11 luglio 2020 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI.

01 – il Ministro Speranza vieta l’ingresso in Italia da 13 Paesi con picco di contagi Covid-19, nelle ultime ventiquattro ore 12 decessi e 229 nuovi casi
2 – Schirò (Pd) – bicamerale: dalla audizione della svimez stimolanti indicazioni per il rilancio del paese
03 – Schirò (Pd): anche i residenti all’estero potranno beneficiare dell’ecobonus sulle case in Italia.
04 – La Marca (Pd): importante miglioramento dei contributi per i giovani che vogliono avviare un’impresa nel mezzogiorno anche se provenienti dall’estero.
05 – Schirò (Pd): accolto il mio ordine del giorno con il quale ho chiesto di rafforzare la promozione culturale all’estero per la ripresa del paese
06 – La Marca (Pd): rafforzare il sostegno al turismo di ritorno per la ripresa dei flussi internazionali. Accolto il mio ordine del giorno
07 – Alfiero Grandi. Referendum. Costituzione contro populismo ed opportunismo, fare vincere il
Il governo sotto la pressione del M5Stelle ha costretto la maggioranza parlamentare ad approvare l’imposizione di votare in un’unica giornata per le regioni, per i comuni, per le suppletive dei parlamentari e per il referendum costituzionale
08 – Marina Catucci. Il 4 luglio di The Donald, schiaffo ai nativi americani. Lingua biforcuta. Dal Monte Rushmore la retorica suprematista del presidente Usa, a difesa dei «nostri eroi»
09 – Gilberto Sacerdoti. Giordano Bruno, Grand tour e ritorno di un vecchissimo mercuriale serpente. Biografie del pensiero. Della sintesi aristotelico-tomistica in cui si riconoscevano tutte le Chiese, il filosofo domenicano non lasciò in piedi nulla: «Il sapiente furore» di Michele Ciliberto, da Adelphi
10 – Claudia Fanti. Cile: «salute, pane, lavoro». Ma un giovane haitiano muore negli scontri. America Latina. Cile in piazza per i diritti nell’anniversario del “caso Quemados”, carabineros senza pietà
11 – Abbiamo bisogno di statue giuste di Katha Pollitt .
12 – Il virus del capitalismo. Da una parte la pandemia ha obbligato a prendere misure che tendono al comunismo. Dall’altra gli stati salvano le aziende che accumulano ricchezze.

 

01 – IL MINISTRO SPERANZA VIETA L’INGRESSO IN ITALIA DA 13 PAESI CON PICCO DI CONTAGI COVID-19, NELLE ULTIME VENTIQUATTRO ORE 12 DECESSI E 229 NUOVI CASI
«Nel mondo la pandemia è nella sua fase più acuta. Non possiamo vanificare i sacrifici fatti dagli italiani in questi mesi». Per questo ieri il ministro della Salute Speranza ha firmato un’ordinanza che dispone il «divieto di ingresso e di transito in Italia alle persone che nei quattordici giorni antecedenti hanno soggiornato o sono transitati nei seguenti Paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana».
La linea del governo è quella «della massima prudenza». Anche perché il comportamento del virus è ancora tutto da studiare. Lo ha spiegato bene ieri Andrea Crisanti, tra i massimi virologi italiani, durante un convegno: «Di questa pandemia – ha detto – mi colpisce che la gravità della patologia dipende dall’incidenza, cioè dalla frequenza dei casi, una cosa che non si vede quasi mai». Lo scienziato ha poi raccomandato di continuare a «fare i tamponi in aeroporto», ricordando che se l’Italia lo avesse fatto sui passeggeri provenienti dalla Cina, «come avevamo proposto il 3 febbraio», forse avremmo salvato molte migliaia di vite.

D’altronde le vittime continuano a salire: ieri 12 morti, in totale sono 34.926. Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 52.552 tamponi e trovati 229 nuovi casi positivi, di cui 119 in Lombardia, 29 in Emilia-Romagna, 28 nel Lazio, mentre sono 7 (Puglia, Umbria, Sardegna, Val d’Aosta, Calabria, Molise e Basilicata) le regioni che registrano zero contagi. Scende anche il numero dei ricoverati con sintomi (871, rispetto al giorno prima 28 in meno) e delle persone in terapia intensiva (69, meno 2). Ma questo non vuol dire che il virus non c’è più: significa solo che la sua carica virale sta diminuendo. E non è necessariamente una buona notizia, perché non si riescono più a testare le cure possibili, in previsione di una seconda (quasi certa) ondata.

 

2 – SCHIRÒ – BICAMERALE: DALLA AUDIZIONE DELLA SVIMEZ STIMOLANTI INDICAZIONI PER IL RILANCIO DEL PAESE 8 luglio 2020
Nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare per le questioni degli italiani all’estero, si è svolta ieri l’audizione dei rappresentanti della Svimez – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – che io stessa mi ero curata di suggerire.
Per la concomitanza dell’esame del decreto “Rilancio”, è stata una audizione breve, ma assai stimolante, valorizzata dalle relazioni del Direttore Luca Bianchi e del Prof. Delio Miotti. Essi hanno insistito sul ruolo chiave che anche la demografia, l’andamento delle popolazioni, ricopre per uno sviluppo sostenibile. In quest’ottica è urgente sciogliere i nodi problematici, ancora oggi fortemente presenti nel nostro paese, della denatalità, dell’invecchiamento e delle migrazioni, punti dai quali dipende in buona misura il futuro stesso dell’Italia.
I rappresentanti della Svimez hanno insistito sul bisogno di prendere in seria considerazione l’analisi sui flussi migratori italiani degli ultimi anni, di cui hanno dato elementi di sintesi storica e di riflessione socio-economica.
Tra gli spunti di interesse emersi dagli interventi della Svimez, desidero segnalare:
– l’utilità di approfondire ed aggiornare gli strumenti di analisi anagrafica dell’emigrazione per sviluppare una migliore conoscenza quantitativa e qualitativa degli oltre sei milioni di cittadini italiani all’estero;
– la conferma del contributo che le comunità di emigrati hanno dato e continuano a dare alla crescita economica del paese di origine attraverso una domanda di beni italiani;
– il fatto che, a differenza del passato, il settanta percento degli italiani emigrati negli ultimi anni non appare interessato a rientrare nel proprio paese;
– la necessità di investire in reti di trasferimento di competenze. Il disinteresse al rientro dell’emigrazione più qualificata, conseguenza di un tessuto economico storicamente problematico come quello italiano, rende necessario promuovere politiche di reshoring delle competenze. Non più quindi il trasferimento di risorse quanto piuttosto misure indirizzate alla restituzione di competenze. Centrali in questo contesto sono le università, soprattutto quelle del Mezzogiorno.

