II MINOTAURO GLOBALE

L’ex ministro greco Yanis Varoufakis è una delle voci più importanti contro le politiche di austerità
Tra il 2009 e il 2012 era difficile sfogliare un giornale senza trovarci la foto di Yanis Varoufakis, l’economista con la moto e il giubbotto di pelle che cercava di salvare l’economia greca. Il suo paese però è diventato “il canarino nella miniera”, come L’ha definito lo stesso Varoufakis: è stato il primo a sperimentare le politiche imposte dalla troika (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione europea).
“Quando è scoppiata la crisi nel 2008, mi sono reso conto subito che l’Europa rischiava di sgretolarsi, perché era il blocco economico più fragile”, racconta l’ex ministro greco delle finanze, “Nel 2010 avevo scritto in un articolo che la Grecia era in bancarotta e non c’era niente da fare. Chiedere altri prestiti ai creditori internazionali ci avrebbe costretto a sacrificare un’intera generazione. Alexis Tsipras conosceva la mie posizioni e nel 2015, quando è diventato primo ministro, mi ha chiesto di entrare nel governo. Anche se non ero convinto, ho accettato”. E aggiunge: “Penso che stiamo vivendo una versione postmoderna della grande depressione: il 2008 è stato il nostro 1929, dopo il crollo di Wall Street c’è stata la frammentazione del sistema monetario. E l’austerità è stata usata per far ricadere le perdite dalle banche sulle spalle dei contribuenti. La Grecia è stata come la Germania nel 1930. Ricordiamoci che i nazisti sono saliti al potere a causa dell’austerità, non dell’inflazione”. Varoufakis è stato molto critico con le classi dirigenti europee e non sembra aver cambiato idea: “Usano la democrazia come una foglia di fico per nascondere l’oligarchia. Quando sento come si rivolgono alle persone comuni, mi appare tutto molto chiaro. Nella loro testa, la democrazia è qualcosa da evitare a tutti costi, ne invocano il nome solo per questioni di propaganda”.
Sulla Grecia, Varoufakis afferma: “Il mio paese ha pagato a caro prezzo gli aiuti per uscire dalla crisi.
Molte persone soffrono, ancora oggi”. Yanis Varoufakis è stato a Ferrara il 29 settembre per parlare del futuro dell’Europa insieme al giornalista Lorenzo Marsili

 

IL MINOTAURO GLOBALE. AMERICA, EUROPA il futuro dell’economa globale YANIS VAROUFAKIS

Minotauro globale non è solo un saggio di economia, o di storia dell’economia. E un testo che offre
una delle più lucide e chiare visioni dell’Europa, della sua struttura, e dello scenario economico internazionale ad essa inestricabilmente collegato. Vi troviamo una delle critiche costruttive al capitalismo e all’istituzione europea per come li conosciamo, tra le più originali e limpide. Se vogliamo capire perché l’Europa si trovi ora ad affrontare alcune delle più gravi crisi della sua storia recente, e se vogliamo farlo con lo sguardo rivolto non solo al passato ma anche al futuro, queste pagine di Varoufakis ce ne presentano l’occasione. Attraverso la metafora del Minotauro, l’economista greco tiene in vista il filo che unisce l’Europa di oggi all’Europa del mito. Senza questo ricordo non solo difficilmente potremmo capire le crisi, ma nemmeno intravedere dove ci porteranno.

II MINOTAURO GLOBALE di YANIS VAROUFAKIS offre un quadro dello scenario economico globale. L’ex Ministro delle Finanze greco spiega perché il capitalismo debba mutare radicalmente per poter sopravvivere. In questo saggio, Varoufakis smonta il credo dominante secondo il quale le crisi dell’Euro- zona hanno le loro radici nella finanziarizzazione e nella deregolamentazione delle banche. Egli sostiene invece che esse siano sintomi di una malattia ben più profonda, le cui cause sono riconducibili al grande crack del 1929 e che si è materializzata nel sistema dominato dagli Stati Uniti – quello che Varoufakis chiama appunto il Minotauro globale – rivelando poi come sia possibile reintrodurre un po’di razionalità in ciò che è diventato un ordine economico pernicioso e irrazionale che esige nuovi modi di pensare e politiche radicalmente diverse. Lettura fondamentale, e al tempo stesso appassionante, per chi vuole capire i meccanismi economici e politici che ci hanno portati fin qua.
Edizione aggiornata con nuova introduzione e due nuovi capitoli.
Introduzione di Paul Mason

Stralcio da pag. 163 a 184 (naturalmente il libro va letto tutto)

 

 

ECCO perché ABBIAMO AVUTO LA BOLLA DEL 2008.
IL CROLLO

 

PILE CHE CROLLANO
I bambini apprendono fin da piccoli la dinamica delle pile. Posano un cubo sopra un altro e continuano così finché la piccola torre di cubi crolla, allora scoppiano in una risatina e ricominciano daccapo. La cosa non è troppo diversa da quello che è avvenuto nel 2008. L’unica differenza è che, a parte i banchieri, che sono stati fin troppo lesti a ricominciare a ricostruire la torre (per gentile cortesia dei contribuenti), nessuno ha ridacchiato e anzi la maggior parte della gente è ancora attonita a distanza di qualche anno, da quando la torre più grossa di tutte è crollata giù di schianto.
La storia di come è cominciato il Crollo del 2008 è ormai materia di leggenda. Al riguardo sono state scritte montagne di libri, riposti poi sugli scaffali delle biblioteche universitarie, nelle librerie degli aeroporti, sulle bancarelle dei gruppi di sinistra che espongono le loro merci rivoluzionarie agli angoli di strada eccetera eccetera. Perciò non c’è alcun bisogno di addentrarci nella sequenza dei fatti, salvo fornire una minima cronologia che serva da rapido promemoria del corso degli eventi. Il vero scopo di questo capitolo è di riportarci alla mente la velocità del crollo, la profondità dell’abisso, la aporia in cui il mondo si è trovato invischiato. Il punto è rievocare gli eventi tenendo d’occhio le cause più profonde del modo in cui il Piano Globale si è disintegrato ed è stato soppiantato dal Minotauro Globale.
Prima del 2008, come ora sappiamo, Wall Street era riuscita a costruire un sistema monetario parallelo, una forma di denaro privato, coperto dai flussi di capitale a vantaggio del Minotauro Globale. L’economia globale aveva ormai sviluppato una dipendenza dal denaro tossico che, per sua natura, divideva e moltiplicava in modo insostenibile. Sicché, quando si trasformò in cenere, il capitalismo mondiale crollò. Se non fosse stato per le lezioni che le banche centrali avevano appreso dal Crollo del 1929, le ripercussioni sarebbero state inimmaginabili e non semplicemente spaventose, come di fatto sono state.

 

CRONACA DI UN CROLLO ANNUNCIATO: LA STRETTA CREDITIZIA, SALVATAGGI E LA SOCIALIZZAZIONE DI QUASI TUTTO

2007:1 CANARINI NELLA MINIERA
APRILE: NEW CENTURY FINANCIAL, una società di mutui fondiari che ha emesso una gran quantità di mutui sub-prime, affonda provocando ripercussioni in tutto il settore.
Luglio: Bear Stearns, la stimata banca d’affari, annuncia che due dei suoi hedge fund non saranno in grado di ripagare ai suoi investitori quanto dovuto. Il nuovo presidente della Fed, Ben Bernanke (che solo recentemente ha preso il posto di Alan Greenspan) annuncia che la crisi dei sub-prime è una cosa seria e che i suoi costi potrebbero ammontare a 100 miliardi di dollari.

