19 01 19 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI.

1 – TEMPI DURI PER LA DEMOCRAZIA. «Antifascismo è parola e dialogo». Cronache di giornate particolari. Ieri a Roma la manifestazione organizzata dall’Espresso. Il direttore Damilano: «Tutto viene minimizzato da chi avrebbe il compito di far rispettare la legalità della Costituzione italiana democratica e antifascista»
2 – La Marca (pd): “ho chiesto al ministro degli esteri di intervenire con urgenza per riprendere i corsi di italiano a Montreal.
3 – Parlamentari Pd Estero: importante petizione popolare alle forze politiche affinché siano difesi i diritti di rappresentanza dei cittadini italiani all’estero
4 – L’on. La Marca incontra gli amministratori dell’ALITALIA per discutere del miglioramento dei voli con il nord e centro America
5 – NUMERI ALLA MANO. I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche
6 – Cuba, i sessant’anni della Rivoluzione che sopravvive in un mondo che cambia 10 gennaio 2019
7 – L’on. La Marca (Pd) richiede l’attivazione di un consolato onorario ad Austin (Texas)
8 – Cittadinanza, Senatore Ricardo Merlo: “Canale prioritario per figli diretti, no a discriminazioni tra nati in Italia o all’estero
9 – Richiesta di cittadinanza e conoscenza della lingua italiana. Lettera aperta al ministro dell’interno Salvini Deputate PD Francesca La Marca e Angela Schirò
10 – Schirò (PD): italiani all’estero, anziani e giovani, ignorati dal decreto sul reddito di cittadinanza e pensioni.

1 – TEMPI DURI PER LA DEMOCRAZIA. «Antifascismo è parola e dialogo». Cronache di giornate particolari. Ieri a Roma la manifestazione organizzata dall’Espresso. Il direttore Damilano: «Tutto viene minimizzato da chi avrebbe il compito di far rispettare la legalità della Costituzione italiana democratica e antifascista» DI Marco Damilano, direttore dell’Espresso

«IL 7 GENNAIO 2019 È STATA UNA GIORNATA PARTICOLARE. Si fa un vertice sulla violenza negli stadi e si dice che le partite non devono essere interrotte se ci sono cori razzisti. Gli scienziati del Consiglio della sanità vengono schedati secondo le preferenze politiche. Ci sono due navi con 49 persone in mezzo al Mediterraneo. Due giornalisti che stanno documentando una manifestazione di sigle dell’estrema destra vengono insultati, minacciati e percossi». Da buon cronista, il direttore dell’Espresso Marco Damilano apre con una cronaca l’incontro «La parola antifascista» ieri mattina al Nuovo Sacher di Roma. L’iniziativa nasce dopo l’aggressione dei giornalisti del settimanale Federico Marconi e Paolo Marchetti durante una commemorazione della destra radicale. Ma è solo uno degli episodi di questi giorni. Tira un’ariaccia.

Sala strapiena – molti restano fuori -, in prima fila vecchi partigiani accanto al disegnatore Mauro Biani. C’è anche Nanni Moretti. Dal palco parlano Fabrizio Gifuni, Michela Murgia, i ragazzi del centro di accoglienza Baobab, la professoressa Donatella Di Cesare (ricorda che dalla stazione Tiburtina, dov’è il Baobab, partirono deportati ebrei per Auschwitz), Diego Bianchi alias Zoro e il sindacalista Aboubakar Soumahoro.
Torniamo ai fatti del 7 gennaio scorso, quella giornata qualunque eppure particolare: «Tutto viene minimizzato da chi avrebbe il compito di far rispettare la legalità della Costituzione italiana democratica e antifascista», scandisce Damilano. «La parola antifascista» non si usa per retorica o pigrizia mentale, conclude. «Non ci interessa dire che siamo nella stessa situazione di cento anni fa. Vogliamo dire che antifascista è la parola, il pensiero, il dialogo, il ragionamento, la convivenza con la diversità, il dubbio e l’ironia».

