opportuna occasione per fare un’analisi comune delle implicazioni del recente referendum che ha sancito la riduzione della rappresentanza e per stabilire alcune priorità riguardanti gli italiani all’estero nell’azione parlamentare e di governo. 27 ottobre 2020
Nel mio intervento, ho sottolineato l’esigenza di non sottovalutare il messaggio che viene dall’esito referendario all’estero e di impegnarsi da subito per un riaccreditamento della rappresentanza, di tutta la rappresentanza, e non solo di quella parlamentare. Come? Partendo dai diritti dei cittadini, spesso non soddisfatti, e dai problemi aperti, che certamente non mancano e che la pandemia ha acuito.
In concreto, nei mesi di vita che restano del CGIE e nell’impegno parlamentare, appesantito dalla necessaria concentrazione sulle misure anti pandemiche, è necessario prima di tutto sostenere i connazionali, sia all’estero che rientrati in Italia, direttamente colpiti dalla crisi economica e occupazionale. Con un mio emendamento sono stati accresciuti di due milioni i fondi per l’assistenza diretta. Di fronte all’avanzare della seconda ondata, bastano o si tratterà di intervenire ancora in occasione della nuova legge di bilancio?
Oltre a questo, le restrizioni imposte al lavoro nei consolati hanno reso ancora più complicato per i connazionali l’accesso ai servizi.
Ci sono poi le questioni legate alla promozione della lingua e della cultura italiana all’estero. Sono riuscita ad ottenere con un emendamento il prolungamento temporale del Fondo quadriennale, in scadenza quest’anno, ma ora sono necessarie le risorse. In più, è urgente risolvere il problema dei pesanti ritardi nei finanziamenti degli enti gestori e nell’assegnazione del personale scolastico all’estero, per cui ho presentato un’apposita legge mirante alla riaggregazione del contingente presso il MAECI. Non ultima, l’abolizione o la riduzione dei carichi fiscali che pesano sui connazionali all’estero.
Su questa base di impegno sui problemi, poi, c’è da valutare la reale disponibilità politica su temi di riforma come quelli riguardanti i COMITES, il CGIE e la messa in sicurezza del voto.
Insomma, le cose da fare non mancano. Stabilire insieme una scala di priorità e impegnarsi in modo solidale per affrontarla positivamente mi sembra non solo la cosa più sensata da fare, ma anche un modo concreto di dimostrare l’utilità, anzi la necessità, di una rappresentanza diretta per gli italiani all’estero.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – – Camera dei Deputati


02 – LA MARCA (PD): PER L’ACCERTAMENTO IN VITA FATTO UN PASSO IN AVANTI, MA PER LA TUTELA DEGLI ANZIANI E DEGLI OPERATORI SI PUÒ FARE DI PIÙ, 28 OTTOBRE 2020
L’ACCORDO TRA IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E L’INPS PER CONSENTIRE AI PENSIONATI CHE RISCUOTONO ALL’ESTERO DI POTER DIMOSTRARE LA LORO ESISTENZA IN VITA ANCHE TRAMITE VIDEOCHIAMATE CON I CONSOLATI RAPPRESENTA UN PASSO AVANTI TRATTANDOSI DI UNA POSSIBILITÀ AGGIUNTIVA.
Nelle settimane passate, di mia iniziativa e in collaborazione con i colleghi del PD e di Italia Viva eletti all’estero, abbiamo sollecitato l’INPS a rinviare la campagna di accertamento in vita o quantomeno a ricorrere per quest’anno a un’autocertificazione per evitare agli anziani e agli operatori di patronato i rischi di contagio.
Di questo passo avanti do doverosamente atto ai responsabili del MAECI e, in particolare, al Direttore della DGIT Luigi Vignali, che non hanno esitato a coinvolgere nelle operazioni i consolati, già gravati da non pochi problemi operativi, soprattutto in questa fase così difficile.
Chi ha una conoscenza vera del comportamento dei nostri pensionati all’estero sa bene, tuttavia, che il solo fatto di dovere riempire dei moduli e spedirli insieme alle copie dei documenti di riconoscimento, nonché dovere gestire una videochiamata, porterà ugualmente tanti anziani negli uffici dei patronati, mettendo a repentaglio la loro salute e quella degli operatori.
Resto convinta, dunque, che sarebbe stato meglio percorrere le strade principali, quella del rinvio e quella dell’autocertificazione, per il bene di tutti. In ogni caso, mi auguro che anche questa modalità di accertamento possa essere prontamente implementata e resto a disposizione di pensionati e operatori, pronta ad intervenire per qualsiasi situazione o difficoltà intendano segnalarmi.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America – Electoral College of North and Central America


03 – SCHIRÒ (PD): GOVERNARE LE MIGRAZIONI, QUESTO E IL MESSAGGIO PROFONDO DEL RAPPORTO SUGLI ITALIANI NEL MONDO. “L’Italia è stata, è e resterà ancora per parecchio tempo un paese di emigrazione”. In queste parole di Monsignor Guerino Di Tora, Presidente della Migrantes, pronunciate a conclusione della presentazione del quindicesimo Rapporto sugli italiani nel mondo, credo si racchiuda il senso più chiaro e profondo dell’importante documento, che ancora una volta ci consente di avere dati attendibili e importanti spunti di riflessione. ROMA, 28 OTTOBRE 2020
Il numero degli italiani iscritti all’AIRE, infatti, continua ininterrottamente a crescere (dal 2006 a oggi +76%), attestandosi oggi ufficialmente sui 5,5 milioni, ma di più se si considerano anche i non iscritti AIRE. Le donne sono ormai poco meno della metà, il livello medio di età si abbassa sia per l’aumento dei nati all’estero che per l’apporto della nuova emigrazione. In questi quindici anni, inoltre, il livello di scolarità è notevolmente cresciuto, ma ad emigrare sono soprattutto i diplomati, contrastando la narrazione, spesso enfatica e totalizzante, sulla “fuga dei cervelli”.
Si continua ad emigrare (130.000 solo nell’ultimo anno, ma anche in questo caso sottostimati rispetto alla realtà), e a farlo sono soprattutto giovani, più acculturati rispetto al passato, un maggior numero di donne, intere famiglie.
Che si deve dire di più per ribadire il carattere strutturale e continuativo dell’emigrazione degli italiani, che realisticamente tale resterà per una fase non breve se si considerano le conseguenze critiche che la pandemia sta riversando sull’economia e sulla nostra società?
Sono naturalmente apprezzabili le misure di incentivazione dei rientri di coloro che hanno fatto esperienze di ricerca, professionali e imprenditoriali all’estero, sulle quali si è soffermato il Presidente Conte invocando una “circolarità”, per altro ancora da realizzare. Lo sono ancora di più i provvedimenti di potenziamento delle capacita di resistenza e di attrazione delle zone tradizionali di esodo, sulle quali l’analisi del Rapporto si sofferma, che il Ministro per la coesione e il Mezzogiorno Provenzano sta portando avanti.
Tuttavia, non si sfugge ad una necessità primaria, per l’Italia come per l’Europa, quella di non subire i processi migratori, limitandosi a inseguirli e a contrastarli, ma di governarli, almeno nei limiti del possibile.
Allora tra i compiti del Governo, ma direi della classe dirigente del Paese, non può non esserci anche un impegno per riaprire appena possibile in modo fisiologico e garantito la mobilità internazionale, soprattutto dei giovani, in uscita e in entrata, oggi bloccata dalla pandemia. Di garantire questo fondamentale diritto prima di tutto nello spazio europeo, ma anche a livello globale. E di adottare politiche attive non solo per i rientri, per quelli indotti dalla crisi e per quelli qualificati e selezionati, ma anche per una proiezione non subalterna e dettata dalla pura necessità nel mercato del lavoro europeo e internazionale.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati


