19 settembre 2020 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI


01 – Schirò (Pd): Chiarimenti sugli sconti fiscali per docenti e ricercatori. Nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (ADE) in merito ai requisiti necessari per ottenere gli incentivi fiscali per il rientro in Italia da parte di docenti e ricercatori residenti all’estero.
02 – Recovery, Conte presenta il piano al parlamento – Il premier: «Pronto al confronto». E promette le riforme, dalla P.A. alla Giustizia,
03 – La Marca (Pd): ho chiesto al governo di superare la quarantena con un altro sistema sicuro di accertamento per chi proviene da Canada e Usa,
04 – Schirò (Pd): chiarimenti sulle detrazioni familiari per i residenti all’estero, ROMA,
05 – VENEZIA 2020. La scommessa vinta dalla Mostra della ripartenza. Venezia 77. Leone d’oro «in assenza» a «Nomadland» di Chloe Zhao, Coppa Volpi a Favino, unico italiano, e Vanessa Kirby
06 – Salario minimo nei paesi dell’Unione – Scheda informativa Europa. Gli ultimi dati Eurostat sul salario minimo negli altri paesi dell’Unione Europea.
07 – Puglia, i dubbi delle associazioni di sinistra. Ma prevale il Sì a Emiliano. La sfida delle regioni. L’Arci schierata col governatore. I dubbi di Libera e dei gruppi pro migranti.
08 – Notizie
09 – Áñez fa un passo indietro per evitare la disfatta elettorale Bolivia. L’autoproclamata presidente ritira la sua candidatura. Sondaggi da favola per Luis Arce, candidato del Mas. Il 18 ottobre se la vedrà con Carlos Mesa,
10 – Osvaldo Bayer, la milonga ribelle del Fútbol – Libri di sport. «Fútbol. Una storia sociale», da Alegre, con prefazione di Osvaldo Soriano,
11 – Referendum, i rischi dell’affluenza con il doping. Election days. L’abbinamento del voto sulla riforma costituzionale e di quello politico per le regionali, imposto dai 5 Stelle, condizionerà la partecipazione al voto. Ma può squilibrare anche il risultato. Consegnandoci un paese diviso.



01 – SCHIRÒ (PD): CHIARIMENTI SUGLI SCONTI FISCALI PER DOCENTI E RICERCATORI. NUOVI CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE (ADE) IN MERITO AI REQUISITI NECESSARI PER OTTENERE GLI INCENTIVI FISCALI PER IL RIENTRO IN ITALIA DA PARTE DI DOCENTI E RICERCATORI RESIDENTI ALL’ESTERO.
In risposta ad uno specifico interpello (la n. 274 del 26 agosto) l’ADE ha chiarito i dubbi di un cittadino italiano residente in Svizzera e regolarmente iscritto all’AIRE, laureato e che svolge attività di ricerca presso una azienda farmaceutica, il quale voleva accettare una offerta di lavoro di ricerca di una azienda italiana e rientrare in Italia.

Nella sua risposta l’Agenzia ha ricordato che in virtù della legge n. 122/2010, e successive modifiche (si tratta come si ricorderà di una norma che ha cercato di rispondere alla duplice esigenza di porre rimedio al c.d. fenomeno della “fuga dei cervelli” e allo stesso tempo di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese), i docenti e i ricercatori che si trasferiscono in Italia possono beneficiare dello sconto fiscale del 90% sul loro imponibile reddituale per cinque periodi di imposta successivi al momento in cui diventano fiscalmente residenti in Italia (ma anche fino a dieci se hanno figli minorenni a carico), al verificarsi delle seguenti condizioni: a) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato; b) essere stati non occasionalmente residenti all’estero; c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università; d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia; e) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Ricordo che un’altra condizione necessaria per l’applicazione dell’agevolazione è che il ricercatore mantenga la residenza in Italia durante il periodo di fruizione.

L’Agenzia ha voluto chiarire nella sua risposta che in virtù della normativa in vigore che richiede che l’attività all’estero sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato, per quanto riguarda invece l’attività da svolgere in Italia non assume rilievo – sempre in base alla legge – la natura del datore di lavoro o del soggetto committente ma l’importante è che l’attività di ricerca o di docenza si svolga presso una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato, o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati – Piazza Campo Marzio, 42 – 00186 ROMA – Tel. 06 6760 3193

02 – RECOVERY, CONTE PRESENTA IL PIANO AL PARLAMENTO – IL PREMIER: «PRONTO AL CONFRONTO». E PROMETTE LE RIFORME, DALLA P.A. ALLA GIUSTIZIA, di Andrea Colombo
La sincronia è perfetta, forse troppo per essere casuale. Mentre la presidente von der Leyen, nel primo discorso sullo stato della Ue dopo la tempesta Covid, stende il suo ombrello protettivo su Conte, Roma mette in bella copia le linee guida del Recovery Plan italiano e le spedisce alle Camere. Corredate da un letterina in cui il premier assicura che, se il Parlamento «lo riterrà opportuno», il governo è pronto a riferire, confrontarsi, «recepire valutazioni e indirizzi», sempre «nello spirito di massima collaborazione e sinergia».

La benedizione di Ursula passa per due annunci precisi. Il primo è che «col premier Conte e con la presidenza italiana del G20 organizzeremo, in Italia, un vertice sulla sanità»: un attestato di stima e un riconoscimento preziosi. Il secondo è anche più importante: «Aboliremo il regolamento di Dublino». Sarebbe un passaggio fondamentale per risolvere l’eterna crisi dell’immigrazione ma anche per spuntare le unghie a chi, come Salvini, su quella crisi si è ingrassato.

