La NATO riscopre gli euromissili

Tutti i rischi del riarmo nucleare

 

Roberto Fieschi  (da Strisciarossa del 13 Luglio 2024)

Le indicazioni strategiche emerse dal recente vertice NATO di Washington prevedono l’installazione di missili americani a medio raggio capaci di portare testate atomiche in Germania e, forse, in Italia. Una decisione che rischia di riaprire una stagione di riarmo in Europa che si pensava fosse ormai chiusa da decenni. Il confronto fondato sulle armi nucleari ha provocato, in passato, seri rischi per la pace e la stessa sopravvivenza dell’umanità. Sono molte le occasioni in cui il conflitto è stato a un passo dal deflagrare e ricordarle può essere un esercizio molto utile.

 

Hiroshima e Nagasaki – La bomba atomica, come è noto, è stata usata due volte, il 6 e il 9 agosto 1945, contro le città giapponesi. In seguito, per oltre settant’anni, per tutto il corso della guerra fredda, sono state costruite decine di migliaia di bombe. Moltissime sono state fatte esplodere per sperimentarne l’efficienza e la potenza e molte strategie sono state sviluppate per prevederne l’eventuale impiego in guerra, ma nessun ordigno è stato mai impiegato su obiettivi militari o civili. La preoccupazione sul rischio dell’impiego di armi nucleari nel confronto tra le due superpotenze era quasi scomparsa dopo il collasso dell’Unione Sovietica. Ricordiamo che nel 1994 l’Ucraina, come le altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica, Kazakistan e Bielorussia, accettò di restituire alla Russia le armi nucleari stazionate sul suo territorio, circa 1.800 ordigni di vario tipo (il cui controllo operativo era sempre stato in mano russa),  in cambio di sostegno economico e di una serie di garanzie: con quell’accordo la Russia si impegnava a non minacciare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Il trasferimento si concluse nel 1996. Il rischio si è ripresentato recentemente con l’aggressione di Putin all’Ucraina (ma dobbiamo ammettere di avercelo spinto noi occidentali, con l’allargamento della NATO fino ai confini della Russia) e con la minaccia russa di ricorrere, in casi estremi all’impiego delle armi nucleari. La minaccia di Putin non è la prima avanzata nel dopoguerra, dal 1945. A quanto si sa – ma spesso le informazioni sono confuse – in diverse circostanze venne considerata la possibilità di impiegare armi nucleari in guerra o a fini dissuasivi. Vediamo i casi più noti.

Crisi dell’Iran – Quando scoppiò la crisi dell’Iran, nel 1946, gli Stati Uniti esercitarono forti pressioni, probabilmente anche minacciando l’impiego di bombe atomiche, affinché i sovietici ritirassero le proprie truppe dal nord del paese che occupavano dal 1941. Dopo un iniziale rifiuto, Mosca decise per il ritiro.

Guerra di Corea – Nel 1950 nella penisola coreana la situazione era tesissima. Dopo vari incidenti, il 25 giugno 1950 i soldati nordcoreani, all’alba, entrarono nella Corea del Sud. Poco dopo l’inizio della guerra , il generale statunitense MacArthur fu nominato comandante delle truppe ONU in difesa della Corea del Sud. Nel settembre Mac Arthur lanciò la controffensiva, occupando gran parte della Corea del Nord, fin quasi ad arrivare ai confini con la Cina. L’avanzata delle truppe verso i propri confini, a metà ottobre, spinse la Repubblica Popolare Cinese a intervenire in difesa della Corea del Nord. L’offensiva cinese colse di sorpresa MacArthur; le truppe delle Nazioni Unite vennero inizialmente travolte. e dovettero abbandonare tutto il territorio conquistato nella Corea del Nord. Il generale allora chiese di utilizzare le armi nucleari. Al limite dell’insubordinazione contro i suoi superiori, che erano contrari, a metà marzo MacArthur intimò ai cinesi di ritirarsi immediatamente, altrimenti «sarebbero stati costretti a farlo in ginocchio». Pare che il generale avesse proposto di lanciare una cinquantina di bombe nucleari sulla Corea del Nord e sulla Cina. L’11 aprile del 1951, il presidente americano Harry Truman temendo che il conflitto si trasformasse in una guerra nucleare generale, rimosse Douglas MacArthur dal comando delle forze ONU e lo affidò a Matthew Ridgway, un generale meno avventurista del suo predecessore. Ma va detto che MacArthur non era l’unico alto funzionario militare o politico statunitense che avesse accarezzato l’idea di sferrare un attacco nucleare contro la Cina. Pare infatti che il Joint Chiefs of Staff, lo Stato Maggiore delle forze USA, avesse approvato la sua richiesta. E pare anche che, intorno al 1951, lo stesso Truman abbia esplorato diverse possibilità di utilizzo di armi nucleari. Anche il suo successore, Dwight Eisenhower, arrivò a minacciare i cinesi di ricorrere alle armi nucleari a meno che non accettassero l’armistizio per porre fine alla Guerra di Corea.