04 – SCHIRÒ (PD)/ SUPERBONUS: SCONTO IN FATTURA E CESSIONE DEL CREDITO PER GLI ISCRITTI ALL’AIRE. I cittadini iscritti all’AIRE hanno il diritto di usufruire delle agevolazioni fiscali per il SUPERBONUS, compresi lo sconto in fattura e la cessione del credito, anche se sono titolari in Italia del solo reddito fondiario relativo all’immobile che vogliono ristrutturare al fine dell’efficientamento energetico. 28 OTTOBRE 2020
Lo chiarisce una volta per tutte l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 500 del 27 ottobre 2020 ad un preciso interpello di un nostro connazionale residente all’estero.
IN ESTREMA SINTESI ECCO I CONTENUTI DELLA RISPOSTA.
Le detrazioni fiscali riguardano tutti i contribuenti residenti e non residenti nel territorio dello Stato che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi agevolati. Tali soggetti, tuttavia – ribadisce l’Agenzia delle Entrate in risposta all’interpello – possono optare, ai sensi dell’articolo 121 del decreto Rilancio, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, delle modalità alternative di utilizzo ivi previste. In base a quanto detto, quindi, ad un contribuente residente all’estero, proprietario di un immobile in Italia, titolare del relativo reddito fondiario, non è precluso l’accesso al Superbonus. In particolare, in mancanza di una imposta lorda sulla quale operare la detrazione del 110 per cento, potrà optare per la fruizione del Superbonus in una delle modalità alternative previste dall’articolo 121 del decreto Rilancio, e cioè dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta ad ente preposto per legge, come ad esempio ad un istituto di credito
Si ricorda che l’articolo 121 del medesimo decreto Rilancio, stabilisce che i soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, per taluni interventi di recupero del patrimonio edilizio (compresi quelli antisismici) nonché per gli interventi che accedono al bonus facciate possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari (cd. sconto in fattura). In alternativa, i contribuenti possono, altresì, optare per la cessione di un credito d’imposta di importo corrispondente alla detrazione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari con facoltà di successiva cessione.
Le modalità attuative delle disposizioni succitate, comprese quelle relative all’esercizio delle opzioni sono state definite con i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate 8 agosto 2020, prot. n. 283847/2020 e 12 ottobre 2020, prot. n. 326047.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati


05 – CON IL MES IL PARLAMENTO PUO’ DECIDERE SULLA SANITA’. SONO STATO CONTRARIO AL MES E AL CONDIZIONAMENTO ESTERNO USATO PER METTERE IN RIGA GLI ITALIANI E COSTRINGERLI AD ACCETTARE SCELTE ALTRIMENTI INDIGERIBILI.
L’episodio più grave è stata la modifica dell’articolo 81 della Costituzione che ha introdotto l’obbligo del “pareggio” di bilancio, dal quale ci si può scostare solo con un voto qualificato del parlamento e che solo pochi giorni fa ha tenuto in ansia la maggioranza al Senato. Modifica decisa con una maggioranza dei 2/3 in parlamento, confermando che grandi convergenze sono sempre sono benefiche – come conferma il taglio dei parlamentari – se hanno l’obiettivo di impedire il referendum popolare, scrivendo una pagina di subalternità ai rigoristi europei. Oggi tanti hanno cambiato parere sull’incauta modifica dell’art 81 e la stessa Unione ha sospeso l’austerità e lanciato un piano solidale europeo per fronteggiare la crisi provocata dalla pandemia.
Sul taglio che ha dato un colpo al ruolo del parlamento il referendum popolare invece c’è stato, perchè il No lo ha imposto. La conseguenza della vittoria del SI, già ora, è che il Governo tratta con le Regioni, creando una sorta di terza Camera, tagliando fuori il parlamento dalle decisioni sulla pandemia, così assistiamo alle sceneggiate tra livelli istituzionali. Il Governo dovrebbe fare decidere il parlamento per affermare il diritto di tutti i cittadini, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, ad avere le stesse cure: dalla prevenzione del contagio, alle terapie intensive. Oggi non è così. La pandemia è o no compito dello Stato ? La pandemia non deve diventare il terreno per esercitare la sete di ruolo, per di più personale. Il parlamento, pur con difetti gravissimi a partire dalla sua composizione decisa dai capi partito, dovrebbe essere costretto a svolgere il ruolo di rappresentante della nazione, mentre si lascia imporre le scelte da altri,in particolare dagli esecutivi.
IL MES È UN’OCCASIONE PER IL PARLAMENTO PER DECIDERE.
La scelta non può essere in continuità con il Mes del passato. Anche questo strumento è cambiato. Le condizioni per l’utilizzo sono azzerate. I finanziamenti sono convenienti. L’Italia potrebbe usarli massicciamente per rilanciare la sanità pubblica. Perchè non usarli visto che anche il Mes è parte di una svolta europea ? L’Italia ha bisogno di un aiuto europeo, se non ha le condizionalità imposte alla Grecia.
Pensiamo al personale sanitario, i 30.000 neo assunti sono a tempo determinato e la necessità è oltre il doppio, stabilmente. Poi c’è il bisogno di formare il personale, a partire dagli anestesisti, per non tornare alla fiera di Milano, senza personale.
I 4 miliardi in più previsti dalla legge di bilancio non bastano per tutto. Occorre un investimento forte in un paio di anni, per recuperare lo strazio che è stato fatto del sistema sanitario nazionale, riportando le regioni in un quadro nazionale. Il principio è semplice: ogni cittadino ha diritto allo stesso livello di prestazioni. Non ci sono solo i Dpcm a valanga a confondere le persone, si aggiungono norme regionali e comunali. Occorrono norme chiare, da fare applicare, attivando il potere sostitutivo se qualcosa non funziona. Oggi è il contrario. Mentre la pandemia galoppa e i livelli istituzionali pensano a come fare bella figura più che ai risultati di tutela della salute.
Resta l’argomento che potrebbero scattare condizioni che non erano state poste all’inizio per l’utilizzo del Mes. L’Italia ha uno squilibrio di bilancio e una procedura di infrazione europea sarebbe già possibile oggi se non fosse stata sospesa l’austerità. Qualunque fondo venga utilizzato il problema esiste. Il problema è che dalla tregua esca un’Europa solidale e costruire una nostra proposta di ripresa forte e realizzata, finanziata con tutte le risorse possibili. Su questo c’è motivo di preoccupazione, di Alfiero Grandi.