Il documento del governo sulle linee guida, di fatto una serie di slide, non si discosta dagli annunci della vigilia ed è dunque esposto alle stesse critiche. Ottimo e abbondante, tale da spaziare su tutti i punti critici che tengono l’Italia al palo e lo rendono un Paese allo stesso tempo molto ingiusto e del tutto inefficiente. Senza però mai scostarsi dai titoli. Senza neppure accennare all’implementazione, alla trasformazione degli orizzonti delineati in percorsi concreti grazie ai quali raggiungere quei traguardi. Potrebbe essere il segno che il governo stavolta intende davvero mettere mano alle misure reali «in sinergia» con il Parlamento.
Le esperienze precedenti autorizzano poche speranze ma non si sa mai.
Gli obiettivi erano già noti e sono ambiziosi. Raddoppio del Pil dallo 0,8% all’1,6%. Beppe Grillo ha appena definito la sfida «una cosa folle»: il Movimento applaude ma senza alcuna intenzione di seguirlo. Veleggia ormai su tutt’altre rotte. Impennata degli investimenti, sino al 3%, e delle spese per la ricerca, dall’attuale 1,3% al 2,1%. Aumento dell’occupazione di 10 punti, sino al 73,2%, media europea. Dovrebbe trattarsi di occupazione buona, non di precariato semischiavista, duettano il governo di Roma e la commissione. La presidente raccomanda l’adozione del salario minimo. Il governo Conte ha già risposto. Il salario minimo «per tutelare le categorie più deboli, fissato a livelli competitivi» figura in bella mostra. Con una certa ambiguità: coniugare la difesa dei deboli e quella dei livelli competitivi non sarà facile.
Le «missioni» italiane sono quelle già enunciate e vergate sotto dettatura di Bruxelles: digitalizzazione, rivoluzione verde, infrastrutture, istruzione, equità e salute. Più interessante, nel depliant fornito alle Camere, la sezione detta «Politiche di supporto». Sono né più né meno che le riforme proclamate necessarie da decenni. Sono anche la porta, al momento strettissima, dalla quale si deve passare per realizzare le sei «missioni». Riforma degli investimenti pubblici, da portarsi «ampiamente al di sopra del 3% del Pil», della Pa, della Ricerca, del Fisco, della Giustizia, perché «il quadro legale deve diventare fattore di competitività anziché ostacolo», del Lavoro.
Per le ultime tre voci è indicata anche la tempistica. La legge delega sul fisco dovrebbe essere presentata quest’anno e i decreti attuativi entro il 2021. La novità è che le trattative con la commissione per aggirare il divieto di usare il Recovery per tagliare le tasse sono a buon punto. La riforma della Giustizia dovrebbe diventare legge delega entro il prossimo aprile, come pure la riforma del Lavoro, ed essere poi attuata per la fine del 2022 mentre per il Lavoro tutto dovrebbe concludersi l’anno prossimo.
Se si tratti di ipotesi realistiche o di chimere lo si scoprirà presto. Di certo l’impianto, nella sua generalità enciclopedica, non disegna, o non disegna ancora, un’idea di Paese e di modello di sviluppo tali da supportare nel concreto le alte ambizioni e le ottime intenzioni. Lo segnalano in un documento numerosi parlamentari e amministratori ecologisti e di sinistra, tra i quali l’ex ministro Fioramonti, la capogruppo di LeU al Senato De Petris, Nicola Fratoianni, Massimiliano Smeriglio. Lamentano la nulla partecipazione delle realtà sociali ai lavori. Indicano la possibilità che il Recovery si trasformi «in una collezione di progetti e piccole azioni». L’eterno rischio di questo governo: quello di non riuscire a scegliere.



03 – LA MARCA (PD): HO CHIESTO AL GOVERNO DI SUPERARE LA QUARANTENA CON UN ALTRO SISTEMA SICURO DI ACCERTAMENTO PER CHI PROVIENE DA CANADA E USA, ROMA, 16 SETTEMBRE 2020
Ho chiesto nuovamente, con insistenza, al Ministro della salute Roberto Speranza e al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio di disporre il superamento dell’obbligo di quarantena per coloro che provengono dal Canada e dagli USA.

Avevo già scritto direttamente ai due ministri, come si ricorderà, quando nessuno aveva sollevato la questione, precisamente il 14 luglio scorso (link del comunicato). Ora sono tornata a farlo con un’interrogazione in commissione che ho proceduto a depositare in vista di una risposta del Governo che dovrebbe arrivare alla ripresa dei lavori parlamentari.

Il carico di sacrificio che le disposizioni di contenimento hanno messo a carico dei connazionali all’estero è ormai grande ed è durato troppo a lungo. Ne hanno sofferto le persone, le relazioni professionali e di studio, le attività economiche. Per l’Italia, è stata una perdita secca di relazioni e di risorse. E’ tempo di modificare le cose, pur restando estremamente vigili sulle questioni relative alla salute e alla vita dei cittadini.

Il tempo richiesto per l’assolvimento della quarantena è purtroppo un deterrente insuperabile per chi ha pochi giorni o impegni di lavoro nei paesi di residenza. Su questo si può e si deve intervenire. D’altro canto, nel periodo estivo, ricorrendo ai tamponi, si sono fatte negli aeroporti italiani utili sperimentazioni per coloro che rientravano nel Paese

Per questo credo che la conformità di due tamponi, uno in partenza e l’altro all’arrivo, che testimoni la non positività possa bastare per superare l’obbligo di quarantena. In ogni caso, i tecnici sapranno indicare quali accorgimenti possano essere necessari per raggiungere lo scopo. L’importante è il risultato.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America



04 – SCHIRÒ (PD): CHIARIMENTI SULLE DETRAZIONI FAMILIARI PER I RESIDENTI ALL’ESTERO, ROMA, 15 SETTEMBRE 2020 . Importanti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulle detrazioni familiari che spettano ai nostri connazionali residenti all’estero definiti “non residenti Schumacker”.
Si tratta dei non residenti in Italia i quali però producono almeno il 75% del loro reddito nel territorio nazionale italiano e pertanto possono accedere alle agevolazioni d’imposta previste per i residenti, a determinate condizioni.
Con la risposta n. 207 ad uno specifico interpello l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni punti chiave in merito al diritto alle detrazioni di imposta per figli a carico (articolo 12 del TUIR) da parte di soggetti fiscalmente non residenti in Italia.
In virtù della normativa fiscale attualmente in vigore i residenti all’estero che producono redditi in Italia, e che presentano la dichiarazione dei redditi, per beneficiare delle stesse detrazioni e deduzioni Irpef previste per i contribuenti italiani devono produrre almeno il 75% del reddito complessivo in Italia, non devono godere di agevolazioni fiscali analoghe nel Paese di residenza e devono avere la residenza in uno Stato con il quale è assicurato un adeguato scambio di informazioni fiscali.
Qualora ricorrano tali ipotesi i contribuenti potranno fruire di deduzioni e detrazioni analoghe a quelle spettanti ai contribuenti residenti in Italia, incluse le detrazioni per carichi di famiglia previste dell’articolo 12 del TUIR, secondo i limiti e le condizioni in esso previsti.
Ricordo infine che per essere considerato fiscalmente residente all’estero, come precisato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è necessario che per la maggior parte dell’anno il contribuente: non sia iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, non abbia il domicilio o la dimora abituale in Italia.
Tali requisiti sono tra loro alternativi: al venir meno anche di uno solo di essi, si è considerati residenti in Italia.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – – Camera dei Deputati