2 – LA MARCA (PD): “HO CHIESTO AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI INTERVENIRE CON URGENZA PER RIPRENDERE I CORSI DI ITALIANO A MONTREAL”. La sospensione a metà anno formativo dei corsi d’italiano da parte del PICAI di Montreal rappresenta un motivo di giustificato allarme per le famiglie dei discenti e crea un vuoto nell’intero sistema di promozione della lingua e della cultura italiane in Canada, per il peso che la comunità italiana in Québec ha a livello nazionale.
Esprimo la mia completa solidarietà alle famiglie e a tutti coloro che sono giustamente allarmati per il futuro della nostra lingua a Montreal e nel Québec e ribadisco la mia totale disponibilità ad intervenire perché questo critico passaggio sia superato al più presto.
Ricordo che, anche per le mie continue sollecitazioni, il PICAI, dopo alcuni anni di sospensione, era stato riammesso nel piano di contributi per il 2018 con un impegno di circa 94.000 euro, ma le successive verifiche amministrative e contabili operate dal Consolato e dal Ministero non hanno consentito l’effettiva erogazione di tale somma. I miei quasi quotidiani interventi sull’amministrazione consolare e centrale non sono valsi, purtroppo, a superare l’impasse.
Ora non c’è tempo da perdere: le famiglie non possono subire questo danno senza alcuna colpa e il PICAI, che è stato per mezzo secolo l’asse portante dell’insegnamento dell’italiano a Montreal, non deve abbandonare la sua attività di servizio alla comunità.
Per questo ho presentato nella commissione esteri della Camera un’interrogazione urgente al Ministro degli esteri per chiedere di determinare le condizioni per una ripresa dei corsi interrotti e per modificare i criteri della circolare che contiene criteri troppo restrittivi e penalizzanti verso gli enti gestori.
Informerò naturalmente del contenuto della risposta del Ministro degli esteri i connazionali di Montreal, che in queste ore stanno manifestando la loro preoccupazione e la loro protesta.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

3 – PARLAMENTARI PD ESTERO: IMPORTANTE PETIZIONE POPOLARE ALLE FORZE POLITICHE AFFINCHÉ SIANO DIFESI I DIRITTI DI RAPPRESENTANZA DEI CITTADINI ITALIANI ALL’ESTERO. A giorni arriverà nell’aula del Senato la proposta di legge costituzionale, sostenuta dall’attuale maggioranza, che interviene sul numero dei parlamentari e riduce la rappresentanza della circoscrizione Estero dagli attuali 18 eletti a 12, rendendola ad un’espressione puramente simbolica.

Se la proposta di revisione passasse, si aggraverebbe in modo insostenibile lo squilibrio, già oggi esistente, nel sistema di rappresentanza tra gli italiani residenti in Italia e quelli residenti all’estero.

Un deputato in Italia, infatti, rappresenterebbe 150.000 abitanti, un deputato eletto all’estero circa 700.000 iscritti AIRE, un senatore in Italia circa 300.000 abitanti, uno eletto all’estero circa 1,4 milioni di iscritti AIRE. Sarebbe una lesione profonda della parità tra i cittadini, garantita dalla Costituzione, che in nessuna sua parte distingue i cittadini in base alla loro residenza.

In queste ore è stata lanciata autonomamente da importanti personalità – docenti universitari, scrittori, giornalisti, imprenditori, sindacalisti, esperti di emigrazione, ecc. – una petizione, sottoscritta nel giro di poche ore da circa mille persone, che chiede indistintamente a tutte le forze parlamentari di riequilibrare la rappresentanza dei cittadini italiani all’estero e, in ogni caso, di non procedere alla sua diminuzione, com’è scritto nel progetto di riforma costituzionale. Ci auguriamo che riceva il maggior numero possibile di adesioni.

Desideriamo comunque ringraziare quanti, dall’estero e dall’Italia, per puro spirito civico, hanno voluto essere presenti in questo difficile passaggio per gli italiani all’estero e invitiamo tutti, al di là delle distinzioni culturali e politiche, a fare sentire la loro voce prima che si crei un così grave vulnus nel principio di uguaglianza tra i cittadini italiani.

I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro

4 – L’ON. LA MARCA INCONTRA GLI AMMINISTRATORI DELL’ALITALIA PER DISCUTERE DEL MIGLIORAMENTO DEI VOLI CON IL NORD E CENTRO AMERICA. L’On. La Marca ha incontrato lunedì 14 gennaio . commissari straordinari dell’Alitalia, Avv. Daniele Discepolo e Prof. Stefano Paleari e il chief commercial officer, dottor Fabio Lazzarini per richiamare l’attenzione dei rappresentanti della compagnia di bandiera sull’esigenza di migliorare i collegamenti con alcune realtà del Nord e Centro America, dove risiedono consistenti e attive comunità.