06 – SCHIRÒ (PD): PARERE UNANIME PER LA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER GLI ITALIANI NEL MONDO. UN PASSO È FATTO, IMPEGNO PERCHE’ SIA OPERATIVA ENTRO LA LEGISLATURA. La Commissione esteri della Camera ha licenziato per l’Aula la proposta di legge che istituisce la Commissione parlamentare per gli italiani nel mondo. Il parere favorevole è stato unanime, su un testo unificato che ha raccolto, dopo un complesso lavoro di confronto e di incastro, sette diverse proposte, tra le quali quella da me presentata a novembre del 2019. 29 OTTOBRE 2020

Nella proposta unificata ci sono indicazioni e passaggi che vengono dalla mia proposta e ce ne sono altri che vengono da quelle dei colleghi di altri gruppi. Anche se avrei preferito un testo più asciutto e diretto alla definizione della natura e delle funzioni della Commissione bicamerale, mi ritrovo con convinzione nella proposta licenziata, che considero un riconoscimento importante per gli italiani all’estero e per il ruolo che essi possono svolgere a sostegno della proiezione internazionale dell’Italia.

Di questa prima parte del percorso, mi interessa sottolineare tre aspetti.
Il primo riguarda il clima sostanzialmente unitario tra le forze politiche e parlamentari che ha portato a questo risultato. Non sono mancate e non mancano le differenze di accenti e sensibilità, ma tutti hanno dato prova di responsabilità, rinunciando a qualcosa, pur di convergere su un testo comune.
Il secondo è che a poca distanza dalla conferma referendaria della riduzione del numero dei parlamentari, che colpisce particolarmente la rappresentanza estera, c’è stata una risposta diretta e incisiva, almeno sul piano di una nuova e più efficace strumentazione parlamentare. Tanto più significativa, in quanto unitaria.
Il terzo è che la Commissione è allo stesso tempo un osservatorio per leggere e capire meglio le questioni che riguardano gli italiani all’estero, una sede di amplificazione della loro voce e della loro presenza a livello istituzionale e, nello stesso tempo, uno strumento di valutazione e coordinamento dei provvedimenti a loro diretti.
Certo, si tratta di un primo passo, che l’Aula – ne sono sicura – vorrà confermare, ma che deve avere poi l’avallo del Senato. E una volta arrivati alla legge istitutiva, ci saranno i tempi di istituzione e di avvio del funzionamento. E’ necessario, dunque, fare presto perché è di vitale importanza che entro la legislatura la Commissione possa entrare a regime e diventare una solida premessa per le legislature future.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati


07 – 30 ottobre 2020 – SCHIRÒ (PD): PROROGATO DI DUE MESI (NOVEMBRE E DICEMBRE) IL REDDITO DI EMERGENZA. E’ entrato in vigore il Decreto Ristori pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 ottobre. Il Decreto introduce misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tra questi nuovi provvedimenti anche la proroga del Reddito di emergenza.
Il Reddito di Emergenza (REM) – misura di sostegno economico temporaneo riconosciuta anche agli emigrati italiani che rientrano in patria e acquisiscono la residenza – è stato infatti prorogato dal Decreto Ristori di altri due mesi, novembre e dicembre sia per i beneficiari che già lo percepiscono sia per i potenziali nuovi beneficiari che soddisfano i requisiti richiesti dalla legge.
Il REM viene erogato a chi si trova nelle condizioni che permettono di richiedere la misura di sostegno economico istituita con l’articolo 82 del Decreto Rilancio in favore dei nuclei familiari in difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus. A stabilirlo è l’articolo 14 del DL numero 137 del 28 ottobre 2020 (cd. Decreto Ristori). Si stima che la proroga del reddito di emergenza per altre due mensilità possa interessare un numero di nuclei familiari pari a 404 mila, con una spesa complessiva di 452 milioni per l’anno 2020. L’importo medio mensile è stimato in 560 euro.