Come si vede, elementi di analisi molto stimolanti ed utili. Il fatto che l’audizione si sia svolta in tempi ristretti non ha consentito di affrontare le diverse questioni poste dai parlamentari. Nel mio intervento ho chiesto ai rappresentanti della Svimez informazioni aggiornate circa i flussi di rientro di lavoratori italiani che hanno perduto il lavoro in conseguenza della pandemia e quale dimensione tale fenomeno potrebbe avere nei prossimi mesi. Mi auguro che le questioni poste possano essere riprese ed approfondite in occasione di nuovi momenti di interlocuzione con la Svimez e con gli altri centri di ricerca. Angela Schirò Deputata PD – Rip. Europa

 

03 – SCHIRÒ (PD): ANCHE I RESIDENTI ALL’ESTERO POTRANNO BENEFICIARE DELL’ECOBONUS SULLE CASE IN ITALIA. 8 LUGLIO 2020
Il Decreto “Rilancio”, nel testo uscito dalla Commissione Bilancio e che sta per essere approvato dalla Camera e poi definitivamente dal Senato per poter entrare in vigore, ha esteso alle seconde case, e quindi anche a quelle di proprietà degli italiani residenti all’estero, l’ecobonus 2020, con le opzioni, molto importanti per i nostri connazionali, dello sconto in fattura e della cessione del credito di imposta. Si tratta di un risultato positivo del nostro impegno parlamentare per venire incontro alle giuste richieste dei nostri connazionali all’estero proprietari di immobili in Italia.
Lo sconto in fattura e la cessione del credito d’imposta consentiranno anche a chi non produce redditi in Italia e che quindi non può usufruire delle detrazioni fiscali in 5 rate annuali, di beneficiare del superbonus con aliquota al 110 per cento (in pratica senza sostenere alcuna spesa) per gli interventi di riqualificazione energetica e antisismica.

Infatti, il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede la possibilità di godere dell’ecobonus 2020 sotto forma di credito d’imposta cedibile: in questo, modo è stata allargata la platea dei potenziali beneficiari dell’incentivo, visto che potranno richiederlo anche i soggetti incapienti (tra cui i nostri connazionali) che non possono sfruttare le detrazioni previste per lavori di efficientamento energetico e sismico.
Si ricorda che il Decreto Rilancio introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (isolamento termico, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale, etc.), e di misure antisismiche sugli edifici sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. La detrazione è prevista inoltre per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
Gli articoli 119 e 121 del Decreto Rilancio definiscono anche le modalità di fruizione degli incentivi: – sfruttando direttamente le detrazioni: in questo caso, saranno ripartite tra i beneficiari in cinque quote annuali di pari importo; oppure ottenendo uno sconto immediato in fattura sull’importo dovuto al fornitore dei lavori, fino a un ammontare massimo pari al corrispettivo da pagare. L’impresa che effettua i lavori anticipa gli interventi recuperando la somma come credito d’imposta, con la possibilità di cedere poi il credito a banche e altri intermediari finanziari trasformando quindi l’importo in credito d’imposta da cedere a banche e istituti di credito. Le norme non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A 1, A8 e A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli ovvero palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e la detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati.
Vale la pena sottolineare che data la complessità della materia e l’intreccio di norme pregresse e novelle, il Decreto affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento, il compito di definire le modalità attuative delle disposizioni, comprese quelle relative all’esercizio delle opzioni.
Ritengo utile e prudente quindi attendere i chiarimenti e le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per informare al meglio i nostri connazionali che sono interessati ai lavori di efficientamento energetico e antisismico sulle case di loro proprietà in Italia, fermo restando che il Decreto Rilancio ha esteso anche alle loro case gli incentivi fiscali.
Angela Schirò

 

04 – LA MARCA (PD): IMPORTANTE MIGLIORAMENTO DEI CONTRIBUTI PER I GIOVANI CHE VOGLIONO AVVIARE UN’IMPRESA NEL MEZZOGIORNO ANCHE SE PROVENIENTI DALL’ESTERO. 8 luglio 2020
“Il contributo che gli italiani all’estero posso dare alla ripresa del Mezzogiorno è stato un costante motivo di impegno per la mia attività parlamentare. Lo sforzo veramente imponente che maggioranza e governo stanno facendo per il rilancio del Paese dopo il trauma della pandemia, inoltre, apre nuovi spazi di intervento soprattutto per le aree meno colpite, come quelle del Sud, che sono più per obiettivi motivi più pronte a ripartire.
Per questo, considero positivamente il rafforzamento delle misure previste dal programma “Resto al Sud”, istituito nel 2017 dal governo Gentiloni di centrosinistra, che il Decreto “Rilancio” ha disposto, aumentando i parametri del contributo a fondo perduto per gli under 46 che intendono avviare un’attività di impresa o di carattere professionale nelle regioni meridionali.

Il finanziamento, considerando che la restante parte viene del finanziamento è assicurata da un prestito bancario, che beneficia anche di un contributo sugli interessi, copre il cento per cento dell’investimento. Con le nuove misure, il contributo a fondo perduto passa dal 35% al 50% del totale dell’investimento, che a sua volta passa da 50.000 euro a 60.000, cumulabile con altre quote se più soggetti si uniscono in società.

Il programma “Resto al Sud” è rivolto agli under 46 che al momento della presentazione della domanda sono residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia o nei 116 Comuni compresi nell’area del cratere sismico del Centro Italia (Lazio, Marche Umbria) oppure trasferiscono la residenza nelle suddette aree entro 60 giorni (120 se residenti all’estero) dall’esito positivo dell’istruttoria. Possono accedere al programma, dunque, anche gli italiani all’estero che rientrano in Italia.
Per maggiori informazioni, gli interessati, anche italiani residenti all’estero, possono consultare il link:
https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/resto-al-sud
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.

 

05 – SCHIRÒ (PD): ACCOLTO IL MIO ORDINE DEL GIORNO CON IL QUALE HO CHIESTO DI RAFFORZARE LA PROMOZIONE CULTURALE ALL’ESTERO PER LA RIPRESA DEL PAESE. 9 luglio 2020
“Il Governo, in occasione dell’approvazione del Decreto Rilancio, ha accolto il mio ordine del giorno, sottoscritto anche dalle colleghe La Marca e Quartapelle, nel quale ho chiesto di affrontare in modo concreto e con senso di responsabilità la grave situazione che si verrà a creare nel campo della promozione culturale all’estero, a seguito della fine del Fondo per il sostegno alla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, in scadenza nel 2020.
Già in occasione della legge di bilancio, come si ricorderà, con un mio emendamento, ero riuscita ad ottenere in linea di principio la prosecuzione del fondo con una dotazione aggiuntiva di un milione di euro, ma lo stanziamento ottenuto è purtroppo ancora lontano dalla spesa consolidata in questi anni.
La pandemia ha certamente cambiato la scala delle priorità degli interventi, ma proprio le misure messe in campo per favorire la ripresa si muovono nella logica di un rafforzamento della promozione del nostro sistema all’estero per compensare lo shock che il mercato interno sta vivendo.
Sono anni, ormai, che la promozione del sistema Italia nel mondo avviene in modo integrato, vale a dire combinando strettamente promozione economica e promozione culturale, e indebolire tutte le voci di spesa in campo culturale (Istituti di cultura, corsi di lingua degli enti gestori, cattedre di italianistica, borse di studio, ecc.) significa fare danni specifici e frenare la stessa promozione integrata.
Per questo ho chiesto di considerare che una quota dei fondi destinati all’internazionalizzazione sia destinata alla promozione culturale e che, nei prossimi provvedimenti, a partire dalla difficile legge di bilancio 2021, si tenga conto di questa necessità come di un’esigenza non di carattere settoriale, ma generale per gli interessi del Paese.
Il mio impegno, così, si prolungherà nei successivi provvedimenti, con la speranza che diventino sempre di più coloro che ritengono che nel campo della promozione culturale all’estero ci giochiamo occasioni molto importanti per il rilancio del Paese”.

