Per un’informazione non allineata alla logica della guerra: un appello ai giornalisti per il 5 novembre

«Sabato prossimo, 5 novembre, migliaia di cittadini italiani daranno vita ad una grande manifestazione per la pace. Ci saranno persone e organizzazioni, gruppi e istituzioni molto diverse ma unite dalla volontà di fare l’impossibile per fermare la guerra. Chi darà conto del loro sforzo?». In vista della grande mobilitazione per la pace “Europe for Peace” del 5 novembre, Flavio Lotti (coordinatore della Marcia PerugiAssisi) si interroga sul ruolo che decideranno di assumere i media e su come sceglieranno di raccontare l’importante giornata per la pace. «La buona comunicazione in una società democratica – scrive Lotti su Articolo21 – vorrebbe che si ascoltassero le preoccupazioni e le proposte di questi cittadini che, con intelligenza e coraggio, mettono in gioco i propri corpi per una causa così importante. Ma siamo in guerra e di pace non si deve parlare».

La logica della guerra mortifica la comunicazione. Questo succede in Russia con la repressione della libera informazione. «Da noi – dice Lotti – i metodi sono stati fino ad ora diversi ma il risultato è molto simile. Chi, come papa Francesco, osa dire che c’è un altro modo per difendere gli ucraini, che dobbiamo ricostruire le condizioni per un negoziato politico, viene silenziato, disprezzato, insultato».

C’è una comunicazione di sistema, denuncia il coordinatore, che sostiene l’idea della «guerra unica risposta» e che tenta in tutti i modi di evitare l’opposizione dell’opinione pubblica. «Per questo, da più di otto mesi, con pochissime ammirevoli eccezioni, assistiamo alla messa in onda, a reti unificate, del pensiero unico della guerra». Anche questa è «propaganda», è «censura», è «distorsione e manomissione della realtà e del pensiero». Un evidente vulnus alla partecipazione e alla democrazia.

Il 5 novembre sarà un’importante occasione anche per i media: «Anche le giornaliste e i giornalisti sono chiamati a mettere in campo i propri corpi e a costruire una comunicazione non ostile, libera, onesta, aperta all’ascolto di tutte le voci, preoccupata di costruire pace e non di fomentare guerre».

Lotti invita dunque gli operatori dei media innanzitutto a «raccontare la manifestazione» e a «dar conto delle sue ragioni senza le solite manipolazioni e distorsioni politiciste, dando la parola non a propagandisti travestiti da pacifisti ma a chi ha competenze, credibilità e impegno decennale».

Il ruolo dei giornalisti è anche quello di «forzare l’apertura di un dibattito pubblico attorno alla domanda più importante: giunti a questo punto, cosa vogliamo fare? Continuare a sostenere la guerra o cercare di fermarla? Continuare a subire gli eventi o cercare di modificarne il corso?».

 

FONTE: https://www.adista.it/articolo/68964

 

 

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