I REQUISITI PER L’ACCESSO AL REM SONO IN SINTESI I SEGUENTI:
residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
un valore del reddito familiare, nel mese di settembre 2020, inferiore ad una soglia pari all’ammontare del beneficio; un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di 10.000 euro, accresciuta di 5.000 euro per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di 20.000 euro, con un incremento del massimale di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini ISEE; un valore dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) inferiore a 15.000 euro.
La domanda per il REM deve essere presentata all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) entro il 30 novembre 2020 tramite modello di domanda predisposto dal medesimo Istituto e presentato secondo le modalità stabilite dallo stesso. Per ulteriori e più approfondite informazioni su requisiti e procedure consigliamo sempre di rivolgersi al patronato o al Caf di fiducia.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati


08 – THE SQUAD, L’EREDITÀ DI SANDERS NELLA STANZA DEI BOTTONI. ELEZIONI 2020. QUATTRO PARLAMENTARI, TUTTE DONNE, DI COLORE, GIOVANI, TUTTE DEPUTATE IN CERCA DI RIELEZIONE. E UN PROGRAMMA: MEDICARE FOR ALL, COLLEGE GRATUITI, SALARIO MINIMO A 15 DOLLARI, APERTE CRITICHE ALLO STATO DI ISRAELE. DIETRO DI LORO C’È PER LA PRIMA VOLTA UN FIORIRE DI PARLAMENTARI CHE SOTTOSCRIVONO LA POLITICA DI SANDERS , di Roberto Zanini
Nel 2016 Bernie for president alle primarie ha avuto il 40% dei voti popolari ma solo il 3,7% di endorsment tra i parlamentari democratici (sette su 187). Nel 2020, Bernie è arrivato al 35% di voto popolare e al 3,8% tra i parlamentari. Tuttavia nella classe dirigente il sanderismo ha seminato più di qualcosa.

Quattro anni fa c’era Bernie e basta, e spento lui si è spenta la sua campagna. Questa volta Our Revolution, la piattaforma firmata Sanders, è stata sottoscritta da molti candidati alla camera e al senato.

Un esempio per tutti, The Squad. Si tratta di quattro parlamentari: Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib, tutte donne, di colore, giovani (tra i 30 e i 45 anni in un parlamento dove l’età media sfiora i 60), tutte deputate in cerca di rielezione, tutte nel mirino di Donald Trump che ha dedicato loro qualche raffica dei suoi tweet.

«Send them back», rimandatele indietro, ha scritto tra l’altro il presidente – e hanno poi gridato migliaia di manifestanti repubblicani. Ma back dove?

Una sola, Ilhan Omar, non è americana di nascita: è nata in Somalia da cui fuggì a 9 anni, poi quattro anni di campo profughi in Kenya, l’asilo politico in Virginia nel 1995 e la cittadinanza americana nel 2000, a 17 anni.

Rashida Tlaib è di Detroit, erede del seggio in Michigan che fu per 53 anni di John Conyers, il parlamentare con più mandati della storia americana, molto rispettato ma costretto alle dimissioni nel furore dei casi di molestie sessuali di MeToo (che lui ha sempre negato), autore di un libro su come George W. Bush abbia letteralmente rubato il decisivo stato dell’Ohio alle presidenziali del 2004 contro John Kerry.

E di Cincinnati, Ohio è Ayanna Pressley, la più politicamente esperta del quartetto. Alexandria Ocasio-Cortez è di New York, più precisamente del Bronx, ed è nata a una ventina di chilometri dalla clinica dove è nato Donald Trump. Rimandatele indietro, ma indietro dove?

Quando Ocasio-Cortez postò su Instagram una foto di loro quattro scrivendo «ecco la squadra» – citazione dai gruppi hip hop della costa est che si chiamano Terror squad, Black squad eccetera – Fox News adoperò immediatamente quell’immagine per montare un servizio che le aggrediva come «le quattro cavalle dell’apocalisse». Era nata The Squad.

Il riferimento biblico era dovuto alla piattaforma redistributiva di Bernie Sanders che le quattro sostengono con estrema forza di fronte al trumpismo, ed è normale, ma anche di fronte ai terrorizzati apparati del partito democratico.

In casa, su temi come Medicare for all, i college gratuiti, il salario minimo a 15 dollari, e in trasferta con, ad esempio, le aperte critiche allo Stato di Israele, qualcosa di inaudito tra i parlamentari americani, anche se Sanders si definisce «ebreo secolare», fierissimo delle sue origini pur non frequentando sinagoghe.

Per ordine diretto di Trump, nell’agosto del 2019 il governo israeliano ha vietato l’ingresso nel paese a Tlaib e Omar, accusate di sostenere il boicottaggio economico di Tel Aviv.

Dietro the Squad c’è per la prima volta un fiorire di parlamentari che sottoscrivono la politica di Sanders, ricevendo preziosissimi endorsement, volontari per le campagne elettorali provenienti dalla campagna di Bernie, assistenza nella raccolta di fondi.

È probabile che ne saranno eletti abbastanza per costruire una base parlamentare di sinistra. Il sanderismo nella stanza dei bottoni.