La parlamentare, in particolare, ha sottolineato il disagio derivante dalla sospensione di alcuni mesi dei voli diretti con Toronto, la mancanza di collegamento con Montreal e le non agevoli situazioni relative ai collegamenti con Filadelfia, Washington e Città del Messico.

Gli amministratori dell’Alitalia, dal canto loro, hanno manifestato interesse per la realizzazione di rapporti trasparenti e costruttivi con le comunità più consistenti dell’area, pur richiamando la difficile transizione che la Compagnia si trova ad affrontare seppure in un quadro di miglioramento delle performance finanziarie e operative.

Riguardo alla sospensione temporanea di alcune tratte, essi hanno anche sottolineato che esistono vincoli di ordine quantitativo da rispettare, derivanti da un protocollo sottoscritto da un notevole gruppo di compagnie, che impone di non superare determinate percentuali di voli.

In ogni caso, essi hanno raccolto con spirito costruttivo le segnalazioni dell’On. La Marca, in particolare per quanto riguarda la pianificazione dei voli da e per Toronto, e hanno annunciato il volo diretto Roma-Washington operativo dal 2 maggio 2019, con cinque collegamenti alla settimana.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro Amer

5 – NUMERI ALLA MANO. I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche.
PARLAMENTO
0 trasparenza sulle commissioni parlamentari. A inizio mese il presidente dalla camera Fico ha preannunciato una riforma imminente dei regolamenti di Montecitorio, nel tentativo di ridare centralità al parlamento e soprattutto alle commissioni. Da anni ci battiamo per introdurre il voto elettronico e il resoconto stenografico integrale nelle commissioni, organi definiti da Fico stesso “cuore propulsivo del procedimento legislativo”. Leggi il nostro appello al presidente Fico

80 GIORNI PER LE DIMISSIONI DI FUGATTI. Il 9 gennaio si è dimesso da Montecitorio Maurizio Fugatti. Eletto presidente della provincia di Trento il 22 ottobre scorso, l’ormai ex deputato si trovava da più di 2 mesi in una situazione di incompatibilità, non potendo svolgere, da costituzione, in due incarichi in questione contemporaneamente. Vedi come funzionano le incompatibilità

627 SU 630 PARLAMENTARI ALLA CAMERA. Assieme a Fugatti si sono dimesse dal parlamento anche due neo assessore della provincia autonoma di Trento: Stefania Segnana e Giulia Zanotelli, anche loro incompatibili. Al posto della prima subentra Tiziana Piccolo, mentre sia per Zanotelli che per Fugatti saranno necessarie elezioni suppletive. In attesa di quelle che si terranno in Sardegna, dopo le dimissioni di Mura, ad oggi la camera ha 3 parlamentari in meno. Leggi l’elenco dei deputati

-4 PARLAMENTARI PER IL M5S DA INIZIO LEGISLATURA. Con l’espulsione di De Falco e De Bonis salgono a 4 gli eletti che hanno lasciato i gruppi 5stelle alla camera e al senato. È il partito politico con più perdite da inizio legislatura. Si tratta di 3 abbandoni forzati, assieme ai due appena menzionati anche il sardo Mura fu espulso, e di un abbandono volontario. Solo Dall’Osso ha lasciato il gruppo di sua iniziativa, in rottura con la linea politica del movimento, e unendosi al gruppo parlamentare di Forza Italia. Vedi tutti i cambi di gruppo

+2 DECRETI LEGGE PRESENTATI DAL GOVERNO . Questa settimana l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha presentato altri 2 decreti legge: il salva Carige e il decreto sul rinnovo dei consigli degli ordini forensi. Salgono così a 4 i decreti legge attualmente in discussione in parlamento. Assieme ai nuovi arrivati abbiamo il decreto semplificazioni e il decreto Ncc. Vedi l’elenco dei decreti legge già in discussione