 

06 – LA MARCA (PD): RAFFORZARE IL SOSTEGNO AL TURISMO DI RITORNO PER LA RIPRESA DEI FLUSSI INTERNAZIONALI. ACCOLTO IL MIO ORDINE DEL GIORNO. 9 luglio 2020
“Il Governo si è dichiarato favorevole al mio ordine del giorno al Decreto Rilancio, sottoscritto anche dalle colleghe Schirò e Quartapelle, nel quale ho fatto alcune articolate proposte in materia di turismo di ritorno e ho chiesto di considerare l’urgenza di intervenire concretamente in questo campo.
Una delle maggiori preoccupazioni di questi mesi di trauma economico è la caduta delle attività turistiche per le critiche conseguenze che essa sta determinando sui conti economici, sulle imprese e sulle possibilità occupazionali.
La chiave per riattivare prima possibile i flussi internazionali, pur in presenza di situazioni ancora preoccupanti in aree per noi importanti, è il turismo di ritorno, che non a caso è arrivato a coinvolgere oltre dieci milioni di persone. Il nostro retroterra di sei milioni di connazionali e di 60 milioni di italodiscendenti è uno dei più grandi esistenti al mondo e, soprattutto in questo momento, va sfruttato in modo strategico.
Per questo ho chiesto incentivi a favore degli iscritti all’AIRE per l’ingresso nei musei e per i viaggi aerei, misure di sostegno agli operatori che all’estero lavorano sui flussi turistici per e dall’Italia, la creazione di un fondo di cofinanziamento di progetti presentati da Regioni, enti locali, soggetti associativi e imprese.
Sono soddisfatta che il Governo abbia accolto in modo pieno il mio ordine del giorno, ma non mi fermerò a questo primo risultato poiché mi propongo di porre in ogni sede opportuna questa necessità finché non ci saranno risultati tangibili e significativi di una ripresa del settore turistico quanto mai necessaria per l’Italia”.

07 – ALFIERO GRANDI. REFERENDUM. COSTITUZIONE CONTRO POPULISMO ED OPPORTUNISMO, FARE VINCERE IL . IL GOVERNO SOTTO LA PRESSIONE DEL M5STELLE HA COSTRETTO LA MAGGIORANZA PARLAMENTARE AD APPROVARE L’IMPOSIZIONE DI VOTARE IN UN’UNICA GIORNATA PER LE REGIONI, PER I COMUNI, PER LE SUPPLETIVE DEI PARLAMENTARI E PER IL REFERENDUM COSTITUZIONALE. Questo è l’election day, quasi certamente il 20 e 21 settembre. Anzitutto è un grave errore che riduce l’autonomia delle regioni su un punto che non meritava questo intervento, mentre è indispensabile una clausola sul prevalere dell’interesse nazionale sulle iniziative delle regioni in casi come la recente pandemia. Ma la questione di fondo è la forzatura sul voto referendario per il taglio del parlamento che viene mescolato, quasi nascosto, in una giornata elettorale che mischia argomenti diversi e di fatto non consentirà agli elettori di comprendere il vero oggetto del voto su una materia decisiva come la Costituzione.

La scelta del M5Stelle è difficile da capire. Il Movimento è nato con una vocazione a favore dei referendum, cioè della democrazia diretta nei casi previsti, che per loro natura obbligano a informare gli elettori per consentire di scegliere sulle materie oggetto di voto. Tanto più è necessario decidere informati se si tratta di materia costituzionale, cioè di interventi sulla legge fondamentale della nostra Repubblica che è l’architrave di tutto il nostro sistema legislativo, che deve rispondere infatti della sua coerenza con la Costituzione. Inoltre il M5Stelle ha decantato il taglio del parlamento, a torto, come una grande riforma, quindi c’era da aspettarsi che avrebbe fatto di tutto per fare conoscere l’argomento, motivando il taglio del 36,5 % dei parlamentari, chiedendo un voto a favore limpido, a sé stante. A meno che la motivazione vera non sia quella di Casaleggio jr che ha previsto la fine del ruolo del parlamento tra qualche lustro e quindi mettere sotto tiro composizione e ruolo del parlamento sia la premessa per la sua scomparsa, magari per lasciare il posto a piattaforme opache e di parte come quella Rousseau. Il M5Stelle ha il dovere di dire la verità. Invece no il M5Stelle si è fatto promotore di un’iniziativa per mischiare gli argomenti oggetto del voto pur di portare più elettori a votare anche per il referendum non appena si è reso conto che la sua “bandiera” non riusciva a mobilitare e per il timore che con pochi partecipanti al voto il referendum potessero vincerlo i No. L’election day è nato così, dalla paura di un flop e quindi l’obiettivo è stato di portare a votare su tutto pur di portare più elettori ai seggi, con buona pace dell’informazione, delle scelte consapevoli.

Le motivazioni per il taglio dei parlamentari erano e restano povere. Si parla di un risparmio al limite del ridicolo di fronte agli 80 miliardi di spese extra già decise e di altre che arriveranno per affrontare la crisi sanitaria e le sue conseguenze occupazionali ed economiche. Cifre per di più gonfiate pur di dargli un significato che non possono avere. Di Maio è arrivato a moltiplicare per 10 anni un risparmio gonfiato pur di raggiungere una cifra significativa. La democrazia ha dei costi ma sono costi necessari per fare funzionare la rappresentanza dei cittadini. Se oggi funziona male la responsabilità è di un parlamento di nominati dall’alto, da partiti che decidono nelle segrete stanze chi deve stare in parlamento, non i cittadini che così non sono veramente rappresentati perché non possono scegliere chi deve andare in parlamento e rispondere a loro. Proprio questo è il punto: tagliando il parlamento i cittadini saranno meno e peggio rappresentati e sappiamo che già oggi con le attuali leggi elettorali i parlamentari non sono i rappresentanti ma i nominati dall’alto indicati dai capi partito, perché da lustri le leggi elettorali non hanno cercato la rappresentanza migliore ma quella più fedele ed obbediente. Altrimenti come si spiega che Renzi ha due gruppi parlamentari senza avere partecipato ad elezioni e con sondaggi che sono al massimo al 3%?

Fare un taglio puro e semplice non fa risparmiare e mette in discussione l’architrave della democrazia: la rappresentanza dei cittadini, che può e deve essere migliore di quella attuale e sicuramente peggiorerà le cose e darà l’impressione che i difetti (seri) di funzionamento della democrazia italiana dipendano tutti dal parlamento mentre gravi responsabilità le hanno i governi che hanno perso l’abitudine e il gusto del confronto parlamentare per imporre invece con decreti, voti di fiducia e ora anche con i dpcm le proprie scelte al parlamento, di fatto rovesciando la gerarchia. Infatti il parlamento dovrebbe essere l’architrave istituzionale, mentre di fatto pian piano è diventato subalterno alle imposizioni del governo e dei capi partito, aprendo la strada a forti processi di centralizzazione e di personalizzazione della politica. Una strada aperta da Berlusconi 20 anni fa e purtroppo seguita da altri, anche a sinistra, al punto che ormai la personalizzazione è diventata dominante.