05 – VENEZIA 2020. LA SCOMMESSA VINTA DALLA MOSTRA DELLA RIPARTENZA. VENEZIA 77. LEONE D’ORO «IN ASSENZA» A «NOMADLAND» DI CHLOE ZHAO, COPPA VOLPI A FAVINO, UNICO ITALIANO, e Vanessa Kirby, di Cristina Piccino
Ha vinto Nomadland, l’America on the road di Chloé Zhao, complice la stupenda Frances McDormand, arrivato alla fine ma prima di cominciare già il titolo più atteso della competizione, che è anche quello (almeno secondo i giornali Usa) con ottime probabilità per gli Oscar. E soprattutto consegna il Leone d’oro a una regista nell’anno delle donne che è stato il motivo dominante, insieme alla pandemia, di questa Mostra 77, sottolineato dalla presidenza della giuria di Cate Blanchett, tra le voci più convinte nel #MeToo.

Le polemiche dello scorso anno sollevate da Lucrecia Martel sulla scarsa sensibilità verso l’eguaglianza di genere sembrano così archiviate. Il femminile – ma ricondurre il Leone a Zhao solo a questo e sarebbe ingiusto, perché è un buon film – ha orientato molte scelte e non solo nella giuria internazionale, pure se alcuni premi – il doppio opera prima e premio speciale Orizzonti a Listen di Ana Rocha De Sousa, la convenzione dei buoni sentimenti, fanno un po’ preoccupare su quello che sarà il cinema a venire.

Ma deprime ancora di più l’immagine della donna proposta nella premiazione, tutta «lacrime e cuore» – con punte di imbarazzante isterismo – da Anna Foglietta ( chi le ha scritto le battute?) – a De Sousa. Cosa è, il dualismo ragione (degli uomini) e sentimento (delle donne)? Proprio nella «Mostra delle donne» sarebbe ora di farla finita con questi stereotipi fastidiosi. Che palmarés è stato dunque?A definirlo con un aggettivo piuttosto consensuale, cioè senza troppi sussulti – tranne un po’ a sorpresa Kurosawa e il suo The Wife of a Spy – che cerca di tenere molto insieme – anche un più giovane come il regista indiano Tamahane. Molto era annunciato, la Coppa Volpi a Vanessa Kirby, duplice presenza – è anche in The World to Come di Mona Fastwold – premiata per Pieces of a Woman, il film «americano» di Mundruczó– però quanta intensità aveva Jasna Duricic protagonista di Quo Vadis, Aida? – o il premio a Konchalovsky al suo «classico» Cari compagni.

Una storia «forte» – che sembra un’altra linea guida – che mette insieme Franco e il suo Nuevo Orden e Sun Children di Majidi. Ignora però Notturno di Gianfranco Rosi, uno degli sguardi più potenti al Lido nel modo di restituire il sentimento del presente. Il cinema italiano è stato del resto il grande escluso della serata, nonostante fosse in gara con quattro titoli il solo premio va a Favino, Coppa Volpi per il migliore attore in Padrenostro che di tutti è forse uno dei peggiori.
Da domani però c’è una nuova scommessa, che è quella della sala, di capire cosa e come accadrà in Italia e nel resto del mondo. La sua la Mostra l’ha vinta, forse anche da qui si può ricominciare.



06 – SALARIO MINIMO NEI PAESI DELL’UNIONE – SCHEDA INFORMATIVA EUROPA. GLI ULTIMI DATI EUROSTAT SUL SALARIO MINIMO NEGLI ALTRI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA.
Sono 21 su 27 i paesi dell’Unione ad adottare già un salario minimo legale. L’Italia, insieme all’Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia, è tra i sei stati in cui ancora non esiste una misura universale e dove vige invece la contrattazione collettiva di settore, un modello che lascia però fuori i contratti atipici.
I dati sul salario minimo dei diversi paesi dell’Unione sono pubblicati da Eurostat a cadenza biennale e calcolano l’importo lordo mensile minimo stabilito per legge. L’ultima rilevazione risale allo scorso luglio e mostra un consistente divario tra il paese con il salario minimo più basso, la Bulgaria con 312 euro, e quello più alto, percepito in Lussemburgo, che ammonta a 6.63 volte tanto, 2142 euro.

In tutti e 21 paesi che adottano il minimo salariale si può rilevare un lieve incremento della soglia rispetto all’anno precedente, tranne che in Grecia e Lettonia, dove l’importo non ha subito variazioni. Olanda, Irlanda, Belgio, Germania e Francia si collocano, in quest’ordine, subito dopo il Lussemburgo con un salario che varia tra 1636 e 1539 euro.

Segue, dopo uno scalino più ampio, la Spagna con 1,108 euro. La media europea si attesta invece sui 934 euro ma sono 14 su 21 gli stati che si collocano al di sotto di questa cifra. Il salario minimo è adottato anche in Gran Bretagna, dove ammonta attualmente a 1583 euro lordi, e nei paesi candidati all’ingresso in Ue (Albania, Montenegro, Nord Macedonia, Serbia e Turchia). In questo ultimo gruppo l’intervallo va dal più basso, quota 209 euro in Albania, al più alto di 383 euro in Turchia.

Oltre al salario minimo assoluto c’è un altro indicatore, il PPPs (Purchasing Power Parities) che indica il valore del salario minimo armonizzato con l’entità della pressione fiscale e il paniere dei consumi. Le differenze tra gli stati tuttavia rimangono più o meno le stesse, anche se osservate da questa lente. Calcolando il salario minimo sulla base del potere di acquisto reale infatti vediamo all’ultimo posto nella classifica Ue la Lettonia (al penultimo nella classifica del valore assoluto) e al primo sempre il Lussemburgo.