AGOSTO: LA BANCA D’AFFARI francese BNP Paribas fa un annuncio analogo a quello di Bear Stearns riguardo a due dei suoi hedge fund. Il motivo? Non è più in grado di dare una valutazione del proprio patrimonio. In realtà questa è l’ammissione che i suoi forzieri sono pieni zeppi di CDO per le quali la domanda è scesa esattamente a zero, rendendo impossibile stimarli. Quasi immediatamente le banche europee smettono di emettere prestiti l’una a favore dell’altra. La Banca Centrale Europea (BCE) è costretta a immettere 95 miliardi di euro nei mercati finanziari per evitare l’immediato arresto cardiaco. Presto dovrà gettare nei mercati altri 109 miliardi di liquidità. Allo stesso tempo la Fed, la Banca del Canada, la Reserve Bank of Australia e la Banca del Giappone cominciano a pompare un numero non precisato di miliardi nei rispettivi settori finanziari. Il 17 agosto Bernanke riduce leggermente i tassi di interesse, dimostrando un grave errore di valutazione delle proporzioni del problema.

SETTEMBRE: L’EVIDENTE INDISPONIBILITÀ delle banche a concedersi prestiti reciprocamente è lampante quando il loro tasso (il LIBOR, acronimo di London Inter Bank Offered Rate) supera di oltre un punto il tasso ufficiale della Banca d’Inghilterra (per la prima volta dalla crisi del Sud-est asiatico del 1998). A quel punto assistiamo alla prima corsa agli sportelli bancari dopo il 1929. La banca in questione è la Northern Rock. Pur non detenendo CDO, o conti di mutui sub-prime, questa banca dipende in larga misura da prestiti a breve termine di altre banche. Quando questa fonte di credito si prosciuga, non può più soddisfare i suoi bisogni di liquidità. Non appena i clienti ne hanno sentore, accorrono a ritirare i loro depositi, al che la banca crolla prima di essere riportata in «vita» dalla Banca d’Inghilterra con una infusione superiore ai 15 miliardi di sterline. Bernanke, scosso da questo sviluppo, fa scendere i tassi di interesse USA di un altro piccolo quantitativo, arrivando al 4,75%, mentre la Banca d’Inghilterra pompa 10 miliardi di sterline di liquidità nella City londinese.

OTTOBRE: LA CRISI BANCARIA si estende alla più stimata istituzione finanziaria svizzera, UBS, e il mondo se ne accorge. UBS annuncia le dimissioni del suo presidente e dell’amministratore delegato, il quale si assume le responsabilità per la perdita di 3,4 miliardi di dollari a causa di CDO che contenevano mutui sub-prime statunitensi. Nel frattempo, negli Stati Uniti, Citigroup all’inizio rivela una perdita di 3,1 miliardi (anche stavolta a causa di CDO contenenti mutui sub-prime), a cui si aggiungono altri 5,9 miliardi nel giro di pochi giorni. Nel marzo del 2008, Citigroup deve ammettere che la cifra reale è un buco sbalorditivo di 40 miliardi di dollari. La banca d’affari Merrill Lynch, da non escludere dalla mischia, annuncia una perdita di 7,9 miliardi e il suo amministratore delegato si autoelimina, ovvero offre le sue dimissioni.

DICEMBRE: IL MOMENTO È STORICO quando uno dei maggiori avversari dell’intervento statale mai riuscito a conquistare la presidenza degli Stati Uniti, il liberista George W. Bush, comunica per la prima volta il più ingente intervento governativo mai registrato al mondo (superiore perfino a quello di Lenin dopo la Rivoluzione d’Ottobre). Il 6 dicembre il presidente Bush annuncia un piano per aiutare 1 milione di proprietari di case americani a evitare che le loro abitazioni si.
confiscate dalle banche (pochi giorni dopo, la Fed si riunisce assieme ai rappresentanti di altre cinque banche centrali (tra cui la BCE) pei estendere un credito pressoché infinito alle banche. Lo scopo? Affinii tare la stretta creditizia (il Credit Crunch), vale a dire il blocco completo del prestito interbancario.

 

2008: L’EVENTO PRINCIPALE

GENNAIO: LA BANCA MONDIALE pronostica una recessione globale, i mercati azionari crollano, la Fed diminuisce i tassi di interesse al 3,5% c in risposta i mercati azionari si riprendono. Entro poco tempo tuttavia la MBIA, una società assicuratrice, annuncia la perdita di 2,3 miliar di a causa di polizze basate su obbligazioni che contenevano mutui sub-prime. Queste polizze assicurative improvvisamente ricevono un appellativo familiare: sono chiamate CDS, che sta per Credit Default Swap (cioè Swap perché trasferiscono l’esposizione creditizia).

FEBBRAIO: LA FED COMUNICA le sue preoccupazioni sul settore assi- curativo, mentre il G7 (le delegazioni dei sette paesi più sviluppati), prevede che il costo della crisi dei sub-prime si collocherà attorno ai 400 miliardi di dollari. Nel frattempo il governo britannico si trova costretto a nazionalizzare la Northern Rock. La quinta banca più grande di Wall Street, Bear Stearns (che nel 2007 veniva valutata 20 miliardi di dollari) viene spazzata via, assorbita da JPMorgan Chase, che paga, per averla, la trascurabile cifra di 240 milioni di dollari, mentre il contribuente ci mette di suo un sussidio dell’ordine di 30 miliardi di dollari.

APRILE: SI VIENE A SAPERE CHE PIÙ DEL 20% DEI «PRODOTTI» basati su mutui fondiari, in Gran Bretagna, è in corso di ritiro dal mercato, insieme all’opzione di ottenere un mutuo del 100%. Nel frattempo il fondo monetario internazionale stima che il costo della stretta creditizia (Credit Crunch) supererà i 1000 miliardi di dollari. La Banca d’Inghilterra risponde con un ulteriore taglio ai tassi di interesse, ridotti al 5% e decide di offrire 50 miliardi di sterline alle banche maggiormente oberate da mutui problematici. Poco più tardi, la Royal Bank of Scotland tenta di sventare la bancarotta cercando di raccogliere 12 miliardi di sterline dai suoi azionisti, pur ammettendo contemporaneamente di aver perso quasi 6 miliardi di sterline in CDO e affini. Più o meno in questo stesso periodo i prezzi delle case iniziano a calare in Gran Bretagna, Irlanda e Spagna, accelerando altre insolvenze (dato che i disgraziati proprietari di case non riescono a ripagare i loro mutui nemmeno rivendendo la casa ipotecata a un prezzo più elevato dell’ipoteca).

MAGGIO: LA BANCA SVIZZERA UBS torna a fare notizia annunciando la perdita di 37 miliardi di dollari in CDO contenenti mutui fasulli, dichiarando inoltre di voler raccogliere quasi 16 miliardi di dollari dai suoi azionisti.

 

GIUGNO: BARCLAYS BANK IMITA ROYAL BANK OF SCOTLAND E UBS TENTANDO DI RASTRELLARE 4,5 MILIARDI DI LIQUIDITÀ IN BORSA.