Tutto questo prepara il presidenzialismo, storico cavallo di battaglia della destra che oggi lo ripropone con una raccolta di firme ed altre iniziative che quindi preparano il terreno di ben altri stravolgimenti costituzionali. Gli apprendisti stregoni che hanno proposto il taglio del parlamento, gli opportunismi che hanno lo hanno subito perché incapaci di parlare chiaro e forte e di condurre una limpida battaglia politica per bloccare questa grave forma di populismo, stanno preparando di fatto il terreno per la destra, perché al taglio dei parlamentari seguirà un ulteriore indebolimento del parlamento, a cui seguirà un tentativo di forzare la mano per andare al voto politico anticipato per conquistare la maggioranza in parlamento che la riduzione del numero degli eletti e la legge elettorale già fatta approvare da Calderoli della Lega, pronta ad entrare in vigore, renderanno del tutto alla portata di mano. Il paradosso è che il taglio del parlamento, visto come un elisir di lunga vita per il governo, è probabilmente destinato a farlo cadere e potrebbe aprire la strada alle elezioni anticipate, tanto più che chi governerà gestirà ingenti risorse italiane ed europee.

Poco importa se regioni con il doppio e più degli abitanti o tutti gli italiani all’estero avranno meno rappresentati del solo Alto Adige, conta che la destra tenterà di conquistare ad ogni costo la maggioranza per mettersi nelle condizioni di eleggere il futuro Presidente della Repubblica, che diventerebbe così non più garante supremo della Costituzione e dell’equilibrio tra i poteri ma verrebbe trasformato nel capo della parte politica che ha conquistato la maggioranza. Veramente il M5Stelle pensa con il taglio del parlamento di fermare la destra? Non comprende che prepara in questo modo lo smottamento verso il presidenzialismo e la sua stessa irrilevanza politica? Veramente il Pd, Leu, le altre forze democratiche presenti in parlamento e fuori sono convinte che accontentare, per di più senza convinzione, il M5Stelle aiuterà il decollo di una nuova fase politica? Solo un grande timore, ai limiti dell’irrazionale, può spingere ad appoggiare scelte come questa che porterà sugli altri partiti della maggioranza non solo l’ombra del capovolgimento di posizione – senza mai avere dato una reale motivazione – che ha reso possibile l’approvazione del taglio del parlamento nella quarta lettura parlamentare. Dopo questa piroetta politica anche il taglio effettivo del parlamento? L’avvio di una fase politica che offre alla destra l’opportunità di tornare al governo nel modo peggiore dovrebbe imporre a tutti un rinsavimento. Non si cambia la Costituzione, tanto più sul ruolo del parlamento senza prendersi una grave, storica, responsabilità che può portare a snaturarla, a cambiarla radicalmente. Eppure era stata definita nel programma del centro sinistra la Costituzione più bella del mondo.

Ci saranno pure ragioni importanti se l’Anpi ha già detto No e prepara una posizione per il No in cui spenderà figure di grande prestigio. Fermarsi è ancora possibile. Anzitutto per i ricorsi in campo. Quello del Comitato per il no al taglio del parlamento, quello dei senatori che hanno promosso il referendum e ora il conflitto presso la Corte promosso dalla regione Basilicata. In ogni caso se si dovesse arrivare al referendum comunque, per respingere questa deriva basta votare No: per la Costituzione contro il populismo e l’opportunismo. Quello che non riescono a fare le forze politiche dovranno farlo persone che non hanno interessi particolari da difendere ma forti convinzioni, che organizzando la campagna per il No, a fianco di importanti soggetti che si stanno schierando, come l’Espresso, potranno fare appello alla mobilitazione delle coscienze in nome della Costituzione perché votino No. Forse anche chi ufficialmente si dichiara a favore di questa controriforma inizierà a convincersi che a volte rispondere a scelte complicate con l’opportunismo non è la scelta più conveniente ma la peggiore.
Basta fare vincere il NO – Alfiero Grandi

 

08 – MARINA CATUCCI. IL 4 LUGLIO DI THE DONALD, SCHIAFFO AI NATIVI AMERICANI. LINGUA BIFORCUTA. DAL MONTE RUSHMORE LA RETORICA SUPREMATISTA DEL PRESIDENTE USA, A DIFESA DEI «NOSTRI EROI» A 4 MESI DALLE ELEZIONI, IN UN ANFITEATRO AFFOLLATO DI FRONTE AL MONTE RUSHMORE, DONALD TRUMP HA TENUTO UNO DEI SUOI DISCORSI PIÙ CUPI E DIVISIVI E LO HA FATTO PER LE CELEBRAZIONI DEL 4 LUGLIO, LA FESTA DELL’INDIPENDENZA USA.
La scelta del luogo per le celebrazioni è stata non priva di polemiche: il monte Rushmore per molti nativi americani, con le quattro facce di bianchi scolpite nel granito, è un simbolo di oppressione, in special modo offensivo in quanto si trova nelle Black Hills del South Dakota, considerato un luogo sacro.
«PER LA GRANDE NAZIONE SIOUX niente è un promemoria più grande di un paese che non può mantenere una promessa, quanto i volti scolpiti nella nostra terra sacra su ciò che gli Usa chiamavano Monte Rushmore – ha dichiarato in una nota Harold Frazier, presidente della tribù Sioux del fiume Cheyenne -. Ora siamo costretti all’affronto alla nostra terra con sfarzo, arroganza e fuoco, nella speranza che le nostre terre sacre sopravvivano».
Mentre molti americani bianchi considerano i presidenti George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln semplicemente degli eroi scolpiti sul monte, per i nativi americani la storia è ben più controversa, oltre a ciò ci sono delle ragioni ambientali per cui nel 2010 il presidente Obama aveva vietato i fuochi d’artificio in quella zona, a causa dei pericoli di incendio.
QUISQUILIE, PER TRUMP, che nel suo discorso-comizio ha lanciato una battaglia contro un «nuovo fascismo di estrema sinistra» che cerca di spazzare via i valori e la storia della nazione.

Con i numeri della pandemia in continua crescita e il tasso di disoccupazione che quando raggiunge l’11% è una bella notizia, il progetto più caro a Trump, stando a ciò che ha detto dal monte Rushmore, è costruire «un giardino nazionale degli eroi americani, un parco all’aperto con le statue degli americani più grandi della storia».

Criticando l’abbattimento delle statue dei generali sudisti e la rimozione delle bandiere confederate, The Donald ha ripetuto più volte che «il Memorial del Monte Rushmore non sarà mai smantellato, resterà per sempre un tributo ai nostri eroi, ai nostri padri fondatori.

La nostra nazione sta assistendo ad una campagna spietata per cancellare la nostra storia, diffamare i nostri eroi, cancellare i nostri valori e indottrinare i nostri figli. Quelli che cercano di cancellare l’eredità degli Stati uniti hanno l’obiettivo di far dimenticare agli americani l’orgoglio e la loro grande dignità».