Interessante è anche osservare per ogni stato la percentuale di lavoratori che percepiscono il salario minimo. Le ultime rilevazioni statistiche a livello europeo risalgono al 2014 e mostrano come in 10 paesi (Slovenia, Romania, Portogallo, Polonia, Bulgaria, Francia, Lituania, Lettonia, Croazia e Grecia) la percentuale dei lavoratori il cui salario si attesta sul valore minimo stabilito per legge supera il 7%.



07 – PUGLIA, I DUBBI DELLE ASSOCIAZIONI DI SINISTRA. MA PREVALE IL SÌ A EMILIANO. LA SFIDA DELLE REGIONI. L’ARCI SCHIERATA COL GOVERNATORE. I DUBBI DI LIBERA E DEI GRUPPI PRO MIGRANTI, di Gianluca Coviello.
La Puglia è pronta al voto. Domenica e lunedì sarà chiamata a scegliere il presidente della Regione e, come nel resto d’Italia, tra il sì e il no del referendum. Il finale è tutto da scrivere. Il testa a testa tra Michele Emiliano e Raffaele Fitto, nonché la presenza di un terzo candidato forte come Antonella Laricchia (M5S), hanno creato il palcoscenico perfetto per la consacrazione del governo Conte (pugliese, tra l’altro) o per l’allargamento delle fratture nella coalizione giallorossa. Una manciata di voti potrebbe far propendere la storia in un verso o nell’altro.
In questi ultimi giorni di campagna elettorale i candidati hanno cercato di intercettare i voti della cosiddetta società civile. I movimenti e le associazioni sembrano avere le idee chiare su cosa votare al referendum mentre, per le regionali, il diffuso sentimento anti-Fitto in realtà culturalmente non collocate a destra sfocia a fatica in un sostegno pieno a Emiliano.
ALESSANDRA RICUPERO da 6 anni fa parte del coordinamento regionale di Libera. «L’unica cosa che spero è che potremo continuare a operare in una regione antifascista e solidale con le persone più deboli». Secca la sua posizione sul referendum a favore del No, in linea con quella espressa da don Luigi Ciotti: «Dobbiamo salvaguardare la rappresentanza. Se c’è un problema di costi abbassiamo le indennità». A detta di Alessandra il dibattito sui temi di questa tornata elettorale non è stato all’altezza. «A livello nazionale», sottolinea, «si è assistito a una battaglia tra fan. A livello locale, invece, solo nelle ultime settimane è stato possibile assistere a incontri pubblici in cui venivano messe a confronto le varie tesi. Anche in questo, purtroppo, ci ha limitato la pandemia».
NON SI SCHIERA a favore di un candidato neanche Equità Territoriale, il movimento politico meridionalista fondato dallo scrittore Pino Aprile. Il referente pugliese, Crocifisso Aloisi, invita però a non votare coalizioni che includono la Lega, bocciando così Raffaele Fitto che proprio al partito di Salvini affiderebbe la vicepresidenza in caso di vittoria (probabilmente a Nuccio Altieri). «Abbiamo bisogno di essere rappresentati da persone che hanno a cuore le sorti del Sud – afferma. Abbiamo invitato i nostri iscritti a scegliere tra i candidati che da tempo, non solo nelle ultime settimane, sono impegnati a ribaltare la condizione di subalternità delle regioni meridionali. Dunque non un leghista». E’ netta anche la posizione di Equità Territoriale in merito al referendum. «Votiamo no», spiega sempre Aloisi, «perché il taglio dei parlamentari penalizzerebbe la rappresentatività dei territori più poveri e a rischio spopolamento».

CHI SI SCHIERA APERTAMENTE a sostegno della coalizione di Michele Emiliano è l’Arci: «Dobbiamo difendere il percorso progressista degli ultimi 15 anni», sostiene il responsabile regionale Davide Giove. «Molti di noi hanno scelto anche di candidarsi. Il sistema integrato dei servizi, il sostegno alle fasce deboli e la costituzione dell’osservatorio dell’antifascismo sono fatti concreti che dimostrano la posizione progressista dell’amministrazione uscente».

La scelta di Michele Emiliano di coinvolgere esponenti del centrodestra, secondo Giove, non devono far dimenticare i risultati ottenuti. «Che abbia guardato anche a destra in questi anni è innegabile», sottolinea. «Non deve bastare questo, però, a far prevalere un atteggiamento qualunquista. Noi non dobbiamo difendere il presidente uscente, ma l’intera esperienza di governo; non dobbiamo cadere nella personalizzazione della politica ma guardare al percorso collettivo. Sono state fatte tantissime cose di sinistra, a cominciare dal reddito di dignità. Siamo stati i primi in Italia».

Netto il No anche da parte di Giove sul quesito referendario: «Il taglio dei parlamentari senza una riforma generale», afferma, «ridurrebbe solo la rappresentanza e favorirebbe la gestione verticistica nei partiti».

ANGELO CLEOPAZZO, vicepresidente a Nardò, in provincia di Lecce, di “Diritti al Sud”, l’associazione che da anni lotta contro lo sfruttamento nei campi con progetti come “SfruttaZero”, una salsa di pomodoro realizzata nel rispetto dei lavoratori e dell’ambiente, non cede alla tentazione del voto utile. «Come associazione non diamo indicazione elettorale», sottolinea. «Crediamo che parlare di destra e sinistra oggi sia poco significativo. A Nardò abbiamo un sindaco, Giuseppe Mellone, che non nasconde le sue simpatie per l’estrema destra. Eppure sta sostenendo Michele Emiliano. E’ necessario costruire una nuova classe dirigente ripartendo dalle basi, dall’autodeterminazione. E’ un percorso lungo che ci vede impegnati in prima linea. Non chiedetemi però di votare il male minore». Sul referendum anche Cleopazzo sostiene la causa del No: «No a un ridimensionamento dell’espressione democratica».