6 – CUBA, I SESSANT’ANNI DELLA RIVOLUZIONE CHE SOPRAVVIVE IN UN MONDO CHE CAMBIA . 10 gennaio 2019. Oggi Cuba è di nuovo sulle prime pagine di tutti i principali giornali internazionali, per un grande evento: la Rivoluzione di Fidel Castro, Ernesto ‘Che’ Guevara, Camilo Cienfuegos e del popolo di Cuba compie 60 anni. La sua storia, più di quella di altri Paesi, è fatta di grandi avvenimenti e di grandi personaggi (che sconfinano oltre la leggenda). Proviamo a ripercorrere, in quest’anniversario, la storia di Cuba e dal principio dei suoi rapporti molto complicati con gli Stati Uniti.
L’isola (in origine detta Juana) ha conosciuto tre fasi di storia coloniale: a dominarla prima fu la Spagna (1492-1762), poi la Gran Bretagna (1762-1763), quindi nuovamente la Spagna (1763-1898). Nella prima fase Cuba divenne il punto di snodo di tutto l’oro che i galeoni diretti a Siviglia caricavano nei Paesi del Centro e Sud America; nonché scenario delle scorribande dei corsari dei Caraibi. Nel 1762 una flotta di 62 navi inglesi assediò ed espugnò l’Avana, durante questo periodo fu incentivata la coltivazione della canna da zucchero. Il dominio durò solo 11 mesi, poiché con la fine della guerra dei Sette anni Cuba tornò agli spagnoli. In meno di un secolo l’isola caraibica divenne la prima produttrice di zucchero al mondo.
Attraverso tre guerre, Cuba diventò indipendente nel 1899. Le consegne dell’amministrazione coloniale non andarono ai guerriglieri locali (mambí) ma a John Brooke, generale degli Stati Uniti che erano intervenuti in aiuto degli insorti in nome di uno slogan coniato anni prima dal presidente Monroe: ‘L’America agli americani’. Proprio in questi anni si diffonde la canzone Guantanamera (la ragazza di Guantanamo) e si inizia a consumare il noto cocktail Cuba Libre.
I primi decenni dopo l’indipendenza di Cuba furono politicamente molto instabili e da questo momento gli Stati Uniti iniziarono a esercitare la propria azione su tutte le scelte dell’isola: appoggiando, a seconda delle situazioni e convenienze, governi democratici e dittatoriali.
Nel 1952, mentre cresceva l’influenza del Partito Socialista Popolare (PSP) e dei sindacati, Fulgencio Batista – tra gli autori già di un primo golpe nel 1933 – prese il potere e instaurò una dittatura in stretta alleanza con gli Stati Uniti.
La crisi economica degli anni Cinquanta, le politiche applicate e la corruzione fecero crescere l’opposizione al regime di Batista. In questa critica situazione il 26 luglio del 1953, a Santiago di Cuba, Fidel Castro, un giovane avvocato, capeggiò un assalto a la Caserma Moncada (importante base militare) senza successo. Castro, dopo aver scontato un periodo di detenzione, nel 1955 se ne andò da Cuba, per raggiungere il Messico dove progettò la rivoluzione. Rientrato clandestinamente a Cuba (sbarcato dallo yacht Granma, da cui trae il nome del giornale più diffuso e organo del Partito), iniziò la guerriglia insieme a un gruppo di compagni tra cui Ernesto Che Guevara, Raúl Castro e Camilo Cienfuegos. Il movimento crebbe sempre di più e ottenne una serie di vittorie contro l’esercito di Batista, quindi alla fine del 1958 il numero dei guerriglieri raggiunse le tremila unità arrivando a controllare l’est dell’isola (fase epica della lotta nella Sierra Maestra). Dopo l’attacco alla città di Santa Clara, nei primi giorni del 1959 arrivò la vittoria dei barbudos: la notte di capodanno Batista fuggì e due giorni dopo Che Guevara e Cienfuegos entrarono all’Avana e Castro a Santiago.