Oltre a ciò Trump è tornato a promettere la costruzione di un muro al confine con il Messico e l’impegno a non fare smantellare la polizia (cosa su cui non ha alcun potere in quanto questa risponde alle autorità locali). Poi ha contestato l’aborto in quanto «ogni bambino “nato o non nato” è un’immagine di Dio e ha promesso di piantare presto la bandiera americana su Marte».

UNO SFOGGIO DI RETORICA da suprematisti bianchi fatto di fronte a 6700 spettatori, ammassati senza alcuna distanza sociale e per la maggior parte senza mascherina. Trump non ha neanche sfiorato il tema della pandemia né citato mai il Covid-19, definito ancora una volta, «la terribile piaga venuta dalla Cina».

In questa battaglia di negazione Trump non è stato solo. «A quelli che vogliono unirsi a noi daremo delle mascherine gratuite, se vorranno indossarle – aveva anticipato a Fox news il governatore repubblicano del South Dakota Kristi Noem, presente alla cerimonia -. Ma non ci sarà distanza sociale».

 

09 – GILBERTO SACERDOTI. GIORDANO BRUNO, GRAND TOUR E RITORNO DI UN VECCHISSIMO MERCURIALE SERPENTE. BIOGRAFIE DEL PENSIERO. DELLA SINTESI ARISTOTELICO-TOMISTICA IN CUI SI RICONOSCEVANO TUTTE LE CHIESE, IL FILOSOFO DOMENICANO NON LASCIÒ IN PIEDI NULLA: «IL SAPIENTE FURORE» DI MICHELE CILIBERTO, DA ADELPHI
«Se si vogliono comprendere i grandi pensatori dell’Umanesimo e del Rinascimento è essenziale collegare in modo organico filosofia e biografia, e valorizzare, di conseguenza, specialmente le fonti e i testi – in particolare quelli di carattere autobiografico». Questa la «persuasione teorica» da cui muove Il sapiente furore Vita di Giordano Bruno di Michele Ciliberto (Adelphi, pp. 812, € 22,00). Che funzioni in pratica lo si vede già in ciò che scrive di sé Bruno nel Sigillus sigillorum. Mentre Giordano era ancora in fasce un «grandissimo e vecchissimo serpente» comparve di fronte alla culla. Con «parole articolate» l’infante chiama, i familiari accorrono gridando, e intanto egli ne capisce i discorsi «con la stessa chiarezza con cui credo di poterli intendere adesso». Anni dopo racconta tutto ai genitori, «suscitando la loro meraviglia».

Nascita di un Mercurio
L’incontro col Serpente, sulla scia di Ercole, è presentato come «segno» della nascita di un «Mercurio», uno di quegli individui «eroici» che nella ruota del tempo compaiono in momenti di somma crisi, determinando svolte epocali. Analoga «autoconsapevolezza mercuriale», nota Ciliberto, è tipica di alcuni dei più grandi autori del Rinascimento (Cardano, Campanella, lo stesso Machiavelli), e la sua rilevanza in Bruno è fondante.

In quanto vero Mercurio, egli si sente destinato a combattere il falso Mercurio che ha dato inizio a un ciclo di tenebre culminato nelle guerre di religione devastatrici dell’Europa; ma se la notte è giunta al fondo, si prospetta il giorno. La filosofia post-cristiana di Bruno, basata su un cosmo in cui la divinità non è separata da natura e materia, e dove il copernicanesimo si fonde con l’universo infinito di Epicuro e Lucrezio, è il ritorno di un «vecchissimo serpente».

Nella Cena de le ceneri Copernico è «l’aurora» di quel «sole de l’antiqua vera filosofia» che, «per tanti secoli sepolta nelle tenebrose caverne de la cieca, maligna, proterva et invida ignoranza», è ora destinata, con Bruno, al fulgore meridiano. E nella stessa Cena si presenta come reincarnazione del titanico Epicuro celebrato da Lucrezio nel De rerum natura. Come un tempo il greco con i flammantia moenia mundi, così ora l’italiano abbatte le «fantastiche muraglia» che serravano il mondo fisico nel «fittizio carcere» del vecchio universo finito, solca l’immensità dello spazio e torna in terra a liberare l’umanità da una falsa religione fondata su una falsa fisica.

Se Epicuro era per Lucrezio un salvatore, tale si sente Bruno. Ma poiché il cielo era diventato cristiano, si trattava di salvare l’umanità dal Salvatore. Una missione pericolosa, in un’Europa ancora pre-post-cristiana. Fin dall’inizio, scrive Ciliberto, «ci fu una sorta di corpo a corpo tra Bruno e Cristo. Perfino il modo in cui morì sul rogo sembra una voluta, consapevole contrapposizione al modo in cui morì Cristo».

Tessendo organicamente biografia e filosofia, Ciliberto, autore di studi fondamentali su Bruno e curatore dell’edizione adelphiana delle Opere latine, traccia la peregrinatio paneuropea che porterà il Mercurio dal convento di Napoli alla pira di Roma, passando per Ginevra, Tolosa, Parigi, Oxford, Londra, Marburgo, Wittenberg, Praga, Helmstedt, Francoforte e Venezia. Durato sedici anni, questo grand tour a rovescio ha inizio con la fuga a Roma dal convento di San Domenico, dove Bruno aveva messo in dubbio l’Incarnazione e la Trinità, difendendo Ario. Che le sue disavventure abbiano inizio con un autore le cui opere, all’alba del ciclo cristiano, erano state condannate al fuoco da Costantino nel primo atto ostile del braccio secolare contro un’opera dello spirito per motivi di eterodossia è un altro «segno».

Con il Padre (se inteso come infinita potenza che non può non esplicarsi in un infinito effetto) e con lo Spirito Santo (se inteso come anima mundi inerente alla materia) Bruno poteva convivere; ma il Figlio come incarnazione mediatrice tra finito e infinito gli era inammissibile. L’unica incarnazione della divinità infinita era per lui l’universo infinito: la «unigenita natura» che nel De la causa prende il posto del Figlio unigenito di Dio. Come scrive Ciliberto «fu tramite la critica antitrinitaria di Ario che Bruno si incontrò con il concetto di infinito», alla cui «scoperta» egli giunse «per via teologica» prima che astronomica.

Prima di fuggire a Roma nel 1576 Bruno aveva gettato «nel necessario» ciò che leggeva: le edizioni di Girolamo e Giovanni Crisostomo con gli scolii di Erasmo, le cui opere erano state condannate all’Indice. Ma quando a Roma giunsero lettere da Napoli dove un frate amico lo informava che un frate nemico aveva rovistato nel «necessario» scoprendo ciò che vi aveva gettato, Bruno dismise l’abito e prese la via del Nord, dove scrisse e pubblicò tutte le sue opere.
Il racconto degli anni precedenti il ritorno in Italia nel 1591 è angoscioso. Per quanto a volte trovi brevi sistemazioni, in realtà, quando decide di scendere a Venezia, dove invece che una cattedra a Padova troverà un carcere dell’Inquisizione da cui sarà estradato a Roma, Bruno ha ormai esaurito le possibilità di un’esistenza dignitosa nelle accademie europee. Più di una volta si trova a ricevere denaro purché se ne vada. Come stupirsi che non vi siano cattedre per Mercuri furiosi?