LUGLIO: LE TENEBRE CALANO SULLA CITY LONDINESE quando la Camera di Commercio britannica prevede una grave recessione e la borsa precipita. Sull’altro lato dell’Atlantico, il governo comincia a sostenere in maniera massiccia i due più importanti fornitori di mutui fondiari (Fannie Mae e Freddie Mac). 11 conto complessivo per quell’assistenza, che assume la forma di iniezioni di cash e di garanzie di prestito, equivale a 5000 miliardi di dollari {sic’.), vale a dire circa un decimo del PIL r» annuale del pianeta.

AGOSTO: I PREZZI DELLE CASE CONTINUANO A SCENDERE NEGLI STATI Uniti, Gran Bretagna, Irlanda e Spagna, accelerando ulteriori dichiarazioni di insolvenza, un maggiore carico per le istituzioni finanziarie, quindi ancor più aiuto dai contribuenti. Il governo britannico, per bocca del suo Cancelliere dello Scacchiere, ammette che la recessione non può essere evitata e che sarà più «profonda e duratura» di quanto ci si aspettasse.

SETTEMBRE: LA BORSA DELLA CITY LONDINESE CROLLA, mentre Wall Street è colpita da statistiche ufficiali che rivelano un aumento vertiginoso della disoccupazione (oltre il 6% e ancora in crescita). Fannie Mae e Freddie Mac sono ufficialmente nazionalizzate e Henry Paulson, Segretario al Tesoro del Presidente Bush (oltre che ex capo di Goldman Sachs), accenna al grave rischio, per tutto il sistema finanziario, rappresentato dai livelli di indebitamento di queste due aziende. Prima che il suo catastrofico annuncio possa essere digerito, il gigante di Wall Street Lehman Brothers confessa una perdita di 3,9 miliardi di dollari solo nel corso dei mesi di giugno luglio e agosto. Questa, ovviamente, è solo la punta dell’iceberg. Nella convinzione che il governo americano non la lascerà andare a fondo e che quantomeno finanzierà generosamente qualcuno disposto a comprarla (come ha già fatto con Bear Stearns), Lehman Brothers inizia a cercare un compratore. La banca britannica Barclay esprime interesse, ma a condizione che il contribuente americano finanzi tutte le potenziali perdite derivanti da un simile accordo. Il Segretario Paulson, la cui antipatia nei confronti dell’amministratore delegato della Lehman è ben documentata sin dai tempi dei suoi giorni alla Goldman Sachs, risponde con un inatteso «no». Lehman Brothers deve quindi dichiarare bancarotta, dando così la spinta alla valanga più pericolosa della crisi.

LUNEDÌ 15 SETTEMBRE 2008: È IL GIORNO IN CUI LEHMAN BROTHERS MUORE. Lehman è stata una delle principali produttrici di CDO. Le CDO della Lehman sono depositate presso un fondo monetario indi- pendente che, non avendo riserve, non può più continuare a riscattarne le azioni. I depositari sono in preda al panico. Entro giovedì la corsa ai fondi monetari è ormai in atto, e a pieno ritmo.
Nel frattempo Merrill Lynch, che si trova in una posizione analoga, riesce a negoziare il suo assorbimento da parte di Bank of America per 50 miliardi di dollari, anche stavolta con la generosa assistenza del contribuente, assistenza fornita da un governo in preda al panico, dopo aver sperimentato i disastrosi effetti che ha avuto sul settore finanziario mondiale il suo rifiuto di salvare Lehman Brothers.
Piove sul bagnato. Il salvataggio di Merrill Lynch non arresta l’effetto domino. In effetti, uno dei più importanti pezzi del domino sta per cadere. L’AIG, che a quanto pare ha assicurato molte delle CDO di Lehman Brothers dal rischio di insolvenza (emettendo innumerevoli CDS) non è più in grado di assolvere ai suoi obblighi in base a questi contratti di assicurazione (stipulati da quasi tutte le istituzioni finanziarie del mondo). La Fed mette insieme un pacchetto di aiuti per 85 miliardi di dollari. Nel corso dei successivi sei mesi, il costo complessivo per il contribuente, per salvare AIG dai lupi, aumenta fino alla sbalorditiva cifra di 143 miliardi di dollari. Mentre questo dramma si attua a New York e a Washington, a Londra il governo cerca di salvare HBOS, la più importante banca di mutui fondiari del paese, organizzando il suo assorbimento da parte di Lloyds TSB per 12 miliardi di sterline. Tre giorni dopo negli Stati Uniti, la Washington Mutual, un’importante fondiaria valutata 307 miliardi di dollari, dichiara bancarotta, viene smembrata e la sua carcassa rivenduta a JPMorgan Chase.

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2008: FORTIS, una gigantesca banca continentale europea, crolla e viene nazionalizzata. Quello stesso giorno il Congresso USA discute una richiesta da parte del Tesoro statunitense di assegnare fino a 700 miliardi di dollari per sostenere il dissestato settore finanziario, in modo che quest’ultimo riesca a «gestire» le sue attività cattive. Il pacchetto viene etichettato con il nome di Piano Pau- Ison, dal nome del Segretario al Tesoro del presidente Bush. In effetti, al Congresso viene chiesto di staccare un assegno intestato a Paulson per 700 miliardi di dollari, affinché lo dispensi a Wall Street come meglio crede, al fine di sostituire il denaro privato che il settore finanziario aveva creato e che è stato ridotto in cenere nel 2007/2008.
Prima della fine di quel fatale mese di settembre, il governo britannico nazionalizza Bradford and Bingley (a un costo di 50 miliardi di sterline in contanti più garanzie) e il governo dell’Islanda nazionalizza una delle tre banche dell’isola (un presagio della maggiore catastrofe economica provocata dal 2008, in termini di impatto prò capite). L’Irlanda cerca di tenere saldi i nervi dei suoi risparmiatori e azionisti annunciando che il governo garantisce tutti i risparmi e tutte le obbligazioni depositate o emesse da tutte le banche che operano sull’Isola Smeraldo. Questo si sarebbe dimostrato l’errore del secolo, una decisione fatale che avrebbe spazzato via in un solo giorno tutti i progressi fatti dall’Irlanda dal dopoguerra in poi. Infatti, nei mesi seguenti si apprende che le banche irlandesi avevano un buco nero talmente grande da inghiottire più e più volte il bilancio del governo. L’effettiva bancarotta dell lrlanda, avvenuta due anni dopo, nel dicembre 2010, era diventata una conclusione prevedibile già dal momento in cui lo Stato aveva garantito i debiti delle banche private.
Quello stesso giorno, il 29 settembre, il Belgio, la Francia e il Lussemburgo mettono a disposizione di un’altra banca, la Dexia, 6,4 miliardi di euro per impedire che chiuda bottega. Tuttavia settembre non è ancora finito. L’ultimo giorno del mese lo shock più grosso arriva dal Congresso americano, quando respinge rabbiosamente la richiesta del Tesoro dei 700 miliardi di dollari con cui Paulson aveva sperato di salvare Wall Street. La borsa di New York è pesantemente ko, il mondo è avvolto da una nube di incertezza ancora più densa. Il Segretario Paulson torna alla lavagna e ricompare con un nuovo piano più dettagliato, a cui sono stati aggiunti degli incentivi per alcuni membri del Congresso, tanto per andare sul sicuro. Le condizioni peggiorano, gli swap spread aumentano, il valore delle CDS aumenta inesorabilmente, le istituzioni bancarie perdono ogni possibilità loro rimasta di accedere a un credito immediato o a breve termine. La Fed reagisce estendendo il credito a tutti!