Nel 1961 Cuba venne dichiarata Stato socialista e Castro avviò una serie di riforme radicali, aprendo relazioni diplomatiche con l’URSS. Questo cambio di situazione fu inaccettabile per gli Stati Uniti, quindi si arrivò alla rottura delle relazioni diplomatiche: l’ambasciata americana a l’Avana venne chiusa, ci fu un fallimentare tentativo di invasione da parte di esuli cubani addestrati dalla CIA (invasión de Playa Girón) e iniziò l’embargo (il cosiddetto bloqueo, attualmente ancora in vigore) che costrinse Cuba a dipendere economicamente dall’URSS.
Nell’ottobre del 1962 l’insuccesso dell’invasione di esuli controrivoluzionari diede la sensazione ai vertici sovietici che il presidente Usa John Fitzgerald Kennedy fosse non particolarmente aggressivo. Quindi, Nikita Khrushchev, leader del Pcus e presidente del consiglio dei ministri dell’Unione Sovietica, decise di installare una batteria di missili nucleari a medio raggio sull’isola. Questa mossa avrebbe messo l’URSS in grado di colpire gli Stati Uniti con precisione e senza preavviso. Il 27 ottobre si giunse, dopo tredici giorni e a un passo dall’apocalisse nucleare, a un compromesso: gli Stati Uniti si impegnavano a rimuovere segretamente i loro missili nucleari da Turchia e Italia, mentre l’URSS avrebbe pubblicamente rimosso i suoi missili da Cuba e avrebbe accettato ispezioni ONU.
Negli anni Settanta il Partito Comunista Cubano (PCC, emerso dalla fusione del Movimiento 26 de Julio con il PSP) si consolidò al potere e confermò Castro primo segretario (il líder maximo). Nel 1976 fu approvata la nuova Costituzione e Castro fu eletto presidente del Consiglio di Stato e del nuovo Consiglio dei ministri. Dopo il 1989, con la fine della Guerra Fredda e l’implosione dell’URSS, Cuba rimase in una situazione di isolamento economico nello scacchiere internazionale e di grande crisi. Castro perciò proseguì con l’economia pianificata di stampo socialista: intensificò il ruolo dello Stato, nazionalizzò l’industria e collettivizzò l’agricoltura. Proseguì la repressione di ogni forma di dissenso politico e il controllo sull’informazione, il consenso rimase vasto grazie alle conquiste sociali realizzate dalla rivoluzione.
Durante gli anni Ottanta il presidente Jimmy Carter cercò di riprendere le relazioni con Cuba, ma poi Reagan e Bush scelsero di non proseguire in questo percorso. Negli anni Novanta iniziò a Cuba una fase di distensione nei confronti degli oppositori politici (anche papa Giovanni Paolo II effettuò una visita). Ci furono alleggerimenti al modello economico pianificato grazie a una legge che apriva quasi tutti i settori dell’economia anche alle imprese a capitale straniero. Gli Usa decisero di rivedere le sanzioni: venne tolto l’embargo sulla vendita di medicinali e generi alimentari. Questo favorì l’uscita di Cuba dall’isolamento.
Nel luglio del 2006 Fidel Castro si ritirò dalla vita politica lasciando la sua carica a suo fratello Raúl. Si aprì una fase di ulteriore apertura su più aspetti della vita dei cubani (ad esempio l’accesso a Internet, l’acquisto di elettrodomestici). Le piccole imprese sono cresciute di numero, sono aumentate alcune tipologie di salario, nuove licenze per alcune categorie professionali e la compravendita di auto e case.
Attualmente il presidente è Miguel Díaz-Canel, nato dopo la Rivoluzione del 1959. Infatti è cresciuto all’ombra dei fratelli Castro, e fin dal suo discorso di insediamento ha voluto marcare una forte continuità con quelli che sono i valori fondanti della rivoluzione cubana, precisando che la rivoluzione proseguirà il suo corso e ogni cambiamento sarà deciso dal popolo.