09 – QUANTO UCCIDE OGGI IL CORONAVIRUS? NELLE ULTIME SETTIMANE L’ITALIA E L’EUROPA STANNO ASSISTENDO A UNA NUOVA IMPENNATA DI CASI E DI MORTI. COME È CAMBIATA DALL’INIZIO DELL’EPIDEMIA LA LETALITÀ DEL VIRUS? Di Anna Lisa Bonfranceschi.
Il coronavirus è tornato a correre. In realtà la corsa non si è mai fermata a livello mondiale ma nelle ultime settimana in Italia, e in Europa, la situazione è precipitata, di nuovo. Lo hanno raccontato i numeri sui nuovi casi snocciolati negli ultimi giorni, le misure prese e in via di definizione per cercare di arginare la diffusione del virus. Lo hanno raccontato, purtroppo, i dati relativi ai ricoveri in ospedale, nelle terapie intensive e ai decessi da coronavirus che stanno, nuovamente, mettendo a dura prova i sistemi sanitari. “Stiamo assistendo a un intenso e davvero allarmante aumento dei casi e delle morti” ha dichiarato senza giri di parole alla Bbc Margaret Harris, portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Con un’impennata, nella conta delle vittime, vicina al +40% nell’ultima settimana per l’Europa.
LA CRESCITA EUROPEA
I dati sono lì che parlano. Guardandoli su base settimanale dalla metà di agosto sono rimasti sostanzialmente stabili a livello mondiale, oscillando tra i 37mila decessi e i 41 mila decessi (su sette giorni). Sempre dalla metà di agosto circa invece il numero delle vittime da coronavirus in Europa è cominciato ad aumentare gradualmente: erano circa 2600 le vittime al 17 agosto (sempre su base settimanale), sono diventate oltre 11.700 al 19 ottobre. Lontani sì dagli oltre 28mila morti a settimana di aprile, ma in crescita da settimane. Con una situazione piuttosto diversa da paese e paese: incrementi percentuali notevoli si sono avuti nel corso degli ultimi sette giorni in Italia, Francia, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia, Croazia, per citarne alcuni. Ma se la conta delle vittime è destinata ad aumentare, almeno nei prossimi giorni considerato il carico sulle strutture sanitarie, l’andamento dei contagi e dei ricoveri, la letalità della malattia come è cambiata nel corso dei mesi?
LA LETALITÀ DEL CORONAVIRUS
Per conoscere il peso del coronavirus in termini di letalità – noto come Case Fatility rate (Cfr), – si calcola il rapporto tra morti per Covid e il numero di casi Covid-19 diagnosticati. Il risultato è un numero che ha delle limitazioni, come vi avevamo raccontato, principalmente dovute al fatto che il numero di casi è sempre da considerarsi sottostimato: non tutte le persone con Covid-19 vengono di fatto intercettate. Certo, oggi è lecito aspettarsi che lo siano molte di più di quelle che intercettavamo nella scorsa primavera, ma siamo comunque lontani dall’avere la fotografia esatta del numero di persone infettate. D’altra parte però anche il numero dei decessi per Covid-19 è verosimilmente abbastanza sottostimato, come lasciano intuire i dati sull’eccesso di mortalità per il 2020 diffusi dall’Istat. Va da sé dunque che qualsiasi valore di Cfr è una stima, dipendente tanto alle attività di diagnosi che all’identificazione del coronavirus come causa di morte. E certamente influenzato, indirettamente, dalle capacità di trattare e curare la malattia, sia a livello clinico che sanitario. Al momento in cui scriviamo in Italia, con quasi 600mila casi e 38mila morti il Cfr della Covid-19 è di circa il 6,4% (con valori di letalità molto variabili per fascia d’età). A livello europeo il valore si aggira intorno al 2,9% mentre a livello mondiale intorno al 2,7% al momento, secondo i dati elaborati dal progetto Our World in data della University of Oxford.
In ribasso rispetto ai valori di qualche mese fa, praticamente ovunque oltre che a livello mondiale (ad eccezione, nei casi riportati sotto, della Corea del Sud e della Nuova Zelanda, dove sembra rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi mesi).
Come interpretare una letalità così variabile nel tempo? Come detto i fattori in grado di influenzare il Cfr dipendono da diversi aspetti, in primis il numero di diagnosi e di morti accertate, i quali a loro volta sono però influenzati da una moltitudine di fattori, come riassumono anche gli esperti da Oxford: l’andamento dell’epidemia sì a livello locale, e le misure di contenimento, ma anche le caratteristiche della popolazione, le risposte dei sistemi sanitari, l’efficacia delle terapie. Tenuto conto di questo, e altri fattori che possono influenzare il Cfr, complessivamente la letalità da coronavirus sembra diminuire negli ultimi mesi.
STIMARE L’INFECTION FATALITY RATE (IFR)
I limiti del Crf possono essere superati in parte con l’Infection Fatality Rate (Ifr), per calcolare il rapporto tra decessi e casi totali, diagnosticati o meno e dedotti grazie a strumenti come le indagini di sieroprevalenza (sebbene, anche in questo caso, non parliamo di un valore primo di limiti). Ci prova, già da tempo, l’epidemiologo di Stanford John Ioannidis, con una serie di ricerche che partono appunto dalla indagini di siero prevalenza (e finite al centro anche di vere e proprie polemiche). L’ultimo lavoro dell’epidemiologo è sulle pagine del Bulletin of the World Health Organization. Mettendo insieme diversi studi e indagini nazionali di siero prevalenza Ioannidis ha calcolato l’Ifr per diverse località, senza pretesa di essere rappresentativi dell’intera situazione mondiale. I valori di Ifr, come atteso, sono più bassi dei Cfr, e variano molto (fino a un massimo di 1,63% secondo i calcoli del ricercatore), in virtù del peso che la pandemia ha avuto finora nei diversi paesi (più alti in quelli con più morti per numero di abitanti). La mediana per l’Irf nelle località considerate è di 0,27%, scrive Ioannidis, inferiore alle stime nei mesi precedenti, e con valori molto bassi sotto i 70 anni.
Ma attenzione a considerare il coronavirus pericoloso solo per gli anziani, aggiunge un articolo in preprint sulle stime dell’Ifr in relazione all’età: a partire dalla mezza età l’Ifr comincia a crescere considerevolmente. E sui valori dell’Ifr c’è ancora però diversa incertezza: se Ioannidis parla di 0,27%, altri ricercatori sulle pagine dell‘International Journal of Infectious Diseases parlano dello 0,68%.


10 – BRASILE | SOTTOSEGRETARIO MERLO: “IL 16 NOVEMBRE APRIAMO LA NUOVA SEDE CONSOLARE A VITÓRIA”
A – Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri e presidente MAIE: “Mi recherò a Vitoria personalmente, nella prima metà di dicembre, accompagnato dall’Ambasciatore d’Italia Francesco Azzarello e possibilmente dal direttore generale per gli italiani all’estero, Luigi Vignali, per inaugurare i nuovi uffici”
“Un’ottima notizia per gli italiani e gli oriundi in Brasile: la nuova sede consolare di Vitória potrà aprire al pubblico il 16 novembre, nel rigoroso rispetto dei protocolli di sicurezza che sono stati presi a tutela dei funzionari a contratto e ovviamente dell’utenza”. Ad annunciarlo è il Sottosegretario agli Esteri Sen. Ricardo Merlo, fondatore e presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
“Mi congratulo con la rete consolare italiana in Brasile: Ambasciatore, Console Generale, funzionari e impiegati hanno messo in atto uno sforzo enorme in questi mesi molto difficili della pandemia per raggiungere questo importante risultato, tanto atteso dalla comunità residente nello Stato di Espirito Santo”, aggiunge il Sottosegretario.
“Nelle prossime ore – informa il Senatore Merlo – sul sito dell’Ambasciata d’Italia in Brasile verrà pubblicata una nota che fornirà tutti i dettagli utili, quali indirizzo del nuovo ufficio, orari di apertura al pubblico, funzioni e competenze della nuova sede”.
“Il Covid19 – sottolinea l’esponente dell’esecutivo – non ferma il lavoro di Governo e Farnesina, che anzi continua senza sosta. Mi recherò a Vitoria personalmente, nella prima metà di dicembre, accompagnato dall’Ambasciatore d’Italia Francesco Azzarello e possibilmente dal direttore generale per gli italiani all’estero, Luigi Vignali, per inaugurare i nuovi uffici. Proseguiamo nel lavoro di riqualificazione e ampliamento della nostra rete consolare – conclude il Sottosegretario Merlo – per essere ancora più vicini ai connazionali, ovunque essi siano”.