OTTOBRE: IL 3 OTTOBRE IL CONGRESSO USA, schiacciato dalla dura realtà, passa il pacchetto di «salvataggio» di 700 miliardi di dollari, dopo che i deputati sono riusciti a ottenere numerose concessioni a favore dei loro collegi elettorali. Tre giorni dopo, il governo tedesco interviene con uno stanziamento di 50 miliardi di euro per salvare una delle sue ingenue banche, la Hypo Reai Estate. Per quanto ciò possa essere penoso per un paese che si è sempre vantato della sua estrema prudenza, il dolore dei tedeschi non è lontanamente paragonabile allo strazio che stanno per conoscere gli islandesi. Il governo islandese dichiara che sta per statalizzare tutte e tre le banche, data la loro manifesta incapacità di continuare a Operare come istituti di credito privati. La bancarotta delle banche è destinata a provocare la bancarotta dell’intero paese, la cui forza economica è assai minore rispetto a quella delle sue banche fallite. Il fallimento dell’Islanda ha ripercussioni altrove, soprattutto in Gran Bretagna e in Olanda, dove le banche islandesi erano state particolarmente attive. Molte delle autorità locali del Regno Unito avevano affidato i loro conti alle banche islandesi (in cambio di tassi di interesse piuttosto elevati) e per questa ragione il loro fallimento si va a sommare al malessere generale.

IL 10 OTTOBRE IL GOVERNO BRITANNICO INIETTA ulteriori 50 miliardi di sterline nel settore finanziario e offre fino a 200 miliardi di sterline in prestiti a breve termine. Inoltre la Fed, la Banca d’Inghilterra, la BCE e le banche centrali del Canada, della Svezia e della Svizzera tagliano contemporaneamente i tassi di interesse: la Fed li riduce a un bassissimo 1,5%, la BCE al 3,75% e la Banca d’Inghilterra al 4,5%. Il mattino dopo il Fondo Monetario Internazionale tiene la sua annuale riunione a Washington. Il giorno seguente i leader europei partono per Parigi, dove annunciano che non verrà permesso il fallimento di nessuna grande istituzione bancaria. Tuttavia essi omettono di offrire garanzie da parte dell’Unione Europea. Ogni Stato membro deve salvare le proprie banche da sé: un’altra decisione fatale, il cui impatto continua ancora a farsi sentire in Europa e in particolar modo in Irlanda.

UN GIORNO DOPO, IL 13 OTTOBRE, IL GOVERNO britannico decide che le banche sono in condizioni tali da aver bisogno, nonostante l’enorme assistenza che già hanno ricevuto, di un bel po’ di più, anche solo per rimanere a galla. Una nuova vagonata di denaro, 37 miliardi di sterline, viene distribuita alla Royal Bank of Scotland, alla Lloyds TSB e alla FIBS. Non è una mossa esclusivamente destinata alla Gran Bretagna. Il 14 ottobre, il Tesoro statunitense impiega 250 miliardi di dollari per rilevare spezzoni di diverse banche in difficoltà al fine di sostenerle. Il Presidente Bush spiegò che questo intervento era stato approvato per «aiutare a preservare il libero mercato». George Orwell avrebbe apprezzato l’ironia: nemmeno a lui sarebbe potuto venire in mente un esempio migliore di puro e semplice linguaggio ambiguo.
ALLA FINE DI OTTOBRE, LA NOTIZIA È UFFICIALE: tanto gli Stati Uniti quanto la Gran Bretagna sono ormai entrati in una fase di recessione. La crisi finanziaria si è trasformata in una crisi dell’economia reale. La Fed, ancora, riduce immediatamente i tassi di interesse, dall’ 1,5% all’1%.
Novembre: la Banca d’Inghilterra segue con un altro taglio ai tassi di interesse, sia pur pavido (dal 4,5% al 3%), come fa pure la BCE (dal 3,75% al 3,25%). Nel frattempo il Crollo continua a dilagare, scatenando una crisi in Ucraina (che chiede al Fondo Monetario Internazionale di prestare al paese 16 miliardi di dollari) e inducendo il governo cinese a mettere in moto il suo pacchetto di stimoli che impegna 586 miliardi di dollari nel corso di due anni: soldi da spendere in infrastrutture, alcuni progetti sociali e riduzione della tassazione delle imprese.
L’Eurozona annuncia che la sua economia è in recessione. Il Fondo Monetario Internazionale presta malvolentieri 2,1 miliardi all’Islanda in bancarotta, mentre il Tesoro statunitense assicura altri 20 miliardi di dollari a Citigroup (le cui azioni hanno perso il 62% del loro valore in pochissimi giorni). Durante questa generale frenesia di interventi pubblici il governo britannico riduce l’IVA (dal 17,5% al 15%) e la Fed inietta altri 800 miliardi di dollari nel sistema finanziario. Per non essere da meno la Commissione Europea approva un piano per immettere 200 miliardi di euro nell’economia dell’Europa. Il keynesianesimo è tornato sul suolo del continente dopo decenni di sermoni neoliberal sui danni della ricapitalizzazione statale in un’economia malata.
Dicembre: il mese comincia con un annuncio da parte del rispettato National Bureau of Economie Research secondo cui la recessione dell’economia americana era già iniziata nel dicembre 2007.

NEL CORSO DEI 10 GIORNI SEGUENTI, LA FRANCIA aggiunge un suo pacchetto di aiuti per il settore bancario di 26 miliardi di euro. La BCE, la Banca d’Inghilterra e le banche di Svezia e Danimarca riducono nuovamente i tassi di interesse. Negli Stati Uniti l’opinione pubblica rimane sconvolta quando la Bank of America ammette che il salvataggio della Merrill Lynch, finanziato dal contribuente, risulterà nella perdita di 35.000 posti di lavoro.
La Fed reagisce con un nuovo tasso di interesse situato tra lo 0,25% e lo 0% (a seconda delle caratteristiche di chi richiede il prestito). A mali estremi, estremi rimedi. Nonostante tutto, è un momento di risveglio, di ritorno alla sobrietà, quando l’America si trova ufficialmente impelagata in uno stato che gli economisti si erano convinti non si sarebbe mai più ripresentato: una tipica trappola della Liquidità, come non la si era più vista dal 192950. Solo che stavolta è peggio. Perché a differenza di quanto avvenuto nel 1929, la trappola della liquidità della nostra generazione è globale. I tassi di interesse hanno raggiunto il fondo, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto l’Occidente.
Ad ulteriore prova del fatto che la malattia (che cominciò con il mercato delle CDO e ha divorato il settore finanziario mondiale) ha intaccato l’economia reale, dove la gente di fatto produce le cose (contrariamente al passarsi fogli di carta per assurdi quantitativi di denaro),
il presidente Bush dichiara che circa 17,4 miliardi di dollari del fondo di 700 miliardi di dollari previsto, verranno dirottati verso i produttori automobilistici colpiti dalla crisi. Non passano molti giorni prima che il Tesoro annunci che il braccio finanziario della General Motors (diventato tanto redditizio durante l’epoca d’oro della finanziarizzazione) riceverà altri 6 miliardi di dollari per essere salvato dal collasso.
Alla fine dell’anno, il 31 dicembre, la borsa di New York ha perso più del 31% del suo valore totale dal 1 gennaio 2008.