Proprio in questi giorni è in corso l’iter per varare la nuova Costituzione, che sarà posta a referendum popolare alla fine di febbraio. Il testo, discusso e analizzato dai deputati e arricchito dalle proposte della popolazione (mediante assemblee e riunioni), è costituito da 229 articoli, prevede il riferimento al comunismo che assieme al socialismo fornisce “la sola garanzia” mediante la quale l’essere umano raggiunge “la piena dignità”. Confermato lo Stato socialista di diritto come regolatore del mercato e della pianificazione dell’economia, che convive con la proprietà privata. Inalterato resta il ruolo guida della società da parte del Partito Comunista di Cuba (Pcc). Cassato, invece, l’articolo che ammetteva differenti modelli di famiglia tra cui il matrimonio gay (l’art. 18 trasformava il matrimonio da “istituzione tra un uomo e una donna” ad accordo tra due persone, permettendo il “matrimonio ugualitario”). L’articolo 18 era stato proposto da Mariela Castro, figlia minore di Raúl e direttrice di un organismo molto attivo nel promuovere i diritti Lgbt. Restano gli articoli sulla proprietà privata e della doppia cittadinanza, l’inclusione dei diritti sociali e la legalizzazione delle cooperative in tutti i settori come forme di produzione consentita.
La riforma costituzionale rafforza varie salvaguardie della società in materia di diritti umani, anche se ci sono zone d’ombra. Un fattore di complessità è sicuramente marcato dalla situazione economica e la relativa transizione al libero mercato. Le autorità dell’Isla Bonita dovranno tenere in considerazione i rapporti cangianti con gli Stati Uniti: il presidente democratico Barack Obama aveva aperto una nuova fase delle relazioni anche con una visita all’Avana nel 2016 (il primo presidente a mettere piede a Cuba dopo 88 anni), mentre sembra che l’attuale presidente repubblicano Donald Trump stia effettuando una torsione sul dialogo quasi a tornare al gelo della guerra fredda. Inoltre, il presidente Miguel Díaz-Canel dovrà probabilmente riconfigurare la rete di Paesi alleati che hanno contraddistinto l’era dei fratelli Castro (nel suo ultimo discorso ha fatto una sintesi del contesto internazionale affermando che è cresciuto l’egemonismo imperiale e si è indurito l’ingiusto e anacronistico blocco statunitense contro Cuba), rimodulando il dialogo con Russia, Cina, Spagna, Messico, Laos e ONU. Il ruolo di Cuba dovrà cambiare anche in funzione del fatto che il mondo intorno all’isola caraibica è mutato. Il sistema cubano si regge su di un assetto collaudato di partecipazione popolare, è quindi possibile esprimere un circostanziato ottimismo legato alla transizione futura anche con l’emergere di nuove e fresche forze positive. Fattori in tal senso sono l’assistenza sociale, il settore delle comunicazioni (esempio l’aumento di 700mila linee cellulari, e l’aumento degli accessi wi-fi), il turismo, il piano casa, il rafforzamento della credibilità finanziaria, parchi eolici e fotovoltaici, l’implementazione delle linee approvate nel VII Congresso del Pcc, la libertà nella creazione artistica (garantita anche dalla nuova Magna Carta).
Anni di sanzioni non hanno spinto i leader cubani a rivedere il loro comunismo in stile caraibico (sopravvissuto, tra l’alto, a quello sovietico che l’aveva ispirato). Perciò è importante favorire l’efficacia di gesti distensivi che possano essere forieri di mutamenti politici concreti. Infine, tutti i simboli dei 150 anni dall’inizio delle lotte per l’indipendenza e i 60 anni della Rivoluzione ci trasmettono e comunicano (come da tradizione) il carattere di Cuba e del suo popolo che della Rivoluzione non vuole nulla che la Rivoluzione non gli possa dare.

