Alfiero Grandi. Ue. Bene gli interventi per fronteggiare la crisi ma insieme rivedere i trattati

La Presidente della Commissione Europea ha presentato al parlamento europeo il programma di interventi (nome originario recovery fund) per sostenere il rilancio dei sistemi economici messi in ginocchio dalla pandemia. Questi interventi che si aggiungono a quelli già decisi, sono una novità politica ed economica di rilievo e rilanciano l’Unione europea dando aiuti consistenti agli stati più colpiti.

Questo sostegno ai paesi più colpiti per la quantità di risorse (750 miliardi) e per il forte rilievo comunitario (prestiti e sostegni diretti) potrebbe essere decisivo per uscire dalla crisi e per rilanciare la prospettiva dell’Unione europea.

La possibilità che ritornino in vigore le regole di bilancio europee, la cui sospensione sta consentendo all’Italia di adottare provvedimenti che portano il deficit pubblico a livelli prima impensabili, è una preoccupazione fondata. Potrebbero tornare in auge gli obblighi di rientro del deficit entro il 3% e del debito entro il 60%.

Non è necessario l’utilizzo del Mes perché si materializzino questi fantasmi. Se la sospensione delle regole europee dovesse finire senza novità ci troveremmo in grande difficoltà, anche senza avere utilizzato il Mes.

La Presidente della BCE suggerisce di non aspettare che siano per porre da subito nella discussione europea le modifiche dei trattati, per evitare un contraccolpo che potrebbe essere pesante per l’Italia e per tutti gli altri paesi colpiti dalla crisi.

Un conto infatti è sospendere l’applicazione delle regole, altro è modificarle in tempo utile, prima che tornino in vigore.

Questa proposta dovrebbe essere colta al balzo dalle sinistre europee e dal complesso delle forze democratiche all’insegna di una nuova Europa.

La modifica dei trattati non è un optional, è indispensabile. Quindi occorre costruire presto una piattaforma in grado di superare il groviglio di norme ispirate all’austerità, che fa a pugni con le esperienze che abbiamo vissuto nell’arco di poco più di un decennio, prima quella finanziaria e ora le conseguenze della pandemia.

Questo è un impegno centrale per i prossimi mesi e riguarda tutte le forze democratiche europee, politiche e sociali, cercando convergenze con i conservatori europei più disponibili a mettere in discussione le regole attuali.

In altre parole non basta avere buone idee, ma occorre costruire uno schieramento convergente su obiettivi comuni per il futuro dell’Europa.

Si tratta di un compito epocale, che deve anzitutto riprendere dall’oblio il titolo originale del patto di stabilità e crescita, come era titolato in origine l’accordo di Maastricht. La stabilità è stata interpretata come austerità assoluta e la crescita è sparita dalla scena. Ai parametri noti: il 60 % del debito sul Pil e il 3% di deficit si sono aggiunte altre regole (six pack, two pack) per costringere al rientro nei ranghi i reprobi, fino a pretendere la modifica delle Costituzioni nazionali, che ha portato in Italia all’introduzione del pareggio di bilancio nel 2012 (nuovo art 81).

Questo insieme di regole non deve lasciare tranquilli, occorre avanzare proposte di modifica delle regole in modo da realizzare un altro equilibrio europeo.

La vita reale delle economie nel mondo si è rivelata più complicata di quanto era scritto nei trattati europei e infatti è iniziata una lunga serie di deroghe perché le norme erano spesso inapplicabili. La Grecia ha pagato un prezzo sociale pesante, che solo troppo tardi è stato riconosciuto eccessivo, ma il ritorno dei vincoli è sempre possibile.

In passato ci sono state iniziative per rivedere i trattati europei, senza esito. Ora anche la Presidente della Bce riconosce che i trattati vanno ripensati e forse in Europa ora ci sono condizioni diverse. Occorre cogliere al volo l’occasione. Ci sono resistenze formidabili. Ad esempio pericoli sovranisti, se avessero forza sufficiente, porterebbero indietro la costruzione europea perché l’unico punto di accordo tra loro è il ritiro nei rispettivi confini, senza trascurare che le classi dominanti finanziarie ed economiche hanno sostenuto le politiche di austerità.

In gioco è un mutamento di asse culturale, politico ed economico e non sarà un’impresa facile. Deve cambiare una fase dell’Europa.

Paesi come l’Italia hanno bisogno subito del massimo aiuto possibile per uscire da una crisi epocale ma insieme hanno necessità della riprogettazione dei trattati europei, prima che la pausa finisca.

Riscrivere i trattati è decisivo e occorre inquadrarlo in un passo avanti verso un vero bilancio europeo, che consenta di intervenire con un’ottica europea per colmare i divari tra aree forti e aree deboli, per costruire uno stato sociale europeo, per chiudere la fase dei paradisi fiscali interni, vedi Olanda e Lussemburgo, e avviare una politica fiscale europea, quindi non più solo Iva. Gli interventi proposti dalla Commissione vanno in questa direzione

La concorrenza fiscale interna all’Europa ha fatto danni all’economia di molti paesi ed è giunto il momento di approvare una tassazione europea sui monopoli che si stanno rafforzando, come Amazon che ha sfruttato la pandemia per puntare al monopolio nella vendita on line.

Anche l’Italia deve fare la sua parte, non può restare solo in attesa delle decisioni europee, ma deve prepararsi a finalizzare gli interventi. Prodi ha ragione prima c’era la protesta per i ritardi europei ora c’è troppo attendismo. Prodi ha proposto di mettere al centro con forza la lotta all’evasione. Ci sono anche altri punti da affrontare come la sanità, la scuola, la ricerca, l’innovazione, l’ambiente, il territorio che possono avere una sinergia importante con gli aiuti europei di cui abbiamo bisogno. Occorre un progetto di lungo periodo.

La prospettiva non è meno ma più Europa, certo molto diversa da quella fondata sull’austerità e se di questo cominciano ad accorgersi anche autorevoli esponenti delle strutture europee è un bene per tutti. Se non ora quando?

FONTE: https://www.jobsnews.it/

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