Crisi dei missili di CubaReagendo all’installazione di missili Jupiter in Italia e Turchia (1959) e alla fallita invasione della baia dei Porci (1961), il leader sovietico Nikita Chruščёv decise di posizionare missili con testata nucleare a Cuba per deterrenza contro una possibile invasione statunitense. Chruščёv e Fidel Castro raggiunsero l’accordo in un incontro segreto, nel luglio 1962, e poco dopo fu intrapresa la costruzione delle rampe di lancio. Il 24 ottobre gli Stati Uniti istituirono un blocco navale militare per impedire l’arrivo di nuovi missili a Cuba, chiedendo lo smantellamento e il ritorno in Unione Sovietica dei missili già installati. Furono avviati anche preparativi per attacchi aerei ai siti di lancio e per un’invasione dell’isola, che prevedibilmente avrebbero potuto far precipitare la crisi verso una guerra aperta tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Dopo fitti negoziati, il presidente degli Stati Uniti d’America John Fitzgerald Kennedy e Chruščёv giunsero a un compromesso: ufficialmente i sovietici avrebbero riportate in patria le loro armi; gli Stati Uniti in cambio si impegnavano a non tentare una nuova invasione dell’isola e inoltre, in segreto, acconsentivano a smantellare i loro missili in Italia e in Turchia. L’episodio fu uno dei momenti più critici della guerra fredda e quello in cui si arrivò più vicino all’innesco di un conflitto nucleare.

Guerra del Kippur – Il 6 ottobre 1973, quando Egitto e Siria invasero Israele, nel timore che gli eserciti arabi continuassero ad avanzare, un generale israeliano propose alla Premier Golda Meir di ricorrere alle armi nucleari; la Premier diede l’ordine di schierare i Jericho-1, missili balistici a corto raggio con capacità nucleare. Ma, saggiamente, la proposta non ebbe seguito. Nella notte del 24 ottobre Kissinger ordinò il più alto stato di allerta per le forze statunitensi, con il codice Defcon-3, provocando il rischio di uno scontro nucleare con l’Unione Sovietica; i B29 americani erano pronti al decollo. Molti dei piloti pensarono che quella notte si sarebbe scatenato l’olocausto nucleare.

Guerra di Gaza – Nel novembre 2023 il ministro israeliano per il Patrimonio culturale Amichai Eliyahu ha evocato l’eventualità di utilizzare una bomba nucleare su Gaza. Ma Benjamin Netanyahu ha definito le parole del suo ministro “fuori dalla realtà” e ha annunciato la sua sospensione dalle riunioni di Gabinetto. Sull’altro versante, quello dell’Unione Sovietica, ben poco si sa. Come è noto, la trasparenza da quelle parti è sempre stata scarsa.

E torniamo all’oggi – “Dal punto di vista tecnico-militare siamo ovviamente pronti per una guerra nucleare” se c’è una minaccia allo Stato, alla sovranità o all’indipendenza russa, ha detto Vladimir Putin in una intervista alla televisione. E due giorni prima delle elezioni presidenziali ha aggiunto: “Non ho mai pensato di usare armi nucleari tattiche in Ucraina. Lo farei solo se venisse messa in pericolo l’esistenza, la sovranità o l’indipendenza della Russia”. Ha poi ribadito che, dal punto di vista tecnico-militare, la Russia, se minacciata, sarebbe pronta per una guerra nucleare, anche se ha detto di sperare che gli Stati Uniti evitino una escalation che potrebbe innescarla.

Gli ha fatto eco il vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo: “minaccia principale ora è quella di un conflitto nucleare …. e questa minaccia è cento volte più grande rispetto a quella del 1962, durante la crisi missilistica cubana”. A più riprese la TV di Stato ha mostrato la potenza distruttiva delle armi nucleari russe, con mappe che disegnavano le traiettorie dei missili indirizzati su Londra e Parigi.

Data la potenziale disperazione del presidente Vladimir Putin e della leadership russa a causa dei rovesci che hanno avuto finora sul piano militare – ha affermato il direttore della CIA Bill Burns – nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia costituita da un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o ad armi atomiche a basso potenziale”. Anche se a proposito delle minacce provenienti da Mosca Burns ha osservato che, al momento, “non c’è alcuna evidenza che la Russia intenda usare armi nucleari tattiche”. In risposta alle minacce di Putin, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha sottolineato che una guerra nuclearenon può essere vinta e non deve mai essere combattuta”, citando una frase di una dichiarazione congiunta delle cinque principali potenze nucleari nel 2022. “Nelle circostanze attuali, le parti devono intraprendere azioni concrete e cercare congiuntamente di allentare la tensione”, ha aggiunto Wang.

Scenario inquietante – Una simulazione degli esperti di Princeton mostra quale potrebbe essere la dinamica di una escalation nucleare. Nella prima fase la Russia potrebbe tentare di distruggere le basi NATO europee attraverso l’utilizzo di 300 armi nucleari e l’Alleanza Atlantica risponderebbe con 180 delle proprie armi nucleari. Nelle prime tre ore di conflitto si produrrebbero 2,6 milioni di morti. La seconda fase comporterebbe la distruzione della maggior parte delle forze militari europee. Gli Stati Uniti invierebbero 600 missili contro la Russia, causando 3,4 milioni di morti. Nella terza fase almeno 30 grandi città verrebbero colpite, ciascuna, da un numero di testate variabile tra cinque a dieci. In altri 45 minuti si produrrebbero altri 85 milioni di morti. In Italia gli obiettivi di un attacco potrebbero essere le basi di Aviano e di Ghedi, dove si trovano alcune bombe nucleari B61-3, B61-4 (in fase di sostituzione con le B61-12). Le bombe appartengono agli Stati Uniti e solo loro possono autorizzarne l’impiego. Concludendo questa triste rassegna, si può forse commentare che è improbabile che la Russia si assuma, di fronte al mondo, la responsabilità di scatenare la guerra nucleare. Forse anche perché in una guerra di logoramento, combattuta anche in trincee e casa per casa nei paesi, un’arma nucleare sarebbe di scarsa utilità.

 

 

 

 

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