 

DOPO IL2008 – INFINITE RIPERCUSSIONI

NEL GENNAIO 2009 IL PRESIDENTE OBAMA, appena eletto, dichiara che l’economia statunitense è «molto malata» e prevede altre spese pubbliche per favorire la sua ripresa. Quasi a dimostrare la continuità delle amministrazioni USA, il suo governo continua lungo il sentiero tracciato da Bush e Paulson: pompa altri 20 miliardi di dollari nella Bank of America e assiste con orrore alla scissione di Citigroup che si spacca in due, con una mossa che intende aiutarla a sopravvivere. La disoccupazione negli USA sale più del 7% e il mercato del lavoro perde più posti di quanti ne abbia persi dai tempi della Grande Depressione. Le importazioni USA precipitano e, di conseguenza anche il Giappone, la Germania e la Cina vedono ridursi le loro eccedenze commerciali. Queste sono le prime ferite significative inflitte al nostro Minotauro Globale.
In Gran Bretagna, la Banca d’Inghilterra abbassa i tassi di interesse fino all’ 1,5%, la soglia più bassa mai raggiunta nei 315 anni della sua storia e mentre il PIL diminuisce dell’1,5%, il governo britannico offre prestiti alle PMI per 20 miliardi di sterline per aiutarle a superare la crisi. Il Cancelliere tedesco Angela Merkel segue l’esempio, con un pacchetto di misure di stimolo per 50 miliardi di euro, mentre la BCE riduce i tassi di interesse al 2%. L’Irlanda nazionalizza la Anglo Irish Bank. Data la garanzia che il governo irlandese estende ai suoi creditori e titolari di depositi (che non perdano un singolo euro) il popolo irlandese deve sobbarcarsi le perdite quasi infinite dei suoi banchieri. L’Irlanda non si riprenderà più da quella mossa subdola e pericolosa, o perlomeno non per un’altra generazione ancora.

SEMPRE NEL GENNAIO 2009, IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE avverte che la crescita economica globale sarà negativa, per la prima volta dal 1945. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro prevede la perdita di 51 milioni di posti di lavoro nel mondo intero. Ambedue le stime si riveleranno esatte.

NEL FEBBRAIO DEL 2009 LA BANCA D’INGHILTERRA supera tutti i record riducendo i tassi di interesse all’1% (mentre si stanno scrivendo queste parole il tasso di interesse attuale è dello 0,5%). Poco dopo il presidente Obama vara il piano di stimoli Geithner-Summers per 787 miliardi di dollari, che egli descrive come il «più vasto pacchetto di misure per la ripresa della nostra storia»51, (questo è un momento cruciale, di svolta, di cui tornerò a parlare nel capitolo 7). Nel frattempo la AIG continua a divulgare terribili notizie circa una sua perdita di 61,7 miliardi di dollari durante l’ultimo trimestre del 2008. Qual e’ il suo «premio»? Lo stanziamento di altri 30 miliardi di dollari da parte del Tesoro.

IN MARZO, IL GRUPPO DEL G20 (CHE COMPRENDE IL G7, la Russia, la Cina, il Brasile, l’India e altre nazioni emergenti) si impegna a compiere uno «sforzo prolungato per sottrarre l’economia mondiale alla recessione». In questo contesto, la Fed decide che non è più il momento degli interventi parcellizzati e dichiara che acquisterà altri 1200 miliardi di dollari di «debiti insoluti» (vale a dire denaro privato di Wall Street, che oramai non vale più nulla).
In aprile il G20 si riunisce a Londra, in mezzo a enormi manifestazioni e concorda di mettere 1100 miliardi di dollari a disposizione del sistema finanziario globale, principalmente sotto gli auspici del FMI che, poco dopo, stima che il Crollo abbia spazzato via altri 4000 miliardi di dollari dal valore dei patrimoni finanziari. A Londra il Cancelliere Alistair Darling prevede che l’economia britannica diminuirà del 3,5% nel 2009 e che il deficit di bilancio raggiungerà i 175 miliardi di sterline (ovvero più del 10% del PIL). La storia dimostrerà che è stato fin troppo ottimista!
Nel maggio del 2009, la Chrysler, il terzo produttore americano di automobili, viene messa sotto amministrazione controllata dal governo americano e gran parte delle sue attività vengono trasferite alla Fiat per due soldi. Le notizie dal suo settore finanziario continuano a essere sconfortanti e perciò il Tesoro mette insieme un altro pacchetto di assistenza del valore di oltre 70 miliardi di dollari.
In giugno è la volta della General Motors (GM), emblema dei produttori automobilistici americani, ad andare a gambe all’aria. A quel punto i suoi creditori sono costretti ad «acconsentire» a perdere il 90% dei loro investimenti mentre la società viene nazionalizzata (e il governo fornisce altri 50 miliardi di dollari come capitale di lavoro). I sindacati della General Motors che inconsapevolmente sono diventati creditori dell’azienda a causa della incapacità della stessa di onorare i diritti per la pensione dei lavoratori, diventano in parte proprietari. Si direbbe che il socialismo, almeno sulla carta, sia vivo e vegeto a Detroit!
Sull’altra sponda dell’Atlantico, in Gran Bretagna, il tasso di disoccupazione continua a salire, raggiungendo il 7,1%, il che significa che oltre 2,2 milioni di persone sono in mezzo a una strada. Un altro indicatore dello stato dell’economia globale è dato dal fatto che nel 2008 il consumo globale di petrolio è sceso per la prima volta dal 1993.

