Voto estero, E. Marino (Pd): rotto un tessuto politico, ora va ricomposto

I 18 seggi del voto estero sono stati assegnati. In attesa dei risultati definitivi, previsti per metà marzo, è certo che dei 12 seggi in palio alla Camera, 5 vanno al Pd, 3 al centrodestra e uno rispettivamente a M5s, Maie, Usei e +Europa. Dei 6 seggi al Senato, il Pd e il centrodestra ne portano a casa 2. Uno va all’Usei e uno al Maie. Abbiamo analizzato i dati e fatto un bilancio sulle elezioni politiche nella circoscrizione estero con Eugenio Marino, ex responsabile nazionale del Pd per gli italiani nel mondo.

All’estero Forza Italia ha triplicato i propri eletti, ma sono in maggior parte del centrosinistra i nuovi parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere. Come spiega questi dati in controtendenza?
Non li spiego. Perché non vedo una controtendenza, anzi, una tendenza identica a quella italiana: entro i confini la Destra si ricompatta e recupera consensi percentuali e parlamentari, i grillini aumentano anche loro percentuali e parlamentari e il Partito Democratico perde consensi, parlamentari e pezzi di gruppo dirigente. All’estero succede la stessa cosa: la Destra ricompattata guadagna consenso e quattro parlamentari; il Movimento cinque stelle raddoppia i propri voti; il Partito Democratico perde due senatori, pezzi importanti di gruppo dirigente e in nessuna ripartizione riesce a costruire una coalizione, nemmeno riproducendo una parvenza di quella in Patria. Sarebbe infatti bastato che in Nord America ci fossimo alleati con  Bonino e in Sud America con Lorenzin o LeU (cosa possibile con un po’ altruismo, volontà e buonsenso) e avremmo preso entrambi i senatori. Quindi la tendenza all’estero è identica a quella entro i confini.

 

Però il PD, anche se perde “pezzi importanti”, all’estero è primo Partito. Come e da dove ripartire?
In un convegno organizzato alla Camera a settembre ho provato a fare un’analisi dell’evoluzione delle nostre comunità all’estero in rapporto al PD e ho spiegato che all’estero il Centrosinistra esiste storicamente, nella comunità prima ancora che nel mondo politico e il PD aveva saputo raccogliere, negli anni passati, quella tradizione storica, sociale e politica e incardinarla intorno a sé e alle realtà sindacali, associative, religiose e del mondo del lavoro. Quindi il PD all’estero eredita una forza storico-politica e organizzativa enorme, costruita in continuità a partire dalla seconda metà degli anni Novanta e che si erode più difficilmente che in Italia, reggendo meglio a urti, crisi e persino agli errori commessi dal gruppo dirigente, sia nazionale che estero. Ma, come ricordato, anche all’estero ha perso (o congelato) pezzi importanti nel gruppo dirigente e nella società, nell’associazionismo e nel tessuto sociale e culturale, nella struttura organizzativa. E sarebbe un errore grave, gravissimo, guardare al risultato positivo di qualche singolo parlamentare o singolo territorio e fare spallucce, consolandoci col fatto che reggiamo meglio e siamo ancora il primo partito. Abbiamo perso due senatori, molto entusiasmo e, cosa davvero più grave, abbiamo rotto un tessuto politico, sociale e culturale che va ricomposto. Cosa che richiederà uno sforzo enorme, perché sono saltati rapporti umani oltre che politici. E quando si toccano le sensibilità delle persone, quando si annullano le biografie, quando si umiliano storie, per ricostruire serve sensibilità umana oltre che politica, conoscenza profonda delle vicende e generosità politica. Servirà quindi recuperare chi si è fermato o è andato via, perché quella gente, che tanto ha dato al PD con passione, non è la causa della malattia del PD, ma il sintomo.

 

Come responsabile del Partito Democratico per gli italiani nel mondo ha condiviso con il Partito all’estero l’esperienza di comporre le liste per le elezioni del 2013 e la conquista di nove parlamentari su diciotto.  Che ricordo ha di quella esperienza?

 

Lo sforzo costante, continuo, paziente e difficile di discutere più e più volte con tutti, dentro e fuori il PD e nel Centrosinistra. Uno sforzo alimentato dalla volontà di tenere tutto insieme quel mondo di cui ho parlato il 30 settembre e a cui facevo riferimento sopra. Un mondo e personalità che rappresentano una storia plurale, biografie importanti, un tessuto sociale, culturale e politico e la soddisfazione di vederlo tutto insieme alle urne e in Parlamento. E ricordo la gioia nell’aver riconquistato insieme agli alleati i due senatori di Nord e Sud America. Gioia che si scontrava con l’amarezza del risultato italiano che non ci consegnava una maggioranza al Senato.

 

Nel paese il Pd ha ammesso una sconfitta netta. Nella sua Calabria i 5stelle hanno vinto e in alcuni casi anche largamente. Sono voti di protesta?

 

Sono voti di rabbia, rassegnazione e delusione nei confronti del PD. Quello nazionale, per i numerosi errori di cui ho parlato. E soprattutto quello locale, che ha vissuto una stagione a mio avviso da superare presto, fatta di inconsistenza organizzativa, di abbandono e delegittimazione dei luoghi di discussione interna al Partito, di gestione personalistica (senza nemmeno avere personalità forti alla Renzi), di incapacità di prendere le distanze nette dai clientelismi locali, dai trasformismi e trasformisti di Destra accolti nel centrosinistra a braccia aperte (senza che però arrivassero con loro anche i voti della Destra) e messi in lista. Salvo poi candidare (in posizione ineleggibile) un bravo responsabile dei giovani democratici, messo però in fondo alla lista, a recuperare qualche consenso blindandosi, in realtà, nella conservazione di un gruppo dirigente logoro e chiuso in se stesso, incapace di ascoltare lo scontento e le richieste di cambiamento che provenivano dai calabresi, ma si preoccupava di (provare a) riprodurre se stesso e le logiche sbagliate di questi anni.

 

Cosa si aspetta quindi?

Mi sarei aspettato l’assunzione piena di responsabilità per quanto è successo e le dimissioni, già lunedì scorso, di chi in Calabria ha guidato il PD dal suo vertice regionale. Nel resto d’Italia qualche importante segretario regionale come Parrini si è già dimesso, coerentemente con le proprie responsabilità. Aspettiamo di vedere se in Calabria succederà almeno questo o, come non mi auguro, si continuerà a non ascoltare gli elettori anche dopo questo storico tracollo.

 

FONTEhttp://www.9colonne.it

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