
L’editoriale di Frank Barbaro
Disruption desiderate
L’estrema disuguaglianza, il cambiamento climatico e la corruzione di molte aziende – il tutto interconnesso – sono i segnali principali e più evidenti di un fallimento sistemico dell’economia, che la politica è incapace di affrontare.
Le elezioni sono diventate ormai più gare di stile che occasioni per proporre soluzioni alle sfide, evitare sofferenze e migliorare la vita di tutti.
La conseguenza più dura all’economia di mercato è lo stress sociale e personale che essa genera, come dimostra il fenomeno globale del costo della vita, che si verifica nonostante l’enorme ricchezza, produttività e tecnologia dell’umanità.
Tuttavia, i parlamenti e i governi preferiscono non sconvolgere un ordine disfunzionale che produce povertà, alienazione e una crescente domanda di welfare.
Non si può dire lo stesso delle aziende, che applicano nuove tecnologie e intelligenza artificiale per creare quelle che definiscono “disruption desiderate”, a vantaggio dei propri interessi e a scapito del bene pubblico.
Jeff Bezos, capo di Amazon, ha utilizzato internet e i sistemi di trasporto – che non ha inventato – per costruire un colosso globale del commercio al dettaglio.
Lo stesso vale per Uber Driver o Uber Eats, che si servono di veicoli e ristoranti di terzi per rivoluzionare il modo in cui le persone acquistano, consumano e si relazionano tra loro.
Questi cambiamenti profondi nello stile e nella qualità della vita vengono apertamente descritti nei circoli economici e finanziari come tecnologie e sistemi “disruptive”.
Non sempre avvengono nel rispetto dei quadri legali esistenti o dei principi etici, e vengono applicati e accettati come “disruption” naturali e auspicabili nel fare impresa.
La lezione che proviene da queste “disruption” è la facilità con cui ormai fanno parte integrante della vita delle persone e delle comunità, i quali denotano una straordinaria capacità di accettare tali cambiamenti radicali.
Questo dovrebbe incoraggiare la spinta sociale verso “disruption” desiderate – apertamente volute.
Solo queste “disruption”, per esempio, potranno permettere a chi ha un reddito medio di permettersi una casa.
Le elezioni sono diventate ormai più gare di stile che occasioni per proporre soluzioni alle sfide, evitare sofferenze e migliorare la vita di tutti.
La conseguenza più dura all’economia di mercato è lo stress sociale e personale che essa genera, come dimostra il fenomeno globale del costo della vita, che si verifica nonostante l’enorme ricchezza, produttività e tecnologia dell’umanità.
Tuttavia, i parlamenti e i governi preferiscono non sconvolgere un ordine disfunzionale che produce povertà, alienazione e una crescente domanda di welfare.
Non si può dire lo stesso delle aziende, che applicano nuove tecnologie e intelligenza artificiale per creare quelle che definiscono “disruption desiderate”, a vantaggio dei propri interessi e a scapito del bene pubblico.
Jeff Bezos, capo di Amazon, ha utilizzato internet e i sistemi di trasporto – che non ha inventato – per costruire un colosso globale del commercio al dettaglio.
Lo stesso vale per Uber Driver o Uber Eats, che si servono di veicoli e ristoranti di terzi per rivoluzionare il modo in cui le persone acquistano, consumano e si relazionano tra loro.
Questi cambiamenti profondi nello stile e nella qualità della vita vengono apertamente descritti nei circoli economici e finanziari come tecnologie e sistemi “disruptive”.
Non sempre avvengono nel rispetto dei quadri legali esistenti o dei principi etici, e vengono applicati e accettati come “disruption” naturali e auspicabili nel fare impresa.
La lezione che proviene da queste “disruption” è la facilità con cui ormai fanno parte integrante della vita delle persone e delle comunità, i quali denotano una straordinaria capacità di accettare tali cambiamenti radicali.
Questo dovrebbe incoraggiare la spinta sociale verso “disruption” desiderate – apertamente volute.
Solo queste “disruption”, per esempio, potranno permettere a chi ha un reddito medio di permettersi una casa.
Desired disruptions
Gross inequality, climate change and corporate corruption – all interrelated – are the key and most obvious signs of systemic economic failure that politics is incapable of addressing.
Elections have increasingly become contests about style than suggestions to confront challenges, avoid misery and suffering and to improve life for all.
The harshest indictment of the market economy is the social and personal stress it produces as evidenced in the global phenomenon of the cost of living notwithstanding humanity’s abundant wealth, productivity and technology.
However, there is resistance by parliaments and governments to disrupt a dysfunctional order that is producing poverty, alienation and increasing demand for welfare.
The same cannot be said for corporations applying new technologies and artificial intelligence for desired disruptions that benefit their interests at the expense of public good.
Jeff Bezos, head of Amazon, used the internet and transport systems, neither of which he invented, to set up a global retail behemoth.
The same is the case for Uber Driver or Uber Eats which uses other people’s vehicles and other people’s restaurants to revolutionise the way people buy, consume and relate to others.
These profound changes to lifestyles and life are openly described in business and financial circles as disruptive technologies and disruptive systems.
They do not always happen within existing legal frameworks or pay respects to ethical principles, and are applied and referred to as natural and desired disruptions in doing business.
The lesson from these disruptions is the ease with which people and communities have incorporated them into their existences which indicate a capacity to accept radical change.
This should embolden the social push for desired – as openly and wished for – disruptions.
Only such disruptions, for example, will make it possible for someone on an average income to afford a house.
Elections have increasingly become contests about style than suggestions to confront challenges, avoid misery and suffering and to improve life for all.
The harshest indictment of the market economy is the social and personal stress it produces as evidenced in the global phenomenon of the cost of living notwithstanding humanity’s abundant wealth, productivity and technology.
However, there is resistance by parliaments and governments to disrupt a dysfunctional order that is producing poverty, alienation and increasing demand for welfare.
The same cannot be said for corporations applying new technologies and artificial intelligence for desired disruptions that benefit their interests at the expense of public good.
Jeff Bezos, head of Amazon, used the internet and transport systems, neither of which he invented, to set up a global retail behemoth.
The same is the case for Uber Driver or Uber Eats which uses other people’s vehicles and other people’s restaurants to revolutionise the way people buy, consume and relate to others.
These profound changes to lifestyles and life are openly described in business and financial circles as disruptive technologies and disruptive systems.
They do not always happen within existing legal frameworks or pay respects to ethical principles, and are applied and referred to as natural and desired disruptions in doing business.
The lesson from these disruptions is the ease with which people and communities have incorporated them into their existences which indicate a capacity to accept radical change.
This should embolden the social push for desired – as openly and wished for – disruptions.
Only such disruptions, for example, will make it possible for someone on an average income to afford a house.
Scarica o leggi Nuovo Paese, n. 5-maggio-2015
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