I FATTI NUDI E CRUDI
La cronaca appena riportata si interrompe bruscamente e arbitrariamente alla metà del 2009. A leggerla sembra una storia dell’orrore che lascia senza fiato. A differenza delle storie di Hollywood, tuttavia, non ha una fine naturale, né lieta né d’altro genere. È una storia senza fine cominciata nel 2007 e destinata a durare per molto, molto tempo. Ho dovuto interromperla a un certo punto, per tornare a rivolgere la mia attenzione al significato di tutto ciò. Ho scelto il giugno del 2009 senza un motivo particolare.
Volendo riassumere lo stato del mondo, dopo questo momento, non potrei far di meglio che citare quanto segue:
«Attualmente ci troviamo in una fase in cui il rischio di mantenere patrimoni con denaro preso a prestito è talmente grande da creare panico nella competizione per procurarsi liquidità. Ogni individuo che riesce a ottenere più liquidità abbassa il prezzo dei beni, con il risultato che i margini degli altri individui ne risultano intaccati e il loro spirito, il loro coraggio è minato. In tal modo il processo continua (…) Abbiamo qui un esempio estremo della disarmonia tra l’interesse generale e quello individuale (…)»
Queste parole sono state scritte da John Maynard Keynes nel 193252. Sono ancora più calzanti se riferite al nostro mondo post 2008, di quanto lo fossero all’indomani del 1929. Infatti nel 1929 il credito totale insoluto negli Stati Uniti era pari al 160% del PIL. Nel 1932, quando Keynes scrisse queste righe, siccome i debiti erano aumentati e il PIL era sceso, era salito al 260% del PIL. Per fare un confronto, gli Stati Uniti, sotto il regime del Minotauro Globale, erano entrati nella fase del crollo del 2008 con un debito insoluto complessivo pari al 365% del PIL. Due anni dopo, nel 2010, il rapporto era salito a uno strabiliante 540% del PIL (senza contare i derivati, il cui valore nominale sospeso o arretrato è perlomeno quattro volte il PIL).
Per quanto impressionanti ed eclatanti possano apparire questi numeri, non riescono ancora a descrivere la realtà. Alla vigilia del Crollo del 2008, dopo tre decenni al servizio del mondo del Minotauro Globale, il lavoratore americano medio guadagnava un salario reale ancora al di sotto dei livelli dei primi anni Settanta. Sebbene lavorassero più a lungo di quanto avessero mai fatto e avessero raggiunto notevoli incrementi di produttività, i lavoratori non potevano vantare benefici tangibili.
E poi, improvvisamente, durante, o comunque poco dopo il 2008, sono stati buttati in strada a milioni. Quasi 4 milioni di americani hanno perso il lavoro. Secondo la US Mortgage Bankers Association, l’associazione americana delle banche di mutuo fondiario, si stima che un immobile su 200 sia stato espropriato dalle banche. Ogni tre mesi, dal 2008 al 2011, circa 250.000 famiglie hanno dovuto far fagotto e abbandonare le proprie case nella vergogna. In media, negli Stati Uniti un bambino per ogni classe corre il rischio di perdere la propria casa di famiglia perché i genitori non sono in grado di pagare il mutuo. A questa dolorosa storia si aggiunge che la Fondazione per la Conservazione della Proprietà Immobiliare (HPF) con sede negli Stati Uniti, ci informa (basandosi su un’indagine compiuta su 60.000 proprietari di case) che oltre il 40% delle famiglie americane proprietarie di case ogni anno sprofonda sempre di più nel debito (sebbene l’economia americana nel suo complesso stia de-leveraging, ovvero stia riducendo il suo debito).
Chiunque voglia captare il malcontento che permea o invade Main Street, cioè l’America media, può confrontare l’angoscia complessiva delle famiglie americane con l’immagine di una rianimata Wall Street, speculare a Main Street. Da un lato, le moltitudini che hanno lavorato duro in cambio di salari sempre più bassi, durante il regno del Minotauro sono state premiate con lavoro ancora più duro e poi, dopo la caduta in disgrazia del Minotauro, sono state buttate via come elettro- domestici rotti. Dall’altro lato la piccola minoranza che ha prodotto capitali di carta senza valore e ha messo il mondo intero in ginocchio con le sue gigantesche buste paga (ed ego altrettanto colossali) ha ricevuto sussidi per un valore di 10.000 miliardi di dollari a carico del contribuente. C’è forse da meravigliarsi che il Tea Party non abbia difficoltà a trovare adepti tra coloro che sono sufficientemente scontenti da ritenere che il «sistema» sia marcio fino al midollo?
Nel frattempo in Europa la crisi sta guadagnando terreno e minaccia l’esistenza stessa della valuta comune (una crisi interessante, su cui tornerò nel capitolo 8). Al di là degli Stati Uniti e dell’Europa, si è spesso detto che i paesi emergenti (vale a dire quelle parti del Terzo Mondo che hanno cominciato a crescere verso la fine degli anni Novanta) sono usciti relativamente indenni dal Crollo del 2008. Mentre è vero che la Cina ha utilizzato con successo semplici metodi keynesiani per ritardare la crisi, spendendo oltre 350 miliardi di dollari in opere infrastrutturali in un solo anno (e quasi raddoppiando quella cifra entro il 201Ò), uno studio dell’Università di Beijing dimostra che in realtà il tasso di povertà é in crescita, che il tasso della spesa privata è diminuito (mentre l’investimento pubblico tiene conto della perdurante crescita) e che perfino il consumo è decisamente diminuito (in proporzione al PIL). Se questo tipo di crescita keynesiana sia sostenibile senza il Minotauro Globale, è il prossimo grande interrogativo del nostro tempo.
Paesi come il Brasile e l’Argentina, esportatori di grandi quantità di materie prime verso la Cina, hanno resistito alle intemperie causate dal 2008 meglio di altri. Anche l’India sembra essere riuscita a generare sufficiente domanda interna. Comunque sarebbe una negligenza tra lasciare il fatto che il Terzo Mondo ha attraversato una profonda crisi, provocata dai crescenti prezzi dei generi alimentari per almeno un anno prima del crollo del 2008. Tra il 2006 e il 2008, i prezzi medi del riso sui mercati mondiali sono aumentati del 217%, quelli del frumento del 136%, quelli del mais del 125% e quelli della soia del 107%. Le cause di questo aumento dei prezzi erano molteplici, ma erano intrecciate anch’esse con il Minotauro Globale.
La finanziarizzazione, i prezzi sparati delle opzioni e dei derivati, nonché le cartolarizzazioni, ovvero le assicurazioni sulle eventuali perdite, hanno portato la Chicago Futures Exchange (la ex Butter and Eggs Board, conosciuta anche come The Mere) verso nuove forme di speculazione sulla produzione alimentare. In effetti un vivace scambio di CDO, comprendente stavolta non mutui ma il prezzo futuro del frumento, del riso e della soia, prese sempre più piede nel periodo immediatamente precedente il 2008. Pure l’aumento della domanda di biocarburanti ebbe una parte importante in tutto ciò, visto che questi soppiantarono le colture alimentari normali con altre il cui raccolto sarebbe finito nei serbatoi dei SUV che si aggirano per Los Angeles, Sydney, Londra. La stessa cosa vale per i molti disastri naturali (per esempio le devastanti inondazioni in Pakistan e in Australia, gli incendi boschivi in Russia e in Australia, molto probabilmente fenomeni dovuti al riscaldamento globale) che contribuirono a gonfiare ulteriormente i prezzi alimentari.
Un’immagine più completa emerge se aggiungiamo l’intento, da parte delle multinazionali americane come Cargill e Monsanto, di mercificare le sementi in India e altrove, e le migliaia di suicidi di agricoltori indiani rimasti intrappolati in queste velenose ragnatele delle multinazionali e gli effetti del declino dei servizi sociali a causa dei programmi di riadeguamento strutturale imposti dal Fondo Monetario Internazionale eccetera. In questo contesto, il Crollo del 2008 sembra aver ulteriormente aggravato una situazione già disastrosa (almeno per la stragrande maggioranza della popolazione)53.
Guarda caso quando nell’aprile 2009 il G20 si riunì a Londra e decise di sostenere il fondo dell’FMI con 1100 miliardi di dollari, lo scopo dichiarato era quello di aiutare le economie di tutto il mondo a superare il Crollo. Ma chi osservava più attentamente poteva vedere la scritta in piccolo, una clausola specifica: il denaro sarebbe stato usato esclusivamente per sostenere il settore finanziario globale. Gli agricoltori indiani sull’orlo del suicidio potevano anche risparmiarsi la fatica di presentare domanda. Lo stesso dicasi per i capitalisti interessati a investire nell’economia reale.