7 – L’ON. LA MARCA (PD) RICHIEDE L’ATTIVAZIONE DI UN CONSOLATO ONORARIO AD AUSTIN (TEXAS). Alla fine dello scorso anno, ho chiesto al Console generale di Houston Federico Ciattaglia, di considerare l’opportunità di avviare le procedure per l’attivazione di un consolato onorario a Austin, richiesto da diversi connazionali lì residenti.A causa dei numerosi arrivi di nostri connazionali in quell’area, si sarebbe rafforzata l’esigenza di un’assistenza di prossimità, che nei limiti del possibile non costringa le persone interessate ad ottenere prestazioni consolari a spostarsi e a sobbarcarsi il peso e gli oneri del viaggio e talvolta della permanenza a Houston.

Il Console Ciattaglia ha preso cortesemente atto di questa mia sollecitazione e, a sua volta, ha interpellato l’Ambasciata d’Italia a Washington sulla possibilità di procedere nella direzione indicata dai nostri connazionali di Austin.

Siamo in attesa di una risposta in merito e, comunque, mi auguro vivamente che le ragioni che sono alla base di tale richiesta siano riconosciute per l’obiettiva rispondenza alla situazione reale dei nostri connazionali residenti quell’area.

In ogni caso, continuerò a seguire la situazione finché questa esigenza non sarà presa in considerazione, anche perché, come sappiamo, i tempi delle procedure richieste per l’apertura di un Consolato onorario risentono dello scambio di comunicazioni che deve intercorrere tra i rappresentanti dell’amministrazione italiana e di quella statunitense.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

8 – Cittadinanza, Senatore Ricardo Merlo: “Canale prioritario per figli diretti, no a discriminazioni tra nati in Italia o all’estero”. Il Sottosegretario agli Esteri, Sen. Ricardo Merlo, fondatore e presidente del MAIE: “Non possono esistere in alcun modo differenze di trattamento nei consolati tra italiani nati in Italia e italiani nati all’estero”
Tra i temi affrontati durante l’incontro, quello che interessa molto da vicino gli italiani all’estero e i loro figli. Infatti, in quasi tutti i consolati esiste un “canale rapido” per l’esame delle pratiche di cittadinanza relative ai figli maggiorenni di cittadini italiani presso la circoscrizione consolare di riferimento.
Sembrerebbe, secondo segnalazioni da parte di alcuni rappresentanti dei Comites, che in certe Circoscrizioni ci sarebbe una discriminazione fra italiani nati in Italia e quelli nati all’estero. Ma se davvero fosse così, si starebbe commettendo una gravissima discriminazione.
Il Sottosegretario Merlo ha dato grande importanza a questo tema e concordemente con l’Ambasciatore Bernardini ha sottolineato che non deve esserci differenza alcuna tra italiani, ovvero tra il trattamento che viene riservato agli italiani nati in Italia rispetto a quelli nati oltre confine.
“Non possono esistere in alcun modo differenze di trattamento nei Consolati tra italiani nati in Italia e italiani nati all’estero”, sottolinea il Sottosegretario Merlo, “siamo tutti figli della stessa madre, la nostra Patria. Il canale prioritario per l’esame della pratica di cittadinanza – conclude – deve valere per tutti i cittadini italiani, senza alcuna discriminazione”.

9 – RICHIESTA DI CITTADINANZA E CONOSCENZA DELLA LINGUA ITALIANA. LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL’INTERNO SALVINI

