UN CLASSICO CHE NON È MAI INVECCHIATO. IL CAPITALE FU PUBBLICATO 150 ANNI FA.

di Christoph Henning

L’opera di Karl Marx è ancora molto attuale, perché aiuta a spiegare le crisi della nostra epoca e la forte crescita della disuguaglianza nel mondo.
l capitale di Karl Marx è una delle più importanti opere di economia. Questo libro ha in qualche modo anticipato la teoria dei cicli economici e aiuta a spiegare anche le crisi recenti. Marx non era un economista: inizialmente voleva diventare professore di filosofia all’università, ma gli fu vietato d’insegnare a causa della sua critica della religione. Quindi diventò giornalista ma, dato che prendeva le difese della democrazia, anche questo lavoro gli fu precluso. Dopo il fallimento dei moti rivoluzionari del 1848-49, si trasferì a Londra dove, nonostante le condizioni di vita precarie, approfondì gli studi economici. Gli ci vollero circa vent’anni per completare il primo volume del Capitale, che vide la luce il 14 settembre 1867.
COSA RENDE ANCORA OGGI II CAPITALE COSÌ IMPORTANTE? Marx capì che il capitalismo ha
bisogno di crisi per funzionare. Per Marx analizzarle era importante, perché i momenti di crisi offrono l’opportunità di un cambiamento politico. È quello che sperava il movimento dei lavoratori, oltre a quello delle donne, degli ambientalisti o della decolonizzazione, che a lungo sono stati legati al marxismo.

RICCHEZZE ENORMI
Marx individuò tre tipi di crisi. La prima è quella delle disuguaglianze sociali. Il capitalismo produce ricchezze enormi, ma le distribuisce in modo ingiusto: le concentra al vertice, mentre la classe dei lavoratori, che è la maggioranza della popolazione, non si arricchisce praticamente mai. Questo conflitto sociale esplode in tempi di crisi, soprattutto se il peso della recessione è distribuito in modo ingiusto. Marx spiega la crescente disuguaglianza con il concetto di “sfruttamento”: il capitale compra forza lavoro per impiegarla nella produzione destinata al mercato. Il compenso per questo lavoro è inferiore al valore aggiunto alla merce dal lavoro stesso. Il capitale può trattenere questo “plusvalore”, perché oltre ai mezzi di produzione possiede anche il potere economico.
Un secondo tipo di crisi riguarda gli squilibri di mercato: c’è sempre un eccesso di offerta o qualche difficoltà che porta a improvvisi aumenti o crolli dei prezzi, associati a fallimenti o alla distruzione di capitale. È un punto di vista diverso rispetto a quello della teoria neoclassica, che vede l’economia come uno scambio di cui beneficiano tutti. Secondo Marx il capitalismo non produce per soddisfare bisogni, ma per fare profitti. I soggetti coinvolti producono sulla base della sfiducia reciproca e di una concorrenza spietata. Il capitalista dichiara guerra al lavoro e alla natura, che sfrutta, agli altri capitalisti, che cerca di superare con la lotta sui prezzi, e ai poteri politici, che limitano la libertà di movimento dei capitali. Serve un piano coordinato per capire di cosale persone hanno davvero bisogno. Per Marx il profitto non dovrebbe essere il criterio per stabilire cosa e come produrre o come distribuire la merce. Nel novecento si è seguito questo principio nella gestione dei trasporti ferroviari, del sistema sanitario o dell’istruzione. Negli anni ottanta il neoliberismo ha sottoposto di nuovo questi settori ai capricci del mercato.

MA PER MARX SOLO IL TERZO TIPO DI CRISI È DECISIVO. La lotta per la competizione spinge il capitalismo a creare macchinari sempre più efficienti. Così cresce la disponibilità di merci e i prezzi calano, ma allo stesso tempo i guadagni diminuiscono. Quindi, per avere profitti costanti bisogna produrre sempre di più. Con la progressiva meccanizzazione, la quota di lavoro necessaria per produrre la merce diminuisce, e di conseguenza la fonte dei profitti (cioè il lavoro, da cui può essere prelevato il plusvalore) si esaurisce. Il capitalismo si rovina con le sue stesse mani. Il capitale corre disperato in cerca di nuove opportunità: prova ad abbassare i salari, a modificare i contratti di lavoro, a piegare le opposizioni politiche, a trasformare le persone in consumatori e a colonizzare le ultime riserve rimaste fuori dai mercati. Si spiegano così la privatizzazione e la mercificazione di parti sempre più consistenti della società. Marx non si sarebbe affatto stupito delle crisi di oggi né del cambiamento climatico. È la tragica attualità di questo classico. Forse sarebbe stato meglio se 11 capitale fosse invecchiato.

 

(Christoph Henning è un filosofo tedesco. Insegna al Max Weber Kolleg dell’università di Erfurt, in Germania, e all’università di San Gallo, in Svizzera di Christoph Henning, Neue Zürcher Zeitung, Svizzera)

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