B – BRASIL | Subsecretário Merlo: “16 novembro abriremos a nova repartição consular em Vitória”
“Ótima notícia para italianos e brasileiros: a nova repartição consular de Vitória poderá ser aberta ao público no dia 16 de novembro, em estrito cumprimento dos protocolos de segurança que vêm sendo adotados para proteger os contratos e, obviamente, os usuários ” O anúncio foi feito pelo Subsecretário de Relações Exteriores, senador Ricardo Merlo, fundador e presidente do MAIE – Movimento das Associações Italianas no Exterior.
“Parabenizo a rede consular italiana no Brasil: Embaixador, Cônsul Geral, funcionários e empregados que fizeram um enorme esforço nestes meses tão difíceis de pandemia para alcançar este importante resultado, tão esperado pela comunidade residente no estado do Espírito Santo” , acrescenta o subsecretário.
“Nas próximas horas – informa o senador Merlo – será publicada uma nota no site da Embaixada da Itália no Brasil que dará todos os detalhes úteis, como endereço do novo escritório, horário de atendimento ao público, funções e responsabilidades do novo escritório” .
“A Covid19 – sublinha o representante do executivo – não detém o trabalho do Governo e do Itamaraty, que, aliás, continua inabalável. Irei pessoalmente a Vitória, na primeira quinzena de dezembro, acompanhado do Embaixador da Itália no Brasil, Francesco Azzarello, e possivelmente do gerente geral para os italianos no exterior, Luigi Vignali, para inaugurar os novos escritórios. Continuamos trabalhando no redesenvolvimento de nossa rede consular – conclui o subsecretário Merlo – para estar ainda mais perto de nossos compatriotas, onde quer que estejam”.
“Excelentes noticias para los italianos y oriundos en Brasil: la nueva oficina consular en Vitória abrirá al público el 16 de noviembre, en estricto cumplimiento de los protocolos de seguridad que se han tomado para proteger a los funcionarios contratados y, por supuesto, a los usuarios”. Así lo anunció el Subsecretario de Relaciones Exteriores Senador Ricardo Merlo, fundador y presidente de MAIE – Movimiento Asociativo Italianos en el Exterior.
“Felicito a la red consular italiana en Brasil: Embajador, Cónsul General, funcionarios y empleados han realizado un gran esfuerzo en estos meses tan difíciles de pandemia para lograr este importante resultado, largamente esperado por la comunidad residente en el Estado de Espirito Santo”, añade el Subsecretario.
“En las próximas horas – informa al Senador Merlo – se publicará una nota en el sitio web de la Embajada italiana en Brasil que proporcionará todos los detalles útiles, como la dirección de la nueva oficina, los horarios de apertura al público, las funciones y competencias de la nueva sede”.
“El Covid19 – subraya el representante del ejecutivo – no detiene la labor del Gobierno y de la Farnesina, que de hecho continúa sin parar. Iré personalmente a Vitoria, en la primera quincena de diciembre,acompañado por el Embajador Italiano en Brasil, Francesco Azzarello, para inaugurar las nuevas oficinas. Continuamos con el trabajo de recalificación y ampliación de nuestra red consular – concluye el Subsecretario Merlo – para estar aún más cerca de nuestros compatriotas, dondequiera que estén”.


11 – UNA RAI SENZA STORIA. TELEVISIONE. SE SI CHIUDESSE DAVVERO RAI STORIA, SAREBBE IL SERVIZIO PUBBLICO – NON SOLO UN SUO PRESTIGIOSO CANALE TEMATICO – A DECRETARE UN INGLORIOSO TITOLO DI CODA PER SE STESSO, di Vincenzo Vita
Se si chiudesse davvero Rai Storia, sarebbe il servizio pubblico – non solo un suo prestigioso canale tematico – a decretare un inglorioso titolo di coda per se stesso. Confidiamo che il fattaccio non accadrà davvero. Perché tante voci si sono levate a difesa di un indicatore di qualità dell’azienda, regolata non per caso da una convenzione con lo stato e da un impegnativo contratto di servizio.
E perché verrebbe meno uno dei motivi che rendono legittimo il canone di abbonamento. Già, forse il busillis sta proprio lì. Il vertice di viale Mazzini, infiacchito e spaventato per il crudo materialismo del conto economico (si prevede un deficit di 200 milioni di euro), ha forse immaginato di porre al governo un improvvido aut aut: o si rivede la percentuale dell’abbonamento che si piglia il ministero o si taglia ciò che dà lustro alla Rai ma pure al potere politico.

MOSSA AZZARDATA e controproducente, bizzarra per chi si occupa di comunicazione. L’effetto, anche simbolico, dell’ipotetica mannaia è devastante a prescindere da improbabili furbizie. Per di più, oltre alla cultura si intenderebbe indebolire il rito pagano per eccellenza, con la minaccia di chiudere Rai Sport. Due botte con un colpo solo. Complimenti. Neppure dei terribili nemici (e ce ne sono)) ci avrebbero pensato. Torniamo alla prosaica vicenda del canone.
Sulla questione delle percentuali che transitano altrove, il consiglio di amministrazione e l’amministratore delegato hanno probabilmente ragione. Non ha senso che dei 90 euro del canone solo 74 vadano alla Rai. Che senso ha? È un taglio contraddittorio con le richieste di aumentare, non diminuire, la programmazione di grande valore.