Deputate PD Francesca La Marca e Angela Schirò

Egregio Ministro Salvini,
siamo entrambe parlamentari italiane nate all’estero, da genitori emigrati in altri Paesi, che hanno avuto esperienza diretta di cosa significhi essere stranieri in altre società e, nello stesso tempo, del vantaggio che a sé e a chi sa ospitare ed accogliere reciprocamente derivi da un positivo percorso di integrazione e di avanzamento sociale.
In questi anni, nei nostri Paesi di residenza – il Canada e la Germania – una cosa abbiamo sempre ripetuto con orgoglio: “Dell’Italia si può dire ciò che si vuole, ma nessuno potrà negare che si sia fatta carico delle proprie e delle altrui responsabilità salvando vite umane e proteggendo con umanità persone deboli e indifese”.
Può immaginare, dunque, quanto profondo disagio e dolore ci abbiano dato le misure da lei imposte all’attuale maggioranza di totale chiusura verso i migranti più deboli ed esposti e quanta vergogna ci produca il fatto che persone, pur in possesso di un regolare permesso di soggiorno per motivi umanitari, siano messe in strada in pieno inverno. Cosa che nei nostri Paesi non è avvenuto verso gli italiani.
Comunque, non le scriviamo per questo. Nel Decreto Sicurezza, da lei fermamente voluto e da noi altrettanto fermamente osteggiato, compaiono norme che non limitano i loro effetti al bersaglio prevalente delle disposizioni in esso contenute – gli stranieri presenti nel nostro Paese -, ma coinvolgono anche altre persone che poco hanno a che fare con questa sua scelta ossessiva.
All’art. 14, infatti, è detto testualmente: “La concessione della cittadinanza italiana (nel nostro caso al coniuge che la richiede per matrimonio) è subordinata al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)”. E più sotto si aggiunge che i richiedenti devono allegare alla domanda un’adeguata certificazione in merito.
Sappiamo bene che questa disposizione, richiedente una conoscenza elevata della lingua italiana, si aggiunge a tutte quelle che vogliono rendere la vita difficile agli stranieri che intendono integrarsi nel nostro Paese fino a diventarne cittadini, tanto più se in esso vi sono i propri affetti familiari, ma pur di raggiungere questo obiettivo lei passa disinvoltamente sulla condizione di decine di migliaia di famiglie e di coppie “miste” che vivono anche all’estero. Vi sono tante unioni, infatti, costituite da un/a italiano/a sposato/a con uno/a straniero/a che vorrebbero condividere anche la cittadinanza, oltre ai figli e a tante altre cose che sorreggono il loro rapporto. La richiesta del possesso di un livello elevato di conoscenza della lingua italiana come condizione dell’ottenimento della cittadinanza, alla quale si aggiunge il raddoppio dei tempi di attesa della definizione della pratica, costituisce obiettivamente una remora e un freno per questa legittima aspirazione.
E poi, ammesso che di questa misura si debba prendere semplicemente atto, si è posto il problema degli aspetti pratici che ne discendono? Per acquisire una conoscenza e una certificazione dell’italiano a livello B1, a chi e dove bisognerà rivolgersi? Da chi gli interessati possono ricevere informazioni sui possibili contatti da realizzare? Quanto gli costeranno i corsi e la stessa certificazione? Ha idea di come i nostri consolati siano già oberati di lavoro e di richieste e di quanto ci vuole, in termini di tempo e di spesa, per spostarsi e lasciare i propri impegni familiari e di lavoro?
Sappiamo bene che la sua maggiore preoccupazione è quella di mandare messaggi securitari e diversivi a un elettorato angosciato da mille difficoltà concrete, ma lei – ci perdoni – alle persone in carne e ossa e ai loro problemi quotidiani non ci pensa mai? Tanto più se il solo fatto di risiedere all’estero costituisca di per sé un fattore in più di difficoltà, che meriterebbe attenzione e rispetto.
Anche se non ci facciamo molte illusioni, provi a governare una volta tanto non per simboli e messaggi antagonistici, ma cercando di pensare alle persone vere e provando ad aiutarle a risolvere qualche loro problema, anziché spingerle verso l’ansia e appesantirne le difficoltà.
Provi, in sostanza, a cambiare qualcosa per dare ai protagonisti di tante unioni “miste”, formate anche da nostri connazionali all’estero, un minimo di aiuto e l’idea che il Paese di cui vogliono diventare cittadini non li considera un rischio ma una positiva risorsa.
Distinti saluti.
Francesca La Marca – Angela Schirò
(Deputate al Parlamento, elette nella circoscrizione Estero)

10 – SCHIRÒ: ITALIANI ALL’ESTERO, ANZIANI E GIOVANI, IGNORATI DAL DECRETO SUL REDDITO DI CITTADINANZA E PENSIONI. Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri sera il decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. Da quello che leggiamo, e su cui torneremo dettagliatamente, il testo penalizza non solo gli immigrati in Italia, ma anche e soprattutto gli italiani all’estero.

Vediamo in che modo:

a) esclude i nostri connazionali dall’aumento delle pensioni minime perché richiede 10 anni di residenza in Italia di cui due continuativi al momento della presentazione della domanda, requisito questo che i nostri emigrati ovviamente non possono far valere;

b) per lo stesso motivo, e cioè due anni continuativi di residenza in Italia al momento della presentazione della domanda, preclude la possibilità di richiedere il reddito di cittadinanza ai nostri giovani andati a cercare lavoro all’estero – e che si sono iscritti all’AIRE – i quali dovessero decidere di rientrare in Italia;

c) rende praticamente impossibile uscire con la Quota 100 ai nostri lavoratori che risiedono all’estero perché la pensione anticipata verrà erogata solo a chi smette di lavorare definitivamente, e questo vincolo non può essere rispettato da coloro i quali debbono comunque continuare a lavorare all’estero perché il piccolo pro-rata percepito dall’Italia non consentirebbe loro di sopravvivere;

d) il vincolo dei due anni impedirà inoltre a tutti i nostri anziani emigrati che dovessero tornare in Italia da zone disagiate come il Venezuela e altre Paesi dell’America Latina con reddito o pensioni molto basse, di ottenere la pensione di cittadinanza sempre per il motivo dei due anni prima della presentazione della domanda.

Un Decreto, insomma, certamente non pensato per gli italiani all’estero e che ignora totalmente la tutela dei loro diritti sociali e previdenziali.
On. Angela Schirò
Camera dei Deputati

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