Della vastità del corpus di Bruno il lettore potrà farsi un’idea mentre segue le peregrinazioni dell’autore, ma i dialoghi pubblicati in italiano durante il soggiorno inglese (1583-1585) hanno uno statuto particolare. Per la prima e ultima volta Bruno osa presentare in una lingua vernacola allora internazionalmente nota «un universo completo, alternativo al vecchio». È difficile recuperare il senso della magnitudine della sua rivoluzione.
La terra è una delle innumerevoli stelle degli innumerevoli sistemi solari di un universo privo di limiti e centro. La materia è animata da un’energia che assieme al moto produce un’infinita varietà di mutevoli forme di vita. Della sintesi aristotelico-tomistica in cui si riconoscevano tutte le Chiese non restava in piedi nulla.
MORIRE DA MARTIRE
La quarta di copertina afferma che il libro prende le distanze dal «mito di un Bruno pronto a immolarsi quale martire del libero pensiero», mito su cui, dopo Frances A. Yates, si è molto ironizzato. Nel libro, però, si parla di una «consapevolissima scelta di morire ‘martire’ e ‘volentieri’». E nel principale documento sulla sua morte, la lettera in cui Kaspar Schoppe, convertito al cattolicesimo, racconta all’amico luterano Rittershausen il supplizio di cui era stato testimone, la dovizia di dettagli che egli infligge al destinatario, descrivendogli come si tratta a Roma un «mostro» che ha sostenuto «tutti gli errori dei filosofi pagani», ha lo scopo di porre il luterano di fronte a un aut aut finale: «E adesso vorrei sapere se approvate questo modo di agire, o se vorreste che fosse permesso a chiunque di credere e di dire tutto ciò che gli piace (an vero velis licere unicuique quidvis et credere et profiteri)». Anche se l’idea che la morte di Bruno abbia a che fare con la libertà di «credere et profiteri» fosse un mito, i liberali ottocenteschi non ne sarebbero i soli inventori.

 

10 – Claudia Fanti. CILE: «SALUTE, PANE, LAVORO». MA UN GIOVANE HAITIANO MUORE NEGLI SCONTRI. AMERICA LATINA. CILE IN PIAZZA PER I DIRITTI NELL’ANNIVERSARIO DEL “CASO QUEMADOS”, CARABINEROS SENZA PIETÀ
L’invito era partito da vari gruppi attraverso le reti sociali ed era subito diventato virale: dare voce – «dove puoi, come puoi o con ciò che hai» – alla protesta contro la «dittatura degli imprenditori» e alla lotta per «salute, pane e lavoro». La scelta della data quanto mai emblematica: quella del 2 e 3 luglio, 34 anni dopo i due giorni di sciopero generale proclamati nel 1986 contro il regime di Pinochet, nell’ultimo scorcio della dtitatura militare.
Uno sciopero segnato tragicamente dalla terribile vicenda, passata alla storia come il «Caso Quemados», di due ragazzi bruciati vivi da una pattuglia dell’esercito in una strada della periferia povera di Los Nogales, a Santiago: il fotografo Rodrigo Rojas, 19 anni, che sarebbe morto quattro giorni dopo a causa delle ustioni, e l’attivista 17enne Carmen Gloria Quintana, sopravvissuta ma rimasta sfigurata. Dopo aver dato loro fuoco, tra le risate, i militari li avevano abbandonati in un fosso, dove erano stati soccorsi dai contadini del luogo.
34 anni dopo, il contesto è per fortuna molto diverso, ma i punti in comune non mancano, a cominciare dalla Costituzione, che è la stessa di allora, e dalla disuguaglianza, che non è cambiata, e a cui anzi l’emergenza da Covid-19 ha dato ulteriore risalto.
Così, in vari comuni di Santiago e in diverse altre città del paese, i manifestanti non si sono limitati a proteste virtuali come era stato inizialmente previsto, ma sono voluti scendere in strada, sfidando la rigida quarantena (con tanto di coprifuoco nelle ore notturne) disposta dal governo di Sebastián Piñera per far fronte all’impressionante crescita dei contagi: 288mila (con più di 6mila morti) all’interno di una popolazione di soli 19 milioni di abitanti.

Una quarantena che il presidente non ha tuttavia esitato a violare per recarsi in un’enoteca – evidentemente considerata un’attività essenziale – ad acquistare varie bottiglie di vino, quando ancora non si era esaurito lo scandalo per l’ordine di acquisto da parte de La Moneda di prodotti come foie gras, patè di cinghiale e caviale.
Nei confronti dei manifestanti scesi in strada a urlare la propria rabbia per i diritti negati alla salute, al pane e al lavoro, per una gestione della pandemia diretta a scaricare i costi della crisi interamente sulla classe lavoratrice, i carabineros invece non hanno avuto pietà, spingendosi persino a entrare nelle case, senza autorizzazione, lanciando gas lacrimogeni al loro interno.
Ci è scappato anche un morto, un giovane di 21 anni di nazionalità haitiana, ancora senza nome, raggiunto da colpi di arma da fuoco in mezzo agli scontri nel comune di Melipilla, nella regione metropolitana di Santiago. I carabineros, giunti in zona con gas e idranti, non hanno avuto esitazioni: gli spari, hanno detto, sono venuti dagli «stessi manifestanti violenti» ed erano diretti contro le forze dell’ordine. Mentre sui social è circolato un video in cui un carabinero stringe per il collo un giovane che avverte: «Non posso respirare»

 

11 – ABBIAMO BISOGNO DI STATUE GIUSTE DI KATHA POLLITT .
(A New York ci sono solo cinque statue di donne in luoghi pubblici, anche se presto ne arriveranno altre. Dobbiamo liberarci dei cattivi a cavallo e onorare chi è stato ignorato)