 

EPILOGO: SCIVOLARE VERSO LA «BANCAROTTOCRAZIA»

IL CROLLO DEL 2008 FERÌ SERIAMENTE IL MINOTAURO GLOBALE. Dal 2008/2009 la crisi si è attenuata. Ma non se ne è affatto andata. La bestia giace a terra e nessuno assolve più alla sua funzione cruciale di continuare a fare funzionare i deficit gemelli deH’America e di assorbire i surplus mondiali. Per questo motivo la Crisi si sta continuamente trasformando in qualcosa di diverso, e richiede il suo tributo in modo diverso in luoghi diversi. Questa non è più una crisi finanziaria. Non è neppure una crisi economica. E diventata una crisi politica.
Negli Stati Uniti la disoccupazione continua a essere al 10%,54 un livello insostenibile, specialmente per l’America. Anche in Europa la disoccupazione è molto alta. Entrambe queste entità, l’eurozona e la zona del dollaro, sono state rese ingovernabili dalle rispettive, litigiose, élite. Negli Stati Uniti l’amministrazione Obama, dopo la vittoria dei repubblicani alle elezioni di metà mandato del 2010, di fatto è rimasta fregata. Dato che il governo non è più in grado di alimentare l’economia con stimoli fiscali, il solitario compito di combattere la crisi che ancora arde a fuoco lento è ricaduto tutto sulla Fed di Ben Bernanke. Quindi la Fed, a malincuore, sta ancora disperatamente cercando di far aumentare la quantità di denaro che circola nell’economia americana acquistando carta commerciale?5 per centinaia di miliardi di dollari (il nome di questo gioco è quantitative easing).56 Bernanke sa che questa situazione è ben lontana dall’essere ideale, ma non ha altra scelta dato lo stallo che si è creato tra Casa Bianca e Congresso.
In Europa la Crisi ha messo in moto forze centrifughe che stanno lacerando l’eurozona, contrapponendo le economie delle eccedenze — con capofila la Germania – a quelle in ritardo, i cui deficit strutturali non possono essere curati, per quanto continuino a tirare la cinghia. Incapace di coordinare la linea politica a un livello centrale, l’Europa tergiversa, le sue economie ristagnano, la fibra produttiva si indebolisce e così svanisce anche il sogno di un’unione politica, che era stato perseguito in modo così brillante dagli amministratori statunitensi del dopoguerra sulla base di promettenti prospettive di crescita.
Tre anni dopo il Crollo del 1929, l’elezione del Presidente Roosevelt portò al potere un governo fermamente deciso ad affrontare la Crisi con strumenti politici. Il settore bancario era crollato e le nuove autorità colsero l’attimo. Si introdussero controlli regolatori di ampia portata e per un po’ la volontà di affrontare la Crisi in maniera decisiva, razionale e a qualsiasi costo, incontrò poca resistenza da parte degli esausti rentiers e banchieri — persone la cui antipatia nei confronti delle soluzioni politiche è sempre direttamente proporzionale alla misura in cui temono che il loro potere ne sia circoscritto.
Oggi, ahimè, ad alcuni anni di distanza dal nostro 1929, l’equilibrio del potere è esattamente opposto: l’autorità politica è svanita in un anno o due dopo il Crollo perché ha speso tutto il suo capitale incondizionatamente per sostenere il settore finanziario quasi defunto. In un tipico scenario da film di zombi, le banche non-morte hanno attinto una forza formidabile dal sistema statale e immediatamente gli si sono rivoltate contro! Sia in America, sia in Europa, i politici tremano di terrore di fronte a quelle stesse banche che non più tardi di ieri proprio loro hanno salvato.57 Quindi, proprio di quegli stessi settori finanziari che erano al centro del problema, ora i nostri politici hanno un timore reverenziale. Non solo questo impedisce di attuare linee politiche che abbiano un senso e che affrontino la perdurante Crisi, ma soffoca sul nascere anche ogni razionale dibattito politico su ciò che è realmente avvenuto.
Semmai occorressero prove di questo stato di terrore da film sugli zombi, si consideri la relazione sul Crollo del 2008, consegnata il 27 gennaio 2011 dalla commissione di inchiesta sulla crisi finanziaria (Financial Crisis Inquiry Commissioni58. Due anni di ricerche e intense riflessioni portarono alla misera conclusione che il Crollo era dovuto ad un eccesso di rischi e ad una regolamentazione inadeguata. E, come se la spettacolare banalità di questa conclusione non fosse abbastanza triste, i membri della minoranza repubblicana all’interno della Commissione emanarono il loro verdetto: era stata colpa dello Stato! Come è possibile? Le due banche fondiarie controllate dallo Stato, Fannie Mae e Freddie Mac, avevano incoraggiato troppi americani indigenti ad accollarsi dei mutui sub-prime: un altro caso in cui lo Stato aveva provocato un casino intromettendosi in un mercato di cui non capiva nulla. La verità evidente era che Fannie Mae e Freddie Mac erano solo il fanalino di coda di Wall Street; che si erano accodati alla frenesia della produzione di CDO solo verso la fine; che la macchina che generava soldi privati era un fenomeno globale progettato e diretto delle banche private di Wall Street; che l’Europa stava assistendo a un fenomeno del tutto analogo pur in assenza di Fannie Mae Freddie Mac – ma nulla di tutto ciò era importante. L’unica cosa che contava era che la verità non intralciasse la ripresa di Wall Street.
Una simile insulsaggine obnubila anche i dibattiti ufficiali dell’Europa del dopo Crollo. Se arrivasse un extraterrestre e si mettesse a leggere la seria stampa europea, arriverebbe alla conclusione che la crisi europea è avvenuta perché alcuni Stati periferici hanno preso a prestito e speso troppo; la piccola Grecia, la spocchiosa Irlanda e i languidi Iberici avrebbero tentato di vivere al di sopra delle loro possibilità, lasciando che i loro governi finanziassero con il debito gli standard di vita superiori a quanto potessero sostenere gli sforzi della loro produzione. Mettendo da parte l’aspetto paradossale di queste accuse, specialmente quando vengono mosse da finanzieri statunitensi (la cui tenacia nel fare affidamento al Minotauro di prima del 2008 metterebbe in imbarazzo i tentativi di chiunque altro di campare a spese del capitale di altri popoli), il problema di questo tipo di ricostruzione dei fatti è di essere semplicemente falsa. Mentre la Grecia, in effetti, aveva un grave deficit, l’Irlanda era un raro esempio di virtuosità fiscale. La Spagna poteva addirittura vantare un surplus quando sopraggiunse il Crollo del 2008 e il Portogallo non era messo peggio della Germania per quanto riguarda deficit e performance del debito. Ma a chi importa della verità quando le bugie sono tanto più divertenti, per non dire utili a coloro che tentano disperatamente di allontanare dalle luci della ribalta il vero centro della crisi, cioè il settore bancario?
C’era una volta un tempo in cui lo spartiacque destra/sinistra dominava il dibattito politico ed economico. Nell’angolo rosso c’era la sinistra, la quale affermava che la vita economica era troppo importante per lasciarla alle forze del mercato e che la società se la sarebbe passata meglio con un’attività economica pianificata a livello centrale. Nell’angolo azzurro, i fautori del libero mercato rispondevano che il modo migliore per servire il bene sociale sarebbe stato di consentire che un processo di tipo darwiniano basato sul mercato estirpasse le pratiche economiche meno efficienti in modo che le più efficienti potessero prevalere. Nel 1991 l’angolo rosso subì una disastrosa sconfitta dalla quale non si sarebbe mai più realmente ripreso. Nel 2008,quando meno c’era da aspettarselo, fu il turno dell’angolo azzurro. Da allora, visti gli sviluppi seguiti al 2008 su entrambe le sponde dell’Atlantico, sembra che non ci sia null’altro che grandiosi fallimenti.
Semmai, il processo darwiniano è stato capovolto. Quanto meno una organizzazione privata ha successo e tanto più catastrofiche sono le perdite, tanto maggiore è il potere che ne deriva grazie al generoso finanziamento del contribuente. In breve, il socialismo è morto durante l’età dell’oro del Minotauro Globale e il capitalismo è stato silenziosamente sbalzato di sella nel momento in cui la bestia ha smesso di governare l’economia mondiale. Al suo posto abbiamo un nuovo sistema sociale: la BANCAROTTOCRAZIA, ovvero il governo gestito dalle banche in bancarotta (se potessi permettermi di indulgere nel greco, la chiamerei ptocho-trapezocracy).59
Ricapitolando, le future generazioni studieranno la storia del Crollo del 2008 nel tentativo di capire un ingrediente cruciale del loro stesso presente. Ci troveranno importanti indizi di un nuovo tipo di regime che mutò per sempre il tessuto e la dinamica del capitalismo globale. Se il termine che ho scelto, bancarottocrazia, avrà successo o meno, non ha nessuna importanza. Quel che conta è che il 2008 ha segnato una importante discontinuità: la vita dopo non assomiglierà più alla vita prima. Nel contesto della ricostruzione proposta da questo libro, la nuova era del dopo 2008, è contraddistinta da una grande assenza e da una minacciosa presenza. A mancare è il Minotauro Globale, che ci ha dato il mondo di prima del 2008 e che ci ha portato al Crollo del 2008; a essere presenti sono le sue ancelle pronte a risorgere che, dal 2008 in poi, sono ritornate con l’intenzione di vendicarsi. Un mondo in cui imperversano le ancelle del Minotauro, liberate dei capricci della bestia, è il mondo del nostro prossimo futuro.