Alice Carlucci, coordinatrice dell’associazione studentesca “Link” a Lecce, ha 21 anni e le idee chiare sul fatto che la destra in Puglia non debba «sfondare». «Molti di noi sono convinti che con la destra si farebbero mille passi indietro sul piano del diritto allo studio, già fortemente compromesso. Credo che tra gli studenti prevarrà il voto a favore di Emiliano proprio per questo. In tanti, però, preferiranno non recarsi alle urne». Anche per Link, invece, nessun dubbio sulla scelta referendaria: «Siamo in prima linea per il No».


08 – NOTIZIE
TEMPO (QUASI) SCADUTO
Schermaglie digitali Da domani sera scaricare le app cinesi TikTok e WeChat sarà vietato negli Usa per effetto dell’ordine esecutivo firmato da Donald Trump (Cnbc). Ma il dipartimento del Commercio tiene la porta aperta alla vendita del ramo americano della società madre di TikTok, ByteDance, a Oracle (Axios), lasciando la possibilità di usare l’app fino al 12 novembre (Wp).

Avviso d’alta quota Pechino ha inviato 18 fighter jet sullo stretto di Taiwan nel giorno della missione diplomatica sull’isola del sottosegretario all’Economia americano, Keith Krach (Nyt), arrivato a Taipei per discutere di prospettive commerciali (Scmp). Sul tavolo ci sarebbe anche una fornitura di droni e armamenti, scrive la Cnn.

USA 2020
È già elezione In quattro Stati americani è già iniziato il voto anticipato per le presidenziali (Reuters). Secondo un sondaggio Ap/Norc, la maggior parte degli elettori di Donald Trump aspetterà l’election day del 3 novembre; circa la metà dei sostenitori di Joe Biden ha intenzione invece di usare il voto postale (Ap).

Wikileaks, remember? Al processo per l’estradizione, il legale di Julian Assange ha detto che due figure politiche lo hanno avvicinato per conto del presidente Donald Trump, offrendogli un accordo per evitare l’incriminazione negli Usa a patto di rivelare la fonte della fuga di notizie sulle email del partito democratico nel 2016 (Guardian).

FOCOLAIO EUROPEO
Mentre i contagi di coronavirus nel mondo superano i 30 milioni, con più di 948mila vittime, l’Oms rivolge un nuovo appello alla collaborazione internazionale fra governi: “Il virus non sta scomparendo – ha detto il direttore esecutivo Mike Ryan – ci sono più di 50mila morti a settimana” (Cnbc). L’Unione europea ha annunciato un accordo con Sanofi e Gsk per un secondo vaccino (Politico).

Grandi malati La Spagna ha registrato 11mila nuovi contagi: a Madrid parchi chiusi e limiti agli spostamenti (Dw). La Francia ha avuto un picco di 13mila e il ministro Bruno Le Maire è risultato positivo (Bloomberg). Nel Regno Unito c’è stato un nuovo balzo di contagi, 4.322. Il ministro della Salute Matt Hancock ha detto che non si esclude un nuovo lockdown nazionale (The Times).

Lockdown con proteste Israele ha affrontato il primo giorno di chiusura in concomitanza con il capodanno ebraico e fra le proteste (Bbc). In Medio Oriente l’Iran sembra essere vicino a una terza ondata di virus (Guardian).

Casa nostra In Italia i casi di venerdì sono 1.907, 400 in più rispetto a giovedì nonostante il numero di tamponi in calo. Le vittime giornaliere sono state dieci (Sky TG24).

VIGILIA ELETTORALE
La campagna elettorale del centrodestra per le regionali e amministrative si è chiusa in Toscana con i tre leader (Ansa), mentre Nicola Zingaretti ha scelto Macerata (Corriere) e i 5 Stelle la Campania, puntando sul referendum costituzionale (Il Mattino). Quella di domani e lunedì sarà un’elezione segnata dalle misure di distanziamento anti Covid e dalle defezioni fra i presidenti di seggio e scrutatori per via del virus (Fatto Quotidiano).

Quando e dove si vota, tutte le sfide, la posta in palio e le norme anti Covid (Ansa).
Profondo rosso Un milione e 112 mila rapporti di lavoro sono andati persi nel secondo trimestre in confronto al 2019 (Linkiesta). Terzo mese di recupero dell’industria a luglio (+8,1%), ma su base annua c’è un calo della stessa entità (Sole 24 Ore). Nella manifestazione unitaria di ieri i sindacati hanno chiesto di ripartire dal lavoro (Rainews).

L’INCHIESTA Fra le operazioni sospette dei commercialisti vicini alla Lega su cui indagano i pm milanesi, alcuni versamenti sarebbero finiti a componenti dello staff di Matteo Salvini (Repubblica).

SCENARI DIPLOMATICI. Il cerchio si stringe La Bei ha bloccato ogni nuovo finanziamento alla Bielorussia in risposta all’esito elettorale del 9 agosto, non riconosciuto dall’Ue, che ha confermato al potere Alexander Lukashenko (Reuters). Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede un’indagine indipendente sulle violenze nei confronti dei manifestanti (Reuters).

PUZZLE LIBICO Il generale Khalifa Haftar ha confermato che le sue milizie lasceranno riprendere la produzione di petrolio in Libia dopo un blocco di otto mesi (France 24). Dopo l’addio annunciato di Fayez al-Sarraj si va verso una nuova conferenza internazionale (Agi).

ORIZZONTI
Movimenti bancari Hsbc valuta la chiusura quasi totale delle sue attività a Parigi, scrive Bloomberg, all’interno del suo piano per il taglio di 35mila posti di lavoro entro il 2022. Jp Morgan vuole spostare 200 dipendenti dal Regno Unito in Europa nell’incertezza dei negoziati post Brexit, scrive ancora l’agenzia.

Il futuro delle tv Nella lunga contesa Mediaset-Vivendi spunta una banca d’affari per la fusione Mediaset-Discovery (Repubblica).

FINAL FIVE L’ex segretario al Commercio del Regno Unito Liam Fox e l’ex ministro saudita Mohammad Maziad Al-Tuwaijri hanno superato il secondo dei tre round di selezione per la guida dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Competeranno con tre donne: Amina Mohame, Ngozi Okonjo-Iweala e Yoo Myung- hee (Ft).

MONDO REALE
Caso Willy La guardia di finanza ha chiesto alla procura di Velletri il sequestro di beni per 27 mila euro nei confronti dei nuclei familiari dei quattro accusati dell’omicidio di Willy Mointeiro Duarte dopo gli accertamenti sul reddito di cittadinanza percepito indebitamente dagli indagati (Il Messaggero).