ACCORPARE Rai Storia a Rai 5 (pensata per gli eventi culturali) non ha motivo alcuno. Il racconto della storia, in una stagione terribile nella quale si tende a cancellare la memoria, è di particolare importanza.
Non ci si deve arrendere alla dittatura dell’istantaneità, alle regressioni dei social, all’assenza di approcci e ricerche in grado di farci decifrare la realtà. Ma di questo hanno opportunamente scritto, protestando contro un simile scippo dei saperi, centinaia di persone di ogni disciplina e di tutte le collocazioni sociali. È lecito, dunque, attendersi una veloce smentita. A maggior ragione
quando la pandemia costringe a sostituire o integrare le aule formative con i media, finalmente riscoperti rilanciandone la funzione originaria. Insomma, Rai Storia è una metafora della situazione rischiosa che stiamo vivendo. Pronunciarsi contro improvvide chiusure è un atto civile. E morale.
12 – L’INCUBO DEL «PRESIDENTE A VITA» PUÒ FINIRE, MA NON IL TRUMPISMO. TRUMP DOWN. L’INCUBO DI UN TRUMP «A VITA» È SOLO UN HORROR FANTAPOLITICO? IL FATTO È CHE LUI CI PENSA DAVVERO. E IL PERICOLO DI UN SUO «TERZO MANDATO» AGITA I SONNI DEGLI AMERICANI, di Guido Moltedo
Il ciclone Donald Trump perde impeto e il meteo politico annuncia una giornata di cielo sereno a Washington l’indomani dell’Election Day. Lo sperano in tanti, non solo nel mondo progressista. Non solo negli Stati Uniti. Una speranza che i sondaggi alimentano ormai da settimane, fino a farla apparire una certezza. Tanti indizi negli ultimi giorni – tra tutti la grande affluenza ai seggi del voto anticipato (early voting), soprattutto giovani – danno ulteriore sostegno all’ottimismo. L’importanza capitale della posta il gioco, il 3 novembre, è esaltata dal possibile avverarsi dell’esito opposto. La rielezione di Trump.

Una prospettiva catastrofica, non solo per l’evidente, eclatante, significato in sé di un risultato del genere. Ma perché sconvolgerebbe irreversibilmente gli assetti del sistema americano, in crisi da tempo e messi a prova esistenziale dall’attuale presidenza, aprendo il varco perfino a scenari di stampo autoritario. Potrebbe addirittura prendere corpo l’idea di un cambiamento costituzionale per annullare il limite dei due mandati presidenziali.
L’incubo di un Trump «a vita» è solo un horror fantapolitico? Trump ci pensa davvero. E la sola idea agita i sonni di tanti elettori. Tanto che Lincoln Project, una ricca organizzazione conservatrice fieramente anti Trump, nata esplicitamente per impedirne la rielezione, ha lanciato uno spot, nelle giornate finali della campagna, che gioca sul rischio di un terzo mandato presidenziale di The Donald.

Propaganda, certo, che però coglie un timore diffuso, reso ancora più forte e realistico dalla grave forzatura operata dalla Casa Bianca e dalla maggioranza repubblicana al senato con la recente nomina di Amy Coney Barrett a giudice della Corte suprema, conferendole una maggioranza blindata a favore di Trump. Nonostante il vento decisamente a suo favore nei sondaggi, l’impresa di Biden si prospetta titanica di fronte a un avversario che quattro anni fa traumatizzò l’elettorato progressista rubando all’avversaria democratica la sua vittoria di buona misura nel voto popolare.

Un film che potrebbe ripetersi? Perfino con un vantaggio di una decina di milioni di preferenze nel voto popolare, una vittoria di Biden potrebbe essere annientata da una vittoria di Trump nel computo dei collegi elettorali. O potrebbe essere impugnata dal presidente-candidato, con l’apertura di ricorsi in un certo numero di stati a maggioranza repubblicana e, infine, presso la Corte suprema, ormai saldamente collegata alla Casa bianca. Un golpe con il sigillo della costituzione.

Eppure l’ipotesi di un ko fatale inferto resta forte, e trova fondamento nella logica politica più che nelle aride cifre dei sondaggi.

Il voto del 3 novembre ha assunto un’importanza così rilevante – politica, sociale, emotiva – da configurarsi come una scelta di civiltà più che una scelta tra due opzioni politiche. Un referendum su Donald Trump. Che ha anche il senso di un processo a suo carico, con una parte della sua “difesa” ostentatamente fredda nei suoi confronti. Numeri così alti a favore di un candidato come Biden, senza carisma e con un curriculum punteggiato da troppe opacità, raccontano, più che la sua ascesa, la fine del suo avversario. La fine di un ciclo.

C’è un’evidente Trump fatigue. Un logoramento. C’è stanchezza per Trump, per il suo show permanente, anche nel suo pubblico. Certo, non nelle platee isteriche dei suoi comizi, ma nella vasta area grigia di repubblicani, e non solo, che l’hanno eletto, senza dirlo, e l’hanno anche sostenuto in questi quattro anni, ma che adesso desiderano solo cambiare canale. Sono stanchi del loro beniamino. Stanchi di vederlo scherzare con Covid, lasciare correre indisturbato il virus, arrivare a prendere in giro l’avversario per sue presunte inadeguatezze mentali dovute all’età.

Conservare intatto il bottino di voti conquistato quattro anni fa tra gli elettori indecisi o indipendenti, specie tra gli anziani, sembra impresa impossibile. Il pendolo, questa volta, nei settori di elettorato in bilico oscilla verso il rassicurante Joe Biden. Senza contare i bacini elettorali colpiti brutalmente dal mix Covid-crisi economica. Quattro anni fa avevano creduto nel candidato bianco miliardario, considerato «uno di noi, uno come noi». Ma oggi? Quanti di questi elettori gli daranno il loro voto?

Pensare all’uscita definitiva dalla scena del presidente sconfitto sarebbe però saltare alla conclusione di una storia. Che non è iniziata per caso quattro anni fa. E che è destinata a continuare anche dopo un ko il 3 novembre. Il movimento che l’ha portato al potere e che l’ha sostenuto non è effimero.
Trump, consapevolmente e coerentemente, ne ha alimentato le ragioni e i sentimenti, essendo sempre radicalmente presidente di parte, disdegnando l’idea stessa di cercare di essere presidente di tutti gli americani. Quel movimento continua. La vicenda dell’eversore di Manhattan, pertanto, continuerà. Il giorno della sua uscita dalla Casa bianca, se davvero avverrà, sarà salutato come la giornata della liberazione, ma non significherà che l’America s’è liberata di lui. Di tutto quello che rappresenta, ha rappresentato, e che guida come figura di leader.