 

 

NOTA
(50) La definizione di trappola della liquidità è dovuta a Keynes, che ha scoperto un difetto nella teoria economica convenzionale, in base al quale le recessioni curano se stesse quando i tassi di interesse scendono e gli investimenti quindi riprendono automaticamente. Keynes ha sottolineato (si veda il capitolo 2) che, quando i tassi di interesse arrivano a zero, non possono cadere ulteriormente. E mentre i prezzi continuano a scendere nel corso di una recessione, il tasso di interesse reale (che è il tasso di interesse che paghiamo meno il tasso di inflazione) sale nel momento in cui la teoria dice che dovrebbe cadere. Il risultato? La recessione si acuisce.
(51) Tim Geithner fu la scelta del presidente Obama come Segretario del Tesoro. In precedenza aveva servito come Sottosegretario al Tesoro quando Larry Summers era Segretario di Bill Clinton. Per quanto riguarda Larry Summers, sotto il presidente Obama è tornato a Washington (dopo aver trascorso gli anni di Bush come presidente della Harvard University) nella sua nuova veste di direttore del National Economie Council del presidente.
(52) J.M. Keynes (1932) «The World Economie Outlook», The Atlantic Monthly, 149: 521-6.
(53) Vandana Shiva, fisico indiano ed ecologista, dirige la Fondazione per la Ricerca sulla Scienza, Tecnologia ed Ecologia, offre una spiegazione convincente per la crisi alimentare che era scoppiata nei paesi in via di sviluppo poco prima del Crollo del 2008. Vedi Vandana Shiva, II bene comune della Terra, Feltrinelli, 2006.
(54) Nei primi mesi del 2016 si aggira attorno al 5%. [N.d.T.]
(55) La carta commerciale, o commercial paper, è una fonte di finanziamento a breve
termine per le imprese. Si tratta di una specie di «cambiale» che le imprese emettono e che sono sottoscritte da banche, fondi o privati (paper assets). [N.d.T.]
(56) Quantitative easing (alleggerimento quantitativo) è di solito indicato come un modo per stampare denaro. Questo non è del tutto vero. Quel che la Fed sta facendo è l’acquisto da parte delle banche e di altre istituzioni di tutti i tipi di beni di carta (titoli di Stato degli Stati Uniti, più titoli di aziende private). Lo fa con la creazione di scoperti di conto per queste istituzioni, su cui possono attingere ai fini del prestito ad altri. Ma se queste istituzioni non prestano ad altri (perché non riescono a trovare clienti disposti a prendere in prestito), il risultato è niente di niente. Questo è il motivo per cui dico che il quantitative easing è un tentativo di creare denaro. La tragedia della Fed è che sta cercando di stampare moneta ma non ce la fa!
(57) In Europa, i politici sono addirittura terrorizzati dai banchieri, cui salvano la pelle tutti i giorni, e a suon di miliardi al mese.
(58)La Commissione è stata istituita come parte del Fraud Enforcement and Recovery Act (legge pubblica 111-21) approvata dal Congresso e firmata dal presidente Obama nel maggio 2009.
(59) Ptochos in greco significa «povero, mendicante», ma anche (in greco moderno) «fallito». Trapeza in greco significa «banca», in origine significava «tavola» ed è associata con banche perché, nelle antiche città-stato greche, l’indebitamento e le operazioni di prestito si svolgevano nell’agorà (piazza – mercato), con le parti della transazione sedute intorno a lunghi tavoli.

 

SCHEDA.
Box 6.1 – Credit Default Swap (CDS)
Se Mister Spock di Star Trek vedesse una CDS e dovesse descriverla al capitano Kirk, direbbe, nel suo solito modo inespressivo: «Sono polizze assicurative, Capitano, ma non del tipo che conosciamo noi». Le CDS pagano importi di denaro prestabiliti, se qualcun altro dichiara di essere insolvente. La differenza tra una CDS e una semplice polizza assicurativa è questa: per assicurare la tua auto dagli incidenti bisogna anzitutto che tu la possegga.
Il «mercato» delle CDS consente a qualcuno di contrarre una «polizza assicurativa» sull’auto di qualcun altro, in modo che se, poniamo, il tuo vicino ha un incidente, allora sei tu a ricevere il denaro! Per dirla in due parole, una CDS non è altro che una scommessa su una brutta faccenda che potrebbe accadere, perlopiù l’insolvenza di qualcuno (una persona, una società, un paese) che ha contratto un debito. Quando compri una CDS sul debito di Jill, stai, a tutti gli effetti, scommettendo che fili non riuscirà a restituirlo, insomma che dichiarerà insolvenza. Le CDS sono diventate famose (e continuano a essere molto apprezzate) tra i gestori di hedge fundper ragioni strettamente collegate al mercato delle CDO. Prendiamo per esempio un operatore finanziario, un trader, che investe in CDO molto rischiose. Se il nostro investitore avesse deciso (durante i buoni, vecchi tempi prima del 2008) di coprire 10 milioni di dollari di perdite per insolvenza in questa franche di CDO, avrebbe potuto ricevere un pagamento anticipato di cinque milioni piu altri $500.000 all’anno! Fintanto che l’insolvenza non si presentava, avrebbe continuato a fare un sacco di soldi senza investire niente. Non male, per un lavoro di pochi istanti. Perlomeno finché le insolvenze non cominciarono ad accumularsi. Per premunirsi da quell’eventualità, il trader avrebbe acquistato delle CDS, che lo avrebbero ripagato se i mutui compresi nelle CDO fossero falliti. In questo modo la combinazione di CDS e CDO assicurava la fortuna dei trader, in un momento in cui le dichiarazioni di insolvenza sui mutui fondiari erano rare e non correlate. Ma quando le insolvenze cominciarono ad avvenire, chi aveva emesso le CDS, rimase scottato gravemente: doveva pagare quantitativi impossibili di denaro a coloro che le avevano comperate. La bancarotta della MBIA era l’antipasto. Il piatto forte sarebbe stato l’American Insurance Group (AIG). Fu servito quando Lehman Brothers fallì nel settembre 2008: la sua montagna di CDO era stata perlopiù assicurata da AIG (che aveva emesso le CDS a fronte delle CDO di Lehman Brothers).

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