ICONE Se n’è andata a 87 anni RUTH BADER GINSBURG, giudice della Corte suprema americana e protagonista di molte bataglie di libertà (Ft).

AI RIPARI Dopo l’hackeraggio di luglio, Twitter ha annunciato una stretta sulla sicurezza degli account sensibili in vista del voto negli Stati Uniti: protetti i profili di politici, candidati e giornali (The Verge).

NEL MIRINO L’Unione europea valuta una nuova serie di regole e leggi antitrust che potrebbero obbligare Apple ad aprire la tecnologia Nfc di iPhone e Apple Watch ai concorrenti di Apple Pay (Bloomberg).

SPORT . La prima con il pubblico Parma-Napoli e Sassuolo-Cagliari si giocheranno con il pubblico, domenica, dopo un’ordinanza del presidente della Regione Bonaccini e dopo che il ministro Vincenzo Spadafora ha confermato il via libera agli eventi sportivi all’aperto per un massimo di mille spettatori: la possibilità, prevista già nel dpcm del 7 agosto, diventa operativa da domani (Corriere), anche se sulla scelta il ministro alla Salute Roberto Speranza invita alla cautela. La Serie A ricomincia oggi da Fiorentina-Torino, alle 18, e Verona-Roma alle 20.45.

OPEN D’ITALIA Matteo Berrettini passa ai quarti di finale degli Open d’Italia di tennis, battendo Stefano Travaglia. Troverà il norvegese Casper Ruud. Delusione per Jannik Sinner, eliminato dal bulgaro Grigor Dimitrov (Gazzetta).

DAL TOUR Soren Kragh Andersen ha conquistato in solitaria la 19° tappa del Tour de France. Oggi la crono di Planches des Belles Filles sarà l’ultima possibilità per strappare la maglia gialla a Primož Roglič (Sky Sport).

WEEKENDER
Perché fa bene prendere appunti con carta e penna (Bbc).
Quando l’immagine di una modella è davvero sua? (Vulture).
“Memory”, la mostra che è una macchina del tempo (New Yorker).
Spiderman e il significato di essere eroi (Guardian).
OGGI
Consiglio Competitività dell’Ue a Bruxelles;
Assemblea generale della Fifa a Zurigo;
Qualifiche Gp Misiano Adriatico.

Prime:
Corriere: Voto, la sfida delle piazze
Repubblica: Incognita virus sul voto
La Stampa: Lega, svolta nell’inchiesta: “Soldi allo staff di Salvini”
Il Sole 24 Ore: Commissari per sbloccare 30 miliardi
Domani: L’ombra dei clan sulle gare delle mascherine in Lazio
Il Messaggero: Picco contagi, ipotesi zone rosse
Avvenire: Pane, casa, lavoro
Il Fatto Quotidiano: [Zagrebelsky] “Le ragioni del No non stanno in piedi”
Il Giornale: [Berlusconi] “Votate contro gli inadeguati”
Libero: L’Europa ci minaccia: “Tenetevi i migranti”
La Verità: Il Pd ha paura e si butta sul fascismo
Il Foglio: No, non è un referendum sul grillismo
Il manifesto: L’Arno della bilancia
Le Ragioni dell’avanzata della destra nelle Marche Il lavoro, la sanità e la gestione del dopo terremoto sono stati i temi al centro della campagna elettorale, in un territorio che da tempo mostra i segni di una crisi economica e sociale trascurata. Il reportage di Annalisa Camilli.

LA SORTE DEGLI UIGURI è cruciale per i rapporti tra Cina e occidente Nella regione abitata dalla popolazione a maggioranza musulmana è in atto da anni una violenta repressione. Pechino smentisce, ma non permette alcuna inchiesta indipendente. L’articolo di Pierre Haski.

CORONAVIRUS. Trenta milioni di casi nel mondo e altre notizie sul virus

LA REALTÀ SECONDO Fontanesi Fontanesi è un profilo anonimo su Instagram, dove sono pubblicate immagini di un mondo surreale. Le foto sono esposte al festival Images Vevey, in Svizzera, in una mostra curata dal collettivo italiano Kublaiklan.
BIELORUSSIA. L’ultima rivoluzione d’Europa Un movimento pacifico guidato da tre donne sta facendo vacillare il regime più longevo e repressivo del continente. La nuova copertina di Internazionale.



09 – ÁÑEZ FA UN PASSO INDIETRO PER EVITARE LA DISFATTA ELETTORALE IN BOLIVIA. L’AUTOPROCLAMATA PRESIDENTE RITIRA LA SUA CANDIDATURA. SONDAGGI DA FAVOLA PER LUIS ARCE, CANDIDATO DEL MAS. IL 18 OTTOBRE SE LA VEDRÀ CON CARLOS MESA, di Claudia Fanti (*)
Annunciando il ritiro della sua candidatura, l’autoproclamata presidente Jeanine Áñez non è riuscita a ingannare nessuno. Se ha deciso di non presentarsi alle elezioni del 18 ottobre prossimo, non è certo per non frammentare il voto di destra a vantaggio del Mas, il Movimiento al Socialismo di Evo Morales, ma solo per evitare una sicura disfatta.

Che non avesse più alcuna chance di arrivare al ballottaggio, i sondaggi lo avevano indicato senza alcun margine di dubbio, attribuendole una percentuale del 10,6% dei voti validi: lontanissima, dunque, sia da Carlos Mesa della Comunidad Ciudadana, che figura al secondo posto con il 26,2%, sia, soprattutto, dal candidato del Mas Luis Arce, che, con il 40,3%, vincerebbe addirittura al primo turno se le elezioni si svolgessero oggi.

«Non è un sacrificio, è un onore, perché lo faccio di fronte al rischio che il voto democratico si divida tra vari candidati e che, di conseguenza, il Mas finisca per vincere», ha dichiarato in un video la presidente de facto. La stessa motivazione offerta, paradossalmente, quando, dopo aver ostentato il più assoluto disinteresse per il potere, si era gettata nella mischia, presumendo a torto che la sua candidatura, anziché portare a una dispersione ancora maggiore tra le forze di destra, avrebbe indotto gli altri candidati ad appoggiarla.