Dall’inizio delle proteste per la morte di George Floyd sono stati abbattuti, danneggiati o rimossi così tanti monumenti al razzismo, alla schiavitù al colonialismo che i redattori volontari di Wikipedia non riescono a tenere il passo: Robert E. Lee, Jefferson Davis e altri generali sudisti, suprematisti bianchi e segregazionisti.
Ma ci sono anche Frank Rizzo, sindaco razzista di Filadelfia e figure simboliche come il Pioniere e la
Madre pioniera, abbattute nell’università dell’Oregon.
Anche l’imbarazzante statua che raffigura Theodore Roosevelt a cavallo, seguito a piedi da un nativo e da un nero, dovrebbe essere rimossa dall’ingresso principale del Museo di storia
naturale di New York. Gli eroi di ieri sono i cattivi della storia. Papa Francesco apprezza talmente tanto padre Junípero Serra da averlo canonizzato nel 2015, nonostante i nativi americani avessero
denunciato il carattere oppressivo della sua opera missionaria. Oggi padre Serra è il santo patrono della California. Di recente, a San Francisco e Los Angeles, i manifestanti hanno rovesciato le statue del santo. Nel frattempo il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, ha difeso la presenza di Cristoforo Colombo (a cui sono dedicate almeno 19 sculture) a Columbus Circle, a Manhattan, sottolineando che l’opera “rappresenta un ringraziamento per il contributo degli
italoamericani alla storia di New York”. Ma non sono sicura che il vecchio Cris resterà su quel piedistallo.
Forse gli italoamericani potrebbero scegliere un altro compatriota, qualcuno che ha portato gioia nel mondo.
Uno come Verdi o Puccini. Tra l’altro esiste già una Verdi square a pochi isolati dal Columbus circle.
E c’è anche un Dante park poco lontano. Il contributo dell’Italia nel campo della letteratura, dell’arte, della musica, della scienza e della filosofia è così vasto che ogni parco di Manhattan potrebbe essere dedicato a un italiano.
GRAMSCI TRIANGLE.
MARIA MONTESSORI PLAZA.
PRIMO LEVI SQUARE.
LA STORIA CONTIENE MOLTITUDINI.
Non c’è motivo di ricordare torturatori e sfruttatori. Soprattutto non c’è nessun motivo di celebrare i traditori confederati che trascinarono il paese nella guerra civile. È fantastico che i vertici della Nascar, l’ente che organizza gare automobilistiche, abbiano bandito la bandiera sudista.
Ma perché hanno aspettato tanto? E perché abbiamo avuto bisogno dell’omicidio di George Floyd e delle proteste per ottenere questa vittoria simbolica?
I simboli sono importanti. Zia Jemima, zio Ben, la signora Butterworth e il cuoco nero sulle scatole dei prodotti alimentari Cream of Wheat sono residui di quella che un tempo era un’inondazione di spot, loghi e oggetti che mostravano i neri come cuochi, servi, bambinaie e bambini buffi. Non si può sfuggire a questo retaggio snellendo zia Jemima e dandole una pettinatura moderna. Sono felice che, a quanto pare, la voce originale di zia Jemima, Nancy Green, nata schiava, sia diventata milionaria. Ma questo non è un buon motivo per tenere in vita il personaggio. Siamo nel 2020! Ritirare questi prodotti dal mercato non significa piegarsi al “politicamente corretto”, ma rimuovere un’offesa razzista.
Come possiamo liberarci dall’onnipresente celebrazione dei peggiori antenati statunitensi? È facile abbattere una statua o cambiare nome a una strada, ma altri nomi sono così radicati nella storia statunitense, nella sua cultura e nelle mappe geografiche che è difficile pensare di poterli cancellare, anche se ci fosse la volontà di farlo. Ci sono decine di luoghi intitolati a Colombo: Columbus, in Ohio, Indiana, Georgia e via dicendo: l’università Columbia, la contea Columbia, il fiume Columbia. Per non parlare dello stato della Colombia (per fortuna quello non è un problema nostro). Per la santità di Serra c’è poco da fare, ma almeno l’università di Stanford ha avuto il merito di cambiare nome al Serra mall, la sua strada principale, che è diventata Jane Stanford way, in onore della donna fondatrice dell’ateneo.
Gli eroi non ci mancano. Molti di loro non sono stati abbastanza celebrati, perché erano donne o neri.
A New York ci sono solo cinque statue di donne in luoghi pubblici, anche se presto ne arriveranno altre.
Dobbiamo liberarci dei cattivi a cavallo e onorare chi è stato ignorato. Potremmo cominciare da FortBragg, Fort Benning, Fort Hood e da tutte le altre militari intitolate a soldati confederati. Di sicuro Walt Whitman merita qualcosa di più che una piazzola di sosta nel New Jersey turnpike. Potremmo raccontare una nuova storia americana onorando le persone che hanno lavorato per renderci migliori, i pensatori liberi e radicali, i politici progressisti, i leader sindacali, le femministe e gli attivisti.
Mentre ci impegniamo ad abbattere alcune statue e a tirarne su altre, non dobbiamo però dimenticare cosa conta davvero: combattere le ingiustizie. George Floyd non è stato ucciso perché a Minneapolis mancavano i monumenti giusti.
KATHA POLLITT è una giornalista e femminista statunitense. Il suo ultimo libro è Pro: reclaiming abortion rights (Picador 2014). Quest’articolo è uscito sul settimanale
The Nation.

 

12 – IL VIRUS DEL CAPITALISMO. DA UNA PARTE LA PANDEMIA HA OBBLIGATO A PRENDERE MISURE CHE TENDONO AL COMUNISMO. DALL’ALTRA GLI STATI SALVANO LE AZIENDE CHE ACCUMULANO RICCHEZZE, di Slavoj Žižeki *.
( La nostra risposta a Sarah Mason quindi dovrebbe essere: sì, il distanziamento sociale è simile al comunismo, per questo ne abbiamo bisogno. Ma quello di cui abbiamo ancora più bisogno è un nuovo ordine economico, che ci permetta di evitare la sfiancante scelta tra rilanciare l’economia e salvare delle vite.)