13 – STATI UNITI. PER TRUMP ZERO IN ECONOMIA. NONOSTANTE IL “RIMBALZO” DI IERI, GLI USA RESTANO NEL TUNNEL DEL CROLLO DA PANDEMIA. È IL DECLINO CHE IL PRESIDENTE PROMETTEVA DI ARRESTARE. I RICCHI SEMPRE PIÙ RICCHI. DISPERATA LA WORKING CLASS, di Pier Giorgio Ardeni
Era il 20 febbraio quando ancora The Donald affermava che «In appena tre anni, abbiamo fatto a pezzi la mentalità del declino americano».
Era stata la sua piattaforma, vincente su una parte dell’elettorato (mentre l’altra, lo sappiamo, avrebbe votato chiunque pur di liberarsi di Hillary e dell’establishment democratico) ed era ciò che stava accadendo: posti di lavoro in più, tasso di disoccupazione sceso ai minimi da cinquant’anni, PIL in crescita e persino salari, soprattutto quelli più bassi, debolmente in aumento. Se la povertà non era diminuita, tra neri e immigrati recenti, la ricchezza delle famiglie era aumentata – sì, ma quali? Quelle più ricche! – ed era tutto sommato vero che l’economia stava andando bene. Merito di Trump? No, certo, ma lo sappiamo, al rendez vous elettorale tutto fa brodo.
Poi, però, è arrivata la pandemia e una peggiore figura la Casa bianca non la poteva fare.

È VERO CHE MOLTO hanno pesato una sanità in larga parte privatizzata e una società altamente disuguale, dove i più esposti al contagio sono anche i ceti più deboli, poveri e marginalizzati. E una polarizzazione sociale e culturale che non ha fatto che aggiungere ai problemi strutturali una reazione scomposta e, in ultima analisi, suicida.
E la pandemia ha mandato in frantumi l’economia, per i suoi effetti pesanti su domanda, redditi e occupazione. A cui si è aggiunto il mancato (nuovo) sostegno da parte dell’Amministrazione centrale, per l’insipienza del Congresso e l’ottusità del Presidente. Se persino il Wall Street Journal e gli analisti di Wall Street oggi guardano con preoccupazione all’assenza di un nuovo «stimolo» e se persino taluni big dell’establishment economico fanno appello alla ragione, prefigurando sfracelli se il governo non corre presto ai ripari, vuol dire che qualcosa si è incrinato davvero tra il G.O.P., The Donald e la parte «che conta» della nazione.
Se guardiamo alle cose da vicino, tuttavia, già dalla fine del 2019 le cose non si stavano mettendo tanto bene. La fine del ciclo si stava avvicinando, si diceva, una recessione, ancorché debole, era alle porte, ed erano le politiche di Trump ad essere messe sotto accusa.

DONALD TRUMP era stato eletto professando che liberalismo economico e multilateralismo andavano superati, promettendo di eliminare i trattati commerciali e ridare vita alla manifattura, non considerando che questa contribuisce solo per il 20% al PIL americano. «Basta con la globalizzazione che fa emigrare le nostre imprese, basta con l’importazione dai nostri concorrenti (e nemici)». Ma il protezionismo, per un’economia come quella americana, è peggio dei mali che vuole curare. Stracciare gli accordi, questa era la soddisfazione che The Donald voleva prendersi per, magari, ravvivare l’industria del carbone locale e ricevere l’applauso dei suoi operai malati di silicosi.

COSÌ, NEI TRE ANNI pre-pandemia, l’80% dell’economia americana aveva rallentato, compensata da un’occupazione crescente nei lavori precari e nei servizi – pur nel calo del prodotto – e dalle sue compagnie high-tech. E le guerre commerciali avevano messo in ginocchio agricoltura e manifattura, sgretolando catene del valore globalizzate e consolidate.
E, ora, voilà America! La pandemia non ha che fatto presentare il conto, moltiplicato per cento. Il calo del PIL del secondo trimestre è stato di oltre il 30%, mai visto prima. Lo stock market – quello a cui guarderebbe The Donald – non era mai stato così erratico come negli anni della sua presidenza e ora naviga a vista. E poi, pur con una disoccupazione al minimo, i posti di lavoro creati durante la presidenza Obama erano stati molto di più, in numero e in proporzione, e i salari già erano in costante aumento da prima di Obama. Insomma, The Donald non ha fatto nulla «in più», ha solo peggiorato le cose dove poteva e poi, persa la testa durante la pandemia, ha fatto patatrac.

Donald Trump l’incendiario aveva sì acceso gli animi di una certa «working class» – per lo più bianca, maschile, degli hinterland de-industrializzati, insomma quella dei penultimi, non degli ultimi, della scala sociale di una delle società avanzate più disuguali del pianeta, facendo loro credere che tariffe e muri avrebbero portato nuovo benessere e tenuto il mondo «alla larga». Quella working class tra le cui fila le «morti per disperazione» – per droga, alcool, incidenti d’arma da fuoco e suicidi – sono diventate un problema tutto americano. Dove perdita del lavoro, dello status, nell’abbandono delle pianure e delle periferie, avevano alimentato il voto per uno che prometteva avrebbe rimesso le cose a posto.

ORA CHE PERÒ le cose non sono a posto per niente, la frustrazione e la rabbia alimentano la frattura sociale.
E Donald Trump, in un’involuzione che ha del vertiginoso, sansonica, alimenta lo spettro della «guerra civile» per chiamare all’appello i suoi «forgotten men».
L’establishment che era dalla parte sua gongola, perché comunque la ricchezza dei più ricchi, anche nel 2020, non ha fatto che aumentare. Eppure, lo psycho-presidente non ha fatto l’America grande e ora la maggiore economia del pianeta, in ginocchio, aspetta di vedere se andrà tutto a rotoli o si potrà tornare a credere nell’American Dream che l’insipienza dei democratici di tutto il mondo (inclusi i nostri) aveva creduto di poter far camminare sulle gambe del neo-liberalismo. Perché, come già cantò John Prine, l’appartato cantore della working class americana anche lui caduto per Covid-19, «Your flag decal won’t get you into heaven anymore» (L’adesivo della tua bandiera non ti porterà in cielo).

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