La cattiva gestione della pandemia da un lato, gli scandali di corruzione dall’altro e i ripetuti rinvii delle elezioni dall’altro ancora, senza contare il crescente autoritarismo e la repressione di ogni forma di opposizione, avrebbero poi determinato un’inarrestabile caduta di consensi.
Ringrazia ovviamente Carlos Mesa (giunto secondo alle elezioni, poi annullate, dello scorso anno), che, sperando di convogliare su di sé i voti di Áñez, definisce la sua decisione come «un contributo alla democrazia».

Quanto al Mas, malgrado la contestata scelta delle candidature da parte di Morales – vissuta da una parte della base sociale del partito come un’imposizione dall’alto a scapito del principio del «comandare obbedendo» -, l’alleanza di movimenti popolari nota come Patto di unità appare compattamente schierata intorno all’ex ministro dell’Economia Luis Arce (al posto del quale, in realtà, avrebbe preferito vedere il suo vice, l’ex ministro degli Esteri David Choquehuanca).
Né sembra pesare in alcun modo la definitiva esclusione di Morales dalle elezioni generali di ottobre, alle quali l’ex presidente si era candidato come senatore per il dipartimento di Cochabamba, decisa il 7 settembre da un tribunale di La Paz a causa del mancato adempimento del «requisito di residenza permanente».
(di Claudia Fanti (*) da Il Manifesto)


10 – OSVALDO BAYER, LA MILONGA RIBELLE DEL FÚTBOL – LIBRI DI SPORT. «FÚTBOL. UNA STORIA SOCIALE», DA ALEGRE, CON PREFAZIONE DI OSVALDO SORIANO, di Pasquale Coccia(*)
Mentre nelle settimane precedenti si consumava la querelle tra Messi e il Barcellona, per un approdo ultra milionario dell’asso argentino sul rettangolo verde della Premier inglese, in Italia è uscito un libro di Osvaldo Bayer (1927-2018), scrittore, storico e sceneggiatore che ha raccontato la storia dell’Argentina del ‘ 900 attraverso le lotte operaie. Bayer è convinto che il calcio sia il riflesso della vita sociale di un Paese e che le categorie dell’analisi storica si possano applicare anche alla storia del calcio. In Italia lo hanno fatto due storici del movimento operaio e del movimento comunista internazionale Stefano Agosti e Giovanni De Luna con Juventus (Utet) la storia della squadra bianconera che diventa storia operaia, politica e sociale di Torino e dell’Italia.
Osvaldo Bayer, ha scritto sulle lotte operaie e sul ruolo liberatorio svolto dai proletari in Argentina nel secolo scorso. Dopo il colpo di Stato di Videla nel 1976 si rifugiò in Germania, e gli aguzzini della sanguinosa dittatura militare, bruciarono nelle piazze la sua opera più famosa Patagonia rebelde, ancora oggi un classico della storiografia argentina e diventato un celebre film nel ’74 di retto da Héctor Olivera.

Contattato da una casa di produzione nel 1989 per una sceneggiatura sul calcio argentino dalle origini a Maradona, Osvaldo Bayer sulle prime rifiutò, ma poi la sua mente ritorna a quella proposta. Nacque così Fútbol. Una storia sociale del calcio argentino che le edizioni Alegre hanno avuto il merito di tradurre e pubblicare con la prefazione di Osvaldo Soriano. Il libro è una sintesi della sceneggiatura del documentario realizzato da Osvaldo Bayer Fútbol Argentino.

I genovesi
Fin dalle prime pagine colpisce la presenza degli italiani nelle origini del calcio argentino. Erano i figli della prima emigrazione di fine ‘800, i genovesi di Boccadasse che daranno il nome alla Boca il quartiere di Buenos Aires, fonderanno il River Plate tra marinai, carpentieri navali e operai calafatori con cognomi criollos, ma sul lavoro s’intendevano meglio con lo xeneize, il dialetto di Genova. Erano i ragazzini che rincorrevanono il pallone tra le baracche delle periferie nei quartieri Palermo e Abasto.

Guevara tifoso
Il calcio arriva nell’entroterra argentino grazie alle ferrovie, infatti nasce il Central Argentine Railway Athletic, oggi noto come Rosario Central del quale è stato acceso tifoso Ernesto Che Guevara. Il Rosario vinse lo scudetto nel 1971, quattro anni dopo la morte del Che e mancava dall’albo d’oro dal 1939.
La storia del calcio argentino scritta da Bayer è la storia del movimento operaio. Lo scrittore ci ricorda che la prima squadra con una tifoseria operaia è stata il Racing, fondata dagli inglesi colonizzatori. Nel 1919 vi fu una domenica senza calcio quando l’esercito represse nel sangue la rivolta degli operai delle officine Vasena, per una settimana le strade di Buenos Aires furono teatro degli scontri.

Bayer ricorda l’impresa del Chacarita, che vinse lo scudetto nel 1969. La squadra fondata da un gruppo di anarchici trovò il terreno di gioco, dove poi fu costruito lo stadio, solo di fianco a un cimitero, di qui il nome di «funebreros» dato ai suoi tifosi. Nel 1948, poi nel 1971 e nel 1975 il calcio argentino si fermò a lungo, in ballo vi erano la rivendicazione del contratto collettivo e il diritto alla mutua, rivendicato soprattutto dai calciatori delle squadre piccole. Allo sciopero, in particolare quello del ‘75 aderirono anche i grandi calciatori e alla fine la spuntarono.

Il pianto di Soriano
Il libro racconta del San Lorenzo de Almegra, la squadra di Osvaldo Soriano e di papa Francesco. All’autore di Pensare con i piedi (Einaudi), la raccolta di racconti sul calcio, alcuni dei quali scritti nella redazione del manifesto dove lavorò nel 1990 in occasione dei mondiali di calcio svoltisi in Italia, Bayer chiede di parlare della sua squadra. Soriano era in Francia, dopo essere vissuto per qualche tempo a Bruxelles, dove si era rifugiato perché dopo il colpo di Stato dei militari nel 1976, il suo nome risultava su due liste degli squadroni della morte di Videla.