Visto con gli occhi di oggi, il periodo del primo panico da covid-19 dei mesi scorsi si tinge quasi di una luce nostalgica: è vero, eravamo in quarantena, ma ci aspettavamo che durasse un mese o due, e che poi la vita sarebbe tornata a una qualche forma di normalità. Perfino l’immunologo Anthony Fauci aveva detto agli statunitensi di prepararsi al momento in cui si sarebbero goduti le vacanze estive. Percepivamo la quarantena come un periodo eccezionale: quasi una tregua gradita nelle nostre vite troppo indaffarate, nella quale potevamo goderci un po’ di pace in famiglia, leggere libri, ascoltare musica, avere il piacere di cucinare i nostri pasti, sapendo che sarebbe finita presto.
Ora siamo in quella che alcuni chiamano fase whack-a-mole, dal nome del gioco in cui bisogna colpire il pupazzo sfuggente di una talpa: emergono con una certa regolarità dei focolai circoscritti di persone infette, mentre in paesi come Stati Uniti, Brasile e India il numero dei contagi esplode. Solo ora siamo costretti ad accettare che stiamo entrando in una nuova era, in cui dobbiamo imparare a convivere con il virus.
La situazione è incerta, non si capisce con chiarezza quale direzione prenderà il virus. Come ha sintetizzato il virologo tedesco Hendrik Streeck, “non c’è alcuna seconda o terza ondata: siamo in un’ondata permanente”. Ma siamo ancora troppo concentrati sulle statistiche del covid-19, e molti di noi controllano regolarmente il numero di contagiati, morti e guariti su siti come Worldometer. Questa fascinazione per i dati della pandemia ci fa dimenticare che un numero molto più alto di persone sta morendo di cancro, infarto, inquinamento, fame, a causa di conflitti
armati o di violenza domestica. È come se il fatto di tenere sotto controllo i contagi da covid-19 facesse sparire tutti i nostri problemi. Ma la vita umana resterà piena d’infelicità: in un certo senso, la vita umana è una cosa infelice che finisce in maniera dolorosa, spesso con una sofferenza insensata.
Inoltre si sta facendo sempre più chiaro il legame tra la pandemia e la nostra difficile situazione ambientale. Può darsi che riusciremo a domare il virus, ma l’emergenza climatica imporrà misure molto più radicali. Aveva ragione GRETA THUNBERG quando, poco tempo fa, ha dichiarato che “la crisi climatica ed ecologica non può essere risolta all’interno del nostro attuale sistema politico ed economico”. Di fronte al cambiamento climatico e all’inquinamento, che uccidono milioni di persone ogni anno, una mobilitazione globale come quella che siamo riusciti a creare per il covid-19 sarà ancora più necessaria. Eppure continuiamo a non agire in questo senso. Come ha detto
Thunberg in uno splendido rovesciamento della fiaba di Andersen: “Gli imperatori sono nudi. Ogni singolo imperatore. A quanto pare tutta la società è una grande festa nudista”.
Citiamo solo un caso di cambiamento climatico che dovrebbe convincere anche i più scettici: l’ondata di caldo in Siberia, che ha provocato una serie di incendi incontrollati, una grave perdita di gasolio e un’invasione di falene che mangiano gli alberi. Le città russe nel circolo polare artico hanno registrato temperature straordinarie: il 9 giugno Nižnjaja Peša ha toccato i trenta gradi centigradi. Il disgelo del permafrost è perlomeno una della cause della perdita di gasolio che ha spinto Putin a dichiarare lo stato d’emergenza.
Le fondamenta di un serbatoio di stoccaggio sono improvvisamente sprofondate a causa del riscaldamento del terreno. Pensate solo ai batteri e ai virus che, congelati da lungo tempo, non aspettano altro che di essere rimessi in circolazione dal disgelo del permafrost.
Lo stesso vale per il legame tra il covid-19 e le proteste contro il razzismo. L’unica vera risposta a un certo dibattito sul movimento Black lives matter (le obiezioni di chi dice “All lives matter”, tutte le vite contano) è un fotomontaggio prodigiosamente brutale che circola oggi negli Stati Uniti. Nella foto si vede Stalin che tiene un manifesto con la scritta “No lives matter”, nessuna vita conta. La verità di questa provocazione è che ci sono cose più importanti che
essere semplicemente vivi: non è forse questo il senso profondo delle proteste contro le violenze della polizia sui neri? I neri statunitensi (e chi li sostiene) non chiedono semplicemente di sopravvivere, ma di essere trattati con dignità, come cittadini liberi del tutto uguali ai bianchi, e per questo sono pronti a rischiare molto, comprese, a volte, le loro vite. È per questo che si riuniscono per protestare nonostante la partecipazione alle manifestazioni aumenti il rischio
di contagio.
Viene da chiedersi se non avesse ragione il filosofo italiano Giorgio Agamben quando ha criticato le misure di distanziamento sociale e l’isolamento imposto dallo stato durante il lockdown come un qualcosa che implica la nostra riduzione a semplici vite umane.
Come se, quando rispettiamo questi ordini, affermassimo che siamo pronti a rinunciare a quello che rende le nostre vite degne di essere vissute, in cambio della semplice sopravvivenza. Ma per restare pienamente umani, dobbiamo quindi rischiare le nostre vite, esponendoci a un possibile contagio? Il problema, in posizioni di questo tipo è che oggi i principali oppositori alle misure d’isolamento si trovano nei ranghi della nuova destra populista, che vede in tutte le misure restrittive, dal confinamento all’obbligo d’indossare la mascherina, un’umiliazione per la nostra libertà e la nostra dignità.
Di fronte a questa rivendicazione, dovremmo rispondere con una domanda cruciale: cosa comporta concretamente, per i lavoratori, l’abolizione del confinamento e dell’isolamento? Comporta che, per poter sopravvivere, queste persone devono avventurarsi in un mondo insicuro, rischiando di essere contagiate.
Questo ci porta al punto centrale della questione: il modo contraddittorio in cui l’epidemia di covid-19 ha influenzato la nostra economia. Da una parte ha obbligato le autorità a prendere misure che, in certi casi, tendono quasi al comunismo: una forma di reddito minimo universale, sanità pubblica e così via.
Ma questa inaspettata apertura al comunismo è solo una faccia della medaglia. Contemporaneamente un processo opposto va avanti con grande violenza: gli stati salvano le grandi aziende e queste accumulano ricchezze.
I contorni del corona-capitalismo stanno gradualmente venendo fuori, e con essi nuove forme di lotta di classe. Per citare un articolo di Joshua Simon pubblicato sulla rivista Social Text: “Le città degli Stati Uniti hanno visto il più grande sciopero degli affitti negli ultimi decenni, almeno 150 scioperi e astensioni dal lavoro (in particolare dei dipendenti dei magazzini di Amazon) e scioperi della fame in strutture detentive per rifugiati. Allo stesso tempo alcune ricerche mostrano che i miliardari statunitensi hanno incrementato la loro ricchezza collettiva di 282 miliardi di
dollari in appena 23 giorni, durante le settimane iniziali del confinamento legato al covid-19. Non possiamo che registrare il moltiplicarsi delle disuguaglianze durante la pandemia e il confinamento, le persone che perdono il posto di lavoro, i giganteschi sussidi a favore soprattutto delle aziende più ricche e di chi è già benestante, e le modalità con cui chi è considerato
un lavoratore essenziale è costretto a continuare a uscire di casa”.
La principale forma di sfruttamento che caratterizza il lavoro durante la pandemia, prosegue Simon, è “il trasferimento dei costi sui lavoratori. Dalle persone che non hanno il congedo per malattia, agli insegnanti che usano la loro connessione a banda larga e i loro computer portatili per insegnare da casa, tutte le attività lavorative riproduttive e produttive sono scaricate sulle famiglie”. In queste condizioni il capitalista non è più né il principale proprietario dei mezzi di
produzione né colui che assume i lavoratori in vista di un rapporto professionale: “Il lavoratore porta con sé i mezzi di produzione. Questo succede in maniera diretta con l’addetto alle consegne di Amazon o l’autista di Uber, che per lavorare usano la propria auto, pagando personalmente benzina, assicurazione e patente”.
Nel suo articolo Simon evoca un cartello mostrato da una manifestante, Sarah Mason, durante una protesta contro le misure di confinamento: “Distanziamento sociale = comunismo”. Abolendo il distanziamento, quello che otteniamo è questa “libertà” dei lavoratori, i quali possiedono i loro mezzi di produzione, vanno in giro per fare commissioni per l’azienda e rischiano di essere contagiati. Il paradosso è che entrambe le versioni del corona-capitalismo – lavorare da casa durante il confinamento e consegnare cibo o pacchi alle persone chiuse in casa per il confinamento vengono espropriate dal capitale e provocano ulteriore sfruttamento.
La nostra risposta a Sarah Mason quindi dovrebbe essere: sì, il distanziamento sociale è simile al comunismo, per questo ne abbiamo bisogno. Ma quello di cui abbiamo ancora più bisogno è un nuovo ordine economico, che ci permetta di evitare la sfiancante scelta tra rilanciare l’economia e salvare delle vite.

*) – SLAVOJ ŽIŽEK è un filosofo studioso di psicoanalisi sloveno. Il suo ultimo libro è Virus (Ponte alle
Grazie 2020).

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