Soriano parla del dramma che visse il giorno della retrocessione in serie B della squadra: «Quando il San Lorenzo retrocesse io ero obbligato a vivere a Parigi… Piansi tanto quanto il giorno in cui morì mio padre, ma nessun francese poteva capire quella sofferenza così poco cartesiana. Nel momento in cui la partita finiva, chiamai un amico del quotidiano Clarìn per saper il risultato. Così ebbi la sensazione che un’altra cosa cara, il San Lorenzo della mia infanzia, se ne andava, mi abbandonava, mi esiliava ancora un poco di più. Fu un anno triste quello del San Lorenzo in serie B, 1982, con i milicos, gli sbirri, per strada e la guerra delle Malvinas. Non ho mai dimenticato l’attaccante Delgado e posso immaginare cosa deve aver provato quando sbagliò il rigore, ma non so se lui ha mai potuto pensare a quel che ho patito io».

Nella sua testimonianza Soriano sintetizza la vita di esule, il dramma della squadra in serie B, la figuraccia internazionale della giunta fantoccio Videla, che dopo aver dato l’assalto alle Malvinas battono in ritirata, non prima di aver mandato verso la morte migliaia di giovani militari argentini. La storia sociale e politica argentina si impasta con i mondiali di calcio vinti nel 1978, che tanto giovò ai golpisti.

Calcio socialista
Quella di Soriano è una storia simile al calciatore basco Isidoro Làngere, che lasciò la Spagna dopo la guerra civile scatenata da Francisco Franco nel 1939 contro i repubblicani del fronte democratico, che si opposero con tutte le forze al caudillo, aiutato militarmente da Mussolini e Hitler.
Bayer ci ricorda che il calcio è «un gioco capitalista, perché richiede sempre il rendimento, l’affanno di vincere, la superiorità. Un gioco socialista, perché c’è bisogno dello sforzo di tutta la squadra, del mutuo aiuto per ottenere il trionfo, ossia una vita migliore». A quando anche in Italia una storia operaia, politica e sociale del nostro calcio scritta con la leggerezza delle pagine di Fútbol?
(di Pasquale Coccia(*) da Il Manifesto)



11 – REFERENDUM, I RISCHI DELL’AFFLUENZA CON IL DOPING. ELECTION DAYS. L’ABBINAMENTO DEL VOTO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE E DI QUELLO POLITICO PER LE REGIONALI, IMPOSTO DAI 5 STELLE, CONDIZIONERÀ LA PARTECIPAZIONE AL VOTO. MA PUÒ SQUILIBRARE ANCHE IL RISULTATO. CONSEGNANDOCI UN PAESE DIVISO, di Andrea Fabozzi(*)
Dimenticate le motivazioni che il governo ha ufficialmente avanzato per organizzare questi inediti election days, l’accoppiata domenica e lunedì di votazioni del tutto diverse come il referendum costituzionale, le regionali e le amministrative. La fuga dai seggi dei presidenti e degli scrutatori designati, per la paura del Covid, sta costringendo molti comuni a ricorrere ai volontari della protezione civile. Conferma, ce ne fosse ancora bisogno, che il voto nazionale (e internazionale) sul referendum è stato abbinato a quello locale non per ragioni di prudenza – peraltro votiamo in pieno stato di emergenza – ma per trainare la partecipazione alla consultazione sul taglio dei parlamentari. Concedendo così ai 5 Stelle un prevedibile (salvo sorprese) trofeo, per nascondere un risultato non buono nelle regioni. E allora ecco che lunedì pomeriggio sarà fondamentale tenere d’occhio un dato, peraltro il primo che sarà disponibile: quello dell’affluenza al referendum. Le previsioni lo inchiodano in basso, tra il 37% e il 42% a livello nazionale. Risultato di una media tra l’affluenza nelle sette regioni dove si vota per i presidenti e i consigli regionali e quella nel resto del paese, dove è prevista più bassa di almeno una decina di punti. Uno squilibrio che può pesare nel risultato finale, nella sfida senza quorum tra i Sì e i No.

Delle previsioni sull’esito del referendum non possiamo parlare per la regole della par condicio. Ma è chiaro che c’è un legame tra l’affluenza alle urne per il referendum e il risultato dei Sì e dei No. Gli elettori contrari al taglio dei parlamentari sono quelli più motivati, quelli che prevedibilmente si recheranno con maggiore voglia ai seggi. Dunque il No può crescere percentualmente in presenza di una bassa affluenza. Come quella prevista nelle 13 regioni dove non ci sono le elezioni regionali. E anche all’estero, dove addirittura in molti paesi c’è una condizione di lockdown e votare è pericoloso. La paura del virus, d’altro canto, come spaventa gli scrutatori spaventa anche gli elettori e dunque va messa in conto una dose di astensionismo «sanitario».

Al contrario, nelle regioni contese c’è una spinta naturale a recarsi alle urne e, di conseguenza, a votare anche per il referendum. Gli elettori che vanno al seggio per partecipare alla scelta del presidente e, trovandosi, votano anche per un referendum che non li appassiona, prevedibilmente non sono gli elettori più motivati a votare No. La somma di queste due tendenze può consegnarci lunedì sera un risultato problematico. Una differenza marcata sul territorio non solo nella partecipazione al referendum, ma anche nel suo esito. Con un Sì solido solo nelle sette regioni dove la consultazione sulla riforma è abbinata al voto sui presidenti. Lo scotto da pagare per avere accontentato i 5 Stelle, abbinando referendum ed elezioni, sarebbe quello di rendere evidente il trucco. Lasciandoci con una riforma costituzionale approvata, ma non condivisa.

Oltre a guardare l’affluenza al referendum, allora, andrà guardata con attenzione l’affluenza alle regionali, due dati che non coincideranno. Cinque anni fa la partecipazione nelle stesse regioni che tornano al voto si mantenne bassa, in due casi – Toscana e Marche – persino sotto il 50%. Ma cinque anni fa le sfide in quelle regioni, e anche in Veneto e in Puglia, erano praticamente già decise in partenza. Non c’era quel richiamo che hanno oggi i testa a testa tra Giani e Ceccardi, tra Emiliano e Fitto, tra Mangialardi e Acquaroli. Sfide che potrebbero convincere gli elettori a tornare ai seggi. Alzare l’affluenza. E così condizionare ancora di più l’esito del referendum.

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